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lunedì 12 agosto 2024

Joseph ci racconta il suo viaggio ad Aleppo


Il viaggio in Siria era una vacanza attesa per me e i miei due figli che da poco hanno perso la loro mamma.

Siamo partiti per Beyrut dall’aeroporto di Venezia via Istambul, poiché non ci sono voli diretti Italia – Siria, e abbiamo proseguito via terra. Il tassì di linea che trasporta passeggeri tra Libano e Siria ci attendeva all’aeroporto. Per raggiungere Aleppo, la nostra prima tappa e mia città natale, abbiamo impiegato sette ore, compreso il tempo per attraversare le frontiere. Alla frontiere siriana non ci sono state difficoltà per il controllo dei passaporti, ma come cittadini siriani abbiamo dovuto cambiare cento dollari in lire siriane, misura presa per versare un contributo in valuta straniera al Paese disastrato dall’altissima inflazione monetaria. Lungo il tragitto abbiamo incontrato spesso dei posti di blocco dell’esercito. 

Siamo arrivati ad Aleppo alle sette di sera e mi ha colpito la grande animazione della città, anche se non tanto pulita. Osservando i passanti sembrava che tutta la popolazione si fosse riversata nelle strade senza una meta. I cittadini, che sembrano tranquilli e non sentirsi in pericolo, amano uscire di casa, andare nei caffé e trascorrere le serate estive in compagnia anche dopo la mezza notte. 


 L’inflazione ha raggiunto ultimamente un livello esagerato e la maggior parte delle famiglie non può acquistare generi di prima necessità. 1 euro, che prima della guerra si cambiava per 50 lire siriane, adesso ne vale 16 mila e uno stipendio mensile basta solo per cinque giorni. Le organizzazioni religiose e diverse ONG sono una aiuto fondamentale per tanta gente che fa lunghe file per ricevere magari un po’ di cibo. Ringrazio alcuni Italiani che mi hanno affidato del denaro per consegnarlo ai bisognosi. 

La corrente elettrica arriva per 2 ore in 24 ore e chi ne ha i mezzi si fornisce di corrente privatamente pagando un abbonamento settimanale, ma gli altri restano senza corrente. Si stanno diffondendo i pannelli solari: un progetto costoso realizzabile con contributi caritatevoli e per mezzo dei familiari che risiedono all’estero. Il 50 % del popolo vive della borsa alimentare e aspetta l’aiuto delle associazioni che contribuiscono alla cura di gravi malattie, all’acquisto dei farmaci e alle spese per gli studi universitari. 

Siamo rimasti due settimane ad Aleppo, che fino alle 11.00 del mattino sembra una città deserta con negozi chiusi e ogni attività sospesa. Quando alle 11.30 arriva la corrente, si aprono i negozi e comincia il movimento nelle strade, soprattutto dei giovani, fino a notte inoltrata, come ho già raccontato all’inizio. Le parrocchie con grandi spazi hanno aperto dei bar e piccoli ristoranti frequentati dalle famiglie della comunità cristiana, che pagando prezzi ragionevoli vi trascorrono le serate. Diciamo quindi che la città si sveglia tardi e dome tardi.

Ho cercato i miei amici per andare a trovarli. Tanti hanno lasciato il Paese, ma alcuni sono rimasti; insieme abbiamo trascorso una serata in un ristorantino e come tutti hanno ripetuto che ‘’la vita qua non ha prospettive e avete fatto bene a partire perchè chi è rimasto in questo Paese cerca di sopravvivere quando non è possibile vivere’’. Osservando le facce della gente e alcuni conoscenti del passato, dopo questi anni di guerra le loro facce sono come fiori appassiti, siano donne o uomini.

Nelle due settimane vissute in Aleppo non ho trovato differenza tra un giorno e l’altro, però ho potuto trascorrere le mie vacanze con i parenti e pochi amici.

Il mio Paese di origine è comunque bello nonostante tutto e camminando per le strade anche i muri degli edifici ti parlano e ti senti nel posto giusto. Amin Maalouf, uno scrittore libanese immigrato in Francia, dice nel suo romanzo I disorientati: ‘’Il tuo Paese sarà sempre un Paese di fazioni, di disordine e di favoritismi, ma è anche il Paese del gusto della vita, del calore umano, della generosità e dei tuoi amici più veri.’’

Queste parole mi riempiono di gioia e sono un motivo per cui ogni anno vi faccio ritorno.

martedì 8 novembre 2016

La presenza francescana in Siria



Siria,  il paese dove infuria la guerra ormai da oltre cinque anni: i conventi francescani in questo paese, in situazione di guerra, che funzione hanno oggi? Pare che tanta gente in Occidente non abbia idea che ci siano dei cristiani in Siria e nemmeno dell'esistenza dei Frati Minori in quel paese islamico.


Durante il tempo dei crociati tra 1099 -1291 D.C. , religiosi combattenti arrivarono in Siria per proteggere i castelli sorti in quel tempo, gli “Ospedalieri” a differenza di quelli Templari che assunsero il tempio di Salomone in Gerusalemme come base della loro sede, un altro ordine di religiosi - i frati minori fondati da Francesco di Assisi (1182 – 1226 D.c) - arrivò a Dumiat in Egitto a incontrare il governatore il Re el-Kamel figlio del Re el.Adel ayubida fratello di Saladino. Gli storici arabi proclamarono questi religiosi 'frati della corda', in considerazione della corda che si mettono intorno al bacino che contiene i tre nodi simboli della povertà, castità e obbedienza; nei secoli la presenza di questi frati rimase in Siria fino ai giorni nostri, mentre il primo convento di frati ad Aleppo fu fondato nel 1859 nella zona di Aleppo vecchia, in seguito con l’incremento demografico e il numero crescente dei cristiani fu costruita una parrocchia grande dedicata a S. Antonio nel centro moderno di Aleppo.
Per realizzare questo progetto, racconta un anziano, fecero come i frati in occidente che giravano di città in città con una scatola in mano chiedendo offerte. Attualmente ad Aleppo ci sono tre conventi di frati francescani mentre altri tre sono a Damasco, inoltre alcuni in diverse città siriane. I frati di questi conventi sono gente del posto, non ci sono fra loro frati dell’occidente, questi fratelli locali hanno vissuto la guerra, e a conseguenza della tragica situazione condividono la sofferenza con la gente, quotidianamente aiutandoli col distribuire la borsa alimentare e l’acqua e pure un aiuto materiale per comprare il carburante a riscaldare la casa e tanto altro tutti giorni..

In uno dei conventi che vive sotto il controllo dei ribelli non si possono suonare le campane e le donne vanno a sentire la messa velate e tutto viene svolto a bassa voce; in un altro convento di zona diversa pure conquistata dai ribelli il frate del convento ha aperto le porte a quelli fuggiti accogliendo tutti pure essendo di diverse religioni , senza distinzioni il frate procura il cibo per i rifugiati con grave rischio, quindi il frate è stato rapito più volte e poi liberato grazie ai mediatori del posto.
Queste sono alcune delle vicende dei frati francescani in Siria e il loro modo semplice e coraggioso di affrontare la vita durante questa guerra.

Essi seguono le orme dei frati di san Francesco che già nel 1800 diedero la loro testimonianza fino al martirio in terra siriana: ricordiamo i Martiri Francescani di Damasco, un gruppo di 11 martiri dei musulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860; di essi sei erano Padri Francescani Minori, due erano Fratelli professi Francescani e tre erano fratelli di sangue laici maroniti. Sono conosciuti come ‘Beati Martiri di Damasco’ .


Sempre a Damasco, riposa padre Tommaso da Calangianus, esperto in farmacopea, che divenne famoso per aver curato migliaia di bambini, a prescindere dalle distinzioni etniche e religiose ; fu ucciso con “omicidio rituale” per mano di ebrei, tanto che l’epigrafe mortuaria, fatta incidere sulla tomba in italiano e arabo, testimonia:  “D.O.M. Qui riposano le ossa del padre Tommaso da Sardegna assassinato dagli ebrei il 5 febbraio nell’anno 1840”.
Nella chiesa dei francescani di Terra Santa, a Bab Tuma, il ricordo delle violenze subite sopravvive in due lapidi: una, dedicata al cappuccino padre Tommaso e l’altra ai frati minori.

        
testo di 
Joseph Mistrih 

La croce francescana
È formata da quattro croci ed è il simbolo di quattro stati 'crociati':
Antiochia
Edessa 
Tripoli
Il regno di Gerusalemme