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sabato 15 giugno 2024

Una speranza in Siria

Installazione dei pannelli solari e delle cisterne per la raccolta dell’acqua piovana.

da Pro Terra Sancta

“Speranza e disperazione”: è la dicotomia che racchiude tutto il senso di impotenza che si prova di fronte a una realtà che si mostra per com’è, senza offrire appigli al desiderio di trovare una sintesi semplificatrice degli elementi perturbanti.


Chi torna a casa sente tanto la disperazione quanto la speranza, la Siria è tanto distrutta quanto viva: le due realtà convivono senza risolversi, in un binomio difficile da accettare ma necessario da riconoscere.

Abbiamo parlato con Ana De Estrada e Gabriella Solaro, le nostre collaboratrici appena tornate da un intenso viaggio in Siria, per farci raccontare cos’hanno visto e quali storie portano a casa con sé: partendo da Beirut hanno raggiunto Latakia, Aleppo e Hama, per approdare infine a Damasco. Lo scopo della missione era quello di verificare e conoscere di persona i progetti che Pro Terra Sancta finanzia e le persone che li rendono vivi e possibili: controllare l’andamento delle attività, parlare con lo staff locale e con i beneficiari dei progetti, conoscere le loro storie per poterle raccontare una volta tornate a casa. Hanno avuto l’occasione di incontrare moltissime famiglie, effettive o potenziali beneficiarie delle attività proposte dall’Associazione, e di toccare con mano la realtà locale e gli effetti del nostro operato.

Siria di buio e macerie

“Ho visto macerie, tante macerie! Interi paesi rasi al suolo, abbandonati perché viverci è impossibile, villaggi che un tempo, si può capire, erano pieni di vita. Non c’è più nessuno, chi ha potuto è andato via, all’estero, alla ricerca di un futuro migliore; altri si sono spostati internamente, verso città meno colpite.”

Le nostre collaboratrici ci raccontano una Siria invasa dalla distruzione e dal vuoto: case abbandonate, villaggi deserti, gente che fugge lasciando la propria casa e il proprio paese. In particolare è la solitudine di Aleppo a colpire: è una città che impressiona per la bellezza che si intuisce dietro le macerie, la distruzione completa permette di scorgere in filigrana l’opulenza che un tempo splendeva tra le strade della città. Oggi ben poco risplende: quando cala la sera scende un buio fitto, perché ad Aleppo – e in diversi altri luoghi del Paese – manca la luce elettrica per buona parte delle ore del giorno.

Ci sono decine di case vuote nelle città siriane, lasciate da chi è fuggito per non tornare. Oltre allo stato di abbandono in cui si trovano, ciò che impressiona è il contrasto con l’altissimo numero di persone che, sfollate dai villaggi occupati, non hanno nulla e non possono pagare un affitto: decine di case deserte e decine di persone che non possono permettersi di abitarle, un paradosso difficile da accettare.

Speranza e disperazione

“Sono stati dieci giorni molti intensi, ricchi di incontri, di sentimenti controversi: a volte cadevo nella disperazione vedendo l’enormità della distruzione, le difficoltà della vita quotidiana, la fatica dei capifamiglia, la rabbia dei giovani, il buio e l’abbandono delle città. Ma sono tornata a casa portandomi dietro anche tanta speranza, perché ho visto negli occhi di molti siriani una grande voglia di vivere, di rinascere, di credere in se stessi e nel loro paese.”

Sia Gabriella che Ana, raccontando del viaggio, hanno pronunciato la parola “speranza” più volte e con convinzione, appena dopo aver parlato di una terra ridotta in polvere. Sembra un paradosso, ma ci spiegano che di fatto non lo è: restando una decina di giorni e parlando con tante persone il loro sguardo si è arricchito di panorami nuovi, spaziando oltre le macerie su cui subito si era posato. Soprattutto il confronto con i giovani allarga il campo visivo, inquadrando una popolazione speranzosa e determinata.

Prima dell’intervista Ana ci ha inviato un testo in cui ha trasposto le sue prime impressioni di ritorno dal viaggio, dal quale sono tratte le frasi che aprono i paragrafi di questo articolo. L’ha intitolato Speranza e disperazione, dicotomia che racchiude tutto il senso di impotenza che si prova di fronte a una realtà che si mostra per com’è, senza offrire appigli al desiderio di trovare una sintesi semplificatrice degli elementi perturbanti. Chi torna a casa sente tanto la disperazione quanto la speranza, la Siria è tanto distrutta quanto viva: le due realtà convivono senza risolversi, in un binomio difficile da accettare ma necessario da riconoscere.

L’aiuto offerto dai progetti attivi in Siria è una goccia nel mare, ma ogni goccia fa la differenza: i nostri progetti restituiscono un po’ di normalità alle persone locali, tenendo per mano chi coraggiosamente sceglie di rimanere e di provare a immaginare un presente e un futuro diversi. Tra questi ci sono sicuramente i giovani che partecipano al progetto WIP, attivo in Siria a Damasco e ad Aleppo: il fatto stesso che partecipino ed investano in un progetto volto a finanziare nuove imprese locali mostra quanto credano fermamente in se stessi e nel loro paese. Chiedono solo di essere guardati e di essere visti da parte di un Occidente che li ignora, non li vede.

L’impatto dei progetti di Pro Terra Sancta

“I siriani non possono e non vogliono cadere nella disperazione, sono fieri della loro storia e del loro patrimonio culturale e sono pronti a mettersi in gioco per far ripartire il loro paese.”  

Il primo progetto di cui Ana e Gabriella ci parlano con entusiasmo è la mensa di Aleppo: ci raccontano cucine brulicanti di persone e di profumi. La mensa offre milletrecento pasti al giorno, e oltre a questo prepara pacchi alimentari che vengono distribuiti a domicilio a un centinaio di famiglie: sono i beneficiari che non possono recarsi di persona alla mensa, a causa di disabilità o problemi di deambulazione – e spesso si tratta delle più povere, costrette ad abitare ai piani alti perché meno costosi, a causa dell’assenza di ascensori. Grazie al doppio sistema di piatti caldi e di pacchi alimentari la mensa raggiunge davvero tutti: è un sistema virtuoso e ben organizzato, dove lavora un personale efficiente e dedicato alla causa.

Sono rimaste molto colpite anche dall’attività del Franciscan Care Center, che definiscono un “centro di eccellenza”. È un posto che fa davvero la differenza, perché è l’unico vero spazio di ricreazione e supporto educativo e psicologico che offre Aleppo; qui i bambini e i ragazzi trovano un ambiente sereno nel quale riescono a seguire gli stimoli offerti loro dando il meglio di sé. Gabriella e Ana sottolineano la grande passione e cura che gli insegnanti del FCC mettono nel loro lavoro: sono in grado cogliere i punti più difficili e dolorosi della vita quotidiana dei bambini, e di agire nel modo giusto per aiutarli a sorridere di nuovo.

Rasha Kashmini, professore di musicoterapia, le ha invitate a partecipare ad una lezione che si teneva all’esterno, tra gli alberi e il cielo azzurro. La lezione invitava i bambini ad ascoltare la musica della natura, chiudendo gli occhi, e a sentire ciò che i suoni del mondo suscitano in loro; dopo poco i bambini si sono rilassati e hanno iniziato a parlare, seguendo un’urgenza comunicativa emozionante da vedere e da ascoltare.

Il supporto psicologico è il fulcro anche dell’attività dei centri di Un nome un futuro, che offrono diversi spazi ad attività di doposcuola, sostegno psicologico, aiuto alle madri sole. Gli spazi dei centri sono molto belli e ben curati, leggermente ristretti a causa del numero delle persone che vi si rivolgono; questo ci dà l’idea di quanto profondo e diffuso sia, in Siria, il desiderio di aprirsi all’aiuto, la voglia di ricominciare. Ana e Gabriella ci parlano degli occhi dei ragazzi: nei loro occhi si vedono tutto il fuoco e il desiderio di crescere, di diventare qualcuno: un medico, forse, o un professore, un cuoco… Il futuro è quasi tangibile in questi sguardi, che non si arrendono all’idea che non esista una possibilità per loro: hanno la speranza, ed è meraviglioso poterli aiutare ad averla e a renderla realizzabile.

Hanno visto da vicino anche il progetto che prevede l’installazione di pannelli solari nelle case, allo scopo di permettere alle famiglie l’accesso a elettricità, riscaldamento e acqua calda. Per quanto non sembri, a primo impatto, una delle iniziative più “vive” e più “umane”, è quella che ha toccato entrambe più profondamente. “Andando lì mi sono accorta di come un elemento apparentemente tecnico possa davvero cambiare una vita”, ci spiega Ana: per quanto un pannello solare non possa sicuramente risolvere la situazione di indigenza in cui vive la maggior parte dei siriani, può svoltarne la quotidianità.

Per una famiglia che vive nel buio la possibilità di accendere una lampadina e di fare, ogni tanto, una lavatrice, è davvero un faro nella notte, e diventa la possibilità di acquisire una nuova indipendenza: entrambe le donne ricordano con commozione una famiglia che, grazie alla luce elettrica, ha riconquistato i propri spazi, quando i figli hanno finalmente potuto accendere una lampada per fare i compiti nella propria stanza senza doversi ammassare insieme ai fratelli, ai genitori, ai nonni, intorno a una lampada ad olio che illumina tutto di una luce sottile.

Gabriella e Ana tornano dal viaggio piene di voglia di continuare a lavorare ai progetti: “Poter vedere dal vivo tutte queste cose ci ha appagato e ci ha rese più coscienti degli effetti del lavoro che facciamo ogni giorno; è stato bello anche constatare l’organizzazione delle attività di Pro Terra Sancta, perché è tangibile come alla base di ogni scelta ci sia la volontà di funzionare al meglio, di agire per il bene dei nostri beneficiari.”


COME SOSTENERE I PROGETTI DI PRO TERRA SANCTA IN SIRIA: 

https://www.proterrasancta.org/it/campaign/siria-la-speranza-di-pace-a-partire-da-un-pasto-caldo/

lunedì 11 marzo 2024

Intervista a Jean Francois Thiry ad Aleppo

Associazione Pro Terra Sancta

 “La situazione è difficile. Noi non risolviamo i problemi della Siria, ma stiamo accanto alle persone. E questo è un importante segno di speranza per tutti”. 

Jean Francois Thiry vive ad Aleppo da alcuni mesi per coordinare i progetti di Pro Terra Sancta. In occasione dell’anniversario della guerra che ha devastato la Siria, lo abbiamo intervistato per comprendere la situazione attuale in questa nazione spesso trascurata dai media.

Jean Francois, rispetto alla crisi umanitaria, c’è stata una ripresa nell’arco degli ultimi mesi da quando sei lì, o la situazione è peggiorata?

In questi mesi ho incontrato una sola persona che desidera rimanere qui e contribuire al suo paese. Si tratta di un individuo impegnato nell’ambito educativo che ha deciso di non abbandonare la sua terra. Tutti gli altri parlano solo di fuggire e lamentano il peggioramento delle condizioni economiche. Non credo di poter fornire segnali positivi. È vero che si notano alcune attività commerciali riaperte, ma ciò è dovuto principalmente agli sforzi delle chiese locali che si adoperano per sostenere i cristiani. Tuttavia, la situazione macroeconomica è tragicamente precaria, con l’aumento dei prezzi del gas e la mancanza dei servizi essenziali. Risulta estremamente difficile individuare segni di ripresa.

Qual è l’importanza del lavoro delle chiese se manca la speranza?

Prima di tutto, il ruolo della Chiesa consiste nel rimanere al fianco della popolazione, soprattutto dei cristiani locali, fornendo loro supporto e non abbandonandoli, soprattutto gli anziani che non possono lasciare il Paese. In secondo luogo, il lavoro delle chiese favorisce la coesione tra le varie comunità religiose. Sebbene si parli di un’ottima intesa tra cristiani e musulmani, bisogna comprendere che ci sono ancora profonde divisioni e risentimenti legati alla storia e alla guerra. Perciò, il nostro impegno rappresenta un gesto di carità che spezza il ciclo dell’odio e del male. Lavoriamo con entrambe le comunità, sia cristiane che musulmane, per promuovere l’apertura e la collaborazione reciproca.

Il lavoro di Pro Terra Sancta è un segno di speranza?

I nostri sforzi si concentrano su due fronti: da un lato, sosteniamo la sopravvivenza dei cristiani ad Aleppo, fornendo loro supporto materiale e riparando danni alle abitazioni. Dall’altro, promuoviamo l’interazione e la solidarietà tra le comunità cristiane e musulmane, cercando di superare le barriere culturali e di comprendere reciprocamente le difficoltà che ognuna affronta. È importante mostrare ai cristiani la situazione delle famiglie musulmane, anch’esse gravemente colpite dalla guerra. Questo ci aiuta a consolidare il senso di fratellanza e solidarietà tra le diverse fedi.

Qual è la percezione della popolazione riguardo a questa guerra interminabile?

Attualmente, molti ritengono che la guerra sia terminata, ma in realtà le sanzioni economiche impediscono la pace effettiva. Inoltre, vi è una diffusa corruzione interna che ostacola la ricostruzione e il progresso del Paese. La Siria è frammentata, con diverse aree sotto il controllo del governo di Assad, dei curdi o dei turchi. Questa situazione contribuisce ad alimentare l’instabilità e l’incertezza.

Cosa ti ha spinto ad andare lì e com’è vivere ad Aleppo?

Nel 2017 ho visitato Damasco e ho incontrato i cristiani siriani, rimanendo colpito dalla loro fede incondizionata. Ho visto persone disposte a sacrificare la propria vita per la loro fede. Da allora, ho nutrito il desiderio di fare qualcosa per sostenere questa comunità. Vivere ad Aleppo è un’esperienza intensa e impegnativa. Mi concentro sull’essere presente e condividere la vita con la popolazione locale. Nonostante le difficoltà, sono stato accolto con affetto e gratitudine, il che mi spinge a continuare il mio lavoro con rinnovato impegno e speranza. Sento una grossa responsabilità anche perché ci sono tante persone che donano per la Siria e vorrei che il loro aiuto arrivi e vada veramente a rispondere ai bisogni che ci sono. Sono veramente molto grato, perché penso che in Europa cominciamo a capire l’importanza che ci sia la comunità cristiana qui, proprio dove san Paolo si è convertito.

Un appello ad aiutare chi piange e chi muore per la follia della guerra

Lettera del Dicastero per le Chiese Orientali ai vescovi di tutto il mondo

L'annuale Colletta per la Terra Santa

Osservatore Romano,  8 marzo 2024

«Grazie a nome di chi piange e di chi muore per la follia della guerra. Grazie soprattutto a nome di chi ha perso i suoi bambini o li vede orribilmente mutilati. Aiutateci ad aiutarli!». Lo scrivono il cardinale Claudio Gugerotti e padre Michel Jalakh — dell’ordine antoniano maronita, proprio oggi nominato arcivescovo —, rispettivamente prefetto e segretario del Dicastero per le Chiese orientali, nella lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo in occasione dell’annuale colletta del Venerdì santo per la Terra Santa. Eccone il testo.

«E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme». Come avremmo voluto che le parole del salmo 122 fossero la descrizione di ciò che accade ai nostri giorni! E invece tanti pellegrini restano lontani dalla città dei loro sogni, mentre gli abitanti della Terra Santa continuano a soffrire e a morire. In tutto il mondo risuona il rombo delle armi portatrici di morte. E non si vede tregua, anche se Dio ci ha assicurato che «Ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco». Questa è la profezia di Isaia (9, 4). Abbiamo visto e vediamo uomini in armi spargere sangue e uccidere la vita stessa. Eppure nel versetto successivo Isaia annunciava che «un bimbo ci è stato donato... il Principe della pace». Per noi Cristiani quel bimbo è Gesù, il Cristo, il Dio fatto uomo, il Dio con noi.

Papa Francesco non ha mai cessato di manifestare la propria vicinanza a tutti coloro che sono stati coinvolti nel conflitto in Terra Santa e di gridare, agli uomini e alle donne di buona volontà, la propria esortazione a operare per la pace e a rispettare la sacralità di ogni persona umana. Anche di recente così si è espresso: «Sono vicino a tutti coloro che soffrono, Palestinesi e Israeliani. Li abbraccio in questo momento buio. E prego tanto per loro. Le armi si fermino, non porteranno mai la pace, e il conflitto non si allarghi! Basta! Basta, fratelli, basta!» (Angelus, 12 novembre 2023).

Il pellegrinaggio a Gerusalemme ha una storia antica quanto il cristianesimo, e non solo per i Cattolici. Questo è reso ancora oggi possibile dall’opera generosa dei Francescani della Custodia di Terra Santa e dalle Chiese Orientali ivi presenti. Essi mantengono e animano i santuari, segni della memoria dei passi e delle azioni di Gesù, testimoni materiali di un Dio che assunse la materia per salvare noi, fango animato dal soffio dello Spirito. Per la loro dedizione in quei luoghi si continua a pregare incessantemente per il mondo intero.

Fin dalle sue origini la Chiesa ha coltivato ininterrottamente e con passione la solidarietà con la Chiesa di Gerusalemme. In epoca tardo-medievale e moderna, più volte i Sommi Pontefici intervennero per promuovere e regolamentare la colletta a favore del Luoghi Santi. L’ultima volta fu riformata dal santo Papa Paolo VI nel 1974 attraverso l'Esortazione Apostolica Nobis in Animo. Anche Papa Francesco ha spesso sottolineato l’importanza di questo gesto ecclesiale.

Cari fratelli e sorelle, non si tratta di una pia tradizione per pochi. Ovunque nella Chiesa Cattolica si fa obbligo ai fedeli di offrire il loro aiuto nella cosiddetta Colletta Pontificia per la Terra Santa che si raccoglie il Venerdì Santo o, per alcune aree, in un altro giorno dell’anno. Lo faremo anche quest’anno, sperando in una vostra particolare generosità.

E sapete perché? Perché, oltre alla custodia dei Luoghi Santi che hanno visto Gesù, ci sono, ancora viventi e operanti pur fra mille tragedie e difficoltà spesso causate dall’egoismo dei grandi della terra, i cristiani della Terra Santa. Molti nella storia sono morti martiri per non veder recise le radici della loro antichissima cristianità. Le loro Chiese sono parte integrante della storia e della cultura d’Oriente.

Ma oggi molti di loro non ce la fanno più e abbandonano i luoghi dove i loro padri e le loro madri hanno pregato e testimoniato il Vangelo. Lasciano tutto e fuggono perché non vedono speranza. E lupi rapaci si dividono le loro spoglie.

I cristiani di Iraq, Siria, Libano e di tante altre terre si rivolgono a noi e ci chiedono: «Aiutateci a diffondere ancora in Oriente il buon profumo di Cristo» (2 Cor 2, 15).

Io mi rivolgo a voi perché il loro grido non resti inascoltato e il Santo Padre possa sostenere le Chiese locali a trovare nuove vie, occasioni di abitazione, di lavoro, di formazione scolastica e professionale, perché rimangano e non si perdano nel mondo sconosciuto di un Occidente, così diverso dal loro sentire e dal loro modo di testimoniare la fede. Se partiranno, se a Gerusalemme e in Palestina lasceranno i loro piccoli commerci destinati ai pellegrini che non vi si recano più, l’Oriente perderà parte della sua anima, forse per sempre.

Fate che sentano il cuore solidale della Chiesa!

Alle Chiese locali, ai Francescani, ai tanti volontari della carità, veri figli della pace, testimoni del Principe della pace, esprimo il grazie di Papa Francesco, come pure a tutti voi, per la vostra preghiera e il vostro contributo per la Terra Santa e per tutti coloro che vi abitano.

Il Signore vi benedica e vi ricompensi. Grazie anche a ciascuno dei Vescovi che terranno a cuore questa santa iniziativa.

Grazie a nome di chi piange e di chi muore per la follia della guerra. Grazie soprattutto a nome di chi ha perso i suoi bambini o li vede orribilmente mutilati. Aiutateci ad aiutarli!

Il Signore vi benedica di una larga benedizione e consolazione.



Per mantenere un legame con i cristiani del Medio Oriente 

 Iniziativa voluta dai Pontefici

La “Colletta per la Terra Santa” nasce dalla volontà dei Pontefici di mantenere forte il legame tra tutti i Cristiani del mondo e i Luoghi Santi. È la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi e lo strumento che la Chiesa si è data per mettersi a fianco delle comunità ecclesiali del Medio Oriente. Nei tempi più recenti, Papa Paolo vi, attraverso l’Esortazione apostolica Nobis in Animo (25 marzo 1974), diede una spinta decisiva in favore della Terra Santa, da Lui visitata nello storico pellegrinaggio del 1964. 

La Custodia Francescana attraverso la Colletta può sostenere e portare avanti l’importante missione a cui è chiamata: custodire i Luoghi Santi, le pietre della memoria, e favorire la presenza cristiana, le pietre vive di Terra Santa, attraverso tante attività di solidarietà, come ad esempio il mantenimento delle strutture pastorali, educative, assistenziali, sanitarie e sociali. 

I territori che beneficiano sotto diverse forme di un sostegno proveniente dalla Colletta sono: Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq.

..

In Siria la situazione è molto più grave, vista la condizione precaria in cui versava il Paese già prima del terremoto. Il Dicastero, in collaborazione con la nunziatura apostolica in Siria, ha fatto un appello per sostenere la popolazione colpita dal terremoto. Il Comitato di Emergenza della Chiesa in Siria ha preparato un progetto a sostegno delle famiglie in difficoltà per affrontare l’inverno nel miglior modo possibile. Le regioni che ne beneficeranno sono quelle di Aleppo e Lattakia. I beneficiari totali del progetto sono circa 7.000 persone e il budget totale è di un milione di  us$  per una durata di 9-12 mesi. Il Dicastero, su richiesta del rappresentante pontificio in Siria, ha finora trasferito seicentomila us$ a questo scopo.  

Lo scoppio della guerra in Gaza, dopo gli avvenimenti del 7 ottobre scorso, ha paralizzato la Terra Santa. La mancanza di pellegrini e turisti ha messo in difficoltà migliaia di famiglie. Il Dicastero sta seguendo lo sviluppo della situazione, dimostrando la propria vicinanza attraverso la delegazione apostolica a Gerusalemme, il Patriarcato Latino e la Custodia di Terra Santa. Il Santo Padre ha l’intenzione di realizzare un progetto con finalità umanitarie in Gaza o Cisgiordania che possa aiutare la popolazione a riprendere una vita più dignitosa e che possa creare opportunità di lavoro, a guerra finita. Questo progetto potrebbe essere realizzato con le offerte dei fedeli di tutto il mondo che partecipano alla Colletta per la Terra Santa. 

COME DONARE: 

https://www.collettavenerdisanto.it/sostienici/

https://www.proterrasancta.org/it/come-sostenerci/#offline

mercoledì 21 dicembre 2022

Si avvicina il Natale in Siria

 

di Pro Terra Sancta

Si avvicina il Natale in Siria e l’inverno è oramai alle porte. Le famiglie si preparano in vista del freddo e del mal tempo, facendo scorte di verdure e frutta di stagione essiccata, di vestiti e indumenti pesanti e dove possibile apportando piccole riparazioni alle abitazioni poco isolate.

L’inverno passato ha lasciato un segno non indifferente sugli animi delle famiglie siriane afflitte dalla forte crisi economica in corso: non solo è stato l’inverno più severo registratosi da diversi decenni ma si è verificato in concomitanza con uno dei momenti più difficili delle crisi siriana.

In mancanza di elettricità, di gas, di gasolio e persino di legna la maggior parte delle famiglie siriane hanno affrontato il grande freddo con mezzi insufficienti a garantire un ambiente di vita sano. Ne è conseguito un incremento rilevante dei casi di malattie gravi e tanti sono stati purtroppo anche i decessi.

Eppure la disperazione non vince. Da Aleppo arrivano le voci di chi sta con la popolazione colpita ogni giorno: “Il segreto dei Siriani sta nell’amore bello e sincero che nutrono per la vita, e non vi è esempio di fede più grande di chi sopporta l’avversità e ne fa un’occasione di amore”, raccontano i collaboratori di Pro Terra Sancta. “È a ragione di questa consapevolezza che fa male al cuore oggi, dopo un decennio di sofferenze, vedere che la situazione in Siria segue peggiorando verso un baratro che sembra non avere fondo. Purtroppo, andando a trovare una qualsiasi famiglia sotto la soglia di povertà oggi (si parla dell’ottanta per cento della popolazione) ci si trova di fronte a persone che sembrano avere perso ogni speranza.

Il problema principale che impedisce all’economia siriana di risollevarsi, (rimarcato di recente anche dalla commissione delle Nazioni Unite per la salvaguardia dei diritti umani),  è legato alla mancanza di autonomia energetica da un lato ed all’isolamento economico indotto dal sistema di sanzioni che sono state imposte dai governi dei paesi che avversano il governo siriano: finché in Siria non si riuscirà a restaurare un afflusso di elettricità e di benzina costante e a prezzi abbordabili è difficile pensare a una ripresa. A tenere in ginocchio il paese oggi è soprattutto la mancanza di risorse e di infrastrutture essenziali a garantire la stabilità del sistema economico.


In questo contesto, l’adozione di fonti di energia rinnovabile e autosufficienti rappresenta l’unica alternativa accessibile, sebbene il suo apporto rimanga marginale. Per questo ci siamo impegnati negli ultimi anni, come tante realtà umanitarie operanti in Siria, a sovvenzionare l’impiego di pannelli fotovoltaici, partendo da Aleppo. Nel 2022 Pro Terra Sancta ha finanziato e promosso l’installazione di 120 impianti ad Aleppo, garantendo alle famiglie beneficiarie una fornitura costante di elettricità e di acqua calda in casa. Con temperature esterne proibitive e poche ore di luce al giorno, tutti i beneficiari hanno confermato che l’adozione di un sistema fotovoltaico è stata determinante per il benessere della famiglia. Alla stregua di ciò e del continuo aumento della richiesta di ulteriori interventi simili ci stiamo impegnando per potere raggiungere il maggiore numero di beneficiari possibili, ad Aleppo come a Damasco e a Latakia. “Intervenire al più presto e con tutti i mezzi sta diventando una questione vitale – dichiara George, tra gli operatori di PTS sul campo – senza elettricità e riscaldamento le famiglie non possono vivere dignitosamente e guardano all’estero per cercare una via di fuga. Dobbiamo continuare ad alimentare la speranza nei cuori delle nostre famiglie.”

Il popolo cristiano in Siria si appresta a celebrare il Natale come sempre con grande entusiasmo e coinvolgimento. L’attesa del Natale qui, forse più che altrove, è un’attesa carica di devozione e di speranza, perché i fedeli sanno che solo da Lui può venire la forza di andare avanti nelle intemperie. Una luce di speranza che illumina anche il buio più profondo dove è precipitato uno dei paesi più affascinanti di tutto il Medio Oriente.

LINK PER SOSTENERE I PROGETTI DI PROTERRASANCTA  IN SIRIA : https://www.proterrasancta.org/it/come-sostenerci/


https://www.proterrasancta.org/it/si-avvicina-il-natale-in-siria/