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domenica 4 settembre 2022

La commossa testimonianza da Aleppo degli Ospedali cattolici allo stremo


Venerdì 2 settembre 2022, l'ong AVSI ha promosso un convegno a varie voci, per verificare, a 5 anni dall'inizio del Progetto "OSPEDALI APERTI IN SIRIA" che cosa ha caratterizzato  l'intervento, per misurare quale è stato l’impatto nella vita dei siriani e nella comunità locale, per rendicontare come sono stati impegnati i fondi raccolti e per individuare possibili sviluppi futuri. 

Tra gli interessanti interventi , riportiamo la testimonianza della cara amica Suor Arcangela Orsetti, da 52 anni presente in Aleppo con le consorelle dell'Ospedale Saint Louis . Con grande verità e intensa commozione, suor Arcangela ha raccontato il dramma che sta travolgendo la popolazione siriana, oggi ancor più che negli anni di guerra, a causa della paralisi economica totale che subisce la Siria , soprattutto a causa delle sanzioni, del furto delle risorse naturali di cui il Paese sarebbe ricco , e della corruzione che sempre prospera nelle situazioni di estremo bisogno di beni primari.
Ringraziamo i testimoni e l'organizzazione AVSI che , con il sostegno della Santa Sede e di Paesi benefattori quali l'Ungheria, hanno permesso al popolo siriano di trovare un minimo di supporto nell'ambito sanitario siriano, a livello statale ormai annientato ( la sanità siriana prima della guerra rappresentava l'eccellenza dell'aerea medio-orientale!)
   Ora proSiria

Testimonianza di Suor Arcangela Orsetti

per il convegno sul progetto Ospedali Aperti in Siria, 02 09 2022


Sua Eminenza Cardinal Sandri

Sua Eminenza Cardinal Zenari

Diplomatici…

Benefattori, e voi tutti qui presenti,

Buongiorno da Aleppo!


Mi chiamo Sr Arcangela ed appartengo alla Congregazione delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, Congregazione fondata da Santa Emilia de Vialar a Gaillac, in Francia nel 1832.

La nostra presenza ad Aleppo risale al 1856, con due missioni differenti :

  • La scuola Jeanne D’Arc

  • E l'Ospedale St Louis

L’Ospedale in cui lavoro da più di 50 anni, è stato costruito nel 1905 per rispondere ai bisogni della popolazione, ed ancora oggi continua la sua missione.


È a nome della mia comunità e di tutti i pazienti bisognosi di Aleppo che hanno beneficiato del vostro contributo che vi dico un grande grazie per l'aiuto che ci avete dato in questi 5 anni. Oggi per noi è un'occasione per ravvivare la nostra speranza, perché la situazione che stiamo vivendo è sempre più disastrosa. 

Durante i lunghi anni della guerra, tutti hanno cercato di fuggire per evitare la morte, come molti dei nostri medici, infermieri e personale di servizio... Noi, invece, abbiamo deciso all'unanimità di rimanere nonostante le minacce ricevute, i pericoli, la paura, i sacrifici e tutto il resto, per essere solidali con coloro che non potevano partire e che, più che mai, avevano bisogno della nostra presenza.

Il nostro ospedale è rimasto aperto giorno e notte per accogliere i feriti che si presentavano, senza distinzione di religione. Li abbiamo aiutati per quanto possibile. La Provvidenza non ci ha mai abbandonato, grazie all'aiuto di diverse organizzazioni che sono venute in nostro soccorso. (Progetto 'Feriti di guerra, Maristi Blu, JRS, Caritas, i riti delle Chiese locali...).

Ma la nostra preoccupazione cresceva con il protrarsi del conflitto. La preghiera è stata la nostra forza per resistere e perseverare nella lotta quotidiana.

Il progetto Ospedali Aperti è stato una grande benedizione ed una toccante testimonianza per tutta la popolazione di Aleppo e soprattutto per i nostri fratelli musulmani che hanno capito che questa iniziativa è aperta a tutti, indipendentemente dalla religione. La voce che circolava tra di loro era: "Andate all'ospedale St Louis e vedete cosa fa la Chiesa per noi! 

Ha anche incoraggiato il nostro personale a rimanere nel Paese, che ha ricevuto un bonus in aggiunta al loro stipendio.

Inoltre, il vostro progetto ci ha permesso di acquistare le attrezzature mediche necessarie per un migliore servizio ai pazienti, perché durante la guerra molti dispositivi che erano fuori servizio non potevano essere riparati a causa della mancanza dei pezzi di ricambio e di tecnici qualificati. 

Siamo testimoni delle parole di gratitudine e di riconoscenza che i malati esprimono per voi quando lasciano l'ospedale in buona salute, spesso ci dicono: "Senza di voi non saremmo stati in grado di riprenderci, ci avete aiutato a riaccendere la speranza nei nostri cuori e a recuperare la nostra dignità". 

Oggi la guerra non è più quella delle armi, ma è molto più devastante e grave: è la guerra della fame, dell'accattonaggio, della corruzione, della penuria, della disoccupazione, e dell’inflazione della moneta che aumenta di giorno in giorno.


Le rigorose sanzioni in vigore da 11 anni stanno uccidendo lentamente la popolazione. Gli abitanti di Aleppo rimpiangono il periodo della guerra; rimpiangono di non aver preso la decisione di lasciare il Paese per rifugiarsi altrove... oltre alla miseria, la pandemia del virus Corona, la crisi economica in Libano e recentemente la guerra in Ucraina hanno aumentato il numero di persone affamate. Giorno dopo giorno, i prezzi dei beni di prima necessità salgono alle stelle, tanto che i poveri vengono privati di tutto... La gente non mangia carne da diversi anni. Vanno al mercato, si guardano intorno ma non riescono a comprare.... I cassonetti nelle strade sono diventati una fonte di cibo per i poveri. Ed è molto triste vedere il nostro personale così affamato da finire i vassoi dei malati, fenomeni impensabili prima della guerra! 

La Siria è un Paese lacerato e dimenticato, dove manca tutto:

  • manca l’elettricità (quando tutto va bene, il servizio elettrico è offerto solo due volte al giorno e per due ore)

  • manca il Gas (bisogna attendere almeno 60 giorni per avere una bombola di Gas)

  • scarseggia il gasolio per riscaldarsi (il nostro personale raccoglie i sacchi di plastica e sacchi delle flebo vuote per utilizzarle come combustible perché l’inverno è stato davvero duro.)

  • c’è penuria di benzina ( i trasporti pubblici sono diventati molto cari e sono quasi inesistenti)

  • e soprattutto c’è mancanza di pane, la gente è costretta a fare lunghe ore di coda per poter avere la loro razione quotidiana e adesso con la guerra in Ucraina, i forni sono chiusi ogni venerdì, perché non c’è farina sufficiente… il personale ci domanda regolarmente un pacco di pane… alimento di prima necessità per poter vivere, soprattutto i più poveri….

E dire che la Siria è ricca di petrolio, gas, grano e di cereali, ma è espropriato dei suoi beni, oggi vive nella miseria.


Il settore sanitario è in una situazione drammatica: ammalarsi è diventato dramma a causa della carenza di farmaci, del loro costo elevato come pure le cure mediche, i ricoveri e gli interventi chirurgici... sono diventati inaccessibili per la maggior parte della popolazione. 

Ci dispiace molto che proprio adesso, quando le persone hanno più bisogno di aiuto, il progetto ha tagliato e ridotto al minimo il suo contributo. Ci fa male il cuore vedere persone che se ne vanno con le lacrime agli occhi, dopo aver aspettato il loro turno, solo per sapere che sono state respinte.


Come donne consacrate attraverso la nostra presenza e la testimonianza della nostra vita ci sentiamo interpellate quotidianamente a incoraggiare a non perdere la speranza, a promuovere gesti di riconciliazione e di perdono, in particolare a esortare i cristiani e soprattutto i giovani a rimanere nella loro terra “Culla del Cristianesimo”

Siamo consapevoli che con la crisi mondiale e la guerra in Ucraina diventa difficile trovare risorse, ma vi preghiamo di non abbandonarci.


Concludo con le parole che il Papa ha rivolto ai membri del sinodo della Chiesa  Greco Melkita: Lunedì, 20 giugno 2022:

« Non possiamo permettere che anche l’ultima scintilla di speranza sia tolta dagli occhi e dai cuori dei giovani e delle famiglie!"  Con il nostro Papa Francesco, rinnoviamo la nostra supplica di non abbandonarci !!!!

Grazie per avermi ascoltato e preghiamo insieme per un mondo più fraterno!

Sr Arcangela Orsetti


domenica 8 maggio 2022

Siria. La crisi si aggrava ora serve cambiare passo

Volontari Maristi di Aleppo nel campo profughi di Al Shahba 

Riprendiamo da Avvenire la lettera del Direttore della ONG AVSI , impegnata con vari progetti in Siria e in Libano, della quale condividiamo preoccupazioni e obiettivi. Ancora una volta, alla prossima Conferenza UE sulla Siria vogliamo rimarcare che la prima modalità di salvaguardare 'la dignità della popolazione siriana' è togliere l'iniquo impedimento ad accedere alle risorse energetiche di cui è ricco il Paese e togliere le sanzioni che precludono alla popolazione ogni scambio economico e produttivo.   OraproSiria 

 

Caro direttore,
la tentazione di inseguire l’ultima notizia, di concentrare attenzione e risorse sull’ultima emergenza umanitaria, distraendosi da altre 'vecchie' situazioni di bisogno, resta sempre molto forte. E così non solo non si risolvono i 'conflitti dimenticati', ma il loro bilancio drammatico cresce. Per questo la conferenza internazionale sulla crisi siriana, che si tiene per la sesta volta a Bruxelles (9 maggio), merita quest’anno particolare attenzione: ci costringe a ricordare che mentre siamo tutti rivolti all’Ucraina, in Siria la pace è ancora lontana e i siriani hanno fame.

La crisi in questo Paese, scivolato in un cono d’ombra, è catastrofica: 14 milioni e 600mila persone hanno bisogno di aiuto umanitario, e tra questi sono 2 milioni e mezzo i bambini che non vanno a scuola. Un dato questo che getta sul futuro infinita preoccupazione. Chi lavora qui sul terreno da undici anni accanto ai più vulnerabili, ha il privilegio di una prospettiva diversa sui bisogni di questo popolo e desidera lanciare un appello chiaro ai grandi donatori che si riuniranno nella città belga: è tempo di cambiare modo di esserci e agire. Riconosciamo che la risposta a questa crisi con interventi d’emergenza – come fatto fin qui – non è più efficace.

Dobbiamo attivare misure che permettano di pensare a domani e dopodomani, a uno sviluppo sostenibile in Siria e in tutta la regione. Diverse situazioni politiche di certo non facilitano questa transizione, e il percorso è a ostacoli. Ma, se non modifichiamo il nostro approccio, la situazione peggiorerà.

Dobbiamo perciò ripartire da tre pilastri: salute, agricoltura ed educazione. Un’assistenza sanitaria accessibile a tutti, un’agricoltura che garantisca alle famiglie sicurezza alimentare e reddito, un’educazione che sia formazione e cura delle giovani generazioni, integrata a percorsi di sostegno psicosociale in scuole finalmente riabilitate. Su questi tre pilastri si possono realizzare progetti che coinvolgano le autorità locali e la società civile nel costruire un nuovo tessuto sociale e permettano agli sfollati di rientrare, di ritrovare una nuova normalità in luoghi non più provvisori.

Il temuto processo di 'palestinizzazione' dei rifugiati siriani va smontato favorendo la collaborazione tra i governi dei Paesi ospitanti e le comunità di profughi, che insieme possono trovare strumenti di reciproco riconoscimento, come i certificati di istruzione, formazione, stato civile. Vorremmo invitare chi si riunisce a Bruxelles a rimuovere gli ostacoli che bloccano questa ripartenza: la lentezza dei processi di approvazione dei progetti, la logica dei silos che impedisce il lavoro comune tra le diverse Direzioni Generali della Ue (che resta uno dei donatori più generosi), le banche di sviluppo, agli attori privati e la società civile.

Chiediamo ai grandi donatori di promuovere finanziamenti integrati e pluriennali con approccio regionale: non reindirizziamo i fondi destinati alla Siria verso nuove emergenze, ma aumentiamo il dialogo tra le istituzioni europee e tutti gli attori coinvolti centrandolo sulla dignità della popolazione siriana. Favoriamo la partnership tra le istituzioni e organizzazioni internazionali e le realtà della società civile, presenti sul terreno che conoscono nel dettaglio i bisogni dei siriani. Non abbiamo più tempo per indugiare in un modo di lavorare superato dalla realtà: a rischio è un capitale umano e sociale fondamentale per il Medio Oriente, per noi, per il mondo intero.

di Gianpaolo Silvestri , Segretario generale di Avsi

giovedì 21 febbraio 2019

Memoria per ricostruire: i bambini siriani rifugiati in Libano scoprono la loro identità e il patrimonio cui appartengono

"Ci insegnano la nostra patria, dov'è la nostra casa e dove vivevamo", racconta un bambino siriano partecipando al progetto "Siria nella mia mente".
Gestito da AVSI, finanziato dall'Unione Europea in Libano, sostenuto da UNICEF Libano e attuato dall'associazione Biladi, il progetto "Siria in my mind" introduce i bambini siriani nell'eredità siriana e li collega alla loro patria creando un senso di appartenenza attraverso varie attività centrate sulla Siria. Le attività includono canti tradizionali, danza popolare, giochi e l'apprendimento di siti archeologici sulla mappa della Siria:
" iniziamo dal valore della persona, che non è mai definita dalle circostanze in cui vive.", è il metodo di AVSI




Negli ultimi anni, quasi 800 mila bambini siriani hanno cercato rifugio con le loro famiglie in Libano, secondo il rapporto pubblicato da Unicef ad agosto 2015. C’è chi è nato nel paese dei cedri, chi ci è arrivato molto piccolo e chi ha qualche in anno in più. Ma quando chiedi loro “di dove sei?”, molto spesso non ricordano né da dove arrivano né com’era il proprio paese prima della guerra. Abil, un rifugiato siriano di sette anni che vive con la sua famiglia nel campo di Marshajoun nel sud del Libano da quasi tre anni, non conserva più alcun vivido ricordo della sua casa o della sua terra natia. A Saida, una grande città del sud, quando a questi bambini viene chiesto "da dove vieni" la maggior parte di loro risponde "da Saida".
Il progetto Syria in my mind, ideato dalla Ong Biladi (in arabo significa “Il mio paese”) nasce proprio per mantenere viva la memoria della Siria e creare un legame tra questi bambini e la propria terra. Attraverso varie attività come il cantastorie, le danze tradizionali, il percorso culinario con la mappa della Siria, il gioco dell’oca sui più importanti siti archeologici siriani, il progetto, finanziato da Unicef e gestito dall’Ong italiana Avsi, aiuta i bambini a ricordare la loro patria, l’eredità culturale e le ricchezze storico-archeologiche della Siria.
Il progetto è iniziato nel 2014, quando ho dato a un bambino siriano un pezzo di pane chiamato Tannour, che è un tipo di pane tradizionale. Lui mi ha guardato e mi ha chiesto ‘dov’è la nonna?’. Era la sua nonna che preparava quel tipo di pane. Lui voleva il pane perché gli ricordava la nonna, non per il valore che aveva il pane. E’ stato in quel momento che ho capito che non potevamo restituire i ricordi ma potevamo dare qualcosa che aiutava loro a ricordarsi della Siria e della propria identità”, racconta Joanne Farchakh Bajjaly archeologa libanese e ideatrice del progetto.
Circa duemila bambini siriani tra i cinque e i quindici anni hanno preso parte alle attività pedagogiche all’interno dei centri educativi gestiti da Avsi a Nabatiyeh, Saida, Jounieh, Khiam e Marjayoun. “Alcuni bambini non hanno mai visto la Siria o erano troppo piccoli per ricordarsela. Quello che vogliamo dare è un’immagine della Siria senza guerra e far loro capire la storia e la propria cultura, affinché possano avere una maggior responsabilità e consapevolezza per il futuro. Per farlo abbiamo scelto il gioco e attività pratiche come far costruire la cittadella di Aleppo o il castello per creare una connessione tra loro e la Siria”, spiega Tarek Awwad, archeologo siriano e monitore dell’Ong Syria Eyes.
All’inizio quando aprivamo la mappa della Siria o quando nominavamo alcune città come Palmira o Raqqa molti bambini si spaventavano perché le associavano a una situazione di rischio. Con il passare dei giorni cercavamo di far capire quali erano le bellezze, gli animali o i fiori di quelle regioni”, racconta sempre il giovane archeologo, anch’egli rifugiato in Libano. Il progetto ha permesso non solo ai bambini di avere un’immagine positiva della propria terra, senza sangue e morte, ma ha aiutato a ritrovare il dialogo con i genitori e di frequentare la scuola con maggior coinvolgimento e interesse.
Grazie al progetto Syria in my mind, molti bambini tornavano a casa dalle famiglie cantando le canzoni che avevano imparato o chiedendo loro se si ricordavano del souk e se andavano lì a fare la spesa. E’ importante che inizino a parlare con i genitori e che si ricordino della Siria in maniera positiva perché dà loro la speranza e la voglia di ritornarci”, spiega un’insegnante del centro educativo di Saida. Ma il risultato più importante è senza dubbio la riscoperta della propria identità. I loro animatori sono siriani, parlano la loro lingua, per cui si sentono valorizzati e non hanno più paura di dire dov'è veramente la loro patria.

"Anche il nostro paese ha attraversato una guerra. E sappiamo che il conflitto siriano finirà un giorno ", dice Joanne Farchakh Bajjaly. Con questa convinzione, in Libano, si prepara i bambini siriani al ritorno.
https://en.annahar.com/article/290432-syria-on-my-mind-offers-hope-to-refugee-children
https://www.lorientlejour.com/article/944319/faire-revivre-aux-petits-refugies-syriens-leur-pays-perdu.html

domenica 16 dicembre 2012

Il Vescovo Audo: "Potenze internazionali, fate ai siriani questo dono della pace"

Per Mons. Antoine Audo, gesuita vescovo di Aleppo, presidente della Caritas Siria, il conflitto siriano è diventato internazionale: solo un accordo internazionale potrà ottenere la riconciliazione.



 
 
Intervista di La Croix - 14/12/12
 


Come descriverebbe la situazione ad Aleppo adesso?
Mons. Antoine Audo:  L’Insicurezza regna ovunque. Non possiamo più circolare e si è permanentemente minacciati da rapimenti (a scopo di estorsione), dalle imboscate dei cecchini, dalle bombe (da parte dell'esercito siriano o dei ribelli) e dagli attentati con autobombe. Questa insicurezza ha fatto sì che l'80% delle persone non lavora più, in modo che l'economia è bloccata e la povertà aumenta. Tanto più che il costo della vita è raddoppiato dall'inizio del conflitto. Le persone semplici che vivevano con poco devono ora essere supportate in  tutto, così si può dire che oggi il 70% dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà.

Come fanno a sopravvivere?
M.A.: La gente ha dei risparmi e il sostegno della famiglia funziona ancora bene nelle nostre società tradizionali. E i siriani della diaspora (Nord America, Europa, Australia ...) riescono ad inviare da 300 a 500 dollari per le loro famiglie ogni mese. Ma le famiglie sfollate facilmente diventano un peso. In qualità di presidente della Caritas Siria da un anno, posso dire che tocco la miseria con le dita.

 Caritas Siria quali programmi  ha implementato?
M.A. : Nelle sei regioni organizzate dalla Caritas (Damasco, Aleppo, Homs, Jaziré, Horan e la costa), diamo la priorità all' aiuto alimentare con 4000 pacchi di alimenti (del valore di circa 20- 30 dollari ) distribuiti mensilmente in tutto il paese: un totale di 100.000 dollari finanziati principalmente dai nostri partner tradizionali (Catholic Relief Services, Caritas Germania, Svizzera e Lussemburgo ...). Sviluppiamo assistenza medica, in particolare a Damasco e Aleppo, per dare libero accesso alle cure sanitarie. E ad Aleppo, abbiamo aperto un contratto con il St. Louis Hospital gestito dalle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione perchè tutti i feriti vi siano operati e curati gratuitamente e ho deciso di finanziare questo progetto per la somma di $ 50 000 al mese. Abbiamo anche un "programma invernale" ($ 300 000 fino a marzo 2013) per l'acquisto per 3.000 famiglie in tutta la Siria, di stufe e petrolio, coperte e vestiti caldi e di aiuto per pagare l'affitto.

 Come vede il futuro prossimo in Siria?
M.A. : La mia impressione generale è che non se ne esce. Questo conflitto siriano, inizialmente  locale, è diventato regionale (con il Qatar, Arabia Saudita, Iran, Turchia) ed è ora internazionale (con la Russia, gli Stati Uniti, la Cina e l'Europa). Quindi possiamo solo sperare che ci sia un accordo internazionale per risolvere il conflitto locale e raggiungere la riconciliazione e la pace. Ciò significa riconoscere la complessa storia dei rapporti tra alawiti e sunniti e parlarne con calma - che oggi è impossibile, perché si tratta di un argomento tabù nella società siriana. Ciò implica anche che ogni parte smetta di ritenersi depositario della verità e riconosca la dignità degli altri. A questo proposito, i cristiani possono contribuire a spezzare la spirale di umiliazioni, di violenza e di vendetta per avere l'audacia del perdono .

Quale appello Lei vorrebbe lanciare?
M.A. : Mi rivolgo a quelli che distruggono questo bellissimo Paese, così ricco di storia e cultura: invece di sfruttare i punti deboli confessionali, essi farebbero meglio ad aiutarlo a trovare soluzioni  politiche ed economiche. Miliardi di dollari sono già stati persi in questa guerra, per niente. Cerco di fare tutto il possibile per salvare la Siria e anche per salvare la presenza dei cristiani, perché più ci sarà distruzione in Siria, sempre più cristiani se ne andranno, e sarà una perdita per il paese e per tutta la regione! Contribuire alla riconciliazione e assicurare la pace alla Siria sarà vantaggioso per tutti, a livello nazionale, regionale e internazionale!
Chiedo pertanto alle potenze internazionali che ci facciano il dono della pace attraverso una mediazione politica ragionevole e razionale.

http://www.la-croix.com/Religion/S-informer/Actualite/Mgr-Audo-Je-demande-aux-puissances-internationales-de-faire-aux-syriens-ce-cadeau-de-la-paix-_NG_-2012-12-14-887927

 (traduzione FMG)

La "Campagna Tende di Natale" di AVSI per i profughi siriani




http://issuu.com/avsi/docs/bntende2012/9