L'autrice di questa breve ma eloquente relazione sulle forze in campo presenti nei campi di battaglia insanguinati di Idlib è Rim ‘Arnuq, una ginecologa siriana che vive a Damasco.
Tre giornalisti legati alla [cosiddetta] ‘’opposizione’’, che si spostano in tutte le città e villaggi della provincia di Idlib, anche rischiando perchè pure per i fedeli all’opposizione vige il divieto di riprendere [luoghi sensibili], sono usciti con un film, che riassume e spiega quel che sta accadendo in quella regione, e rivela al mondo lo scandalo del ruolo sporco di Erdogan e quali siano le organizzazioni moderate.
La provincia di Idlib è controllata da varie organizzazioni terroristiche:
- Jabhat al-Nusra. Gruppo armato jihadista salafita (Fronte del soccorso al popolo di Siria!), in arabo: جبهة النصرة لأهل الشام
- Partito Islamico del Turkestan. Jihadisti uiguri.
- Jaish al-Fatah (Esercito della Conquista), in arabo: جيش الفتح
- Ahrar al-Sham al-Islamiyya. Gruppo islamista-integralista siriano che raduna varie formazioni minori. ( Movimento degli Uomini liberi della Grande Siria), in arabo: حركة أحرار الشام الإسلامية
- L'Esercito Siriano Libero, ESL (in arabo: الجيش السوري الحر
Queste formazioni controllano 38 checkpoint lungo le strade principali che collegano Bab al-Hawa a Jisr al-Shughur, Bab al-Hawa a Khan Shaykhun e Ma'arat al-Nu'man a Jisr al-Shughur.
21 checkpoint del Fronte al-Nusra, presente nella lista occidentale dei movimenti terroristi! Esso è sostenuto dal Qatar e dalla Turchia.
6 checkpoint sono controllati dal Partito Islamico del Turkestan alleato di al-Nusra.
10 checkpoint sono controllati da Ahrar al-Sham.
All'Esercito Siriano Libero restano quindi soltanto 2 checkpoint!
Il Fronte al-Nusra braccio armato di al-Qaida in Siria, è dotato di polizia islamica, uffici di reclutamento, tribunali e prigioni. La prigione più grande è quella di al-‘Iqab, che si trova vicino a Kafr Nabl. La città di Idlib è governata congiuntamente da Jeish al- Fatah, Fronte al-Nusra, Ahrar al-Sham e da un battaglione uzbeko che era prima in lotta con al-Nusra e altre fazioni.
Mentre Jisser al-Shugur e le sue campagne sono sotto il controllo del Partito islamico del Turkestan con gli Uiguri provenienti dalla Cina e altri combattenti arrivati dall'Asia centrale, controllati da al-Nusra. In più, 10-20 mila turkmeni, con le loro famiglie, che hanno giurato fedeltà al leader del movimento dei talebani afgani.
Secondo questi giornalisti, la presenza del Turkistan è molto più importante del previsto: si tratta di circa 10.000 combattenti.
Le cosiddette fazioni moderate non hanno checkpoint e controllano a malapena il loro quartier generale. Praticamente inesistenti sul terreno!
Ecco contro chi sta combattendo il nostro esercito siriano a Idlib. Mi parlavate di bambini? Osservate quanta innocenza nei loro occhi e i ‘’geni siriani’’ sui loro volti e capirete la storia dall’inizio alla fine.
Traduci
mercoledì 12 giugno 2019
venerdì 7 giugno 2019
Sanzioni fino alla morte
Foto: Orlok / Shutterstock.com |
Le sanzioni dell'UE contro la Siria hanno esacerbato una terribile situazione umanitaria.
di Karin Leukefeld
trad. Gb.P. OraproSiria
Le forze militari occidentali presumibilmente vogliono
punire il presidente Assad. In effetti, incontrano un popolo
malconcio che avrebbe ancora il potere mentale di alzarsi dalle
rovine della guerra, se glielo consentissero. L'Unione Europea sta
perseguendo una perfida duplice strategia: da un lato, le recenti
sanzioni prorogate contro la Siria ne ostacolano la ricostruzione;
dall'altra parte, le persone che sono sul lastrico, bisognose di
tutto, devono essere alimentate con elemosine "umanitarie".
Ai siriani viene impedito di ricostruire le case , mentre si continua
a rifornirli di tende.
Il Consiglio europeo (1) ha esteso le sue "sanzioni
economiche unilaterali" ( da ora Sanzioni) contro la Siria per
un altro anno fino al 1 ° giugno 2020. La misura è presentata
"contro il regime" e "in linea con la
strategia UE-Siria” (2), si legge in un comunicato stampa. La
violenza del "regime siriano" contro la popolazione civile
sta continuando, sostiene l'UE, tuttavia l'UE si impegna a "una
soluzione politica duratura e credibile al conflitto in Siria
nell'ambito della risoluzione ONU N.2254 e del comunicato di Ginevra
del 2012".
Le Sanzioni dell'UE, imposte per la prima volta nel 2011
e da allora sempre più severe e ampliate, includono un embargo sul
petrolio, divieti di investimento e il congelamento di beni detenuti
dalla banca centrale nell'UE. Includono restrizioni all'esportazione
verso la Siria di attrezzature e tecnologia "che potrebbero
essere utilizzate per la repressione interna, tipo attrezzature e
tecnologia per il monitoraggio o l'intercettazione di Internet e
conversazioni telefoniche".
Di fatto, quasi tutti i tipi di tecnologia sono
interessati: pezzi di ricambio e strumenti per macchine tessili o da
stampa, per veicoli, per aeromobili, per la distribuzione di energia
elettrica, per dispositivi medici e materie prime di ogni tipo.
Attualmente, 269 persone e 69 società sono colpite
dalle Sanzioni "perché sono responsabili, o beneficiano e
sostengono e/o sono associate al violento giro di vite sulla
popolazione civile siriana". Cinque persone e una società
presenti sull'elenco sono state cancellate. Il motivo è che le
cinque persone sono morte e la compagnia è stata sciolta.
Non è noto se le critiche dell'ONU relative alle
Sanzioni contro la Siria siano state prese in considerazione. Non è
nemmeno chiaro chi abbia preso la decisione ed esattamente come: c'è
stato un incontro in cui sono stati ascoltati consigli e opinioni
diverse? È stata ripresentata una nuova domanda? È stato deciso per
telefono?
Il relatore speciale delle Nazioni Unite sull'impatto
delle Sanzioni, Idriss Jazairy, aveva dichiarato l'anno scorso (2018)
dopo una visita in Siria che ogni singolo siriano e anche il lavoro
delle agenzie di soccorso soffrono dalle sanzioni punitive. (3) La
situazione in Siria causata dalla guerra è "terribile",
dice Jazairy, "ma voglio sottolineare che le misure punitive
peggiorano solo di molto la situazione". Particolarmente
"terrificante" è che "l'eccessiva severità delle
sanzioni costringe gli operatori umanitari ed economici a trovare
meccanismi irregolari di pagamento". Ciò aumenta i costi,
ritarda le consegne, riduce la trasparenza e rende impossibile per
alcune aziende continuare il loro lavoro".
Pochi giorni dopo la sua dichiarazione del 17 maggio
2018, il Consiglio europeo ha esteso le sanzioni fino al 1 ° giugno
2019 (e ora sono state prorogate anche per il 2020 N.D.T.).
Stanislav Grosbic, presidente del gruppo dei
parlamentari cechi "Amicizia con la Siria", ha
dichiarato all'agenzia di stampa siriana SANA a Praga il 14 maggio
2019, che lo scopo delle sanzioni è stato (ed è) quello di
ostacolare la ricostruzione in Siria e la lotta contro i terroristi
ancora attivi in Siria. “L'UE si è schierata con i terroristi
in Siria”, ha riferito Grosbic all'agenzia SANA. Le misure
punitive gravano non solo sulla Siria ma anche sugli stati dell'UE.
La Siria si sta allontanando dall'UE e sta stabilendo legami
economici con la Russia, la Cina, l'India e altri stati.
Sanzioni e assistenza - le due facce della medaglia.
Uno sguardo al sito web dell'Ufficio federale degli
affari esteri, digitando "Politica estera, situazione in Siria"
evidenzia che l'attuale decisione di Bruxelles (sulle sanzioni N.D.T)
non vale la pena di essere riportata. Invece, si trova una "Scheda
informativa sulla Siria" in cui viene chiarito "Aiuto per
la Siria e i suoi rifugiati". La data del rapporto è febbraio
2018, più di un anno fa (4). Di conseguenza, l'aiuto umanitario è
aumentato da 52 milioni di euro nel 2012 a 720 milioni di euro nel
2017. Il 44% di questo denaro è andato in Siria nel 2018 e il resto
nei paesi vicini e nella regione. Oltre agli aiuti umanitari,
saranno messi a disposizione fondi per la "stabilizzazione".
Mentre nel 2013, 59 milioni di euro, il totale annuo è sceso
rapidamente nel 2014 e il 2015 ed era nel 2017 a 41 milioni di euro.
È interessante notare la spiegazione fornita dal
Ministero degli affari esteri per il cosiddetto aiuto alla
stabilizzazione:
Il Ministero per gli Affari Esteri sostiene i
processi politici in situazioni di crisi per promuovere la
risoluzione dei conflitti armati. Spesso sostiene un governo centrale
come in Iraq, o una opposizione moderata come in Siria (come i
jihadisti di Idlib N.D.T.). In Siria, ad esempio, i fondi per
stabilizzare la protezione civile siriana — i caschi bianchi
(vedi qui chi sono N.D.T) — sono cofinanziati e le strutture
amministrative sono mantenute in modo che non vi sia un vuoto
completo in assenza dello stato siriano. In Iraq e in Libia, ad
esempio, dopo la liberazione dal cosiddetto Stato Islamico, tra le
altre cose, l'elettricità e l'approvvigionamento idrico vengono
ripristinati al funzionamento, affinché gli sfollati interni possano
ritornare ai loro luoghi di origine e per le persone la soddisfazione
per la pace sia palpabile. "
Ingentissime somme di denaro sono andate per la
"stabilizzazione" attraverso la creazione di strutture
amministrative a Idlib, oggi controllata per lo più da Hayat Tahrir
Al Sham (HTS), che è organicamente affiliato ad Al Qaeda come
"Alleanza per la conquista della Siria", l'ex Al Nusra. E
dopo la "liberazione" di Raqqa l'allora ministro degli
Esteri Siegmar Gabriel, ha promesso all'allora governo locale
controllato da SDF, Forze democratiche siriane, 10 milioni di euro
per la produzione di energia elettrica e il ripristino delle
forniture di acqua, e per rimuovere le mine.
Gli Stati Uniti hanno inviato "esperti" per aiutare i civili a ricostruire strutture amministrative. Ma non è stata offerta un'assistenza paragonabile alla parte del Paese controllata dal governo siriano e considerata dalle persone che vivono lì pure liberata da IS, in linea con la "Strategia dell'UE sulla Siria 2017" sopra menzionata.
Gli Stati Uniti hanno inviato "esperti" per aiutare i civili a ricostruire strutture amministrative. Ma non è stata offerta un'assistenza paragonabile alla parte del Paese controllata dal governo siriano e considerata dalle persone che vivono lì pure liberata da IS, in linea con la "Strategia dell'UE sulla Siria 2017" sopra menzionata.
Economia di guerra - guerra economica
In Siria si vede il legame diretto tra le sanzioni e gli
"aiuti" distribuiti attraverso l'ONU e le organizzazioni
internazionali nel paese e nei campi profughi intorno alla Siria.
"Perché ci viene impedito di ricostruire il nostro paese
dopo la guerra?", chiedono gli uomini d'affari che l'autore
ha incontrato ad Aleppo in aprile. "Perché ci viene
impedito di acquistare pezzi di ricambio per le nostre macchine
distrutte, importando macchine, utensili, materie prime?".
La Siria ha formato ingegneri che possono costruire case, aziende che
possono ricostruire le linee elettriche e i cavi necessari. "Hanno
volontariamente distrutto e derubato le nostre fabbriche di tutto il
macchinario", ha continuato un uomo d'affari, riferendosi al
saccheggio delle 17 zone industriali all'interno e intorno ad Aleppo
da parte del "Free Syrian Army" nel 2012 e 2013.
"Invece
di permetterci di ricostruire il Paese, stanno inviando
organizzazioni di soccorso per tenere le persone in rifugi e tende,
danno una mano per nutrirli, solo quanto basta per evitar loro di
morire. "Potremmo ricostruire tutto: case, fabbriche, ospedali.
Potremmo dare lavoro alle persone. Ma loro non lasciano che accada! "
La rabbia e l'incomprensione per le sanzioni dell'UE
sono ormai diffuse in tutto il Paese. "Perché i turisti non
vengono in Siria?", chiede un giovane albergatore, che
durante la guerra era considerato un simpatizzante per l'opposizione
religiosa. "La guerra è quasi finita, abbiamo investito:
nuove lampade, rimesso i telefoni, messo i tappeti, ritinteggiate le
pareti, acquistato nuove lenzuola e asciugamani, ma nessuno viene
dall'Europa. Perché? ". È sorpreso di sapere che le
compagnie aeree europee non possono volare in Siria e le compagnie di
assicurazione non possono assicurare gruppi di viaggio a causa delle
sanzioni dell'UE. "E perché lo state facendo?"
chiede incredulo. "Perché a loro non piace il presidente? Ma
hanno colpito noi, la classe media, le persone comuni."
Ad Aleppo, le auto stanno in fila su due a tre corsie
davanti alle stazioni di servizio per rifornirsi di carburante.
L'amministrazione statunitense ha ulteriormente rafforzato l'embargo
sul petrolio già esistente nel marzo 2019 (5). Ciò non riguarda
solo la Siria, ma anche l'Iran, che da anni fornisce petrolio e gas
alla Siria perché al governo siriano viene negato l'accesso alle
proprie risorse energetiche nazionali ad est dell'Eufrate. Prima
erano i "ribelli moderati" dell' "Esercito Siriano
Libero" che occupavano i giacimenti petroliferi. L'UE ha
revocato l'embargo petrolifero imposto nel 2011 per questi gruppi, in
modo che potessero persino trafficare il petrolio siriano fino alla
Turchia. Per coprire i bisogni interni di petrolio e di gas
necessari per cucinare, il governo di Damasco ha accettato un
commercio: gli uomini d'affari hanno comprato il petrolio dai
rispettivi occupanti (Esercito Siriano Libero, IS, curdi) e poi lo
rivendevano al governo. Di conseguenza, l'opposizione siriana
all'estero accusò Damasco di collaborare con "IS".
Poiché i giornalisti stranieri in Siria nelle stazioni
di servizio sono trattati preferenzialmente, l'autrice è stata in
grado di osservare la folla solo più tardi la sera. Per prevenire la
corruzione e le controversie, la distribuzione di razioni di
carburante per auto è di 20 litri ogni 5 giorni, per i taxi 20 litri
ogni 2 giorni al prezzo/litro sovvenzionato dal governo di 0,50
centesimi di dollaro USA, monitorato dai rappresentanti del consiglio
comunale di Aleppo. "Osserva attentamente e scrivi tutto con
libertà", ha detto il vice governatore Mohammad Hamoush,
che ha controllato personalmente la stazione di servizio quella sera.
E questo "lo dobbiamo alle sanzioni degli Stati Uniti e dei
governi in Europa".
Distruzione della società
Le sanzioni favoriscono il mercato nero, e fuori dalle
città, lungo le strade principali, i ragazzi si siedono accanto alle
lattine e vendono la benzina a un prezzo vertiginoso di quasi $ 1,50.
A Damasco, la vendita di benzina a questo prezzo elevato è stata
ufficialmente approvata dal governo per la prima volta, come un "caso
eccezionale in una situazione eccezionale". Gli uomini d'affari
hanno il permesso di comprare petrolio e gas e venderli in Siria,
come riescono.
L'obiettivo delle sanzioni e degli embarghi petroliferi
perseguito dall'Occidente è l'indebolimento e la divisione della
Siria. Per attutire la sofferenza - perché altrimenti altri
rifugiati potrebbero venire in Europa - l'aiuto è distribuito ai
bisognosi, in Siria e nei campi profughi in Turchia, Giordania e
Libano. Il sostegno per il ritorno è - sebbene il governo federale
lo incoraggi - politicamente boicottato.
"Espellono le persone fuori dalle loro case e le
mettono nelle tende", così riassume un critico dell'impegno
umanitario delle Nazioni Unite e degli attori privati internazionali.
"Trasformano le persone in mendicanti" ci dice il
politico dell'opposizione Mouna Ghanem che aveva criticato già nel
2012 il collocamento nei campi profughi. "Le persone non
hanno lavoro e si abituano solo a ricevere aiuti umanitari".
Nelle
zone rurali, nei villaggi remoti, c'è sempre stata un'organizzazione
ordinata, dice una donna d'affari a Damasco che aveva impiegato donne
nelle zone rurali di Idlib, Raqqa e la campagna di Aleppo per decenni
per il lavoro tessile. "Quando
c'è stata una disputa tra i residenti, è stato chiamato il Mukhtar
(sindaco), eletto e rispettato da tutti”. "La gente era
povera, ma aveva dignità",
ricorda. Il lavoro dava alle donne la fiducia in se stesse. "Ora
le persone siedono nelle tendopoli, nei rifugi e sono trascurate".
Le strutture tradizionali sono state distrutte: coloro che avevano
trovato lavoro con le organizzazioni internazionali hanno sostituito
i Mukhtar.
Fonti
e commenti
(1) Il Consiglio europeo è
l'organo della UE, che definisce gli orientamenti politici generali e
le priorità dell'Unione europea. Esso è composto dai capi di Stato
e di governo degli Stati membri e al Presidente del Consiglio europeo
e il presidente della Commissione.
articolo tratto da: https://www.rubikon.news/artikel/sanktionen-bis-zum-tod
lunedì 3 giugno 2019
Pompieri e Incendiari
Michel
Raimbaud, 26 maggio 2019
L’autore
francese di questo articolo, nato nel 1941 - saggista politico,
scrittore, insegnante, una lunga e proficua carriera con incarichi
diplomatici di rilievo, più volte ambasciatore, lunghi soggiorni in
numerosi Paesi: Brasile, Arabia Saudita, Yemen, Egitto, Mauritania,
Sudan…, dal giugno 2000 al febbraio 2003 direttore in Francia
dell’Ufficio per la protezione di immigrati e apolidi (OFPRA), poi
all'amministrazione centrale del Quai d'Orsay, poi ancora
ambasciatore, nello Zimbabwe – osserva il mondo con spirito libero
e racconta le vicende della geopolitica con grande passione e
maestria anche nello stile, vivace e coinvolgente. Dopo il
pensionamento nel 2006, intraprende l’attività di conferenziere e
insegna presso il Centre d’Études Diplomatiques et Stratégiques
(CEDS). Tra le sue numerose opere, ‘’Tempête sur le Grand
Moyen-Orient’’ (Tempesta sul Grande Medio Oriente), del 2015.
Continua a dedicare molti articoli alla drammatica e iniqua guerra
contro la Siria con i suoi risvolti regionali e mondiali. Merita di
essere letto.
Maria Antonietta Carta
Dicembre
1991. Ieri. E in due soli anni il mondo mutò. L'ordine bipolare
est-ovest crollava in seguito alla scomparsa dell'URSS e l'Occidente
usciva vittorioso da una competizione che, in effetti, non era durata
più di 45 anni: un tempo piuttosto corto sulla scala della Storia.
Prima di tutto, gli Stati Uniti, inebriati da un trionfo inaspettato,
si pavoneggiarono senza sapere cosa fare. Nel 1992, uno dei loro
politologi, Francis Fukuyama, dichiarò la fine della Storia per
mancanza di protagonisti all’altezza dell’unica superpotenza
superstite.
Sbigottito,
il coro occidentale si bevette con piacere questa idiozia: secondo
quel profeta troppo frettoloso, il mondo si sarebbe paralizzato,
senz’altra scelta che schierarsi con il nuovo padrone. Per i
potenziali refuznik, si trattava di sottomettersi o rassegnarsi e,
adottando l’eredità del "mondo civilizzato" dell'era
coloniale e del "mondo libero" della guerra fredda, ecco
che la "Comunità internazionale" is
born, come si dice nella lingua franca
contemporanea. I Paesi che osarono rifiutare la nuova regola del
gioco USA finirono nella gehenna degli Stati fuorilegge: in
bancarotta, canaglie, emarginati, “preoccupanti", come diremo
presto. Mentre i Paesi “liberati’’ dal comunismo dovettero
intraprendere una riconversione incondizionata e senza fronzoli ...
Bisognava sbarazzarsi di falci, martelli, dell'Internazionale
proletaria e, per molte delle loro élite, di tutto un trascorso
diventato ingombrante.
Non lo
chiamavano ancora in questo modo, ma il “Momento unipolare
americano" era già in marcia e non amava quelli che
trascinavano i piedi. Tuttavia, l'eternità prevista implicitamente
nel libro di Fukuyama (La fine della Storia e
l'ultimo uomo) sarebbe terminata troppo
presto per apparire lunga. Non avrebbe superato il ventesimo anno.
Infatti, nel marzo 2011, dopo vent'anni di misfatti il momento
unipolare iniziava ad andare a rotoli e la Storia riprendeva la sua
marcia verso un ordine mondiale più equilibrato quando Russia e Cina
si fecero forzare la mano e si unirono per l’ultima volta alla
"Comunità internazionale" per lasciare "implicitamente”
il campo libero all'intervento della NATO in Libia, ma nel mese di
ottobre dello stesso anno un doppio veto di Russia e Cina metteva
fine all’onnipotenza di Washington e dei suoi suppletivi vietando
ogni intervento di regime change
a Damasco.
Nel 2019,
l'ordine imposto dagli Stati Uniti, ingiusto, tirannico e caotico,
sta morendo, ma l'Occidente, riluttante ad ammetterlo, continua a
credere fermamente nella loro leadership ‘’naturale’’, in
nome di un'universalità proclamata e rivendicata. Preferisce non
vedere che la loro pretesa è sfidata dall'immensa coorte di popoli.
Nel terzo millennio, non è più possibile accettare questa
prerogativa di stampo feudale data per scontata dai Signori del
pianeta. In pochi anni, la geografia politica e la mappa di un
‘’Paese immaginario’’ di sicuro sono molto cambiate nel mondo
arabo-musulmano, ma anche altrove.
Due “campi"
polarizzano questa nuova realtà partorita nel dolore. Il primo
scommette sulla legalità e il diritto internazionale per arrivare a
tutti i costi a un mondo multipolare equilibrato in grado di vivere
in pace. Il secondo, successore del "mondo libero" di un
tempo, non ha trovato niente di meglio che inventarsi il caos
"costruttivo" o "innovativo" per garantire la
sostenibilità di un'egemonia contestata. Da entrambi i lati, gli
uomini al potere mostrano uno stile in accordo con queste scelte di
fondo.
Senza
trascurare la concorrenza quotidiana più combattuta tra Stati Uniti
e Cina e l'ineluttabile scontro tra gli obiettivi di Trump, promotore
spontaneo del "caos creativo" e di XI-Jinping, adepto
metodico della "distensione costruttiva", è il duo
russo-americano che rimane per il momento al centro del confronto. I
leader di entrambe le parti – Eurasia e Occidente - che hanno preso
il posto dei protagonisti del conflitto Est/Ovest, Putin e Trump,
sono attori importanti della vita internazionale e devono coesistere,
che lo vogliano o no ...
Non è
necessario essere un osservatore molto acuto per indovinare che tra i
due uomini non esiste molta sintonia. Non si tratta di una semplice
questione di stile, ma di universi mentali e intellettuali opposti.
Se il caso, per sua natura spesso capriccioso, decidesse di rendere
il mondo invivibile, non agirebbe diversamente, consentendo che in
questo preciso e decisivo momento della Storia due personalità così
diverse siano deputate a rappresentare e " gestire" una
riunione al Vertice tra Stati Uniti e Russia nel modo conflittuale
che conosciamo.
Vladimir
Putin è un capo di Stato popolare nel suo Paese e rispettato
all’estero perché è l'architetto indiscusso della rinascita della
Russia. Questo invidiabile prestigio non si deve a un qualche
populismo di bassa lega o a un atteggiamento demagogico, ma al suo
lavoro. L'inquilino del Cremlino comunica volentieri. Dai suoi
discorsi senza enfasi si può intuire un uomo sicuro del suo potere,
ma assolutamente poco incline ai toni confidenziali. Eppure, dietro
un volto placido si nasconde un umorismo caustico che di tanto in
tanto può sorprendere con uno scherzo inaspettato, deliziando i suoi
sostenitori e permettendo ai neo-kremlinologi di arricchire il loro
armamentario di pregiudizi "occidentali".
Ecco perché
la breve frase del presidente russo a Sochi lo scorso 15 maggio, dopo
l'incontro con l’omologo austriaco Alexander Van der Bellen, non
sarà rimasta inascoltata. Interrogato durante una conferenza stampa
su ciò che il suo Paese potrebbe fare per "salvare"
l'accordo nucleare iraniano, Putin ha spiegato tra il serio e il
faceto: "La Russia non è una squadra di pompieri, non possiamo
salvare tutto". Non avrei potuto scegliere parole migliori per
dire che molti incendiari si insinuano tra gli "interlocutori’’
a cui Mosca ama riferirsi con instancabile ottimismo. Senza dubbio,
Trump è considerato il più pericoloso.
Al fuoco,
pompieri! C’è una casa in fiamme! La tiritera è all'ordine del
giorno. "Fuoco e incendiario"? Si direbbe il gioco per una
serata in famiglia, uno di quelli che si amavano un tempo: un po’
noiosi e polverosi, ma efficaci per distrarre i bambini quando piove,
tra nano giallo e piccoli cavalli. Tuttavia, si sarà capito, gli
incendiari a cui pensa Putin si collocano su un altro registro. Non
si tratta di delinquenti che bruciano bidoni della spazzatura, auto e
negozi nelle "strade" occidentali, per conto di una
"militanza" deviata ... Il presidente russo sicuramente
pensa a una classe di criminali che sfugge totalmente alle
imputazioni, alle azioni giudiziarie e alle punizioni: quella dei
piromani di Stato in giacca e cravatta, arroccati ai vertici del
potere nelle grandi democrazie autoproclamate che rientrano nell’ "asse del bene’’ o nella sua orbita. Negli "Stati di
diritto", si ritiene legittimo incendiare il pianeta per
annientare ogni resistenza all'egemonia dell'Impero Atlantico.
In questi
stessi Paesi, i professionisti del pensiero, della scrittura,
dell'analisi, della diplomazia o della politica adoperano con
compiacimento una roboante retorica sul “Grande disegno",
sulla "Strategia planetaria”, sulle "Ambizioni
geopolitiche" o altre frottole. È chiaro che non scorgono l'ombra
di un’ingiustizia e non li sfiora il sospetto di un’arbitrarietà
nelle campagne finalizzate a devastare Paesi, popoli, spesso intere
regioni, e restano indifferenti quando si menziona il tremendo
bilancio delle guerre funeste scatenate dai loro governanti mafiosi.
I nostri
moderni piromani sono insaziabili: non contenti di non provare
vergogna o rimorso per i crimini di guerra, i crimini contro
l'umanità, i genocidi o i politicidi già commessi, minacciano e
sanzionano a destra e a manca annunciando apertamente le loro
intenzioni aggressive: Siria, Libia, Ucraina, Iran, Venezuela,
Russia, Cina… Insomma, tutti i Paesi che osano ignorare i loro
diktat.
Addio al
diritto internazionale, buonanotte agli accordi internazionali,
all'inferno la Carta delle Nazioni Unite, alle fanfare della
diplomazia, del suo linguaggio desueto e delle sue prassi astruse.
Infatti, con quasi 700 basi documentate dal Pentagono un po’
ovunque e soprattutto in Europa, Asia-Pacifico, Medio Oriente e
Africa e con oltre 200.000 militari di stanza all'estero (50.000 in
Germania, decine di migliaia nel resto del Continente europeo, 40.000
in Giappone e 28.000 in Corea del Sud), gli Stati Uniti e i loro
scagnozzi sono soli contro il mondo.
Sotto la
copertura di scelte imprevedibili, di ordini, contro-ordini e di
dissensi nella sua amministrazione, Trump e la sua bella squadra - il
sinistro John Bolton, il mellifluo Mike Pompeo, l'elegante Mike
Pence, per non parlare del genero damerino Jared Kushner - seminano
il caos e provocano incendi in tutti i continenti: esattamente ciò
che è al centro del grande disegno ideato dagli USA per imporre al
mondo la loro legge.
Negli anni
di Reagan, Washington era riuscita a trascinare l'Unione Sovietica
nella corsa agli armamenti e poi a impantanarla in una guerra inutile
in Afghanistan, che avrebbe causato il suo declino. Probabilmente, il
team di Trump cerca di ripetere l'esperienza, moltiplicando ovunque
gli incendi nella speranza che la Russia di Putin si lasci indurre a
svolgere il ruolo del pompiere universale. In Venezuela, l'impegno di
Mosca ricorda quello dell'Unione Sovietica a Cuba, lo sforzo per
incendiare gli Stati baltici e l'ex baluardo dell'Europa orientale,
la Georgia, poi l'Ucraina, sono altrettante provocazioni alle porte
della Russia.
Rimane il
Grande Medio Oriente di Debeliou, al centro del nuovo conflitto
Est/Ovest: dal suo nucleo (Siria, Libano, Palestina, Giordania, Iraq)
all’Iran e Turchia, Yemen e Penisola Arabica fino all’Africa
(Nord, Sahel, Corno, Golfo di Guinea...). Infine, c'è “l’Accordo
del secolo" inventato da Trump con l’intento di "eliminare"
il popolo palestinese per compiacere Israele: i miliardi versati e il
ghigno compiaciuto degli autocrati potrebbe infiammare la
polveriera...
Questa
moltiplicazione di focolai - in un mondo dove le fondamenta della
legge e della vita internazionale sono violate senza scrupoli, e dove
alle parole è stato sistematicamente sottratto il vero senso - mira
a scoraggiare potenziali vigili del fuoco: che si lascino
intrappolare e non sapranno più dove sbattere la testa
nell’estenuante tentativo di smentire notizie false (fake news), o
false accuse per denunciare operazioni sotto falsa bandiera, per
mantenere una parvenza di ragione in un mondo sempre più caotico, e
per rispettare unilateralmente i principi che i piromani deridono.
Due esempi
illustreranno l'ipocrisia della situazione:
Nonostante
numerosi esperti e osservatori la considerino terminata e vinta da
Damasco, la guerra in Siria continua in un contesto confuso e con un
rimescolamento delle carte impressionante, scoraggiando qualsiasi
analisi attendibile.
Il Dr. Wafik
Ibrahim, specialista di affari regionali, osserva che per la sola
liberazione, simbolica e peculiare, di Idlib in questo nono anno di
guerra, “l’esercito siriano affronta dieci avversari" che
unificano i loro sforzi per ostacolare il ritorno alla pace. Le maschere
sono cadute.
Erdogan è incastrato in manovre acrobatiche tra Stati
Uniti e Russia e in una strategia aggrovigliata tra Mosca, Teheran, i
gruppi terroristici che sponsorizza e le milizie curde che combatte,
mentre cerca un ipotetico "cammino” di Damasco. La Turchia è
impegnata militarmente e senza riserve con l'invio diretto di
rinforzi e armamenti pesanti alle organizzazioni terroristiche, in
primo luogo Jabhat al-Nusra (marchio siriano di al-Qaida),
ribattezzato Hay'at Tahrir al-Sham (in Arabo: هيئة
تحرير الشام,
transliterazione: Hayʼat Taḥrīr al-Shām, "Organizzazione
per la liberazione del Levante").
Per gli
Stati Uniti, si tratta, se non di impedire, di ritardare il ritorno
dello Stato siriano nel nord del Paese - governatorato di Idlib e/o
la sponda orientale dell'Eufrate - mantenendo alcuni elementi sul
terreno come deterrenti, con il pretesto di combattere Daesh che è
una creazione de facto
del nostro zio Sam – e aggiungiamo i loro “supporti automatici”:
Nazioni Unite e Lega Araba, nel ruolo di paraventi legali e utili
ausiliari di Washington; Gran Bretagna e Francia, gli associati;
L'Arabia Saudita, che continua a finanziare il terrorismo a est
dell'Eufrate contro i Turchi, ma si unisce a loro nel governatorato
di Idlib; gli Emirati, l'asso nella manica USA specialmente in Siria.
Tutti questi protagonisti sostengono le forze resistenti del
terrorismo (tuttora 30.000 jihadisti di tutte le nazionalità).
Allo stesso
tempo, il capestro delle sanzioni - armi di distruzione di massa il
cui uso è un vero crimine di guerra - mira a prevenire la
ricostruzione del Paese e a provocare una rivolta contro "il
regime ".
In questa
congiuntura, il lancio alla fine di maggio di un ennesimo "caso’’
di attacco chimico debitamente attribuito al "regime di Bashar
al Assad " (da Latakia) sarebbe quasi una buona notizia, in
quanto significherebbe che l'esercito siriano sostenuto dalle forze
aeree russe, nonostante le manovre del nuovo Grande Turco, ha
finalmente iniziato la liberazione di Idlib, congelata dal settembre
2018 (in seguito alla creazione di una zona di de-escalation sotto
l'egida di Russia e Turchia). Lo scenario è ben noto e vi
ritroviamo Hayʼat Taḥrīr al-Shām (ex-Jabhat al-Nusra). Le
intimidazioni volano, senza dubbio invano, e storie di comodo hanno
sempre meno successo.
L'offensiva
degli USA contro l'Iran, in seguito al loro ritiro dal “Trattato
sul nucleare" del 2015, ha creato profonde tensioni in Medio
Oriente. Lo scambio di minacce attiene per lo più alla
gesticolazione diplomatica, ma la saggezza è una qualità rara
nell'entourage del Paperon de Paperoni alla Casa Bianca. I pompieri
si affaccendano per spegnere l'incendio sempre pronto a riaccendersi
nei giacimenti di gas e petrolio della regione: tra la Svizzera,
l'Oman e la Russia, a chi toccherà di gettare il suo secchio d'acqua
sulle scintille? Il Cremlino veglia per non lasciarsi sopraffare: ha
sostenuto l'accordo sul nucleare e ha incoraggiato Teheran a
rimanervi fedele, ma "gli Americani sono i primi a dare la
colpa", "L'Iran è oggi il Paese più controllato e più
trasparente al mondo sul nucleare", "La Russia è pronta a
continuare a svolgere un ruolo positivo", ma il futuro del
trattato "dipende da tutti i partner: Stati Uniti, Europa e Iran
...".
Aiutati che
la Russia ti aiuterà... Il discorso è così ragionevole che a volte
ci si chiede se la diplomazia russa, tanto "insopportabilmente
paziente" non si sia sbagliata d’epoca davanti al fenomeno
Trump, al suo Puffo, agli Europei rassegnati e ai pazzi loro alleati
... C’è ancora tempo per le chiacchiere?
Michel
Raimbaud
Traduzione
di: Maria Antonietta Carta
https://www.iveris.eu/list/tribunes_libres/429-pompiers_et_incendiaires_venerdì 31 maggio 2019
L'Ascensione del Signore nella tradizione siriaca: Salì al cielo come primizia
Vangelo di Rabula (Firenze, Biblioteca Mediceo Laurenziana, ), Siria, 586 |
di Manuel Nin
Nel quarantesimo giorno dopo la Risurrezione, la festa dell'Ascensione del Signore è attestata già in Eusebio di Cesarea intorno al 325; un secolo e mezzo più tardi Egeria parla di una celebrazione a Betlemme, e non sul Monte degli Ulivi da dove il Signore ascende in cielo e dove invece il raduno dei fedeli col vescovo nel luogo dell'Ascensione e la lettura del vangelo viene fatta la vigilia della Pentecoste. Per la festa, Gregorio di Nissa e Giovanni Crisostomo (e Agostino in ambito latino) hanno omelie.
La tradizione siro-occidentale collega molto strettamente l'Incarnazione, la discesa del Verbo di Dio, e la sua Ascensione: "Oggi il Cristo Dio si innalza dal monte degli ulivi fino al suo Padre glorioso. Oggi gli angeli fanno conoscere agli apostoli il grande mistero della seconda venuta di Cristo. Noi lo vedremo coi nostri occhi di carne". Cristo, salendo in cielo con l'umanità assunta da noi, la fa entrare nel luogo santo, la glorifica e la porta nel paradiso: "Tu sei entrato nel Santo dei santi e hai preso possesso della dimora non fatta da mano d'uomo. Salendo in cielo ci hai aperto le porte che Adamo nostro primo padre ci aveva chiuso in faccia. Ci hai fatti sedere alla destra di tuo Padre, e gli hai fatto un dono che non può rifiutare, il corpo umano che avevi preso da noi".
Tutti noi redenti, portati con Cristo in cielo, diventiamo offerta al Padre. Questo è un aspetto che si ritrova molto chiaramente nella tradizione siro-orientale, che, chiudendo l'anno liturgico con le quattro domeniche della "dedicazione della Chiesa", sottolinea come la comunità dei redenti dal sangue di Cristo viene presentata e offerta al Padre come corona dell'anno liturgico nel momento della sua piena glorificazione.
La tradizione siro-occidentale collega molto strettamente l'Incarnazione, la discesa del Verbo di Dio, e la sua Ascensione: "Oggi il Cristo Dio si innalza dal monte degli ulivi fino al suo Padre glorioso. Oggi gli angeli fanno conoscere agli apostoli il grande mistero della seconda venuta di Cristo. Noi lo vedremo coi nostri occhi di carne". Cristo, salendo in cielo con l'umanità assunta da noi, la fa entrare nel luogo santo, la glorifica e la porta nel paradiso: "Tu sei entrato nel Santo dei santi e hai preso possesso della dimora non fatta da mano d'uomo. Salendo in cielo ci hai aperto le porte che Adamo nostro primo padre ci aveva chiuso in faccia. Ci hai fatti sedere alla destra di tuo Padre, e gli hai fatto un dono che non può rifiutare, il corpo umano che avevi preso da noi".
Tutti noi redenti, portati con Cristo in cielo, diventiamo offerta al Padre. Questo è un aspetto che si ritrova molto chiaramente nella tradizione siro-orientale, che, chiudendo l'anno liturgico con le quattro domeniche della "dedicazione della Chiesa", sottolinea come la comunità dei redenti dal sangue di Cristo viene presentata e offerta al Padre come corona dell'anno liturgico nel momento della sua piena glorificazione.
Nei testi liturgici si rilegge il salmo 23: "Quando gli spiriti celesti ti videro innalzarti in cielo con un corpo vero, furono stupefatti e cominciarono a domandarsi l'un l'altro: Chi è questo Re della gloria che viene da Edom? È il Signore potente, il Signore vincitore in battaglia. Alzatevi porte antiche, apritevi porte eterne perché entri il Re della gloria". La salvezza operata dal Signore viene presentata nel vespro dalla sua Incarnazione fino alla sua Ascensione: "Tutti noi, tuoi servi, riscattati dal tuo sangue prezioso, proclamiamo davanti alle schiere celesti: Benedetto sei tu, che ti sei abbassato per innalzarci dalla nostra umiliazione". Inoltre i testi sottolineano l'attesa della seconda venuta di Cristo e fanno una lettura cristologica di Isaia (61, 3): "Chi è questo re della gloria che giunge da Edom, cioè dalla terra, e i suoi vestiti sono macchiati di sangue, del sangue del corpo che si è rivestito? Perché i suoi vestiti sono rossi come quelli di chi calca il vino? Il Figlio di Dio si è incarnato, si è rivestito il corpo della nostra umanità. Ha sofferto la croce, la morte e la sepoltura, è risorto ed è salito al cielo".
La liturgia siro-occidentale sottolinea che nel Monte degli Ulivi è la Chiesa tutta a essere radunata, mentre il collegamento con la seconda venuta di Cristo e la dimensione ecclesiologica della festa sono nell'icona dell'Ascensione. L'immagine è divisa in due parti ben distinte: nella parte superiore c'è Cristo assiso su un trono, immobile nella sua gloria, sostenuto da due angeli. Nella parte inferiore c'è la Madre di Dio e gli apostoli. Dall'Ascensione fino al suo ritorno Cristo presiede la Chiesa, formata dalla Madre di Dio orante e dagli apostoli.
L'Ascensione di Cristo sigilla quindi la riconciliazione tra il cielo e la terra. Come sottolinea un testo in forma di dialogo o disputa (genere letterario molto familiare alla tradizione siriaca), testo che non fa parte della liturgia ma che ne riassume il mistero. Cielo e terra disputano tra di loro e il mistero della redenzione di Cristo riporta la pace: "Il cielo dice: In me c'è il Regno e gli angeli; e la terra dice: In me le Chiese e i giusti. Il cielo dice: In me ci sono mille e diecimila che stanno davanti al suo trono; e la terra dice: In me le assemblee e le generazioni che stanno davanti alla sua croce. Il cielo dice: In me il trono da cui esce fuoco; e la terra dice: In me l'altare dalla cui bontà esce la salvezza. Il cielo dice: In me le nuvole che portano le piogge che non hanno bisogno di fontane; e la terra dice: In me la Vergine che ha concepito senza uomo. Il cielo dice: In me il fiume di fuoco che rischiara coloro che lo guardano; e la terra dice: In me il calice della salvezza che risuscita coloro che ne bevono. Dice il cielo alla terra: Noi siamo due fratelli, non dobbiamo lottare poiché i nostri abitanti sono fratelli".
Efrem il Siro collega nei suoi inni la discesa di Cristo nell'Ade e la sua glorificazione in cielo: "Come un chicco di grano cadde nello sheol, e salì come covone e pane nuovo. Dal legno discese come frutto e salì al cielo come primizia. Beata sei tu, o Betania: il monte dell'arca ed il monte Sinai ti invidiano; non da loro ascese il Signore delle altezze, ma da te ascese. Tu hai visto il suo cocchio glorioso, la nube che chinò la sua altezza verso l'Umile che aveva iniziato a regnare in alto e in basso".
martedì 28 maggio 2019
I sogni turchi dell'annessione islamica di Idlib stanno per svanire
di
Steven
Sahiounie
trad.
OraproSiria
Dal
giorno in cui la guerra è iniziata nel marzo 2011 a Deraa,
l'ideologia politica dell'Islam radicale è stata al centro
della scena. Dall'inizio del conflitto siriano, i miliziani intendevano lottare per abolire il governo laico siriano, al fine di
formare un nuovo governo retto dall' Islam radicale . Vedevano
i loro vicini cristiani come
"pagani" che dovevano essere massacrati. Non erano
interessati alla libertà o alla democrazia; stavano combattendo
per purificare la Siria da chiunque non fosse come loro. [* N:d.T. :Riportiamo in calce lo stralcio di un articolo che testimonia l'angoscia anche dei Cristiani Siriaci, di fronte alle mire di espansione turche sul nord-est della Siria: gli Assiri temono di rivivere oggi il massacro di Seyfo del 1915, in cui gli ottomani cercarono di estirpare i Cristiani assiri, siriaci e caldei del Medio Oriente aramaico]
Erdogan,
il leader turco, è stato incaricato dai suoi co-firmatari della NATO
con il compito di essere il punto di transito
dei
jihadisti internazionali che si riversano per sostenere il fallito Esercito Libero Siriano (FSA),
e la fonte di rifornimenti e armi per le forze “stivali a terra" sostenute dalla NATO ,
che provengono dai 4 angoli del globo. La Turchia ha beneficiato
immensamente del flusso di armi, denaro, prodotti chimici, terroristi
e dell'enorme quantità di aiuti umanitari che si riversavano per i
profughi siriani.
Erdogan
non doveva preoccuparsi dei cittadini turchi che si lamentavano
dell'islam radicale, perché il suo partito al governo AKP era
basato sull'Islam duro e stava trasformando la Turchia secolare in
un porto sicuro dei Fratelli
Musulmani ,
e aveva la politica di silenziare le voci critiche.
Erdogan
ha sviluppato un sogno di annessione della
striscia settentrionale della Siria. Il suo sogno stava per
realizzarsi, ma l'offensiva su Idlib è iniziata,
e il suo sogno si sta trasformando in un incubo. Aveva sostenuto l'FSA e tutti i terroristi,
che lui chiama "ribelli", indipendentemente dal fatto che
fossero affiliati
ad Al Qaeda e
molti fossero associati all'ISIS. Ora sta inviando rinforzi a
Idlib, fornendoli di armi sofisticate. Tuttavia, i terroristi
che comanda non usano aerei, tranne i droni. Un articolo recentemente firmato da
un media filo-Erdogan, nel titolo si chiedeva se la Turchia
avrebbe perso Idlib: il che dà l'impressione che il governo turco
abbia ritenuto di avere diritto a Idlib e descrive chiaramente come
il presidente turco vede il presidente siriano.
La
popolazione civile di Idlib è
dipinta dai media occidentali come timorosa dell'avanzata militare
siriana e russa. Le nazioni della NATO all'ONU invocano sempre
il nome dei civili di Idlib come se fossero tutti di un solo pensiero e che tutti volessero rimanere nelle mani dei terroristi.
Selma
(nome cambiato per motivi di sicurezza) ha telefonato a sua sorella a
Latakia e le ha detto "Ogni volta che ascoltiamo carri armati,
stiamo pregando che l'esercito venga a liberarci, i miei bambini e io
abbiamo le nostre bandiere bianche pronte. Potremmo essere
risparmiati, o potremmo morire nella battaglia, ma comunque finiremo
per liberarci". La sorella di Selma ha raccontato storie
di sofferenza, privazione e vita sotto la legge islamica.
Selma
ha raccontato come in passato la vita sotto l' FSA ,
sostenuto dall'America, fosse stata più facile da sopportare, tranne
che essi estorcevano denaro e ottenevano un profitto dal loro
potere. Tuttavia, con il passare degli anni, l' FSA si è
dissolto e i jihadisti
stranieri hanno
ora il controllo di tutto. Non tutti parlano arabo e non
praticano una religione riconoscibile, ma qualche nuovo culto
fanatico che utilizza la paura per soggiogare i civili. Ogni
ragazza o donna è un bersaglio sessuale ambito. Idlib non
fa parte della Siria: è diventato uno stato islamico.
L' accordo
russo-turco firmato
a Sochi nel 2018 implicava che Erdogan avrebbe rimosso fisicamente i
terroristi dai civili. L'accordo non è mai stato un cessate il fuoco
o una zona di non conflitto: era uno strumento per assicurare
che i civili disarmati non venissero danneggiati quando le forze
russe e l'esercito arabo siriano (SAA) combatteranno per eliminare i
terroristi collegati ad Al Qaeda. Alla fine, non valeva la carta
su cui era scritto, poiché Erdogan non ha fatto mai alcun tentativo
di rimuovere i terroristi, e invece ha costruito numerosi avamposti
all'interno di Idlib,
quindi in effetti annettendo il territorio alla Turchia, e tutti con
un coordinamento esplicito tra i gruppi allineati di Al
Qaeda .
Attualmente,
l'esercito arabo siriano sotto il comando del generale
Suhel Al-Hassan e
della sua élite "Tiger
Forces" sta
spingendo in avanti nel tentativo di riguadagnare Idlib, liberare i
civili e sterminare i terroristi. Questo crescendo è stato
visto precedentemente in Bab Amro, East Aleppo e East Ghouta.
Risoluzione
2249 del 2015 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: "Gli
Stati membri delle Nazioni Unite sono chiamati a sradicare i paradisi
stabiliti su Siria / Iraq dall'ISIL (Stato islamico / ISIS), dal
Fronte di Al Nusra (affiliazione di AlQaeda in Siria) e" tutte
le altre entità associate con Al Qaeda. ".
Tutti gli occhi sono puntati su Idlib mentre si avvicina il finale.
Tutti gli occhi sono puntati su Idlib mentre si avvicina il finale.
http://inforos.ru/en/?module=news&action=view&id=92045
* Discendenti
dei sopravvissuti del Seyfo: i cristiani siriaci si oppongono alla "zona
sicura" turca in Siria
Le
zone di confine tra Turchia e Siria sono punteggiate da piccole
chiese cristiane siriache. Lo scorso autunno, i proiettili sono
penetrati nel muro di una chiesa nel villaggio di Tel Jihan, nel
nord-est della Siria, a soli quattrocentocinquanta metri dal confine
turco. La gente del posto mi ha detto che non è un incidente
isolato. I cristiani siriaci si riferiscono a se stessi come
"discendenti di sopravvissuti". Molti dei loro antenati
morirono nel massacro di Seyfo del 1915 in cui circa ottocentomila
cristiani furono uccisi dagli Ottomani. L'evento ha ricevuto poca
attenzione dagli
studiosi, portando lo storico Joseph Yacoub a chiamarlo "genocidio
nascosto". Questa comunità – che include cristiani siriaci,
assiri,
caldei e
armeni -
non ha dimenticato la persecuzione subita per mano degli ottomani un
secolo fa. Ed è proprio questa esperienza il motivo
della loro attuale
opposizione al piano di Ankara di schierare le truppe turche a est
dell'Eufrate. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sta cercando
di definire il piano come una "zona cuscinetto" o "zona
sicura". Per i siriani, è un altro intervento di una potenza
straniera. Invece di indurre un senso di sicurezza, l'idea di
schierare truppe turche in patria riaccende i ricordi del trauma
subito dalla loro comunità.
In
contrasto con il genocidio armeno, il massacro di Seyfo del 1915 ha
ricevuto pochissima attenzione dagli
studiosi.
In uno dei primi libri in lingua inglese sull'argomento, "Year
of the Sword"
pubblicato dalla Oxford University Press, lo storico Joseph Yacoub
descrive le uccisioni di massa del 1915 come un "genocidio
nascosto" che ha ucciso circa trecentomila persone. Era un
periodo in cui "gli ottomani cercavano di estirpare i cristiani
assiri, siriaci e caldei del Medio Oriente aramaico". Un altro
libro dovrebbe essere pubblicato alla fine di questo mese dalla
Harvard University Press, “Il genocidio dei trent'anni: La distruzione turca delle sue minoranze cristiane 1894-1924",
di cui
furono
coautori
Benny Morris e Dror Ze'Evi. Mentre anche i curdi sono stati
perseguitati durante questo periodo, almeno una tribù curda ha
collaborato con l'esercito ottomano nel prendere di mira le minoranze
non musulmane della regione.
Virtualmente
ogni famiglia
cristiana nel nord-est della Siria ha un parente o un antenato che è
stato direttamente colpito dalle atrocità ottomane. Il passaggio del
trauma da una generazione all'altra è noto come trauma
transgenerazionale. Se gli Stati Uniti sono d'accordo con il piano
della Turchia di schierare truppe nella Siria nord-orientale,
Washington potrebbe diventare complice della perpetuazione del trauma
transgenerazionale tra la minoranza cristiana della Siria, anche se
le truppe si astenessero
dagli abusi commessi ad Afrin l'anno scorso....
domenica 26 maggio 2019
Padre Firas Lufti, francescano: “Si torna a parlare dell’uso di armi chimiche per creare un falso pretesto che giustifichi al mondo un nuovo attacco internazionale alla Siria”
Intervista ai microfoni di Radio Vaticana
di
Luca Collodi
Le autorità siriane e russe intendono
aprire dei corridoi umanitari per consentire ai civili del nord-ovest
del Paese di mettersi in salvo dall'offensiva militare in corso nella
regione di Idlib contro le milizie jihadiste. Lo riferisce la tv
al-Mayadin, vicina al governo di Damasco. Nell'area sono ammassati
circa tre milioni di civili. Raggiunto telefonicamente ad Aleppo
il padre Firas Lufti, francescano della Custodia di Terra
Santa e superiore del Collegio francescano di Aleppo, della
situazione nella città siriana racconta ai microfoni di Radio
Vaticana Italia:
R. - A due anni dalla liberazione,
Aleppo, città nella quale i jihadisti si erano installati nella
parte storica, è stata riunificata. Non si parla più di Aleppo Est
e di Aleppo Ovest. Una parte di questi jihadisti si trovano però
nelle vicinanze di Aleppo, verso la provincia di Idlib, roccaforte
intorno alla quale ancora infuriano battaglie per la riconquista. Ad
Idlib, infatti, si sono rifugiati centinaia di migliaia di jihadisti.
Da 15 giorni sono stati registrati lanci di missili e di razzi dalla
parte occupata dai jihadisti proprio sul cuore della città, abitato dai civili dove non ci sono centri militari o soldati. Risulta che ci
sono sempre vittime, bambini e donne innocenti. Quindi i jihadisti
lanciano i loro missili per dire che sono lì e vogliono esprimere
una sorta di solidarietà con quella parte della Siria.
Gli Stati Uniti hanno il sospetto che
la Siria abbia usato armi chimiche, ma è un sospetto che viene
smentito un po’ da tutti
R. – Questa è un’antifona
purtroppo suonata fin dall’inizio del conflitto. I media sono stati
sempre usati come arma, più efficace e più distruttivi dell’arma
della guerra nel senso vero della parola. La disinformazione e
soprattutto le agenzie dei caschi blu – o caschi bianchi – hanno
detto molte bugie. Si ritorna al discorso delle armi chimiche per creare un pretesto per attaccare ancora di più la Siria e cercare di
coinvolgere il mondo per ottenere un’opinione internazionale che
giustifichi – tra virgolette – un intervento militare. Magari
americano o altro, per legalizzare una manovra che andrebbe soltanto
a peggiorare la situazione. Invece di trovare soluzioni concrete,
politiche di dialogo, di incontri, si ricorre purtroppo subito alla
violenza massiccia come se ci fosse una resistenza, una non volontà
di fare la pace e di farla finita. La gente è veramente stanca di
questa guerra. Questa antifona non è un buon segno e non è un buon
segnale.
Sul piano umanitario, la vita ad Aleppo
e in Siria sta tornando alla normalità? Le famiglie stanno
ritornando a casa?
R. – Come Chiesa aleppina,
abbiamo subito una perdita passando da 160 mila cristiani che eravamo
prima del conflitto a 30 mila – quasi 30 mila – cristiani rimasti
oggi. Questo calo drammatico e drastico è significativo per i
cristiani, per il loro presente e per il loro futuro, per il peso che
il loro ruolo potrà avere come cittadini della Siria. E questo
fenomeno si può estendere a tutte le aree e a tutte le città
siriane. Per quanto riguarda il lato umanitario, forse si sta
passando dall’emergenza vera e propria, con la mancanza di acqua,
elettricità e cibo, ad una fase che comunque non è meno difficile
della prima.
Non siamo passati, cioè, allo sviluppo e ad un salto
qualitativo nella società perché l’embargo ha ancora conseguenze sulla società siriana. Se, per esempio, lei volesse mandarmi 50 euro
per aiutarmi, non potrà farlo tramite le banche perché quando si
scrive “Siria – Aleppo”, i denari vengono bloccati.
mercoledì 22 maggio 2019
Armi chimiche e 'false flag'
Ulteriori
prove che l'attacco USA 'per armi chimiche' fu basato su una 'false
flag'
di
Tony Cartalucci*
Ulteriori
prove sono emerse che indicano che il presunto attacco chimico in
Douma del 2018, in Siria, fu messo in scena dai miliziani sostenuti
dagli Stati Uniti, non dal governo siriano.
Recenti
rivelazioni indicano che gli Stati Uniti non solo hanno falsamente
accusato Damasco di aver effettuato l'attacco, ma hanno eseguito
bombardamenti contro la Siria basati su un falso pretesto. A
tutt'oggi, gli Stati Uniti hanno categoricamente omesso di produrre
alcuna convincente prova a sostegno delle loro affermazioni iniziali.
Al
contrario, una successiva indagine condotta dall'Organizzazione per
la proibizione delle armi chimiche (OPCW) ha prodotto prove
schiaccianti che dimostrano che un evento 'falso flag' è stato
condotto da militanti appoggiati dagli Stati Uniti. Questo includeva
una bombola di gas di cloro trovata in un deposito di armi dei
militanti ispezionato da investigatori dell'OPCW, che combaciava
esattamente con i due cilindri usati pretestuosamente nello stesso
attacco di Douma del 2018.
Mentre
i militanti sostenuti dagli Stati Uniti hanno insistito nel sostenere
che due bombole di gas sono state sganciate da elicotteri governativi
su Douma, l'OPCW ha osservato che i presunti crateri causati
dall'impatto dei cilindri corrispondevano a quelli degli edifici
vicini chiaramente provocati da ordigni esplosivi.
La
relazione finale dell'OPCW riguardante l'incidente di Douma ha
affermato: Il team [della missione OPCW in Siria] ha osservato che un
simile cratere era presente su un vicino stabile in costruzione.
L'implicazione è
che i cilindri non potrebbero aver creato i crateri a loro attribuiti
dai militanti (sostenuti dagli Stati Uniti) mentre i media
occidentali sostengono questa versione della storia. Invece, implica
che i cilindri sono stati posizionati manualmente vicino ai crateri
preesistenti creati da ordigni convenzionali.
Mentre
il rapporto finale dell'OPCW includeva fotografie di danni
sull'edificio adiacente, non ha ulteriormente elaborato o considerate
le ovvie implicazioni di crateri simili, visti esplicitamente nelle
vicinanze.
Tuttavia,
più recentemente, un rapporto inedito dell'OPCW intitolato
"Valutazione dell'ingegneria di due cilindri osservati
nell'incidente di Douma - Sintesi" (PDF), è stato elaborato:
Gli esperti sono stati consultati per valutare l'aspetto del cratere
osservato nella posizione 2, in particolare la sua parte inferiore.ù
L'opinione
degli esperti è che il cratere osservato sia più coerente con
quello risultante da una esplosione potente (come quella da un
mortaio HE o da un razzo di artiglieria) piuttosto che un risultato
di impatto di un oggetto che cade. Ciò è stato confermato anche
dall'osservazione del tondino deformato rivolto all'esterno nella
parte inferiore del cratere, che non si spiega con l'apparente non
penetrazione e il danno minimo del cilindro. La probabilità che il
cratere sia stato creato da un bombardamento da mortaio/artiglieria o
simile, è supportato anche dalla presenza di più crateri molto
simili di aspetto, in lastre di cemento in cima a edifici vicini, da
un (insolitamente elevato, ma possibile) modello di frammentazione
sulle pareti superiori, con le indicazioni di scheggiatura del
calcestruzzo sotto il cratere, e (mentre si osservava che sono stati
creati nell'angolo della stanza) bruciature nere sul fondo e sulla
sommità del cratere.
La
valutazione ingegneristica concluderebbe: In sintesi, l'osservazione
sulla scena dei due luoghi, insieme alla successiva analisi,
suggerisce che c'è una maggiore probabilità che entrambi i
cilindri siano stati posizionati manualmente in quelle due posizioni
piuttosto che essere lanciate dagli aerei.
La
valutazione aggiunge ulteriore importanza a ciò che molti analisti
hanno concluso all'epoca in cui l'OPCW ha pubblicato il suo rapporto
finale ufficiale sull'incidente - che
l'evento è stato organizzato.
A
ben vedere, Damasco non aveva alcuna motivazione per portare a
termine l'attacco del 2018. Questo si è verificato alla vigilia
della vittoria totale delle forze siriane sui militanti appoggiati
dagli Stati Uniti trincerati nei tunnel attorno alla capitale
siriana. L'esercito siriano aveva usato un'ampia forza convenzionale
per superare le posizioni dei militanti e anche se Damasco avesse
creduto che l'uso di armi chimiche avrebbe accelerato la vittoria, è
improbabile che a quello scopo avrebbe lanciato solo 2 bombole di gas
contenenti una quantità trascurabile di cloro.
Viceversa,
i militanti sostenuti dagli Stati Uniti stavano per affrontare una
sconfitta inevitabile e completa, insieme a un governo degli Stati
Uniti con un disperato bisogno di un pretesto per usare la forza
militare per rallentare o fermare l'avanzata delle truppe siriane -
avevano tutte le motivazioni per mettere in scena l'attacco chimico,
per dare la colpa a Damasco, mentendo fin dall'inizio.
Se
l'analisi politica del presunto attacco che ha considerato le
possibili motivazioni di entrambe le parti per attuare l'attacco, non
fossero ancora abbastanza esaustive, questo recente studio di
ricercatori dell'OPCW ha ulteriormente sollevato la questione.
Perché
il false flag di Douma è ancora importante?
La
propensione di Washington ad inscenare provocazioni come pretesto per
una guerra più ampia, non è connessa alla sola Douma, o alla sola
Siria.
Il
pretesto che portò all'invasione americana dell'Iraq del 2003 era
basato interamente su una menzogna deliberatamente costruita su prove
fabbricate.
E
gli Stati Uniti cercano ancora di provocare la guerra in Ucraina, in
Venezuela, contro l'Iran, e probabilmente ancora in Siria, nel
momento in cui le forze governative (e i suoi alleati NDT) cominciano
a riprendersi Idlib.
Capire
come i militanti appoggiati dagli Stati Uniti hanno messo in scena
l'attacco di Douma nel 2018; come i media occidentali abbiano mentito
al mondo intero in seguito, per vendere il successivo intervento
militare occidentale, e come gli investigatori hanno esposto prove
che rivelano questo attacco come una falsa operazione (false
flag), servirà a tutti per smorzare l'impatto politico delle future
false provocazioni.
*Tony
Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico di Bangkok, in
particolare per la rivista online "New Eastern Outlook".
trad . Gb.P. OraproSiria
trad . Gb.P. OraproSiria
Iscriviti a:
Post (Atom)