IL
SUSSIDIARIO, 5 settembre 2016
di
Patrizio Ricci
La
settimana scorsa i gruppi jihadisti Jund al Aqsa, Fatah alSham e
Jaish alNasr, Jaish alIzzah del Free Syrian Army (ed
altri), tutti appartenenti al coordinamento Jeish AlFatah, hanno
lanciato una violenta offensiva a nord della città siriana di Hama.
Gli aggressori, provenienti da Idlib e da Aleppo, hanno avuto
immediatamente ragione delle esili postazioni difensive della forza
di nazionale di autodifesa (Ndf). I militanti di Jeish AlFatah
si sono lanciati da più direzioni contro i checkpoint con
veicoli kamikaze imbottiti di esplosivo ed hanno fatto largo uso di
missili Atgm/TOW (regalati in quantità enormi dagli Usa durante la
tregua del 27 febbraio). La situazione a nord di Hama è davvero
preoccupante: nonostante i bombardamenti aerei siriani e russi,
numerosi villaggi situati nella campagna a nord di Hama sono caduti
sotto i colpi inferti dai combattenti islamici, forti anche di
agguerritissime unità cecene.
L'obiettivo ambito è prendere Hama
(350mila abitanti) e Mhardeh, la città cristiana più popolosa della
Siria. Mhardeh oltre alla sua indiscussa importanza religiosa e
storica ha una grande importanza strategica. Per la sua posizione è
la porta di ingresso alla fertile valle del fiume Oronte: la valle
ospita la maggior parte delle principali minoranze presenti in
Siria, compresa quella cristiana situata ad est dell'Oronte.
L'attacco che i terroristi stanno compiendo è del tipo "shock
and awe" (colpisci e terrorizza) ed ha lo scopo di alleggerire
l'offensiva governativa ad Aleppo. Nello stesso tempo, l'obiettivo è
dimostrare ai cristiani che il governo non li protegge e di punirli
per il loro sostegno.
Intanto, a Mhardeh la popolazione non dorme e
molti cittadini si uniscono all'Ndf (forze difesa nazionale), e ai volontari cristiani del
posto si sono aggiunti circa 1000 uomini dell'esercito arrivati
venerdì, volontari cristiani Ndf accorsi da Damasco e giovani assiri
della milizia cristiana Sootoro proveniente da Qamishli.
Con
i terroristi alle porte, gli abitanti temono che possa ripetersi
quando avvenne nel villaggio cristiano siro-ortodosso di Sadad nell'ottobre 2013. Si tratta della strage più efferata di cristiani
di tutta la guerra in corso: tutte le quattro chiese del paese furono
saccheggiate e distrutte e 45 civili innocenti, donne e bambini
furono torturati a morte dalle milizie jihadiste. I corpi mutilati di
sei persone appartenenti ad una stessa famiglia furono trovati in
fondo a un pozzo. Per una settimana, prima della riconquista
governativa, 1.500 famiglie furono tenute come ostaggio e trattenute
come scudi umani.
Ed un mese prima del massacro di Sadad, anche la
cittadina di Maalula (dove si parla ancora l'aramaico come a Sadad)
ebbe i suoi martiri. Successivamente, il dilavamento delle milizie
settarie lungo la Valle dell'Oronte moltiplicò ovunque questi
episodi di violenza e sopraffazione. Ecco in una breve registrazione come riferiva quelle circostanze padre Pizzaballa, l'allora Custode
di Terrasanta. Si tratta di una lettera indirizzata nel 2013 al card.
Sandri (Prefetto della Congregazione per le chiese orientali) e letta
dallo stesso, nel corso dell'incontro ''cosa vogliono i siriani"
svoltosi a Roma il 17 dicembre 2013. Il documento mostra come le
violenze settarie dei "ribelli" contro i cristiani siano
state sempre una costante nell'arco della cosiddetta "rivoluzione"
fino a costituirne una caratteristica indissolubile. Mhardeh stessa
(che subisce attacchi ininterrotti dal 2012) è testimonianza vivente
di questa situazione. E' evidente che ciò che accomuna queste azioni
non è certo la volontà di indire libere elezioni (il cui esito,
vista la strenua resistenza delle popolazioni, è scontato), bensì
di imporre un rigido stato islamico basato sulla sharia.
Tuttavia,
nonostante le numerose evidenze, le persecuzioni contro i cristiani
saranno considerate dalla Comunità internazionale "degne di
attenzione" solo in seguito, quando una delle tante fazioni
islamiche, l'Isis, intaccherà gli interessi occidentali in Iraq.
Sarà comunque un'attenzione parziale, limitata solo ai soprusi
compiuti dallo Stato Islamico.
I fatti però sono di altro segno: la
battaglia in corso a nord di Hama, con le notizie di stragi di civili
e decapitazioni di militari, provenienti dai villaggi di Souran,
Alfaya e Tayeb Al-Imam (in quest'ultimo è stata decimata tutta
la popolazione) dimostra per l'ennesima volta che Isis, al Nusra e
Free Syrian Army (così come pure le altre svariate sigle
combattenti) hanno lo stesso radicalismo religioso, operano tutte
all'unisono e rispondono alle direttive delle stesse cabine di regia.
Lo Stato Islamico, per impedire che l'esercito siriano mandi cospicui
rinforzi nella zona di Hama, lo tiene impegnato nella zona desertica
tra Hama ed Homs mediante continui attacchi. Questo tipo di azioni
coordinate sta avvenendo anche in altre località della Siria come
Kuwaires (Aleppo) dove l'Isis non ha alcun interesse strategico.
Basta
focalizzare l'attenzione su una qualsiasi località della Siria per
capire la verità di ciò che sta avvenendo, eppure il Dipartimento
di Stato USA asserisce che il pericolo sia costituito esclusivamente
dallo Stato Islamico (Isis) e che, perciò, gli altri gruppi
jihadisti non sono da considerare terroristi. E' chiaro che
Washington (e gli alleati nell'area) non avendo mai rinunciato a
rovesciare lo stato siriano (secondo progetti già in piedi dal 2001)
abbisognano di distinguere tra le varie "sfumature di grigio"
della stessa matrice ideologica fondamentalista, secondo quello che
il mercato offre. Così quando gli abitanti del posto si rifiutano di
abbandonare il loro passato si fa tabula rasa, per far regredire le
persone e spezzare la loro volontà.