Seconda
parte dell'intervento dell' Ambasciatore
Michel Raimbaud alla
Conferenza organizzata da «
Chrétiens
d’Orient pour la paix »
Qui la prima parte: http://oraprosiria.blogspot.it/2017/07/siria-sei-anni-di-guerra-dopo-lincubo-i.html
Traduzione dal francese di Gb.P. per OraproSiria
2/
La Siria vive in un'atmosfera di dopoguerra
Sul
fronte delle operazioni militari: dopo la liberazione di Aleppo che
è stata punto di riferimento e ha segnato gli spiriti nel mese di
dicembre 2016, l'esercito siriano è ovunque all'offensiva sui fronti
di Damasco, di Aleppo, a Homs, sul confine con la Giordania, nel
deserto siriano. Nonostante le intimidazioni degli Stati Uniti,
riconquista poco a poco il territorio nazionale. Anche se la guerra
rischia di essere ancora lunga, l'evoluzione favorevole della
"Battaglia del deserto" in corso, lascia presagire
un'accelerazione dei progressi.
Ignorando
le ingiunzioni e le minacce americane, l'esercito siriano ha fatto il
suo congiungimento con le forze irachene di "Hachd Chaabi"
al confine tra i due paesi, exploit che sembrava improbabile fino a
pochi mesi fa. Questa ridefinizione dei confini Sykes-Picot tra Siria
e Iraq è un fatto importantissimo, poiché significa la sconfitta ab
initio dell' intesa ordita da Tel Aviv e presentata a Trump prima dei
suoi viaggi in Arabia e in Israele , che proponeva una nuova base di
cooperazione con gli Stati Uniti. Questo piano (defunto) ripreso
tale e quale nei vertici di Riyad, prevedeva :
-Il
riconoscimento da parte di Washington della sovranità di Israele sul
Golan
-Il
rifiuto di ogni presenza militare permanente dell'Iran in Syria
-
l'inasprimento delle sanzioni contro Teheran a causa del suo
"sostegno al terrorismo"
-L'aumento
della pressione su Hezbollah
-
Un impegno per impedire la creazione di un corridoio Iran - Iraq -
Siria - Libano che possa dare all'Iran uno sbocco sul Mediterraneo.
Le
molteplici provocazioni (un aereo, poi un drone siriano abbattuto
dagli americani, bombardamenti qua e là, attacchi occasionali contro
l'esercito siriano..) non cambieranno nulla, tanto che esse appaiono
contro-producenti. Lungi dall'intimidire, questa lotta di
retroguardia guidata da una potenza in declino (e quindi pericolosa)
ha causato un irrigidimento di Mosca per quanto riguarda le
condizioni future per la cooperazione tecnico-militare tra i russi e
gli americani contro il terrorismo. Ed ha ispirato agli iraniani una
grande "première" sotto forma di un missile sparato su
Da'esh in Siria dal loro territorio.
Si
potrebbe dire lo stesso delle "Forze Democratiche Siriane",
che siano curde, o arabe e turkmene, che potrebbero fare un calcolo
sbagliato cercando la creazione di un Kurdistan "introvabile"
in Siria.
Sul
piano politico-mediatico, la Siria sembra aver vinto. Le agenzie di
propaganda e coloro che danno lezioni di morale hanno preteso e
ancora rivendicano con l'aplomb dei truffatori, che un popolo unanime
si erga in piedi contro il "dittatore" o il "tiranno
assassino". Dal 2011, tuttavia, non è difficile da vedere,
malgrado l'omertà, che la narrazione ufficiale semina ai quattro
venti girandole di "false flag" (false bandiere) arma
favorita dai terroristi democratici, dei cannibali moderati, dei
rivoluzionari del circuito Elizabeth Arden e dei reverendi
predicatori dell'Asse del Bene.
Le
popolazioni votano sempre con i propri piedi quando ne hanno la
possibilità, e questo tipo di scrutinio non necessita di un lungo
spoglio. A poco a poco, mentre l'esercito riconquista il proprio
territorio nazionale, coloro che ne hanno l'opportunità fuggono
dalle zone ribelli e accolgono l'esercito siriano come liberatore.
Per
anni era di moda in Francia, nella Navarra e altrove, ripetere come
pappagalli che "Bashar se ne deve andare", che "Bashar
non ha posto nel futuro della Siria": adesso, non si contano i
pappagalli arroganti che sono scomparsi e che non hanno più alcun
ruolo da svolgere nel futuro del proprio paese, mentre il loro capro
espiatorio è sempre lì. E' che questo presidente, questo capro
espiatorio è rimasto per molti, ed è diventato per molti altri, il
simbolo della resistenza dello Stato e dell'attaccamento del popolo
siriano al proprio modello di società tollerante.
3/
Diplomaticamente gli avvenimenti si stanno rimescolando
La
solidità dell'alleanza tra la Siria e i suoi alleati (Hezbollah,
Iran, Iraq, Russia, Cina) contrasta con lo sfaldamento della
coalizione avversaria:
-
Lo sfaldamento del blocco islamista (tra Arabia e la Turchia, tra
Arabia e Qatar, la spaccatura all'interno del Consiglio di
Cooperazione del Golfo) è così evidente che parla da sé.
-
Il ritiro graduale di Trump nel faccia a faccia con l'Arabia Saudita
di Bin Salman e la sua preoccupazione di far pagare a caro prezzo a
Riyadh (già centinaia di miliardi di dollari) il mantenimento di una
finzione di alleanza per la vita o per la morte è abbastanza
trasparente. Bisogna essere inesperti e approssimativi come Mohammed
Bin Salman per non vedere che il contratto sicurezza in cambio di
petrolio ha dato luogo ad un accordo armi contro dollaro. Allo stesso
modo, le sue decisioni ambigue riguardo al Qatar, il suo
comportamento ambiguo con i Curdi e la Turchia, non sono decisioni
troppo rassicuranti per i diretti interessati. Possiamo usare a
questo proposito le parole di qualche umorista : "è pericoloso
avere gli Stati Uniti come nemici, ma è ancora due volte più
pericoloso averli per amici”.
-
La disaffezione tra l'Europa e gli Stati Uniti, evidenziata dal
vertice NATO, ha già introdotto una forma di divisione atlantica,
sulle stesse basi: "gli Europei vogliono la sicurezza a nostre
spese; che ne paghino quindi il giusto prezzo".
-
L'intervista accordata dal nuovo Presidente della Repubblica Macron a
diversi giornali europei, e dedicata alla sua visione della futura
politica della Francia, è stata descritta da molti come una
inversione di 180 ° nel caso della Russia, della Siria e riguardo al
presidente Bachar al Assad:
-
Per Emmanuel Macron, la partenza di Bachar al Assad non sarebbe più
un'ossessione. Non c'è un "successore legittimo " di
Bachar al Assad. Il capo di stato siriano non è il nemico della
Francia.
-
L'unico nemico della Francia in Siria è Da'ech (ISIS): Abbiamo
bisogno di una soluzione politica, con una tabella di marcia.
-
Il Signor Macron ha rispetto per Vladimir Poutin e cerca di avviare
una cooperazione con Mosca anche riguardo alla Siria.
-
Il Presidente dice che vuole voltare pagina su un decennio di "logica
neo-conservatrice" ...
III
/ Siria è ora a un bivio
1
/ "La Siria Invicta" è il titolo di un sub-capitolo di
"Tempesta sul Grande Medio Oriente", il mio libro di cui ho
accennato sopra. Partecipando nel febbraio scorso a una conferenza a
Damasco, avevo ipotizzato che se "la Siria vittoriosa"
(questo era lo slogan scelto dagli organizzatori) non aveva ancora
vinto, lo avrebbe fatto comunque. Essendo una mia ferma convinzione
sin dall'inizio della crisi, sarebbe sbagliato che ci ripensassi,
mentre si verificano cambiamenti radicali, in primo luogo militari e
poi politici e diplomatici, dall'altro. I segnali ci sono tutti a
indicare che la vittoria politica della Siria legale sembra
acquisita. Questa prospettiva dovrebbe viaggiare di pari passo con la
conferma del Presidente Assad al suo posto e con un "addio alle
rivoluzioni arabe", la cui fiamma (si può esserne sicuri) sarà
mantenuta ancora per un certo tempo nelle cancellerie occidentali e
nei palazzi orientali.
Imbattuta,
la Siria è tuttavia devastata. Lei sola conta circa 400.000 morti,
senz'altro 15 milioni di rifugiati, sfollati ed esiliati, e 1,5
milioni di feriti con lesioni permanenti e altre gravi disabilità.
Quasi due terzi del Paese sono in rovina, con danni stimati intorno a
circa 1.300 miliardi di dollari, senza contare i perduranti effetti
delle sanzioni, blocchi ed embarghi vari ...
Una
questione s'impone: bisogna fermare la guerra? Secondo il parere di
esperti russi, ben addentro alla discussione tenendo conto del
coinvolgimento del loro Paese nel conflitto siriano, non esiste una
soluzione militare alla crisi. Si dovrebbe garantire una soluzione
politica attraverso il dialogo con i rappresentanti dell'opposizione,
almeno con i più presentabili di loro. Secondo la direttrice delle
ricerche del Centro Studi arabo islamico presso l'Accademia Russa
delle Scienze, una de-escalation probabilmente consentirebbe il
dispiegamento di forze di pace. Secondo Alexander Aksenyonok, membro
del Consiglio russo per le Relazioni Estere, l'impegno "necessario"
della Russia nelle questioni mediorientali ha avuto risultati
positivi nel prevenire l'arrivo al potere a Damasco delle forze
radicali. Ma ci potrebbero essere conseguenze negative, come ad
esempio il rischio di una competizione militare tra Russia e Stati
Uniti: da qui la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici
e di accettare anche grandi compromessi, come sedersi al tavolo con
alcune organizzazioni che lì non sono veramente al loro posto.
(Valdai Club, 27 e 28 febbraio 2017 a Mosca).
Questa
opzione diplomatica è discutibile e viene discussa, date le
esperienze della guerra in Siria. È vero, la guerra non può porre
fine alla guerra e solo la diplomazia potrà far terminare la
tragedia. Tuttavia, è chiaro che lo Stato siriano deve poter
negoziare in posizione di relativa forza: l'evoluzione attualmente
osservata non è il risultato di buone intenzioni, ma il risultato
della aumentata potenza dell'opzione militare contro le provocazioni
.
Il
Medio Oriente non sarà mai più lo stesso. E così sarà per la
Siria. Prima ancora del dopo guerra, la fine della guerra rischia di
essere lontana. Pertanto è tempo di pensare:
-
Al perseguimento del difficile dialogo politico che verrà avviato in
occasione dei colloqui di Ginevra o di Astana. Con ogni probabilità,
non sarà facile per coloro che hanno difeso il loro paese contro
l'aggressione accettare le condizioni per discutere
"diplomaticamente" con interlocutori che hanno voluto e
cercato costantemente l'intervento straniero al fine di distruggere
la Siria.
-
All'immensa opera della ricostruzione del paese, delle sue
infrastrutture, della sua economia, che sono state regredite di
diversi decenni per il caos. La scelta dei partner si annuncia
delicata.
-
Alla riconciliazione della sua società (seriamente scossa nei suoi
valori o nelle sue fondamenta), al proseguimento del lavoro discreto
ma impressionante guidato dal governo, in particolare il ministero
della riconciliazione nazionale. Esperienze come quelle dell'Algeria,
serviranno come ispirazione.
-
Al riapprendere come vivere insieme di tutte le forze vive, con
particolare attenzione per i giovani che sono cresciuti durante la
guerra, e che costituiscono sia il futuro della Siria ma anche un
bacino di reclutamento per i gruppi terroristici.
-
All'incentivo per il ritorno e il reinsediamento di milioni di
sfollati, rifugiati, esuli: una questione chiave per il futuro del
Paese.
Ma,
questa sarà la mia conclusione, sul piano politico e diplomatico, la
Francia, all'origine di tante decisioni ostili e devastanti contro la
Siria (sanzioni, supporto alla ribellione armata, rottura delle
relazioni diplomatiche, sostegno ai regimi islamisti e agli "amici
della Siria") e che ha portato l'Europa nella sua scia, dovrebbe
ammettere che ha un dovere di riparazione. Come ex diplomatico, posso
solo sperare nel ritorno alla grande tradizione della Francia
gollista, questa politica di dialogo, di apertura, di riconciliazione
nei confronti di tutti gli altri partner della comunità delle
nazioni, che ci ha resi orgogliosi, ma che è affondata nelle acque
dell'atlantismo.
La
priorità delle priorità per la Francia, stante le sue
responsabilità, sarebbe quella di decidere la revoca unilaterale
delle sanzioni che sono state imposte, in gran parte per sua
iniziativa e sotto la sua pressione, al popolo siriano. Ma lo farà?
Speriamo, senza crederci troppo, che il signor Macron alle parole
faccia seguire i fatti in conformità ai suoi annunci d' effetto;
nutriamo la speranza che le sue azioni almeno non contraddicano i
suoi discorsi. Nell'atmosfera avvelenata che regna da tanti anni per
colpa della nostra diplomazia, per riparare i danni servirà molto
più di una dichiarazione.
Michel
Raimbaud | 27 giugno 2017