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mercoledì 19 novembre 2025

Un gruppo ecumenico di leader cristiani palestinesi critica la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu

In Libano Israele ha bombardato il campo profughi di Ein el-Hilweh uccidendo almeno 13 persone.
 

Asia News 19 novembre 2025

Anche dopo la firma del cessate il fuoco a Gaza, la spirale di violenza sulla Striscia e in Cisgiordania non si è arrestata. E anche il Libano (che si prepara ad accogliere Papa Leone XIV a fine mese) è stato nuovamente colpito: Israele ha compiuto nelle ultime ore un attacco aereo contro il campo profughi di Ein el-Hilweh, nei pressi di Sidone, uccidendo almeno 13 persone e ferendone diverse altre, in uno dei peggiori bombardamenti registrati negli ultimi mesi dopo la tregua tra Israele e Hezbollah siglata nel novembre 2024. I droni israeliani hanno preso di mira una moschea sostenendo fosse un campo di addestramento di Hamas, accusa che il gruppo ha negato. L’esercito israeliano ha poi lanciato nuovi avvisi di evacuazione ad alcuni villaggi nel sud del Libano.

Dentro questo contesto diversi leader religiosi, teologi, attivisti e membri della società civile cristiana palestinese hanno diffuso oggi da Gerusalemme questa dichiarazione in cui sottolineano come la violenza persistente getti un’ombra profonda sulla proposta di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvata lunedì 17 novembre, sollevando interrogativi cruciali sul futuro dell’autodeterminazione palestinese, sulla responsabilità internazionale e sulle reali condizioni della pace.

Una voce di Gerusalemme per la giustizia
una testimonianza ecumenica per l’uguaglianza e una pace giusta in Palestina/Israele

Un’altra risoluzione?

La risoluzione UNSC 2803 (17.11.2025), basata su una bozza dell’amministrazione statunitense, è stata accettata da tredici Stati membri del Consiglio di Sicurezza, mentre due (Russia e Cina) si sono astenuti. La risoluzione mira a istituire un “Consiglio di Pace”, guidato dal presidente Trump, che supervisionerebbe una Forza Internazionale di Stabilizzazione.

Ci sono alcuni aspetti positivi nel cessate il fuoco negoziato dagli Stati Uniti il 4 ottobre 2025 e in questa risoluzione: meno genocidio, meno domicidio, meno sfollamenti e meno smantellamento delle poche istituzioni palestinesi ancora esistenti. Tuttavia, nonostante il cessate il fuoco, la distruzione di Gaza e della sua popolazione continua. (Da quando il cessate il fuoco è entrato in vigore, circa 250 abitanti di Gaza sono stati uccisi e circa 650 feriti). La risoluzione dell’ONU porterà all'autodeterminazione dei palestinesi? Essa subordina l’autodeterminazione alle “riforme” palestinesi. Le riforme previste hanno lo scopo di porre fine alla corruzione e alla cattiva amministrazione o cercano di imporre l’accettazione dei vincoli imposti da Israele e dagli Stati Uniti all’autodeterminazione? Il diritto di un popolo all’autodeterminazione non può essere condizionato, soprattutto da coloro che hanno impedito questa autodeterminazione per decenni. Inoltre, l’autodeterminazione inizia con un processo democratico libero, senza interferenze da parte di Israele o degli Stati Uniti.

Questa risoluzione presenta anche aspetti negativi. Essa sa di tradizionale colonialismo: prevede l’amministrazione della Striscia di Gaza da parte di stranieri con a capo il presidente degli Stati Uniti. Indubbiamente, l’aspetto più negativo della risoluzione è la sua mancanza di una visione complessiva. Ignora le realtà della Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est): lo smantellamento violento dei campi profughi e dei villaggi palestinesi, l’estrema violenza dell’esercito e della polizia israeliani, e in particolare dei coloni ebrei, ostacoli continui alla vita quotidiana dei palestinesi che vivono lì e i tentativi di cancellare la loro identità. Nel complesso, la risoluzione adotta una prospettiva problematica facendo iniziare il problema è  il 7 ottobre 2023. Tuttavia, in questo modo si ignora la vera genesi del conflitto.

Non c'è via d’uscita se non siamo disposti a ripensare la situazione complessiva in Palestina/Israele. Fin dalla Dichiarazione Balfour (1917), il discorso si è basato su una divisione tra ebrei e non ebrei, stabilendo una disuguaglianza che continua da allora. Il piano di spartizione dell’ONU del 1947 era in diretta continuità con il dominio coloniale britannico: l’istituzione forzata di uno Stato etnocentrico ebraico. Gli ebrei sono legati a questa terra e non sono semplici coloni. Tuttavia, il loro legame con la terra non è esclusivo e non dà loro il diritto di espropriare e sfrattare, reprimere e occupare, distruggere e commettere genocidi. Lo smantellamento del sistema di etnocentrismo, discriminazione e occupazione deve mirare a integrare gli ebrei israeliani in una nuova realtà che si profila all’orizzonte: una società multiculturale e pluralista che garantisca uguaglianza, giustizia e pace a tutti coloro che vivono oggi in Palestina/Israele.

Firmato da:

Patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah (emerito)

Arcivescovo greco-ortodosso Attallah Hanna

Il vescovo luterano di Terra Santa Munib Younan (emerito)

Il sig. Yusef Daher

La sig.ra Sawsan Bitar

Il sig. Samuel Munayer

La sig.ra Dina Nasser

Il sig. John Munayer

La sig.ra Sandra Khoury

Il rev. David Neuhaus SJ

Il rev. Frans Bouwen MAfr

Il rev. Firas Abdrabbo

Il sig. Rafi Ghattas

Il rev. Alessandro Barchi

e altri membri