Nonostante
la mancanza di clienti e la distruzione, le persone cercano di
ritrovare la loro vita di prima, hanno riaperto piccoli negozi, una
fabbrica di ghiaccio che la gente va a cercare in blocchi per
conservare i cibi, meccanici, sarti, panettieri...
Restano
anche molti razzi ed esplosivi nella maggior parte delle strade che
non sono state sgomberate, alla liberazione molte persone sono morte
sulle trappole collocate dai terroristi.
Nonostante
la calma su una buona parte della città, la situazione è difficile,
non solo i terroristi ci sparano ancora addosso, ma soprattutto
economicamente a causa delle sanzioni votate da molti paesi (tra cui
la Francia- e l'Italia n.d.t.) contro la popolazione Siriana che non ha per molti, altro
che la scelta se non la speranza di trovare un nuovo inizio migrando
in Europa: su una pietra due colpi per l'Europa in termini di
meccanismo di guerra per distruggere un paese. Il bersaglio
privilegiato? Le persone.
La
speranza è qui qualunque cosa accada e i Siriani sono forti.
”La
fede cristiana è nata in Oriente, in Siria, e la rinascita cristiana
deve partire proprio da lì”.
SIR, 27 luglio 2017
Ne
è convinto mons. Jean-Clément
Jeanbart,
arcivescovo di Aleppo, che in un appello al Sir chiede ai Paesi
occidentali di “incoraggiare i profughi a tornare in Siria”:
“Aiutateci a rimanere dove siamo nati e dove la Chiesa è nata”.
“Sono
vescovo da 22 anni – racconta – e 5 anni fa riflettevo per
preparare la mia successione e mettere a posto le cose. Poi è
arrivata la guerra e mi sono detto: ‘Non è il mio momento, devo
fare qualcosa per aiutare il mio popolo’”.
Un
“grandissimo problema” è rappresentato dall’esodo dei
cristiani: “La prima Chiesa è stata stabilita in Siria, mentre in
Palestina i cristiani erano fuori legge qui si riunivano in pubblico.
C’è qualcosa di molto speciale nei cristiani di Siria. Ho
consacrato il resto della mia vita alla loro permanenza in questa
terra santificata dal sangue di milioni di martiri e dalle reliquie
di migliaia di cristiani che sono morti in Siria. Lotto per fare
tutto quello che posso contro questa emorragia”.
Il vescovo ha lanciato anche il programma “Aleppo vi aspetta”, per invitare i cristiani a tornare nel loro Paese: “Siamo pronti ad aiutare tutti coloro che vogliono, ma non possono. Paghiamo il viaggio e offriamo una casa per 4 anni, li aiutiamo con il lavoro e ospitiamo i figli nelle scuole cattoliche. Se alcune famiglie cominceranno a tornare, potrà cambiare il ciclo e il futuro sarà migliore. Quando la guerra finirà, il lavoro ci sarà e la gente sarà felice di vivere ad Aleppo”.