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domenica 22 settembre 2019

Contro le sanzioni alla Siria anche i Vescovi dell'Europa


Ho visto tanta distruzione ma anche tanta fede”: così l’arcivescovo di Genova, card. Angelo Bagnasco, racconta al Sir il suo viaggio in Siria. Partito lunedì 16 settembre, il porporato, che è anche presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), è rientrato oggi a Genova e al telefono prova a raccogliere le tante emozioni e immagini vissute in questi giorni trascorsi ad Aleppo, città simbolo di un conflitto entrato ormai nel suo nono anno.
Ho accolto senza esitazioni un invito da parte delle comunità cristiane di Aleppo e del parroco, padre Ibrahim Alsabagh – spiega il porporato –. Ho visto un Paese mezzo distrutto e una città martoriata, uno scempio in tutti i sensi compiuto dai gruppi armati in lotta. Ma nello stesso tempo, a fronte di questa situazione veramente difficile e grave,
ho potuto conoscere delle comunità cristiane decise a risorgere e ad aiutare il Paese a ricostruirsi. Questo attraverso una maggiore coesione interna tra le diverse comunità cattoliche, che sono di diversi riti, e cristiane, in particolare con le ortodosse. Insieme cercano di infondere speranza e fiducia e dare coraggio a resistere, oggi come ieri, nel tempo della distruzione e in quello della ricostruzione”.

Eminenza cosa altro l’ha colpita di questa visita in Siria?
Sono rimasto colpito da alcune famiglie che ho potuto incontrare nelle loro case ricostruite grazie agli aiuti, in particolare, della Cei provenienti dai fondi dell’8×1000. Accompagnato dal loro parroco padre Ibrahim ho benedetto i locali rinnovati e le famiglie che vi hanno fatto ritorno, con i loro piccoli. Ho notato la felicità nei loro volti. Ho visto anche una grande dignità davanti al lavoro che manca. La casa è fondamentale così come un’occupazione. Diversi papà mi hanno confidato di avere tanta difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena per le loro famiglie.
L'immagine può contenere: 7 persone, persone che sorridono, persone in piedi

Nei giorni trascorsi in Siria è riuscito a farsi un’idea del perché di questa guerra?
Molti siriani si domandano il perché di questa guerra. Tutti si interrogano, sono consapevoli di non avere la verità in mano. Certamente riconoscono alcuni elementi di questo conflitto ma ciò che sfugge è il disegno complessivo e reale di quanto sta accadendo. In mezzo a tanta nebulosità politica, dove diverse forze esterne e internazionali sono entrate in gioco, ho rilevato – e lo vorrei sottolineare con chiarezza – la durezza delle sanzioni.
Finché ci saranno le sanzioni temo che la ricostruzione economica e sociale del Paese sarà molto difficile.
Credo che le sanzioni siano una forma di guerra per affossare un Paese. Se così fosse sarebbe assolutamente ingiusto e inaccettabile.

Ora che è rientrato come pensa di tenere vivo il ricordo di questo viaggio?
Ho promesso ai fedeli, ai sacerdoti, religiosi e ai vescovi che ho incontrato in Siria, insieme al nunzio apostolico, card. Mario Zenari, di raccontare ciò che ho visto e udito questi giorni e di testimoniare il buon esempio di queste comunità siriane segnate da tanti morti e da tanti martiri. È necessario continuare a dare il nostro aiuto. Lo Stato, infatti, non riesce a fare fronte alla ricostruzione, e nemmeno la Chiesa locale. Quest’ultima cerca di darsi da fare con aiuti che giungono da altre conferenze episcopali, come la nostra, e da benefattori, innanzitutto per ricostruire case e appartamenti da riconsegnare alle famiglie proprietarie che le abitavano già prima della guerra.

Porterà la sua testimonianza al Consiglio episcopale permanente del 23 settembre?
Lunedì al Cep farò un piccolo accenno a questo viaggio anche perché mi hanno incaricato di ringraziare la Cei per la sua vicinanza e generosità. In Siria ho visto un grande entusiasmo e tanta riconoscenza da parte dei fedeli. Sono visite importanti perché non li fanno sentire abbandonati. La Siria è Terra Santa, grazie a san Paolo. Andare sulle orme dell’Apostolo come pellegrini non farà altro che aiutare questo martoriato Paese a risollevarsi.

https://www.agensir.it/mondo/2019/09/20/siria-card-bagnasco-ad-aleppo-ho-visto-tanta-distruzione-ma-anche-tanta-fede-sanzioni-durissime/


Vicario di Aleppo: Le sanzioni contro la Siria, un crimine che affossa la popolazione 
 Le sanzioni economiche contro la Siria “sono un crimine” che colpisce prima di tutto “la popolazione” e impedisce, di fatto, la ripresa di una nazione “ancora in difficoltà” dopo otto anni di guerra. È quanto sottolinea ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, secondo cui “da un conflitto militare” si è passati a una “guerra economica e commerciale” e a soffrire “è sempre la gente comune. Ecco perché - aggiunge - vanno tolte subito, prima che la situazione precipiti”. 
Uno dei segnali più evidenti della stretta delle potenze occidentali verso la Siria è il crollo della valuta locale. “prima della guerra - ricorda il prelato - un dollaro statunitense equivaleva a 48, massimo 50 lire siriane. La scorsa settimana è arrivato a sfiorare quota 700 lire e oggi il tasso di cambio è attorno alle 630 lire”. Questa inflazione, avverte mons. Abou Khazen, “blocca l’economia e tocca le persone comuni, prime vittime del caro-vita”. 

Oggigiorno - racconta il vicario di Aleppo - si fatica a trovare beni e risorse, anche quelle di prima necessità. Soprattutto la merce che viene da fuori, le persone non sanno come acquistarla perché mancano i soldi e le risorse a disposizione scarseggiano. Mancano tante cose che, prima della guerra, si potevano trovare con facilità”. Al contempo, avverte, “le persone devono sopravvivere con la stessa paga del periodo pre-bellico, ma è ovvio che oggi il potere di acquisto dei salari è di gran lunga inferiore. Oggi, di fatto, non si vive”. 
Analisti ed esperti concordano nel ritenere che il crollo della lira sia uno dei segnali più evidenti delle gravissime difficoltà attraversate da un Paese che cerca a fatica di uscire da un drammatico conflitto. Dopo più di otto anni la situazione a Damasco, Aleppo e altri grandi centri sembra essere “migliorata da un punto di vista della sicurezza” come conferma il vicario apostolico, ma molto resta da fare “sotto il profilo economico e alcune sacche di conflitto, come quella tuttora in atto a Idlib, preoccupano ed è grande il timore di una nuova escalation per la presenza nell’area di interessi contrastanti fra curdi, turchi, Stati Uniti e alleati regionali. 

Fra le cause del crollo della lira l’elevata richiesta di moneta statunitense nel vicino Libano, il cui sistema bancario viene utilizzato dagli importatori siriani per le transazioni. Il governo sta cercando di intervenire per bloccare l’inflazione e fermare il mercato nero, ma le risorse messe in campo sinora si sono rivelate insufficienti. La crisi valutaria ha messo in ginocchio soprattutto gli importatori, costretti a commerciare in dollari. “Vi sono un sacco di prodotti - racconta il 58enne Haytham Ghanmeh, commerciante in cosmetici nella città vecchia a Damasco - che non si trovano più nei mercati, perché abbiamo molti timori a comprare visti i prezzi attuali”. 
Il nodo centrale, torna a sottolineare il vicario di Aleppo, restano le sanzioni che, fra l’altro, hanno “quasi azzerato l’importazione di farmaci salvavita come i chemioterapici per la cura del cancro o i medicinali necessari per la dialisi nei malati di diabete. Alcuni farmaci fra i più ordinari vengono prodotti in Siria e non se ne avverte la mancanza. Ma se si parla di quelli per curare il cancro o altre patologie importanti, la situazione è ben diversa”. 
La gente è sempre più stanca e non sa cosa fare” ammette sconsolato mons. Abou Khazen. “Dopo la guerra militare - sottolinserea - ora dobbiamo affrontare quella economica per le sanzioni Usa ed europee. Ogni famiglia può disporre di soli 100 litri di benzina al mese, una bombola di gas che basta a malapena per cucinare e non parliamo del gasolio per riscaldare, in vista dell’inverno”. “Arrivati a questo punto - conclude il prelato - si fa sempre più fatica ad andare avanti e la gente sta perdendo la speranza”.