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lunedì 19 luglio 2021

Cinema siriano "Il Sangue delle Palme"

Intervista all’attore Mohamad Folfola, 
che interpreta l’archeologo
Khaled al Assaad torturato e ucciso 
dai terroristi dell’ISIS a Palmira.

Di Maria Antonietta Carta e Salima Karroum


Il film (del 2019) ricorda gli ultimi giorni e la fine tragica dell’illustre archeologo che dedicò l’intera esistenza a ricostruire il passato di Palmira. Tuttavia, si tratta di un’opera corale che oltre al martirio di Khaled al-Assaad rievoca la dolorosa via crucis di un manipolo di soldati della guarnigione, che tra l’altro devono portare in salvo i tesori archeologici, e degli abitanti della propinqua Tadmor quando un’orda di criminali terroristi invade la regione. Ma non si tratta soltanto di un racconto particolare sull’assalto brutale all’antica città carovaniera. Mentre scorrono le immagini, dense di pathos e richiami simbolici, appare sempre più evidente che gli autori hanno inteso evocare l’immane sciagura che si è abbattuta sull’intera Siria causando sconvolgimenti e sofferenze inenarrabili.

L’archeologo e la regina. Tra dura realtà e sogno 

All’inizio del film, Khaled al-Assaad appare in momenti felici della sua infanzia e della prima giovinezza, tra le antiche rovine per lui colme d’incanto, insieme all’immagine onirica di Zenobia, che lo accompagnerà anche durante la sua prigionia e nell’epilogo. Queste due figure sono i fili conduttori di una narrazione cinematografica in cui non prevalgono le scene del conflitto guerreggiato ma che rappresenta, con profonda pietas, l’anima di un popolo travolto dalla brutalità della guerra, il suo coraggio, la fierezza, la dignità, l’amor patrio, la passione per la poesia e per la vita, ma anche il tradimento e la slealtà degli avidi e dei vigliacchi.

La regina di Palmira, come la Grande Dea Syria Atargatis custode delle città o l’Atena protettrice delle arti e soccorritrice degli eroi, invisibile ma sollecita presenza al fianco dei soldati e dell’archeologo sembra l’emblema della Siria che, come una madre, non può abbandonare il suo popolo.

Il martirio e la speranza

Se i cronisti della storia riportassero onestamente le tormentate vicende che sta attraversando questo infelice Paese da più di dieci anni dovrebbero raccontare, oltre alla somma ingiustizia di una guerra infame, la forza morale e la nobiltà di una nazione straordinaria, rappresentate mirabilmente nella scena finale quando Zenobia e Khaled al-Assaad fidenti consegnano il futuro a un bimbo.

Una scena breve ma di magnifica bellezza tra le dorate vestigia, mentre versi del poeta palmirene Omar al-Farra risuonano come un testamento spirituale per le nuove generazioni.

La patria è fierezza, dignità e risveglio della coscienza.

La patria è pazienza, determinazione e forza della fede.

La patria figlio mio non abbandona,

Come può accadere a chiunque in un attimo di follia.

La patria è di chi ha radici che affondano nella storia che attraversa i tempi.

La patria è di chi fa verdeggiare il deserto

E semina nella roccia un giardino.

E la speranza sembra rifiorire, come una luce che illumina un buio e impervio sentiero, per il popolo indomito della Siria.


‘’Il Sangue delle Palme’’ doveva arrivare in Italia l’anno scorso. Non fu possibile a causa della pandemia. Oltre a essere un film bello e originale, è una testimonianza, se ancora ce ne fosse bisogno, dello spirito di resistenza dei Siriani.

 

Scena con soldati della guarnigione e l’archeologo



Uno dei personaggi del film di Tadmor, 
protagonista anche della scena finale. 


 

L’attrice Majd Na’im che interpreta la regina Zenobia


Mohamad Folfola con Najdat Anzour, regista del film.


Intervista a Mohamad Folfola

1) Vuole presentarsi ai lettori italiani?

Sono nato nel 1956 a Maarrat Masrin nel nord della Siria. Ho lavorato per lunghi anni nel teatro per bambini e delle marionette. Poi sono passato a lavorare nella radio, nella televisione e nel doppiaggio.

2. Com’è per lei vivere in Siria durante i lunghi anni di guerra?

La guerra è molto difficile per tutti. Io non ho lavorato nel campo artistico per quasi nove anni.

3. Che cosa ha provato quando le è stato proposto di interpretare Khaled al- Assaad negli ultimi, drammatici, giorni della sua esistenza?

All’inizio, una felicità traboccante. Subito dopo però ho sentito un grande timore. Era un ruolo molto sensibile e di grande responsabilità.

4. Com’è stato lavorare con un regista particolare come Najdat Anzour?

Lavorare con Najdat è molto piacevole. Lui ha una visione originale della regia e lavora con grande passione. Sa cosa vuole dagli attori e dai tecnici. Mi ha sempre messo nella condizione ideale per esprimermi al meglio.

5. Com’era l’ambiente durante la realizzazione del film, mentre la guerra continuava a imperversare?

Si girava in condizioni molto difficili e rischiose. Abbiamo lavorato con grande prudenza e sempre in completa segretezza nei diversi luoghi di ripresa.

6. Com’è nata l’idea di includere nella narrazione la figura della regina Zenobia?

L’idea è stata di Diana Kamal Eddin, una scrittrice molto creativa, in sintonia con Najdat.

7. La colonna sonora, del musicista Ra’d Khalaf, molto bella e suggestiva, è stata composta per il film?

Si, sono musiche originali create espressamente per il film.

8. La scena finale esprime speranza e fiducia nel futuro, nonostante viviate nella tempesta della guerra. Che cosa può dirci di questa scelta?

Si è inteso dare un messaggio chiaro sul fatto che noi sacrifichiamo noi stessi perché le generazioni a venire possano vivere in pace.

9. In Occidente, molti purtroppo credono nella propaganda a favore della guerra contro il suo Paese, che ha convinto la maggior parte delle persone che sia una guerra giusta per la democrazia e la libertà. Desidera fargli arrivare un messaggio?

Chi segue le notizie sa bene che la Siria è stata esposta a una guerra universale e sa che molti dei suoi territori sono stati occupati.

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Zenobia appare all’archeologo imprigionato

             Zenobia e Khaled al-Assaad conducono il bambino verso il futuro.

Mohamad Folfola è un uomo gentile e affabile. Ci ha colpito la sobrietà delle risposte. Quel suo non mettersi in evidenza sia quando risponde laconicamente alla nostra domanda sulle difficoltà di vivere dentro una guerra, sia a quella sui rischi affrontati durante la lavorazione del film. Una compostezza e una ritrosia spesso presenti in chi subisce un conflitto armato. Concisa ma tagliente l’ultima risposta. Sì, hai ragione, chi segue le notizie sa bene che il tuo Paese è stato esposto a una guerra universale, anche se si lascia più o meno confondere dalla propaganda vergognosa di chi vuole distruggerlo.

Grazie, Mohamad Folfola. Auguri vivissimi e speriamo di incontrarti in Italia a una prossima presentazione del film.