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sabato 21 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria: Qalb Loze

Qalb Loze. Facciate ovest e sud.

                                                       LETTURE PER CAPIRE (3° PARTE)
(1° PARTE: Le Città Morte QUI)
(2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI)

di Maria Antonietta Carta

Nel suo libro sulle Città morte, Joseph Mattern scrive: ‘’Qalb Loze è attualmente più difficile da raggiungere di quando ci siamo stati nell’agosto 1928. Allora, partendo da Aleppo verso Antiochia, oltrepassata ‘Ain Delfe si svoltava a sinistra in direzione di Harim1. Dopo la cessione del Sangiaccato di Alessandretta alla Turchia [1939] e la rettifica delle frontiere, ‘Ain Delfe e il tratto della strada che portava a Harim sono in territorio turco. Si sta studiando un nuovo percorso per Idlib… Quindi, posso raccontare quel che vidi nella precedente escursione archeologica, avvenuta in condizioni eccellenti con la guida del vecchio sheikh druzo di Qalb Loze che ci attendeva a Harim’’. (J. Mattern, Villes Mortes de Haute Syrie, pag 105, Beirouth 1944). 
  Com’era dolce percorrere la Siria prima della guerra!
Io, invece, per arrivare a Qalb Loze partendo da Latakia, percorrevo la strada che conduce a Jisr al-Shughur. Da lì, svoltando a sinistra per Qnaye e, lungo l’antico percorso della via Apamea-Antiochia verso Derkush, dove facendosi strada in una profonda gola del Gebel Wastani, che Strabone chiamò Cariddi, si riversa il fiume Oronte. Derkush: un’oasi di pace e di memorie antiche. I bei campi di melograni coloravano di smeraldo le acque del fiume.
Derkush. Il fiume Oronte
A ridosso del villaggio, tagliate nel fianco della montagna, le cave di epoca romana che avevano fornito i blocchi di calcare per edificare gli edifici monumentali pubblici e privati della grande metropoli di Antiochia, allora capitale della Siria Prima. Ora, invece, in certi tratti, sull’altra sponda dell’Oronte si è praticamente già in Turchia. Grazie ai Francesi. I ragazzini giocavano lieti a tuffarsi da un vecchio ponte nel fiume dove in primavera si rispecchiavano i melograni in fiore, e in autunno centinaia e centinaia di cassette di frutti rossi rubino affiancavano la strada in attesa di essere trasportati altrove… E le grotte oracolari e il sepolcro di un giovane soldato romano con una lapide che recita: ‘’Mamma non piangere. Gli uomini sono mortali’’.
Quante migliaia di giovani vite si sta portando via oggi il rovinoso uragano di un’altra guerra insensata e crudele che da nove anni travolge la mia amata Siria!
 Armanaz, antico centro si pensa fondato da vetrai fenici e famosa per la lavorazione della ceramica tradizionale. Harim, fortezza bizantina edificata da Niceforo Focas e teatro di una famosa battaglia tra l’esercito crociato e Norandino che lì ebbe la meglio e catturò Raymondo III di Tripoli, Boemondo III di Antiochia, Ugo VIII di Lusignano e Joscelin III di Edessa. Paesaggi verdeggianti o gialli assolati o color dell’ocra e grigi calcari con macchie color della ruggine: una indimenticabile tavolozza. Uliveti strappati alle rocce coltivati con sapienza. E continui richiami al passato di una terra antica ricca di tante vicissitudini e di grande civiltà. Con me sempre accogliente. Poco più in basso, che mi sembrava di poterla toccare, la fertile piana di Antiochia e ogni volta a quella vista mi arrabbiavo per la prepotenza feroce e i cinici soprusi del colonialismo.
L’archeologo P. Pasquale Castellana e sullo sfondo la Piana di Antiochia
I ricordi si affollano e vogliono essere rievocati. Mi accade sempre quando inizio a raccontare i miei giorni siriani, di cui ho profonda nostalgia. È difficile smettere, anche se con essi si rinnova lo strazio insopportabile per le vicende terribili che insanguinano, distruggono, saccheggiano e tentano con ogni genere di nefandezze di smembrare quello splendido Paese, fino a dieci anni fa in pace e ora vittima della guerra imposta dal nostro incivile Occidente. Rabbrividisco ogni volta al pensiero di questa incessante persecuzione cruenta e dell’ingordigia dei Turchi che si vogliono impadronire di un’altra parte della sua terra e della sua anima.  

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Qalb Loze (il Cuore del Mandorlo in arabo) - situato sulla sommità di un colle tra due altri borghi antichi, Qirq Bize e Behio - fa parte di un gruppo di villaggi drusi del Jebel el-A’la, nati a partire dal X secolo e lontani dalle principali concentrazioni del sud della Siria. Fino a metà degli anni 50 del secolo scorso, i Druzi vivevano nelle abitazioni antiche. La regione del Jebel el-A’la fa parte della provincia di Idlib. Quella provincia che la Turchia sogna di annettersi con la complicità dell’Occidente, come accadde 80 anni fa grazie ai colonizzatori francesi, che per averla dalla loro parte contro la Germania durante la seconda guerra mondiale le  regalarono una parte della Siria. La turpe abitudine di spartirsi i territori altrui continua cinicamente a procurare sofferenze indicibili in questa parte del mondo.
Dopo le rovine di Benabil - con le sue ville antiche ornate di cornici, capitelli dorici e corinzi, timpani, porte e finestre scolpite, sopra il villaggio su un piedistallo l’unica colonna alta 10 metri di un sepolcro romano che un tempo era distilo – e oltrepassati i siti antichi di Khirbet Barish e Kirk Bize, si arriva alla Basilica di Qalb Loze: capolavoro architettonico della seconda metà del V secolo.
 In cima a un colle solenne e imponente, nonostante la semplicità della pietra calcare scolpita con sobria eleganza, essa ci ricorda la maestria degli antichi artigiani. I grossi blocchi di calcare sono perfettamente lavorati e uniti senza alcun elemento coesivo. Il suo interno, che misura m. 25 x 15, è diviso in tre ampie navate separate da due file di tre larghe arcate poggianti su eleganti capitelli corinzi di possenti pilastri e decorate con motivi floreali e geometrici. La navata centrale termina in una grande abside semicircolare di blocchi di pietra ben lavorati. L’archivolto scolpito dell’abside con una colonnetta a ogni lato è veramente di grande effetto. Sulla chiave di volta, era rappresentato il Cristo sostenuto da due angeli. Nei muri sopra gli archi, si apre il claristorio con finestre rettangolari separate da mensole e colonnette che sopportavano l’armatura del tetto sopra la navata centrale. Una cornice regge i beccatelli su cui posano le sottili colonne che alleggeriscono la grande parete. Il coro, sopraelevato, si estende oltre l’abside e vi si accede da cinque gradini. Dietro i muri che racchiudono il coro, a sinistra la prothesis e a destra il diaconicon. Il diaconicon era riservato al clero; la prothesis era invece aperta ai fedeli che vi portavano le loro offerte. Sopra questi due locali si alzavano le camere che attraverso una porta conducevano a un balcone nel coro. La copertura della grande navata era in legno, mentre le navate laterali avevano il tetto a terrazza, con lastroni lunghi 5 m circa, che permetteva una illuminazione migliore dalle finestre del claristorio, L’abside semicircolare conserva intatta la sua cupola e il presbiterio sopraelevato.
Nelle proporzioni e nei motivi scolpiti (archi, acanti, intrecci, simboli cristologici e floreali etc.) gli elementi greco-romani si incontrano armoniosamente con le innovazioni degli architetti e artigiani-scultori siriani. Infatti, al piano basilicale classico si uniscono i pilastri e i grandi archi che rappresentano una novità.
La sostituzione delle colonne con pilastri sarebbe diventato un elemento caratteristico delle chiese siriane posteriori quali la basilica di S. Sergio a Resafe (480-500) e quella di Bizos del VI secolo a Ruweiha, dove saranno ancora più massicci.
Le innovazioni più notevoli si riscontrano però all’esterno. Le basiliche edificate nello stesso periodo in Italia, a Costantinopoli o altrove in Europa, normalmente molto ricche all’interno, a parte la facciata principale non presentano rilievi e ornamenti; invece i Siriani le abbelliscono con simboli e motivi vegetali scolpiti, con colonnette e modanature in rilievo che incoronano le finestre. 
Basilica di Qalb Loze. Sezione della navata centrale, (de Vogüé)

Qalb Loze. Particolare interno della Navata laterale sud

Di particolare interesse è la facciata Ovest, con due torri laterali su tre piani che incorniciavano un vasto portico con arco a tutto tondo sormontato da una terrazza. Oggi, di essa resta soltanto la base del lato sinistro dell’arcata, oltre la quale si apre un portale, dove l’arco di scarico sostiene il peso del muro sopra la porta. A Qalb Loze, questo elemento caratteristico dell’architettura siriana, già presente a Palmira e nel tempio di Giove a Damasco, raggiunge la sua piena realizzazione. Tra le volute delle finestre delle torri, al piano terra, sono scolpite colonnette di stilita. 

Basilica di Qalb Loze. Facciata ovest
Nella facciata sud, si aprono tre porte, di cui una destinata agli uomini e una, la più lontana dal santuario, alle donne: entrambe decorate finemente1, e numerose finestre coronate con modanature, altro tratto originale, che si prolungano ad avvolgere l’edificio.  
Basilica di Qalb Loze. Facciata sud
Basilica di Qalb Loze. chiave di volta dell’arco dell’abside. (Tchalenko)  
A est, dietro il presbiterio, l’abside semicircolare sporge dal muro dritto: ancora un elemento nuovo. Nella maggior parte delle chiese siriane precedenti, essa era incassata nel muro dritto e ciò necessitava un lavoro complesso e una muratura massiccia. L’esterno dell’abside, simile a quella della basilica di S. Simeone, è abbellito da un doppio ordine di sei colonnine addossate e incoronato da una cornice classica. Le colonne dell’ordine superiore poggiavano direttamente sul capitello di quelle inferiori. 
Basilica di Qalb Loze. Abside (de Vogüé)
Basilica di Qalb Loze. Abside. 
Qalb Loze è indubbiamente una delle più belle chiese paleocristiane che gli antichi Siriani abbiano edificato. Come abbiamo già visto, qui alla classica pianta basilicale si uniscono innovazioni importanti dell’arte architettonica e decorativa autoctona quali lo spettacolare arco del nartece e le torri laterali, che troveranno compimento secoli dopo nell’arte romanica in Europa. Speriamo che la barbarie la risparmi.
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(1) La Harenc dei Crociati, che l’occuparono nel febbraio del 1098 dopo la vittoria di Boemondo sui Turchi a Jisr el Hadid. Essi vi stabilirono una sede vescovile.