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sabato 18 febbraio 2023

Aleppo, il Vescovo Joseph Tobji: il terremoto apre un nuovo tempo di prova, anche per la fede


  “Dopo lo shock e il terrore, adesso cominciamo a fare i conti con la portata delle rovine materiali e spirituali che il terremoto ha lasciato nelle nostre vite. Comincia un tempo duro, dove saremo chiamati a confessare e testimoniare anche in questa situazione che il Padre Nostro che è nei cieli ci vuole bene e vuole la nostra salvezza”. A dieci giorni dal terremoto che ha seminato morte e distruzione in un’ampia regione tra Siria e Turchia, Joseph Tobji, Vescovo maronita di Aleppo, racconta all’Agenzia Fides le tante oscurità e le poche luci che segnano il presente e il futuro del suo popolo. Davanti alla nuova tragedia che ha travolto anche gli aleppini, il Vescovo si fa carico delle tante domande che chiamano in causa anche la fede. E manifesta scetticismo davanti alle voci di annunciati “alleggerimenti” delle sanzioni economiche occidentali che da più di un decennio affaticano le vite di milioni di siriani. “Su questo argomento” dice “mi sembra stiano circolando parecchie bugie”.


Mentre continua la tragica conta delle vittime del terremoto, per chi adesso vive tra le rovine di Aleppo l’emergenza più grande da affrontare è quella abitativa. La popolazione si raccoglie presso le strutture di accoglienza, comprese le chiese meno danneggiate. Lì si è organizzato il servizio per la distribuzione di cibo, coperte, medicinali. “Ma non si può vivere così per troppo tempo, e ora si dice alla persone di provare a tornare alle loro dimore, se sono poco danneggiate”. Nelle vaste aree di Aleppo più compromesse dall’abusivismo edilizio, il terremoto ha raso al suolo interi edifici. Nei quartieri dove è concentrata la popolazione cristiana – riferisce il Vescovo Tobji - i danni maggiori hanno riguardato gli edifici vecchi, costruiti con pietre e senza cemento armato. 105 equipe di ingegneri e operai della sovrintendenza edilizia stanno monitorando i danni e la tenuta degli edifici in ogni quartiere, facendo allontanare le persone dai condomini a rischio crollo e compilando una prima stima dei diversi gradi di danneggiamento subiti dalle singole case. Nell’arco dei prossimi mesi, si prevede l’inizio dei lavori di restauro e di messa in sicurezza delle dimore che potranno essere di nuovo rese abitabili.
Anche le Chiese e le comunità ecclesiali presenti a Aleppo – riferisce il Vescovo Tobji - hanno costituito una commissione unica con 15 ingegneri incaricati di verificare lo status dei luoghi di culto e dei palazzi abitati da famiglie cristiane. “Occorre avviare i restauri il prima possibile, perché le persone non possono vivere fuori di casa”.
Il Vescovo Tobji riferisce che da tutto il mondo diocesi, congregazioni religiose, singole parrocchie e istituzioni ecclesiali hanno da subito manifestato affetto e vicinanza concreta alle popolazioni colpite dal sisma, cercando le vie per far arrivare in Siria e anche a Aleppo aiuti materiali. Altri soccorsi si vedono arrivare dai Paesi della regione (Iraq, Iran, Emirati Arabi).


Joseph Tobji prende atto del fatto che il terremoto apre un nuovo tempo di prova anche per tanti cristiani. “Per chi non ha il dono della fede” riconosce il Vescovo, senza rimproveri per nessuno “quello che è accaduto può anche aumentare il risentimento per il proprio destino. C’è chi continua a chiedersi: quale è il prossimo male che cadrà addosso alle nostre vite? Abbiamo avuto la guerra, l’embargo, la pandemia, ora il terremoto… Perché tutto questo capita a noi? Cosa abbiamo fatto di sbagliato?”. Invece altri trovano conforto nelle storie di tanti pericoli misteriosamente scampati, storie che corrono di bocca in bocca, a mutuo conforto. Come la vicenda della famiglia che durante le scosse più tremende non riusciva a uscire da casa e raggiungere la propria auto per fuggire, perché la chiave si era rotta nella serratura della porta. “La casa ha resistito al terremoto. Loro hanno rotto la porta, sono usciti, e hanno trovato la loro macchina schiacciata da un balcone crollato. Ora raccontano a tutti la loro storia, e ringraziano il Signore per quella porta che non si apriva, e che li ha salvati da morte certa”. 

"Di fronte alla nuova tragedia che avvolge il popolo – aggiunge il Vescovo – siamo chiamati a ripetere che il male non è assoluto, e Dio vuole il nostro bene. Stiamo chiamando ciascuna famiglia, ciascuna persona, anche per chiedere di cosa hanno bisogno. Le opere di carità che ci raggiungono, provenienti anche da amici lontani, sono un segno di luce e di speranza. In Quaresima, inizieremo dei cenacoli biblici nelle case e nei palazzi, invitando le famiglie a riunirsi per trovare conforto nella Parola di Dio, con l’aiuto di un sacerdote e un catechista”.

Su una cosa il Vescovo Joseph Tobiji manifesta senza remore la sua diffidenza: lui considera le voci sull’alleggerimento delle sanzioni alla Siria messe in circolo da attori geopolitici internazionali come una specie di messinscena da vendere ai media. “Da anni” racconta a Fides il Vescovo Tobji “ci ripetono che le sanzioni colpiscono solo certe persone e certi gruppi limitati, e invece noi vediamo che a soffrire è il popolo dei poveri. Ognuno può verificare di persona sulla sua pelle cosa significano e come funzionano le sanzioni contro la Siria. Se chiedo a chiunque di inviarmi sul conto della diocesi una donazione di 10 euro per sostenere le opere di carità, si vede subito che l’operazione è impossibile, perché la Siria semplicemente è tagliata fuori dai sistemi internazionali utilizzati online dagli istituti bancari e dalle società di money transfer. Se cerchi la Siria con le applicazioni digitali per effettuare queste semplici operazioni, ti accorgi che la Siria, su quelle applicazioni, semplicemente non esiste”.

Agenzia Fides  16/2/2023

lunedì 20 luglio 2020

Riapre la cattedrale maronita S.Elia di Aleppo

Vatican News 20 luglio
"Un segno di speranza e di rinascita non solo materiale ma dell'intera comunità, nonostante i numeri dei cristiani qui vadano ancora riducendosi, a causa dell'estrema povertà, legata alle sanzioni che gravano sulla popolazione inerme". La testimonianza che si trasforma in un appello alla preghiera e alla vicinanza, arriva dall’arcivescovo maronita di Aleppo, monsignor Joseph Tobij. Ai nostri microfoni presenta, dopo lunghi lavori di restauro, la riapertura e riconsacrazione oggi 20 luglio, della cattedrale maronita di Sant’Elia di Aleppo, gravemente danneggiata durante la guerra ancora in corso in Siria. Al restauro ha contribuito tra gli altri, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che è stata uno dei maggiori finanziatori del progetto, con una donazione di 400mila euro.

La storia di un luogo sacro e caro al Paese

Costruita nel 1873 nel quartiere Al Jdeydeh, l’edificio aveva subito gravi danni nel 2013 per mano di un gruppo di jihadisti il cui scopo era distruggere ogni segno della cristianità nel Paese.

“La principale difficoltà della riedificazione è stata il reperimento dei fondi, che è stato agevolato e sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La ricostruzione del tetto di legno, esattamente come quello originale, è stata un’altra sfida. Mancavamo di competenze locali in questo settore, per cui abbiamo chiesto ad architetti italiani di disegnare il progetto del tetto di legno”, spiega monsignor Tobij che ringrazia Acs e tutti donatori che hanno permesso la realizzazione del progetto: “Senza l’aiuto di Acs e la generosità dei benefattori non saremmo stati in grado di pregare ancora e diffondere speranza nei cuori dei fedeli attraverso la ricostruzione della cattedrale”. Secondo fonti della fondazione pontificia, infatti, i cristiani della capitale siriana sono oggi appena 30mila, contro i 180mila prima della guerra scoppiata nel 2011.

R. - Si tratta della nostra cattedrale maronita, qui abbiamo smesso di celebrare da otto anni, quindi per noi è un momento cruciale per tutta la diocesi e la sua riapertura vuole dire che riprendiamo la vita; è dunque un segno di speranza, un messaggio di ricostruzione, non solo ricostruzione di pietre ma di comunità. E poi è un modo per dire alla gente ad Aleppo, in Siria e nel mondo, che noi ancora ci siamo, ancora esistiamo, nonostante il calo tanto grande del numero dei nostri cristiani. Noi esistiamo.

D: La Cattedrale ha subito la violenza, come tutto il territorio e tutta la popolazione. Però ora grazie alla beneficenza, grazie alla collaborazione e alla solidarietà è rinata: una vicenda emblematica della storia della Siria degli ultimi anni?

R. -Infatti, è stata una partecipazione di "comunità", partecipazione del "corpo di Cristo sparso nel mondo" e questo per noi è già un segno di comunione tanto grande.

D: Questa inaugurazione cade in un momento particolare per la Siria: sono 20 anni al potere di Bashar al-Assad, un lungo periodo segnato spesso dalla guerra e poi siete anche ad una svolta con il rinnovo del Parlamento. Come vive oggi la popolazione e come guarda al futuro?

R. - Dal punto di vista della sicurezza, eccetto certe zone della Siria nord- nord ovest, la situazione è migliorata. Invece c'è una guerra peggiore delle bombe. C'è la guerra delle sanzioni economiche appesantite ultimamente e la conseguenza diretta di questo è la povertà che è aumentata in modo eccessivo. Per darvi un esempio, un impiegato statale guadagna circa 20 euro al mese, quindi potete immaginare quanta sofferenza, anche senza bombe: mancanza di medicine, mancanza di macchinari di tutti i generi, e tutto per causa delle sanzioni e dell'embargo, con la ruota dell'economia ancora ferma. E questo dà alla gente un senso di tristezza e di buio per il futuro, non sappiamo cosa ne sarà del nostro futuro. E così tanti ancora mirano al sogno occidentale e a scappare da qua e dalla fame.

D: A questo proposito, c'è un messaggio che si sente di lanciare in occasione di questo evento così importante per voi?

R. - Il mio messaggio è che, dato che la Chiesa rappresenta la comunità, una volta ricostruita la nostra cattedrale abbiamo tanta speranza di ricostruire anche la comunità, la diocesi intorno ad essa, e le stesse anime dei nostri fedeli, che spero traggano gioia da questo momento.
Posso lanciare un appello ai nostri fratelli nel mondo, di pregare per noi, perché la preghiera fa molto: è un fatto reale che va oltre l'umano. Lì è il Signore che agisce.

mercoledì 17 giugno 2020

L'Arcivescovo maronita di Aleppo: le nuove sanzioni contro il popolo siriano sono un “atto diabolico”


Agenzia Fides 17/6/2020

“Adesso ad Aleppo tutti dicono: stavamo meglio sotto le bombe”. Ha il sapore di un paradosso amaro l’iperbole con cui Joseph Tobji, Arcivescovo maronita di Aleppo, fotografa il sentimento prevalente nella popolazione della metropoli siriana, nel giorno in cui entrano in vigore le ennesime sanzioni economiche imposte alla Siria di Assad dagli Usa con il cosiddetto “Caesar Act”. 
Una disposizione che si aggiunge alle sanzioni anti-siriane prorogate per un anno dall’Unione Europea, abbattendosi su una popolazione stremata da anni di guerra, mentre lo spettro della pandemia da coronavirus miete vittime anche dentro i confini della Siria. 

“La bomba arriva all’improvviso e uccide le persone intorno al luogo in cui cade. Adesso, in Siria, si sente la fame vera, e milioni di persone hanno davanti agli occhi la prospettiva di guardarsi morire lentamente di una morte annunciata, senza possibili vie di fuga”.
Lo scenario descritto dall’Arcivescovo siriano è oggettivamente angosciante: “Il valore della lira siriana” racconta a Fides “è crollato in maniera vertiginosa: prima della guerra un dollaro equivaleva a 50 lire siriane, ora per acquistare un dollaro ne servono quasi tremila, e lo stipendio medio di un impiegato è rimasto quello di allora, pari a 50mila lire, praticamente meno di venti euro. Chiudono i negozi, chiudono le piccole imprese, ognuno prova a sopravvivere con quello che trova. Quelli che hanno i soldi depositati nelle banche del Libano non li possono neanche ritirare, per la crisi finanziaria libanese. Negli ospedali mancano medicine e attrezzature indispensabili per gli interventi chirurgici salvavita, come gli stent. Se si entra nell’intimo delle fatiche e delle sofferenze delle famiglie, si sentono storie da piangere. Le cose non possono andare peggio di così”.

Il cosiddetto “Caesar Syria Civilian Protection Act”, che ha ottenuto il sostegno bipartisan al Congresso USA lo scorso dicembre, si presenta come un pacchetto di sanzioni contro le truppe siriane e altri responsabili delle atrocità commesse durante la guerra civile in Siria. ”Ma quella delle sanzioni ‘mirate’ – commenta l’Arcivescovo maronita di Aleppo – è una bugia a cui non crederebbe neanche un bambino. Tutti vedono benissimo quale è l’obiettivo: aumentare le sofferenze nella popolazione per alimentare il malcontento popolare e produrre in questo modo il cambio di regime. Ma questo modo di agire è criminale. Mettere in stato di sofferenza un intero popolo in un momento come questo, dove c’è anche in giro per il mondo lo spettro della pandemia, è terroristico, inumano. E il segno che per perseguire i tuoi scopi sei disposto a tutto, anche a sacrificare milioni di persone, di poveri, di famiglie. Si tratta di un atto diabolico”.

In questa situazione, anche ad Aleppo la priorità per l’Arcivescovo Tobji è quella di provare a custodire i timidi segnali di ripartenza che si erano registrati con la fine del conflitto: "Il mese prossimo inauguriamo la cattedrale maronita dopo due anni di restauro. reso necessario dalle devastazioni subite durante la guerra. Che possiamo fare? Dobbiamo provare comunque a andare avanti, nella situazione in cui siamo, facendo tesoro di piccoli segni di speranza. Per essere accompagnati in questo momento, chiediamo preghiere ai fratelli in tutto il mondo”.

La cattedrale maronita di sant'Elia, nello storico quartiere aleppino di Al-Jdayde, era ancora senza il tetto, ferita dai tanti colpi di mortaio che l'avevano devastata durante il conflitto siriano, quando la sera di martedì 11 luglio 2017 più di mille aleppini avevano affollato le sue navate a cielo aperto e la piazza antistante, per ascoltare la Messa in Do Minore di Wolfgang Amadeus Mozart, eseguita da 45 musicisti e 27 coristi dell'Orchestra sinfonica di Damasco insieme ai membri del coro Naregatsi, animato dalle comunità cristiane locali. 

http://www.fides.org/it/news/68150-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_maronita_di_Aleppo_le_nuove_sanzioni_contro_il_popolo_siriano_sono_un_atto_diabolico

martedì 27 settembre 2016

Ascoltando la voce di Aleppo ...

A sentire Staffan de Mistura, questi sono giorni agghiaccianti con vette di orrore mai viste ai danni della popolazione della parte orientale della città; all'ONU ci si scaglia contro Russi e governativi siriani denunciando presunti crimini di guerra e la 'barbarie' di 275.000 civili 'intrappolati' e assediati in grave pericolo e senza cibo e medicine.
Ora, occorre almeno precisare che esistono 4 corridoi predisposti dal governo siriano perché i civili possano uscire e mettersi al riparo dai bombardamenti destinati ai terroristi che occupano Aleppo Est. Il fatto è che a tenere in trappola queste persone, sono proprio i combattenti che li usano come scudi umani.
E' la guerra, una guerra sporca che è continuamente alimentata da chi dice di combattere i terroristi, mentre li arma. Una guerra che usa come armi anche i civili e la disinformazione.
Oggi purtroppo sono gli abitanti della parte est a soffrire, ma è necessario ricordare che da cinque anni la parte ovest controllata dal governo conta quotidianamente i suoi morti.    La comunità internazionale dov'era quando i terroristi tagliavano acqua ed elettricità a due milioni di persone?  Dov'era quando i tagliagole facevano piovere bombe lanciate dai 'cannoni dell'inferno', enormi mortai artigianali che han fatto migliaia di vittime? Quando attraverso i tunnel sotterranei facevano saltare ospedali, palazzi storici, chiese, mercati, hotel famosi nella storia? A diffondere il terrore per spingere alla fuga gli abitanti e svuotare la città? Vittime VOLUTAMENTE civili, non danno collaterale!
Il governo di Damasco vuole riprendere il controllo di tutta la città, come è legittimo che sia, ma non vuole la morte di innocenti: per questo ha offerto ai terroristi e alle loro famiglie salvacondotti per andarsene senza danno verso Idlib; attuando le opzioni di riconciliazione già operate in altre zone.
USA, e Petromonarchie del Golfo (insieme al resto della coalizione internazionale) a parole dovrebbero combattere i terroristi, di fatto li armano. Quando questi sono in difficoltà, spuntano filmati, filmetti, mostre fotografiche e sceneggiate varie, e il coro dei media invoca ricorsi a tregue umanitarie, negoziati e corti di giustizia: scopo reale, consentire il riarmo delle milizie terroriste.
Accogliamo la domanda di preghiere che ci rivolge il Vescovo, anche se noi temiamo che questa guerra non finirà tanto presto, proprio perché i progetti di smembramento della Siria sono ancora tutti in essere e i loro tessitori sono gli stessi che si sono assunti il ruolo di arbitri in un negoziato che li vede come controparte, pronti a girare la testa altrove se i tagliagole vincono, o a fare i piagnoni e gli indignati se stanno perdendo, invertendo i ruoli di aggredito ed aggressore.
C'è solo un modo di finire questa guerra: smettere di armare i terroristi e dare la possibilità ai Siriani di scegliere chi li deve governare. E  "confidare nel Signore che può cambiare la storia".
   Gb.P.
mappa indicante la suddivisione della città e i quartieri della battaglia di Aleppo 


Per la pace in Siria, monsignor Joseph Tobji chiede preghiere, rimozione dell’embargo e fine della vendita di armi
L’arcivescovo maronita di Aleppo: “L’Europa vuole aiutare i siriani? Rimuova l’embargo!”
Zenit, 23 Settembre 2016
Joseph Tobji ha studiato a Roma ed è stato viceparroco in una Chiesa alla Garbatella, poi è tornato in Siria nella natia Aleppo. Da cinque anni assiste la popolazione martoriata da una guerra interna ed esterna, vivendo la difficile condizione di sacerdote in “zone di guerra”. Il 31 ottobre 2015 è stato nominato arcieparca maronita di Aleppo. Dopo 18 anni è tornato nella Capitale, dove venerdì scorso ha incontrato Papa Francesco.
“Abbiamo portato al Papa le foto dei ragazzi tra i 18 ed i 35 anni martirizzati”, racconta a ZENIT. “Papa Francesco non aveva parole, si è commosso, ci ha abbracciato con le lacrime agli occhi”.  “Ad Aleppo manca tutto”, spiega il presule. “La città è distrutta e in conflitto quotidiano. È divisa in due: la parte occidentale con un milione e mezzo di persone, sotto il controllo dei governativi e la parte orientale con 300mila persone nella morsa dei jihadisti. L’acqua è scarsa e a volte manca per giorni. La centrale elettrica è in mano ai terroristi, e se manca l’energia elettrica le pompe non funzionano. Quando arriva il gasolio entra in funzione la centrale e l’acqua corrente scorre nelle tubature”.
“Ci sono solo due passaggi per entrare ed uscire dalla città”, riferisce l’arcieparca, “uno ad Occidente ed uno a Oriente. A volte il passaggio ad ovest è bloccato dai terroristi e così si rimane assediati. Sono riuscito a passare in un momento in cui si poteva, sono andato in Libano e da lì sono arrivato a Roma. La situazione è drammatica. Ogni giorno arrivano missili, bombe, colpi di mitraglia, cecchini che sparano sulla popolazione. Ci sono mamme che perdono i loro figli piccoli e si disperano. Chiedono dov’è Dio. Cosa hanno fatto questi bambini innocenti per perdere la vita così? C’è risentimento perché cosa hanno fatto di male questi giovani per essere uccisi dalle bombe e da una guerra che non hanno scatenato loro?”.
Una situazione, quindi, molto difficile. “La gente si trova ad un bivio: o disperare o rafforzarsi nella fede ed accettare di portare la croce”, dice mons. Tobji. “Come nell’Antico Testamento anche oggi si ripete la domanda ‘qual è la causa del male?’. A noi sacerdoti tocca il compito di spiegare e praticare una spiritualità di accettazione della sofferenza perché sappiamo che dopo la Croce c’è la Resurrezione. Con questo insegnamento contrastiamo la disperazione e alimentiamo la speranza, perché non tutto finisce qui, anche se si muore”.
Alla domanda su cosa l’Europa possa fare per aiutare le popolazioni vittime del conflitto armato, l’arcivescovo maronita risponde in maniera serena e chiara: “La prima cosa da fare è pregare. Pregare la madre di Dio, perché è il Signore che cambia la storia. La preghiera è un mezzo potente. Nei fatti le preghiere sono importantissime è il Signore che lavora e non l’uomo. Noi confidiamo in Dio, quindi chiediamo preghiere e digiuni. La seconda richiesta importante riguarda la rimozione delle sanzioni”.
“C’è un’emergenza umanitaria ad Aleppo – aggiunge – l’Europa e la comunità internazionale dicono di portare aiuti alimentari e umanitari. Va bene, ma se ci vogliono aiutare veramente devono rimuovere le sanzioni. Nonostante la situazione di emergenza che stiamo vivendo, nel luglio scorso il Parlamento europeo ha rinnovato le sanzioni contro la Siria. Vogliono penalizzare Assad, ma non capiscono che in questo modo stanno facendo morire la gente siriana!”.  
In questo contesto, se non vengono rimosse le sanzioni, l’intenzione di portare aiuti umanitari pare illogica. 
Il terzo punto su cui lavorare, secondo il presule, riguarda il traffico e la vendita di armi. “Chi è che rifornisce di armi i terroristi?”, dice, “sul traffico di armi bisognerebbe agire con misure che ne bloccano il commercio. Ha ragione Papa Francesco, si sta combattendo una guerra per procura, bisogna fermare le lobbies che alimentano i conflitti”.
Riguardo alla primavera araba, Tobji spiega che c’è un grosso equivoco. “La democrazia non può essere imposta. Dove sta scritto che si deve imporre una democrazia? Questo è paradossale… La democrazia emerge e si realizza di per sé, se la imponi non è più democrazia. Imposizione e democrazia sono due termini che si contrappongono”.
https://it.zenit.org/articles/larcivescovo-maronita-di-aleppo-leuropa-vuole-aiutare-i-siriani-rimuova-lembargo/