«Noi
cristiani di Maloula dobbiamo
perdonare, perché il perdono è il cuore della nostra fede. Ma per
la riconciliazione questo non basta». Non c’è traccia di odio
nelle parole di padre Tawfik Eid e non è scontato. Il parroco di
Maloula, città martire siriana, si trova in Francia per un ciclo di
conferenze e ha rilasciato una lunga intervista video a Tv
Libertés.
Padre Eid ricorda i giorni del settembre 2013, quando i jihadisti di
Al-Nusra entrarono nella città, vicina a Damasco, e
la conquistarono uccidendo
tre cristiani (dichiarati martiri), sequestrandone altri sei (cinque
sono stati ritrovati morti), distruggendo case, chiese e rubando
preziose icone di santi. In quei giorni i musulmani si unirono
ai jihadisti, rivoltandosi contro i vicini di casa cristiani e
partecipando alle sevizie.
«VENUTI PER UCCIDERVI». La vicenda è drammatica. All’inizio delle proteste antigovernative, due terzi dei musulmani di Maloula hanno preso le parti del Free Syrian Army e si sono presentati come protettori dei residenti cristiani di fronte ai jihadisti di Al Nusra a condizione che i cristiani non si organizzassero in una milizia di difesa locale e facessero pressioni sui militari per rimuovere il posto di blocco che era stato istituito nei pressi del monastero dei Santi Sergio e Bacco. Cosa che poi è avvenuta, col risultato di consegnare alture e monastero a Jabhat al Nusra sin dal marzo 2013. In seguito i musulmani antigovernativi di Maloula hanno appoggiato le operazioni militari dei jihadisti o addirittura si sono uniti a loro. Su una parete del salone polifunzionale della parrocchia di San Giorgio, accuratamente razziato, si legge una grande scritta verniciata su di una parete: «Cristiani, alawiti, sciiti, drusi: siamo venuti per uccidervi».
«VENUTI PER UCCIDERVI». La vicenda è drammatica. All’inizio delle proteste antigovernative, due terzi dei musulmani di Maloula hanno preso le parti del Free Syrian Army e si sono presentati come protettori dei residenti cristiani di fronte ai jihadisti di Al Nusra a condizione che i cristiani non si organizzassero in una milizia di difesa locale e facessero pressioni sui militari per rimuovere il posto di blocco che era stato istituito nei pressi del monastero dei Santi Sergio e Bacco. Cosa che poi è avvenuta, col risultato di consegnare alture e monastero a Jabhat al Nusra sin dal marzo 2013. In seguito i musulmani antigovernativi di Maloula hanno appoggiato le operazioni militari dei jihadisti o addirittura si sono uniti a loro. Su una parete del salone polifunzionale della parrocchia di San Giorgio, accuratamente razziato, si legge una grande scritta verniciata su di una parete: «Cristiani, alawiti, sciiti, drusi: siamo venuti per uccidervi».
LA
RICONCILIAZIONE. Dopo
che Maloula è stata riconquistata dall’esercito nel 2014, la vita
in città sta lentamente tornando alla normalità. Tutto è da
ricostruire, soprattutto i rapporti e la fiducia reciproca. «Per
tornare a vivere come prima i musulmani devono prima riconoscere i
loro errori. I cristiani non possono coltivare l’odio nel loro
cuore, altrimenti saremmo uguali ai terroristi. Però non può
esserci riconciliazione senza il pentimento da parte loro». Dalle
parole e dai silenzi di padre Eid si capisce che il processo è in
corso ma è ancora lontano dalla conclusione.
«COME
GESÙ SULLA CROCE». Tra
i cristiani rapiti e ritrovati sgozzati c’era anche il sagrestano
di padre Eid, che però ha perdonato. Ma il sacerdote è il primo a
imparare la fede dai suoi parrocchiani, che come tutta la popolazione
del villaggio parla ancora un dialetto aramaico molto simile a quello
di Gesù: «Come Gesù sulla croce, anche noi abbiamo gradito: “Dio,
perché ci hai abbandonato?”. Ma poi abbiamo scoperto che non ci
aveva affatto lasciati soli e la dimostrazione sono le poche perdite
che abbiamo subito. La città, pur avendo passato dei mesi terribili,
non è stata distrutta e oggi siamo tornati. La nostra fede oggi non
solo non è stata minata, ma è più forte e sono i miei parrocchiani
a dirmelo per primi».
«CRISTIANI,
IMPEGNATEVI IN POLITICA». Il
sacerdote, invitato in Europa dall’associazione francese SOS
Chrétien d’Orient, che sta aiutando a ricostruire Maloula, ha
rivolto al termine dell’intervista un appello alla Francia e
all’Occidente: «Prima di tutto devo ringraziare di cuore chi ci
sta aiutando a tornare a vivere. Ma voglio anche dire una cosa a
tutti i cristiani, a tutti i cattolici e agli uomini di buona
volontà: voi dovete affrontare una sfida più dura della nostra. Noi
abbiamo subìto l’offensiva dei terroristi, voi dovete combattere
contro ateismo e laicismo. Per farlo non potete limitarvi a
lamentarvi delle cattive leggi che vengono approvate in Europa,
dovete impegnarvi di più in prima persona nella vita pubblica e
innervarla con la vostra esperienza di fede. Non basta dire che gli
altri sono cattivi. Se non lo fate, se non vi impegnate in politica,
nessuno lo farà al posto vostro».