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mercoledì 23 marzo 2022

Il Card. Sandri a Damasco: "non aver paura piccolo greggel"


Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella Divina Liturgia in rito bizantino presso la Cattedrale Greco-Melkita di Damasco a conclusione della Conferenza “Chiesa, Casa della Carità: sinodalità e coordinamento” – giovedì 17 marzo 2022 A.D.

Letture Filippesi 3,20 – 4,1

Luca 9, 28b-36

Beatitudine, Patriarca Youssef Absi,

Beatitudini i Patriarchi Louis Sako e Youssef Younan,

Eccellenze Reverendissime, Arcivescovi e Vescovi,

Delegati delle altre Chiese e comunità cristiane,

Distinte Autorità,

Reverendi Sacerdoti, Religiosi e Religiose,

Sorelle e fratelli nel Signore!

Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia

1. L’esperienza dei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, durante la Trasfigurazione è quella di uno stupore autentico, ma ingenuo: essi dapprima oppressi dal sonno sono ridestati dall’esperienza della gloria del Signore che si manifesta, e desiderano custodirla, quasi fermando il tempo, facendola diventare una dimora ove restare dimentichi di tutto e di tutti.

L’evangelista commenta le parole di Pietro dicendo “egli non sapeva quello che diceva”. Gli apostoli sono avvolti dalla nube che li copre con la sua ombra, e la paura afferra i loro cuori. Il sopraggiungere della voce del Padre, mentre dichiara che Gesù è il Figlio eletto e chiede di ascoltarlo, diventa fonte di liberazione dal senso di oppressione che li aveva raggiunti. Resta Gesù, solo, con loro, che da quel momento prende la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, luogo della sua Passione, Morte e Resurrezione. La sua e la nostra Pasqua.

2. La tradizione della chiesa romana colloca proprio nella seconda settimana di Quaresima la meditazione di questo brano di Vangelo, ricordandoci che il nostro cammino dietro la Croce di Gesù non è fine a se stesso, ma spalanca le porte del destino di gloria e di luce che Dio ha pensato per l’umanità. Qui a Damasco, non lontano dalla Moschea degli Omayyadi con il minareto che una tradizione islamica riferisce essere il luogo ove tornerà Gesù alla fine della storia, noi celebriamo questa sera la Divina Liturgia, esperienza del cielo sulla terra, proclamando la speranza cristiana che mentre ci fa certi della città futura, ci chiede di rimanere saldi nella fede e costruire e riedificare se necessario la città terrena con la carità. Aspettiamo il ritorno del Signore, ma chiediamo la grazia come egli stesso ci chiede al capitolo 25 del Vangelo di Matteo, di saperlo riconoscere e servire in ciascuno dei fratelli più piccoli che egli pone sul nostro cammino, senza distinzione di confessione o appartenenza umana.

3. Ci domandiamo insieme se il brano della Trasfigurazione possa interpretare il nostro essere qui: anche noi infatti siamo stati convocati, non sul Monte Tabor, ma a Damasco, e molti di noi hanno dovuto percorrere centinaia di chilometri, dentro e fuori la Siria, affrontando fatiche e disagi. Ne valeva la pena, perché dietro un programma e un evento umano si celava una occasione di grazia che il Signore aveva in serbo per noi. Vescovi, sacerdoti e fedeli, appartenenti a diverse tradizioni, personale impegnato nel servizio ecclesiale della carità, agenzie di cooperazione cattoliche o non governative, ciascuno si è messo in ascolto dell’esperienza dell’altro, interrogandoci tutti sul volto che mostriamo col nostro essere o il nostro agire. Un volto pieno di rughe e impolverato, stanco ed esausto per le fatiche della vita, con vesti consunte e ormai logore, oppure un viso reso luminoso dalla grazia di Dio accolta e gratuitamente ridonata agli altri, attraverso la preghiera, la celebrazione dei sacramenti e la carità fraterna. In questo modo la veste del battesimo non si rovina e non si macchia, perché la nostra esistenza personale e comunitaria rimane ben ancorata alla sorgente della salvezza.

4. Sarebbe bello per tutti noi continuare l’esperienza di questi giorni, perché essa in effetti ci ha strappati in qualche modo alla quotidianità: non volevamo fuggire da essa, ma piuttosto aiutarci insieme a riflettere su di essa, valorizzando il bene presente ed orientando i nostri passi verso il futuro. Vorremmo forse come i discepoli fare tre capanne per restare, per dimorare in questo dono del Signore. È proprio Lui però a dirci: “il vostro posto è là, là in mezzo a loro, l’amore che vi ho dato portatelo nel mondo. Io sono venuto a salvarvi dalla morte, il Padre mi ha mandato ed io mando voi”.

5. In qualcuno di noi può forse essere sorto un po’ di scetticismo: “sarà tutto come prima, non cambierà nulla, continueremo con le nostre divisioni e fatiche a camminare insieme”. Oppure nonostante tutto sale ancora l’angoscia e la paura: “il compito è troppo grande per noi! Vediamo come aumentano i bisogni, la miseria, diminuiscono le risorse e gli aiuti, con quello che succede nel mondo ora sperimenteremo una maggiore indifferenza”. Il Vangelo proclamato ci dice invece che proprio quando ci sentiamo in mezzo alla nube e siamo oppressi dall’angoscia, se teniamo aperto il nostro cuore sentiamo la voce del Padre che si rivolge anche a noi: “C’è Gesù, è il Figlio, egli è sempre con voi, non aver paura piccolo gregge”.

La prossimità di Dio la abbiamo sperimentata all’inizio della nostra Conferenza attraverso la parola che il Santo Padre ci ha rivolto nel Messaggio a noi indirizzato come anche in tutte le attenzioni che in questi anni ha sempre rivolto all’amata e martoriata Siria. Dio si è fatto vicino anche attraverso i vostri pastori che si sono spesi durante gli anni del conflitto perché giungesse qualche sollievo alla vostra sofferenza. Diciamo di più: Dio stesso si è fatto presente attraverso i vostri cuori e le vostre mani, quando avete offerto il nulla che avevate in mano a Lui perché lui potesse prenderlo e moltiplicarlo per tanta gente. Dio lo avete incontrato nei volti e negli sguardi dei bambini che avete cullato o preso per mano, in coloro per i quali avete spezzato il pane e distribuito l’acqua che disseta, nei corpi e negli animi feriti sui quali avete versato il vino della letizia e l’olio della consolazione. In tutte quelle volte in cui, Chiesa di Dio che sei in Siria, nonostante dentro e fuori il Paese molti briganti abbiano percosso i tuoi figli, ti sei chinata su di loro vivendo la pagina del Buon Samaritano, amando perché sei stata amata.

6. Cosa significa allora per noi prendere fermamente la decisione di andare a Gerusalemme come Gesù nel Vangelo? Si tratta di fare tesoro di quanto sperimentato in questi giorni, perché abbiamo sentito la Chiesa come casa della carità: ora spetta a ciascuno di noi continuare ad accoglierla come dono di Dio al suo popolo e contribuire ad edificarla, stringendoci a Cristo Pietra viva. Lo possiamo e lo dobbiamo fare insieme, come popolo che cammina lungo le strade della storia, insieme a tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede e nell’umanità.

7. Mentre chiediamo ai responsabili di tutte le Nazioni di guardare alla sofferenze dei popoli, qui in Siria, come in Ucraina, ripetiamo loro e ripetiamo a noi stessi il monito che Papa Francesco pronunciò nella Veglia per la pace in Siria del 7 settembre 2013: quella sera si fermarono ben peggiori attacchi anzitutto per la forza della preghiera levata da milioni di cuori. Così speriamo accada il prossimo 25 marzo, quando tutti i Vescovi insieme al Papa, e invito anche i Vescovi della Siria a farlo, consacreranno l’Ucraina e la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Diceva Papa Francesco: “Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo della Madre di Dio, voglio rispondere: ‘Sì, è possibile per tutti!...Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione. Guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata, e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità”.

Madre di Dio, Maria Santissima, Santi e sante della Siria di ieri e di oggi, pregate per noi, e aiutateci a percorrere insieme la strada di luce preparata da Dio e sulla quale ci avete preceduto. Amen.

https://www.orientchurch.va/comunicazioni/damasco-marzo-2022.html