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venerdì 14 novembre 2014

I Vescovi siriani e 'il gioco del domino mondiale'

Trattative per la tregua di Aleppo. Il Vescovo Abou Khazen: è utile solo se ci avvicina alla pace vera


Agenzia Fides 12/11/2014

Aleppo  – “Tra la popolazione di Aleppo c'è speranza, ma anche scetticismo davanti all'ipotesi di una tregua che faccia tacere le armi nella regione di Aleppo”: così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive i sentimenti contrastanti tra gli abitanti della metropoli siriana davanti alle trattative messe in campo dall'Onu per raggiungere in quell'area un cessate il fuoco nel conflitto tra esercito siriano e milizie ribelli.
La possibilità che si arrivi alla fine delle violenze è ovviamente auspicata da tutta la popolazione civile. “Ma tutti - spiega all'Agenzia Fides il Vescovo francescano - desiderano che la tregua rappresenti solo il primo passo per instaurare un processo autentico di pace e di riconciliazione. 
In caso contrario, un cessate il fuoco provvisorio darebbe solo alle parti in lotta il tempo di riorganizzarsi, provare a infiltrarsi nei territori controllati dall'altra parte e riprendere la lotta con ancor più virulenza, come è già capitato altre volte. 
In questo senso - chiarisce il Vescovo Abou Khazen - le espressioni che parlano di 'congelamento' della situazione sul campo non convincono, e finiscono per alimentare scetticismo. La popolazione è esausta, non ce la fa più, vuole la pace vera e duratura. E spera che Aleppo possa fare da battistrada a un processo di pacificazione che si allarghi gradualmente a tutto il Paese”. 

La proposta di una tregua nell'area di Aleppo è portata avanti dall'inviato delle Nazioni Unite in Siria, Staffan de Mistura, che a tale scopo in questi giorni sta svolgendo una missione nel Paese arabo. 
Ieri, durante una conferenza stampa a Damasco, ha parlato di ''interesse costruttivo'' espresso dal governo siriano davanti all'ipotesi di un cessate il fuoco nella metropoli contesa tra esercito fedele a Assad e milizie ribelli.



L'Arcivescovo Hindo: se gli Usa attaccano l'esercito siriano, avremo una seconda Libia



Agenzia Fides 14/11/2014

Hassakè - “Se l'intervento a guida Usa contro i jihadisti dello Stato Islamico finirà per rivolgersi contro l'esercito siriano, in Siria potremmo avere una seconda Libia”. Così l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare dell'arcieparchia di Hassakè-Nisibi, descrive le incognite e i pericoli connessi ai possibili sviluppi delle iniziative militari a guida Usa realizzate anche in territorio siriano contro le postazioni dello Stato Islamico. 
In una conversazione con l'Agenzia Fides, l'Arcivescovo cattolico di rito orientale conferma che per ora le incursioni aeree dell'esercito siriano contro le postazioni dei jihadisti si sommano a quelle compiute contro gli stessi obiettivi dagli aerei Usa. 
Descrive poi, con toni preoccupati, la condizione incerta vissuta dalle popolazioni nella regione che comprende le città di Hassake e Qamishli, nella provincia siriana nord-orientale di Jazira.
 “Più di un mese fa - riferisce a Fides mons. Hindo - l'esercito siriano ha attaccato il quartiere di Hassakè dove si trovavano circa 250 militanti dello Stato Islamico, prendendone il controllo. Da allora, nei due centri abitati si vive una relativa calma. Ma le postazioni dei jihadisti sono solo a 15 chilometri da Hassakè e a una ventina da Qamishli. Se decidono di attaccare, magari coi rinforzi delle loro milizie cacciate dall'Iraq, una loro offensiva su larga scala metterebbe in pericolo la vita di quasi un milione di persone, tra cui 60mila curdi e 120mila cristiani”.
L'Arcivescovo Hindo ridimensiona anche le notizie circolate in rete su presunte “milizie cristiane” in azione nella regione: “si tratta solo di qualche centinaio di assiri, collegati in parte alle milizie curde e in parte alle truppe dell'esercito regolare. Ma è una piccola fazione che non può avere nessun peso determinante nel caso di un'escalation degli scontri armati”.



Siria: il gioco del domino mondiale e la variabile dei gruppi jihadisti

di Patrizio Ricci


Cosa conta veramente in Siria? La vita dei civili e la democrazia? La parola ai fatti, mai ascoltati. 

leggi su: La  Perfetta Letizia  : http://nblo.gs/11mj8F


Isis in Syria: In the shadow of death, a few thousand Christians remain to defy militants

Robert Fisk ,  Qamishli, Wednesday 12 November 2014


Micalessin: "In Siria massacrano i cristiani e Obama si affida a ribelli moderati che non esistono"

     leggi qui

http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/14/11/14/siria-crisi-intervista-gian-micalessin.html 

venerdì 7 febbraio 2014

Genocidio armeno e genocidio siriano

Quasi un secolo dopo il genocidio armeno, questo popolo è  ancora massacrato in Siria

E ora, quasi sotto silenzio nei media,
i loro luoghi sacri sono stati profanati



di Robert Fisk

Proprio oltre 30 anni fa, ho tirato fuori dal terreno le ossa e i crani delle vittime del genocidio armeno su una collina situata al di sopra del fiume Khabur, in Siria. Erano persone giovani – i denti non erano deteriorati – ed essi erano soltanto alcuni del milione e mezzo di armeni massacrati durante il primo Olocausto del ventesimo secolo, la distruzione di un popolo, deliberata, pianificata dai turchi Ottomani nel 1915.
Era difficile trovare queste ossa perché il fiume Khabur – a nord della città siriana di Deir ez-Zour – era cambiato. Erano così tanti i corpi ammucchiati nella sua corrente, che le acque andavano a est. Il fiume aveva alterato il suo corso. Però gli amici armeni che erano con me hanno presso i resti umani e li hanno sistemati nella cripta della grande chiesa armena di Deir ez Zour dedicata alla memoria di quegli armeni che erano stati uccisi – si vergogni lo stato turco “moderno” che nega ancora l’Olocausto – in quell’omicidio di massa su scala industriale.

E ora,  quasi non citati sui media, questi campi di uccisioni di massa sono diventati i campi delle uccisioni di massa di una nuova guerra. Sopra le ossa dei morti armeni si sta combattendo il conflitto siriano. E i sopravvissuti, discendenti dei cristiani armeni, che hanno trovato rifugio nelle vecchie terre siriane, sono stati costretti a fuggire di nuovo – in Libano, in Europa, in America. Proprio la chiesa dove le ossa degli armeni assassinati hanno trovato il loro presunto luogo finale di riposo, è stata danneggiata durante la nuova guerra, sebbene nessuno conosca i colpevoli di questa azione.

Ieri ho telefonato al Vescovo Armasi Nalbandian di Damasco che mi ha detto che, mentre la chiesa a Deir ez-Zour era davvero stata danneggiata, la cripta era rimasta intatta. La chiesa stessa, ha detto, era meno importante del ricordo del genocidio armeno – ed è questo ricordo che  potrebbe essere distrutto. Ha ragione. Ma la chiesa – un edificio non bellissimo, devo dire – è tuttavia un testimone, un monumento che ricorda l’Olocausto degli armeni, e ogni pezzetto è sacro quanto il monumento Yad Vashem alle vittime dell’Olocausto in Israele. E sebbene lo stato israeliano, con una infamia equivalente a quella dei turchi, sostenga che il genocidio armeno non è stato un genocidio, gli israeliani stessi usano la parola Shoah -Olocausto – per le uccisioni degli armeni.


Ad Aleppo, una chiesa armena è stata  danneggiata  dal Libero esercito siriano, i ribelli “buoni” che combattono il regime di Bashar al-Assad, finanziati e armati dagli americani e anche dagli arabi sunniti del Golfo. 

Però a Raqqa, la sola capitale regionale che è stata del tutto conquistata dall’opposizione in Siria, i combattenti Salafiti hanno distrutto la Chiesa cattolica dei Martiri e hanno incendiato i suoi arredi. 
E – Dio ci risparmi il pensiero – molte centinaia di combattenti turchi, discendenti degli stessi turchi che hanno tentato di distruggere la razza armena nel 1915, si sono ora uniti ai combattenti affiliati ad al-Qa’ida che hanno attaccato la chiesa armena. La croce in cima alla torre campanaria è stata distrutta per essere sostituita con la bandiera dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante.
E non è tutto. L’11 novembre, quando il mondo rendeva omaggio ai morti della Grande Guerra, che non aveva dato agli armeni lo stato che si meritavano, una bomba da mortaio è caduta fuori dalla Scuola Nazionale armena dei Sacri Traduttori, a Damasco,* e altre due sono cadute su degli scuolabus, provocando la morte di due scolari armeni: Hovahannes Atokanian e Vanessa Bedros. Il giorno dopo, i passeggeri armeni  di un autobus che viaggiava da Beirut ad Aleppo, sono stati derubati sotto la minaccia delle armi. Due giorni dopo, Kevork Bogasian è stato ucciso da una bomba di mortaio ad Aleppo. Il bilancio delle vittime  armene  in Siria è soltanto di 65, ma suppongo che potremmo calcolarlo in 1.500.065. Più di cento armeni sono stati rapiti. Gli armeni, naturalmente, come molti altri cristiani in Siria, non appoggiano la rivoluzione contro il regime di Assad, anche se  non potrebbero certo essere chiamati sostenitori di Assad.

Fra due anni commemoreranno il centesimo anniversario del loro Olocausto. Ho incontrato molti sopravvissuti, oramai tutti morti. Però lo stato turco, con il suo appoggio all’attuale rivoluzione in Siria, celebrerà la sua vittoria a Gallipoli in quello stesso anno (1915),  una battaglia eroica in cui Mustafa Kemal Ataturk ha salvato il suo paese dall’occupazione alleata. Anche gli armeni hanno combattuto in quella battaglia – con l’uniforme dell’esercito turco, naturalmente – ma scommetterò quanti dollari volete che nel 2015 essi non saranno ricordati dallo stato turco che doveva così presto distruggere le loro famiglie.
..........
*http://www.30giorni.it/articoli_id_426_l1.htm

http://znetitaly.altervista.org/art/13334
Originale: The Indipendent 
http://www.independent.co.uk/voices/comment/nearly-a-century-after-the-armenian-genocide-these-people-are-still-being-slaughtered-in-syria-8975976.html




Le vittime del genocidio armeno saranno canonizzate

Questa immagine, scattata da un giornalista tedesco e conservata
negli archivi del Vaticano,  documenta il massacro
delle donne cristiane armene nel deserto di Deir ez-Zor - Siria ,
il 24/04/1915 durante il genocidio da parte dei soldati turchi.

Agenzia Fides, 5/2/2014

 A quasi cent'anni dal genocidio armeno – perpetrato nei territori dell'attuale Turchia nel 1915 – la Chiesa armena apostolica conferma in maniera decisa e definitiva l'intenzione di procedere con sollecitudine alla canonizzazione per martirio delle vittime di quello che gli armeni chiamano “il Grande Male”.



I Leader cristiani siriani chiedono  agli USA di smettere il  supporto per i ribelli anti-Assad

Padre Michael Kayal, prelevato esattamente un anno fa dai ribelli dell' Esercito Siriano Libero , insieme a Padre Isaac, mentre viaggiavano  su un autobus


da: TIME Swampland
30 gennaio 2014


Le storie raccontate da cinque principali leader cristiani siriani sugli orrori  che le loro chiese stanno vivendo per mano di estremisti islamici sono bibliche nella loro brutalità.

Mons. Elias Toumeh, rappresentante del patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, racconta del funerale che ha celebrato dieci giorni fa per il corpo senza testa di uno dei suoi parrocchiani in Marmarita.  Il Rev. Adeeb Awad, vice moderatore del Sinodo Nazionale Evangelico della Siria e del Libano, spiega come i ribelli hanno fatto saltare la sua chiesa e poi puntato il dito contro il regime.  Mons. Armash Nalbandian, primate della Chiesa armena di Damasco, dice di aver ricevuto la comunicazione  su Facebook da un collega vescovo di Aleppo che due membri della congregazione erano in viaggio quando i combattenti dell'opposizione hanno fermato il loro bus, e quando hanno presentato la loro Carta d’Identità di armeni,  li hanno  portati via. I combattenti, racconta Nalbandian, hanno restituiti ai compagni di viaggio poche ore dopo con una scatola, che hanno detto che essere di dolci. Dentro c'erano le due teste degli armeni.

Le storie dei vescovi sono difficili da verificare in modo indipendente, e i morti della guerra vanno ben al di là delle sole  comunità cristiane in Siria: più di 130.000 persone sono state uccise dall'inizio dei combattimenti, e almeno due milioni di altre hanno lasciato il paese. Ma stanno emergendo come parte di una spinta concertata dai cristiani siriani per far giungere agli Stati Uniti la richiesta di fermare il loro sostegno ai gruppi ribelli che combattono il presidente siriano Bashar al Assad. "Gli Stati Uniti deve cambiare la loro politica e devono scegliere la via della diplomazia e del dialogo, non sostenere i ribelli e non  chiamarli  “combattenti per la libertà", dice Nalbandian.

Il gruppo è la prima delegazione del suo genere che visita Washington dall'inizio della crisi tre anni fa, e i suoi cinque membri rappresentano  diverse comunità cristiane del paese. Awad, Toumeh, e Nalbandian sono stati raggiunti dal Rev. Riad Jarjour, pastore presbiteriano da Homs, e il vescovo Dionisius Jean Kawak, metropolita della Chiesa ortodossa siriana. L'Istituto Westminster e Barnaba Aid, due gruppi che si concentrano sulla libertà religiosa e di soccorso per le comunità di fede minacciate,  hanno sponsorizzato il  loro viaggio.

Dato il  'maggiore sostegno degli Stati Uniti ai gruppi ribelli non-terroristici dovuto al  ricorso del regime di Assad ad armi chimiche’ , la missione dei leader religiosi è un colpo forte.  I vescovi chiedono agli Stati Uniti di esercitare pressioni su paesi come l'Arabia Saudita, Qatar e Turchia perchè smettano di sostenere e inviare  combattenti terroristi in Siria.


"Il vero problema è che l’ opposizione militare forte sul terreno è un'opposizione straniera," Awad spiega, sostenendo che il sostegno ai gruppi di opposizione da parte degli Stati Uniti significa  il supporto per i combattenti terroristi stranieri. "Sono quelli che uccidono e attaccano le chiese e il clero e le suore,  danno fiamme alle case e mangiano  fegati e i cuori degli uomini e tagliano le teste", dice Awad.

Le chiese cristiane siriane non  chiedono  sostegno a titolo definitivo  al regime di Assad. Così facendo, sarebbero ulteriormente in pericolo i loro seguaci e pregiudicata la componente morale della loro richiesta,  per via del  presunto uso da parte del regime di armi chimiche contro i civili.  Invece, si sono riuniti in privato con i legislatori, diplomatici e gruppi di esperti.
E’ stato difficile   guadagnare credito, se non altro per la ragione che il sostegno per i cristiani e le minoranze minacciate di estinzione può apparire come il supporto per Assad, e che un intero paese viene distrutto dalla guerra, non solo le comunità cristiane. Il presidente Obama ha solo brevemente accennato alla Siria nel suo discorso sullo Stato dell'Unione martedì. "In Siria, noi sosteniamo l'opposizione che rifiuta l'ordine del giorno delle reti terroristiche", ha detto. " La Diplomazia americana, sostenuta dalla minaccia dell’uso della forza, è il motivo per cui le armi chimiche della Siria sono stati eliminate, e continueremo a lavorare con la comunità internazionale per inaugurare il futuro che il popolo siriano merita, un futuro libero dalla dittatura, terrore e paura. "

Leader più recenti come Aderholt vedono che è tempo di prendere una posizione: "La maggior parte degli americani non si rende conto che i cristiani in tutto il Medio Oriente sono in grave pericolo e sono stati spesso costretti a lasciare i loro paesi di origine a causa di persecuzioni e minacce da musulmani radicalizzati," dice. "Se vogliamo che una vera democrazia emerga da questa regione, i cristiani e altre voci di minoranze religiose devono condividere il processo decisionale, e certamente non possono essere perseguitati e vivere nella paura per la propria vita a causa di elementi estremisti che si riversano in Siria."

Le storie dei vescovi sono simili ad altre cupe relazioni di violenza contro i cristiani durante la guerra. Le scuole cristiane a Damasco sono stati colpite da mortai nel mese di novembre. Il mese successivo, una dozzina di suore ortodosse greche sono state prelevate  dal monastero di Mar Takla in Maaloula. I gruppi ribelli hanno rapito due vescovi nei pressi di Aleppo lo scorso aprile. Il sacerdote gesuita Paolo Dall'Oglio, di cui TIME ha scritto nel 2012, quando ha visitato gli Stati Uniti per un viaggio di supporto, è stato prelevato e da luglio lo si teme morto .

http://swampland.time.com/2014/01/30/syrian-christian-leaders-call-on-us-to-end-support-for-anti-assad-rebels/



E nel frattempo....  Il Senatore John McCain si scaglia contro i leader cristiani siriani.
Continuando a ignorare la presenza di al-Qaeda, al-Nusra, ISIS e i Fratelli musulmani fra l’opposizione in Siria, l'ex-candidato alla presidenza degli Stati Uniti John McCain si scaglia contro chiunque denunci questa mostruosa realtà:

mercoledì 13 febbraio 2013

Volevano ucciderci perché eravamo cristiani. Ci chiamano Cafri [gli infedeli]


Dentro l'attuale guerra civile siriana, la comunità cristiana della Siria è oggetto di crescente minaccia da jihadisti stranieri e radicali musulmani che sempre più hanno un ruolo importante nella ribellione contro il presidente Bashar al-Assad.

di Kim Sengupta - The Independent

Nella guerra in corso, hanno cercato di rimanere neutrali. Ma nonostante questo, molti sono ora di fronte alla persecuzione e alla morte. 
La rossa Mitsubishi Lancer GT con il suo "andare più veloce"  era fonte di grande orgoglio per Hamlig Bedrosian. Era l'unica del suo genere in città, correva per le strade con ruggiti lunghi, oggetto di ammirazione e di invidia tra i suoi amici di Aleppo. L'auto può essere stata la ragione per cui è stato teso un agguato al ventitreenne studente, preso in ostaggio insieme ad un'amica, mentre erano in viaggio verso un complesso commerciale. I combattenti rivoluzionari con kalashnikov che li hanno portati via hanno sottoposto Mr Bedrosian - bendato e legato - a pestaggi selvaggi e minacce di esecuzione prima che la coppia fosse finalmente liberata in cambio di un riscatto.
Oppure ci può essere un altro motivo per l'attacco: sono stati presi di mira dai ribelli sunniti perché erano cristiani. 
Il signor Bedrosian non ha aspettato molto per scoprirlo, fuggendo - insieme a suo fratello - per il Libano. Altri della comunità siro-armena li hanno seguiti, abbandonando le loro case.
La famiglia Haddad non ha dubbi sul perché hanno dovuto fuggire da Homs. "Abbiamo lasciato la Siria perché stavano cercando di ucciderci", ha detto la diciottenne Noura Haddad. Ora  sta con dei parenti nella città di Zahle nella valle della Bekaa. "Volevano ucciderci perché eravamo cristiani. Ci chiamavano Cafri, anche i bambini piccoli dicevano queste cose. Coloro che sono stati i nostri vicini  erano improvvisamente contro di noi."
Alla fine, quando siamo scappati, siamo passati attraverso balconi. Non abbiamo neanche avuto il coraggio di uscire per la strada di fronte alla nostra casa. Ho tenuto il contatto con i pochi amici cristiani rimasti a casa, ma non posso più parlare ai miei amici musulmani . Mi dispiace molto per questo.
Il signor Bedrosian e la sig.ra Haddad sono tra le migliaia di persone che hanno lasciato la Siria dove in 20 mesi la guerra civile diventa sempre più feroce e sempre più settaria. La prospettiva di riconciliazione tra gli alawiti, da cui proviene la classe dirigente, e la stragrande maggioranza dell'opposizione sunnita, diventa sempre più remota. 
Ma ora sono i cristiani, che hanno in gran parte cercato di rimanere neutrali, che si trovano a ricevere abusi e attacchi. Per molti, la scelta è tra lasciare il Paese o rischiare un futuro incerto e pericoloso.
Alcuni nella Chiesa sono convinti di sapere di chi è la colpa - non solo per coloro che effettuano la persecuzione, ma quelli che  incoraggiano che accada. Per Mons. Issam John Darwish di Furrzol, Zahle e nella Bekaa, la responsabilità per gli attacchi  è per "un afflusso di jihadisti nelle file dei ribelli negli ultimi sei, sette mesi.  C'è, come in tante simili situazioni  in Medio Oriente, lo spettro di una "mano invisibile". "Penso che la situazione viene manipolata dagli Stati Uniti e forse Israele - vogliono che questo accada", ha insistito.
Archbishop John Darwish
L'Arcivescovo e altri come lui ritengono che ci sia una mancanza di comprensione in Europa di ciò che  i cristiani della zona stanno attraversando. Parlando alla sua diocesi, ha continuato: "Ho evidenziato questo con i funzionari in Occidente, devono portare la pace! I jihadisti non si fermeranno qui, la guerra si diffonderà in Europa. Che ne sarà dell'Inghilterra tra dieci o 15 anni.?"

Madre Agnese-Mariam, che è di origine palestinese e libanese, è in un tour internazionale ed è venuta a parlare in Gran Bretagna. Lei ritiene che i combattenti dell'opposizione hanno cacciato 80.000 cristiani solo  dalla regione di Homs  e lei stessa è scappata dopo essere stata avvertita che era l'obiettivo del rapimento. "Aggressivi, bande armate che hanno voluto paralizzare la vita comunitaria, sequestrando persone, con la decapitazione, portando il terrore anche alle scuole", ha detto, sostenendo che molti di loro sono affiliati ad "al-Qaeda e con sfondi di Fratellanza musulmana". Solo uno su 20 sono siriani, gli altri provengono da una vasta gamma di Stati, dalla Gran Bretagna al Pakistan, da Cecenia e Nord Africa, dice. Molti sono veterani di Iraq e Afghanistan, e ora "la loro causa viene riciclata per uccidere siriani". 
L'organizzazione "Syrian Christians for Democracy " ha sottolineato che molti cristiani hanno avuto un ruolo nel movimento di protesta contro il presidente siriano Bashar al-Assad e il suo regime e alcuni avevano pagato con la vita di conseguenza. Ma ci sono anche quelli che, come il signor Bedrosian, che aveva sostenuto la riforma,  poi si sono trovati di essere vittime di ribelli.  In qualità di studente presso l'Università di Aleppo in un paese senza mezzi di informazione liberi , in un primo momento ha accettato la propaganda del regime che i manifestanti erano terroristi. "Ma poi ho visto i reports diramati dall'opposizione, ho visto quello che la gente di Assad  stava facendo, le cose brutali e ho cominciato a sostenere le proteste," ha detto. 
"La mia amica e io siamo stati portati in una villa nella periferia di Aleppo dopo che siamo stati catturati [nel quartiere Anadan]. Venivo picchiato con i calci dei fucili, pugni e calci. Nessuno degli uomini che ci avevano preso era straniero, erano tutti siriani ed è stato uno di loro che è stato davvero violento. Mi hanno accusato di combattere per il regime, ma ho detto loro che ero un Armeno Siriano -.. non volevamo combattere da nessuna delle due parti,  ho anche detto loro che avevo preso parte a marce all'Università. Ma hanno detto che saremmo stati uccisi a meno che il denaro fosse pagato per la ragazza e per me. "

I rapitori hanno chiamato i genitori del signor Bedrosdian e sono arrivati al cellulare di sua madre - che aveva come suoneria una canzone in lode di Bashar al-Assad: il regime riceve, in generale, più sostegno nella vecchia generazione. Questo gli ha ottenuto un altro pestaggio, ma il riscatto è stato consegnato da suo padre, mercanteggiato fino a $ 12.000, e la coppia è stata liberata. I rapitori hanno tenuto la macchina. 
La prima cosa che il signor Bedrosian ha fatto al ritorno a casa è stato  di cambiare la suoneria di sua madre.
Lo storico souk di Aleppo devastato 

Due mesi fa, il mercato coperto di Aleppo risalente al 14 ° secolo,  è stata bruciato. Il regime ed i ribelli si sono addossati la colpa l'un l'altro, mentre il Souk al-Medina, uno dei migliori esempi del suo genere in tutto il Medio Oriente, è in rovina. Jiraryr Terzian, un commerciante di gioielli, è stato uno delle decine che hanno perso il loro negozio quel giorno. Ora è a Beirut con la sua famiglia siriana armena, la loro casa chiusa a chiave si trova in uno dei quartieri cristiani invasi settimana scorsa da combattenti rivoluzionari. "L'attività è stata avviata da mio nonno 60 anni fa e speravo che i miei figli avrebbero continuato dopo  di me. La storia della mia famiglia è in Aleppo e non ci piace lasciarla. Penso che entrambe le parti sono in errore in ciò che sta accadendo. Il nostro Paese viene distrutto. 
Il fatto è che si può ritornare se vince Assad.   Non mi piace dire questo, non vogliamo che il regime rimanga così com'è, ma  sarà più sicuro sotto di lui . "
Un altro rifugiato cristiano, che vuole essere conosciuto come Boutros, dice di sapere che cosa accadrà quando i rivoluzionari prenderanno il sopravvento. Nella sua città natale, Qusayr, i ribelli erano, egli li conosce, sunniti locali, non stranieri. «Ma ci hanno detto che dobbiamo combattere con loro contro il governo. Quando ci siamo rifiutati hanno cominciato a minacciarci e insultarci . Hanno iniziato a uccidere i cristiani. Mathew Kasouha è stato il primo che hanno ucciso. Era un uomo buono". I cristiani locali hanno preso le armi dopo un po', ha detto Boutros, e nel marzo c'è stata una "resa dei conti". 
Altri cristiani sono stati uccisi ed egli è fuggito in Libano.

http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/the-plight-of-syrias-christians-we-left-homs-because-they-were-trying-to-kill-us-8274710.html

giovedì 20 dicembre 2012

Le minoranze siriane ora temono di più la fine dei combattimenti che la guerra in sé


 Nel suo ultimo report dalla Siria, Patrick Cockburn racconta da Maloula la situazione della minoranza cristiana del Paese, che teme la fine dei combattimenti più della guerra stessa
 
The Independent - 17 dicembre 2012

Due uomini mascherati e armati di fucili d'assalto Kalashnikov hanno tentato di rapire un uomo d'affari di nome George Alumeh nell'antica città cristiana di Maloula, a nord-ovest di Damasco, la settimana scorsa. Non era il primo tentativo di rapimento dei più ricchi membri della comunità cristiana qui, e il signor Alumeh era preparato. Ha resistito, prima estraendo una pistola, lanciando le chiavi della macchina a distanza così la sua macchina non poteva essere rubata, e poi cercando di fuggire. E' scappato, ma è stato colpito da una raffica di colpi di arma dei rapitori che lo ha mandato in ospedale con ferite allo stomaco, alle gambe e alla mano.
 Padre Mata Hadad, il sacerdote del Convento di Santa Tekla incorporato nella parete della montagna che sovrasta Maloula, racconta la storia per illustrare come la vita è diventata molto pericolosa per i cristiani, in particolare per coloro che si pensa abbiano soldi. Quel 10 per cento della popolazione siriana che sono Cristiani sta discutendo con trepidazione l'esito probabile della crisi siriana e il suo effetto su di loro.
I presagi non sono buoni. Ogni paese in Medio Oriente sembra diventare più islamico e più settario. I Cristiani siriani hanno visto, dal 2003, come il risultato dell'invasione dell'Iraq è stato la distruzione delle comunità cristiane in Iraq che erano sopravvissute per quasi 2000 anni. Se la Coalizione Nazionale, riconosciuta da 130 Paesi come il “legittimo rappresentante della Siria” prenderà il potere, allora, in ultima analisi, la sua forza di combattimento più efficace sarà Jadhat al-Nusra, con un'ideologia simile ad al-Qaeda. Si tratta di prospettive come questa che riempiono i cristiani siriani di allarme.

Maloula è un buon posto per parlare di queste paure. Si trova a un'ora di auto da Damasco, a circa 20 miglia dal Libano, ed è situata in un sito spettacolare in una fessura tra le montagne. Le sue gole rocciose sono sempre state un luogo di rifugio. Fu qui che Santa Tecla, fuggendo la milizia imperiale, si rifugiò in una grotta su in alto nella falesia.
L’isolamento di Maloula ha contribuito a conservare il suo cristianesimo e le ha dato anche l'onore di essere l'unico posto dove l’ aramaico, la lingua di Gesù, è ancora parlata dai cristiani.
C'è un clima di incertezza per il futuro. Finora ci sono stati quattro rapimenti, che la postazione dell'esercito siriano appena oltre l'ingresso della città non è stata in grado di fare granchè  per prevenire. Il turismo religioso è scomparso. "Solitamente vendevo guide e souvenir", dice Samir Shakti, gesticolando verso il suo piccolo negozio, "ma ora vendo frutta e verdura".

Un altro segno di nervosismo sono le esplosioni di rabbia contro gli stranieri, nel caso presente contro me stesso, come simbolo delle potenze europee accusate di armare i fondamentalisti islamici. Anche la Madre Superiora del Convento, Pelagia Sayaf, ha chiesto di sapere perché gli europei stanno aiutando "la gente che uccide con il coltello". Ha detto che molte persone stavano lasciando la città (anche se questo è stato negato da qualcun altro in Maloula).

La Madre Superiora Pelagia sembrava tesa. E'  al suo posto da 23 anni, guidando oltre 14 suore e 33 orfani provenienti da famiglie cristiane di tutto il Medio Oriente. Gli orfani indossano una divisa rossa e cappe in tartan, dando loro un aspetto sorprendentemente scozzese. "Sarà un Natale triste a Maloula," dice la Madre Superiora. "Le sanzioni stanno punendo il popolo, non il Governo".
I cristiani possono sentirsi più spaventati di altri siriani, ma tutti si sentono vulnerabili. Non c'erano combattimenti sulla strada da Damasco a Maloula, ma ci sono molti edifici distrutti dalle battaglie degli ultimi due mesi. Una volta, la strada principale per Homs era affollata di concessionarie d'auto, ma ora queste sono chiuse e le finestre in cristallo sono protette dai danni degli scoppi da pareti costruite sommariamente con blocchi di cemento.
I cristiani più agiati sono riusciti a fuggire all'estero, ma per chi ha pochi soldi questa è una scelta difficile. Un armeno, che non ha voluto che pubblicassi il suo nome, ha detto che "possiamo andare in Libano, ma stare lì è costoso, è difficile trovare lavoro e ai Libanesi non mi piacciono molto i Siriani perché il nostro esercito è rimasto lì per così tanto tempo". Egli stesso era alla ricerca di cittadinanza Armena.
Come per gli altri a Damasco, il grado di pericolo avvertito dipende dalla ubicazione in cui si trovano. Molti cristiani vivono nel quartiere Jaramana, che ora è pericoloso per via dei cecchini e degli attacchi con le bombe. Le parti cristiane della Città Vecchia sono più sicure, ma ci sono tagli di energia elettrica e  carenza di gasolio.
Finora le sofferenze dei Cristiani di Siria non sono peggiori di quelle dei Musulmani, ma essi sentono che qualunque sia l'esito della guerra civile, il loro futuro sarà molto probabilmente peggio del loro passato.
(traduzione FMG)
http://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/persecution-of-the-christians-syrian-minority-fear-the-end-of-fighting-more-than-war-itself-8422977.html