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lunedì 25 agosto 2025

Perchè i Cristiani sono in fuga dalla Siria

 da Terrasanta.net

Due mesi sono trascorsi dal devastante attentato del 22 giugno 2025 che in una chiesa di Damasco ha tolto la vita a 25 fedeli durante la messa, una strage a sfondo religioso che non ha precedenti nemmeno nella Siria distrutta dalla guerra civile. Alcuni francescani descrivono i sentimenti dei cristiani oggi. Un video, postato sui social, è stato in poche ore condiviso da migliaia di persone. Aleppo, qualche settimana dopo la strage compiuta da un attentatore suicida nella chiesa ortodossa di Mar Elias, avvenuta a Damasco il 22 giugno scorso, nella quale hanno perso la vita 25 persone e sono stati un centinaio i feriti.

Fra Bahjat Elia Karakach, francescano della Custodia di Terra Santa, mostra le alte cancellate che sono state erette per proteggere la chiesa parrocchiale di San Francesco. «Un guardiano e alcuni volontari sono incaricati di controllare gli ingressi in chiesa. L’accesso è stato transennato, in modo da poter perquisire chi chiede di entrare. La nostra gente teme nuovi episodi di violenza».

La tensione si era ulteriormente alzata il 13 luglio scorso. A pochi chilometri da Tartus, nella cittadina di Al-Kharibat, è stato sventato un attentato contro un’altra chiesa dedicata a Mar Elias. Un’auto sospetta carica di esplosivo è stata individuata prima che potesse esplodere grazie alla collaborazione tra residenti e forze di sicurezza.

Come ad Aleppo, in molte altre chiese del Paese sono state rafforzate le misure di sicurezza, con metal detector agli ingressi, per prevenire eventuali attentati suicidi. La paura è diventata una costante.

A meno di due mesi dalla strage di Damasco, la situazione della parrocchia di rito latino di Aleppo riflette il clima che si sta vivendo in tutta la Siria. «C’è un forte senso di instabilità nel Paese – spiega ancora fra Bahjat – e tra i cristiani c’è grande apprensione. Le misure di sicurezza nelle nostre chiese, i controlli, le porte chiuse, la paura degli attentati…  Tutto infonde un senso d’insicurezza».

Il presidente Ahmad al-Sharaa, che ha conquistato il potere nel dicembre 2024 dopo la cacciata di Bashar al-Assad, sta cercando d’imporre un nuovo assetto politico e istituzionale, ma sembra ostaggio di conflitti settari e rigurgiti jihadisti, come riportano le cronache quotidiane. L’attacco israeliano su Damasco che il 16 luglio ha distrutto il ministero della Difesa e gli edifici circostanti fa seguito ad alcuni giorni di violenze a Suwayda, nel sud della Siria, centro principale della minoranza drusa che si è scontrata per alcuni giorni con le forze di sicurezza siriane e gruppi jihadisti (sunniti). Le violenze sarebbero iniziate per dispute locali tra combattenti drusi e arabi beduini, sfociate poi in scontri armati. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero morte quasi 250 persone.

«È inutile dire che in questa situazione – aggiunge fra Bahjat – la voglia di emigrare tra i nostri giovani continua ad essere molto forte. Sembra essere l’unico loro obiettivo; non riescono a pensare ad un altro progetto personale che non sia quello di andarsene. La situazione è molto critica e non sappiamo come andrà a finire».

“We are not safe here anymore,” said a christian to the BBC

Da Damasco gli fa eco il confratello fra Firas Lutfi, parroco della comunità latina di San Paolo, nella città vecchia, non lontano dal luogo della strage di Mar Elias. «I cristiani di Siria vivono uno stato d’animo di grande insicurezza. Attendono una parola di chiarezza sul loro futuro. Si sta lavorando alla nuova costituzione e per formare il nuovo parlamento siriano. Ci giungono appelli alla partecipazione alla vita sociale e politica. Quello che noi speriamo è che le promesse diventino realtà. Finora ci sono state tante ambiguità. In mezzo a queste violenze, siamo in attesa di sapere come sarà il futuro; vogliamo vivere in un Paese stabile, democratico, dove tutti si sentano sicuri».

Intanto la comunità cristiana di Damasco, nelle sue varie componenti, resta sotto choc. «I fedeli vivono nel panico – aggiunge fra Firas –; anche chi non si trovava quel giorno in chiesa è traumatizzato. Si nota un significativo calo di presenze dei fedeli, in un Paese dove la frequenza alle messe è sempre stata molto alta. Comprensibilmente c’è paura. Le chiese erano il luogo dove trovare pace e sicurezza. Adesso sono percepite come un luogo di pericolo».

Solo due mesi sono trascorsi da domenica 22 giugno, che doveva essere una giornata di pace e preghiera per la comunità cristiana di Damasco. Invece, sarà ricordata come uno dei giorni più tragici degli ultimi anni. L’attentato del terrorista che si è fatto esplodere nella chiesa greco-ortodossa di Mar Elias, situata nel quartiere a maggioranza cristiana di Al-Dweileh, è avvenuto durante la messa pomeridiana. Neppure nei lunghi anni della guerra civile si era registrato un evento simile e certamente può essere descritto come il più grave colpo inferto a civili inermi nella capitale siriana dalla fine ufficiale della guerra.

https://www.terrasanta.net/2025/08/cristiani-in-siria-due-mesi-dopo-mar-elias-la-paura-resta/