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martedì 7 gennaio 2020

La "cintura musulmana" e la leva jihadista uigura


gennaio 2010
Traduzione Gb.P. per OraproSiria

Impantanati in Afghanistan da quasi vent'anni, molestati dai loro ex alleati talebani, gli Stati Uniti sembrano voler aggrapparsi a quella che è stata a lungo la loro arma preferita, la strategia del "Muslim Belt", la cintura verde dello spazio musulmano, nell'intento di circondare la "Heartland" (zona d'influenza, NDT) eurasiatica (Cina e Russia) che detiene le chiavi per dominare il mondo. Un'arma in qualche modo erosa dalle battute d'arresto dei gruppi terroristici in Siria, dal crollo politico della Fratellanza dei Fratelli Musulmani, matrice originale dei gruppi takfiristi sradicatori e dalla disaffezione dell'Arabia Saudita nei loro confronti.

Su suggerimento di Washington e Ankara, il Partito islamista del Turkestan (PIT) ha quindi intrapreso il percorso della globalizzazione del suo combattimento, con obiettivi prioritari, la Cina e i buddisti, in altre parole, l'India.

1- TURCHIA E STATI UNITI, SPONSOR OCCULTI DEL PIT
Dopo otto anni di presenza in Siria, in particolare nel nord del paese nel settore di Aleppo, il movimento jihadista in Turkestan si sta preparando a dare slancio regionale alla sua lotta, oltre la Siria, con un obbiettivo prioritario: la Cina.
Questa è almeno la sostanza del discorso mobilitante del predicatore Abou Zir Azzam trasmesso in occasione della festa di Fitr, nel giugno 2018, sottolineando "l'ingiustizia" subita dal Turkestan nelle sue due parti, quella occidentale (Russia) e il versante orientale (Cina).
Nel giugno 2017, la Turchia e gli Stati Uniti hanno incoraggiato questo orientamento con il pretesto di preservare i combattenti di questa formazione al fine di assegnarli ad altri teatri operativi, contro gli avversari degli Stati Uniti raggruppati all'interno dei BRICS (Cina e Russia), il centro della contesa per l'egemonia americana in tutto il mondo.

2- LA DOPPIEZZA DELLA TURCHIA
Combattuto tra le sue alleanze contraddittorie, il neo-islamista Recep Tayyip Erdoğan, membro del gruppo Astana (Russia, Iran, Turchia) e contemporaneamente membro della NATO, ha proposto la pianificazione di un vasto perimetro volto a dar rifugio ai jihadisti in un'area sotto l'autorità della Turchia al fine di separare i gruppi islamisti iscritti nella lista nera del terrorismo dai jihadisti raggruppati sotto l'etichetta VSO "The Vetted Syrian Opposition" (opposizione siriana gradita all'Occidente) in un'operazione intesa a consentire al turco di separare il "buon grano" dalla pula, secondo lo schema della NATO.

In altre parole, liberare i siriani, pentiti e disarmati, mettere in stand-by i siriani estremisti, in particolare il gruppo Adanani, e tenere sotto controllo i combattenti stranieri (ceceni, Uiguri) in vista di esfiltrarli segretamente verso altri teatri d'operazione.

Grazie allo spiegamento delle forze americane nel nord della Siria, nel perimetro della base aerea di Manbij e Idlib, la Turchia ha approfittato di questa fase preparatoria dell'offensiva per esfiltrare i suoi simpatizzanti, principalmente gli Uiguri e Al Moharjirine (i migranti), i combattenti stranieri sotto "Hayat Tahrir Al Sham" di tendenza jihadista salafita, il cui gruppo è stato inserito nella lista nera delle Nazioni Unite nel 2013.

Il presidente russo Vladimir Putin ha accettato la proposta turca al vertice di Sochi dieci giorni dopo, il 17 settembre, desideroso di preservare la sua nuova alleanza con la Turchia nel mezzo di una guerra ibrida da parte degli Stati Uniti.
Indurre alle dimissioni della Turchia costituisce la carta vincente della Russia nei suoi negoziati con la coalizione occidentale al punto che Mosca sembrerebbe così ansiosa di incoraggiare questa disconnessione strategica dell'asse Turchia-Stati Uniti, da arrivare al punto di promettere la consegna del sistema balistico S-400 per il 2019. Ankara, da parte sua, spera di conservare gran parte della sua forza di disturbo nell'area, con l'obiettivo di sviluppare un'enclave turca nel settore di Idlib, sul modello della Repubblica turca di Cipro, procedendo a una modifica demografica dell'area concentrandovi in una sorta di barriera umana i cittadini siriani che rientrano nella sfera dei Fratelli Musulmani che essa considera rientranti nella sua autorità.

La zona smilitarizzata concessa provvisoriamente alla Turchia si estende per oltre 15 km di larghezza lungo il confine tra Siria e Turchia nel settore di Idlib, compresa la zona di schieramento delle forze curde sostenute dagli Stati Uniti.

Sulla duplicità della Turchia nella guerra siriana, vedi questi link:

3- LA TERMINOLOGIA MARXISTA COME COPERTURA LEGALE ALLA SVOLTA.
La composizione ideologica della svolta del PIT è stata disegnata dalla terminologia marxista. Alla fine di un dibattito interno di diversi mesi, gli esperti legali di questa formazione hanno deciso di dare una dimensione planetaria alla loro lotta privilegiando IL NEMICO VICINO (Cina) sul NEMICO LONTANO (Siria).
Si è stabilita una competizione giurisdizionale tra i prescrittori rivali Abdel Rahman Al Chami, vicino a Jabhat Al Nusra, ramo siriano di Al Qaida, e Abdel Halim Al Zarkawi, vicino a Daesh.

4- IL DISCORSO MOBILITANTE DI ABOU ZIR AZZAM.
Questo predicatore ha fatto un'irruzione politica a partire da un discorso mobilitante trasmesso in occasione della festa di Fitr, nel giugno 2018, mettendo in evidenza "l'ingiustizia" subita dal Turkestan nelle sue due parti, quella occidentale (Russia) e il versante orientale (Cina). Invocando un boicottaggio commerciale della Cina, ha elencato le sevizie storiche inflitte dai Cinesi agli Uiguri, citando "lo stupro delle donne musulmane" e "l'imposizione di mangiare carne di maiale".

5 - CINA: LA SIRIA, UN RICETTACOLO PER IL TERRORISMO GLOBALE.
La fermentazione jihadista uigura in Siria e in paesi della lontana periferia della Cina ha indotto Pechino, nel marzo 2018, a dispiegare discretamente truppe in Siria col motivo ufficiale di allenare alcuni distaccamenti dell'esercito siriano e fornire loro supporto logistico e medico.
Pechino ha giustificato questo atteggiamento di supporto a motivo della sua prossimità ideologica con il potere baathista a causa della sua natura secolare, nonché per la presenza nel nord della Siria di un grande contingente di combattenti Uiguri.
Così facendo, la Cina mira a intrappolare i jihadisti Uiguri, di cui vuole neutralizzare il loro eventuale ritorno in Cina, mentre i legami tra i separatisti islamisti nelle Filippine e in Mayanmar e i gruppi islamisti che operano in Siria sono confermati, come testimonia l'arresto di agenti dello Stato islamico (Daesh) in Malesia nel marzo 2018 e a Singapore nel giugno 2018.

Il graduale ingresso della Cina nel teatro siriano, dove ha già ottenuto di usufruire di strutture navali nel perimetro della base navale russa a Tartous, sta consolidando la sua posizione, come uno dei tre principali investitori nel finanziamento della ricostruzione della Siria, al pari di Russia e Iran.
Oltre a Tartous, la Cina ha costruito la sua prima base navale all'estero a Gibuti, nel 2017. Adiacente al porto di Doraleh e alla zona franca di Gibuti - entrambe costruite dalla Cina - questa base non dovrebbe ospitare in un primo tempo che "solo" 400 uomini.
Ma, secondo diverse fonti, sono quasi 10.000 gli uomini che potrebbero stabilirsi lì entro il 2026, quando i soldati cinesi avranno trasformato questa enclave in un avamposto militare della Cina in Africa.

Inoltre, all'inizio di settembre la Cina ha partecipato alle manovre navali russe al largo del Mediterraneo, le più importanti manovre della flotta russa nella storia navale mondiale. Ha inviato truppe in Siria, per la prima volta nella sua storia, nel marzo 2018, per supportare le forze del governo siriano durante la presa di Idlib, in particolare per decriptare le comunicazioni tra i jihadisti Uiguri al fine di neutralizzarle.
Per quanto riguarda la Cina, la Siria funge da ricettacolo per il terrorismo globale, compreso quello interno cinese. Cercando di alleviare la spesa finanziaria russa e di sostenere lo sforzo di guerra siriano, la Cina ha concesso aiuti militari per 7 miliardi di dollari alla Siria, le cui forze combattono nella battaglia di Aleppo i jihadisti Uiguri, (musulmani di lingua turca della Cina nordoccidentale), dove quasi 5.000 famiglie, ossia quasi quindicimila persone, si sono stabilite nella zona orientale di Aleppo.

6- LA QUESTIONE UIGURA.
La strumentalizzazione degli Uiguri da parte degli americani risponde alla loro preoccupazione di avere una leva contro Pechino, in quanto "la Cina e gli Stati Uniti sono impegnati, a lungo termine, su una rotta di collisione. I precedenti storici mostrano che un potere crescente e uno in declino sono spesso condannati allo scontro", sostiene l'ex primo ministro francese Dominique de Villepin, "in particolare in un momento in cui la scena diplomatica internazionale è nel mezzo della transizione verso un mondo post occidentale. Il suo obiettivo di fondo è quello di ostacolare l'attuazione della seconda via della seta ”.

Musulmani di lingua turca, gli Uiguri jihadisti provengono dalla provincia di Xingjiang, nell'estremo ovest della Cina, al confine con otto paesi (Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan e India).

Molti Uiguri hanno combattuto in Siria sotto la bandiera del Movimento islamico del Turkestan orientale (Sharqi Turkestan) alias Xinjiang, un'organizzazione separatista di lotta armata il cui obiettivo è la creazione di uno "Stato Islamico Uiguro" nello Xinjiang.
I combattenti Uiguri hanno ricevuto assistenza dai servizi segreti turchi per il loro trasferimento in Siria, attraverso la Turchia. Questo fatto ha generato tensione tra i servizi di intelligence turchi e cinesi in quanto la Cina è preoccupata per il ruolo dei turchi nel sostenere i combattenti Uiguri in Siria, un ruolo che potrebbe favorire il sostegno turco ai combattimenti nello Xinjiang.

La comunità uigura in Turchia conta 20.000 membri, alcuni dei quali lavorano per l'Associazione di Solidarietà e Istruzione del Turkestan orientale, che fornisce aiuti umanitari ai siriani ed è sotto osservazione dalla Cina. Un video del PIT del gennaio 2017 afferma che la sua brigata siriana ha combattuto con il fronte di al-Nosra nel 2013 nelle province di Raqqa, Hassakeh e Aleppo.

Nel giugno 2014, il gruppo jihadista ha ufficializzato la sua presenza in Siria: la sua brigata sul posto, guidata da Abu Ridha al-Turkestani, un portavoce di lingua araba, probabilmente un siriano, ha rivendicato la responsabilità di un attacco suicida a Urumqi nel maggio 2014 e di un attacco alla Piazza Tienanmen nell'ottobre 2013.

Il gruppo ha promesso fedeltà al Mullah Omar dei Talebani. Ventidue Uiguri sono stati arrestati a Guantanamo, poi rilasciati per mancanza di prove. Seguendo l'esempio dell'Emirato Islamico del Caucaso, la cui filiale siriana operava nell'ambito di Jaysh Muhajirin Wal-Ansar, il PIT ha creato la propria filiale in Siria che opera in concerto con Jabhat Al Nusra tra le province di Idlib e Lattakia.

7 - L'AMBIENTE JIHADISTA IN INDIA E IL SUO SPOSTAMENTO VERSO ISRAELE.
La distruzione dei Buddha di Bamyan da parte dei Talebani nel marzo 2001, sei mesi prima dell'attacco dell'11 settembre contro i simboli dell'iperpotenza americana, fu un fattore scatenante che indusse l'India ad abbandonare la sua tradizionale politica di amicizia con i paesi arabi, in particolare l'Egitto, il suo principale partner nel Movimento dei Non Allineati, per avvicinarsi ad Israele.

L'ambiente jihadista dell'India ha d'altronde portato i suoi dirigenti ad avvicinarsi anche agli Stati Uniti in un contesto segnato dalla scomparsa del partner sovietico, in contemporanea a un'accentuazione della cooperazione sino-pakistana che porta al trasferimento di energia da Pechino a Islamabad e il lancio di un programma nucleare pakistano con sussidi sauditi.

La nuova alleanza con gli Stati Uniti e Israele è stata sigillata sulla base di una convergenza di interessi e di un approccio sostanzialmente simile di paesi che si presentano come democrazie che condividono la stessa visione pluralista del mondo, avendo lo stesso nemico comune, "l'Islam radicale".

Il riavvicinamento con Israele ha portato a una normalizzazione delle relazioni israelo-indiane nel 1992, materializzata dalla prima visita di un leader israeliano a Nuova Delhi, nel 2003, nella persona del primo ministro Ariel Sharon, l'anno dell'invasione americana dell'Iraq.

Terza potenza regionale con Cina e Giappone, l'India si trova in una posizione ambivalente in quanto deve mantenere stretti legami con le superpotenze per rimanere nel gruppo alla testa della leadership mondiale, senza allentare i legami con il Terzo mondo, di cui è stata una delle leader per lungo tempo. La sua presenza nei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) risponde a questa logica.
Gli Uiguri, dal ricordo dell'osservatore, non sono morti mai per la Palestina, neppure uno. Ma molti sono stati contro la Siria, in una deviazione settaria della loro ideologia.

Agli occhi degli strateghi del Pentagono, la strumentalizzazione dell'irredentismo uiguro dovrebbe avere lo stesso effetto destabilizzante sulla Cina del jihadismo ceceno sulla Russia di Putin. Ma una possibile ascesa al potere del Partito islamico del Turkestan potrebbe avviare una ridistribuzione delle carte, le cui principali vittime potrebbero essere i jihadisti Uiguri, come gli islamisti in Siria. A voler troppo servire da «carne da cannone» a combattimenti mercenari decisi da committenti guidati esclusivamente dalla loro ragione di stato della loro propria potenza, il destino dei suppletivi è ineluttabilmente segnato: Tacchini ripieni di un gigantesco inganno.

8 - LA DEFEZIONE DI TRE PAESI MUSULMANI ALLEATI DELL'OCCIDENTE.
Di fronte a una tale configurazione, il Pakistan, il pompiere piromane del jihadismo planetario per decenni sembrava aver avviato una revisione dolorosa delle sue alleanze, rinunciando al suo precedente ruolo di guardia del corpo della dinastia wahhabita per un ruolo più gratificante di partner della Cina, la potenza planetaria in via di realizzazione, tramite il progetto OBOR (ONE BELT ONE ROAD o Nuova via della seta - NDT).

Altri due paesi musulmani, ex alleati dell'Occidente, ne han seguito l'esempio: la Malesia e senza dubbio la Turchia, a medio termine, colpita da sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti.
Se l'ipotesi del jihadismo anti-buddista dovesse materializzarsi, darebbe inizio a una gigantesca tettonica delle placche con l'effetto di sigillare un'alleanza di fatto tra Cina e India, i due stati continenti dell'Asia, oltre che non musulmani, in vista di sconfiggere l'idra islamista che si aggira alla loro periferia.

Per Approfondire..

mercoledì 18 luglio 2018

Per un pugno di petrodollari, l'Europa ha venduto la sua anima.


Per conoscere, per riflettere.
Al servizio degli obiettivi della NATO. L’integralismo islamico saudita e le sue collusioni col potere occidentale.” Questo è il tema centrale dell’articolo.
L’autore ripercorre la storia quasi interamente sottaciuta, ignorata o sottovalutata dei legami perversi tra l’Arabia Saudita e l’Europa. Spesso la confusione e il disorientamento regnano sovrani in questa epoca di contrapposizioni alimentate da un’informazione asservita o latitante e di insofferenza verso comunità che percepiamo come ‘’corpo estraneo’’, benché ormai da lungo tempo costituiscano parte integrante della storia e della civiltà del Continente Europeo. I nostri governanti ci raccontano di ‘’lotta senza tregua al terrorismo’’ e si presentano come ‘’paladini della democrazia’’, ma ci coinvolgono in guerre predatorie che contribuiscono a indebolirci economicamente: cessazione di traffici commerciali, sanzioni usate come atti bellici… o all’insorgere di tensioni sociali pericolose per l’inevitabile arrivo 'anomalo' di rifugiati dai Paesi aggrediti e devastati. Questi stessi governanti, che non esito a definire scellerati, ricevono in pompa magna i leaders tirannici di Qatar, Arabia Saudita e compagnia, si fanno corrompere da loro, gli hanno ceduto e continuano a cedere quote di sovranità in svariati campi, anche a scapito della nostra incolumità proprio con l’uso del terrorismo preordinato dagli stessi ‘’amici’’ abietti. E continuano a ingannare, a strumentalizzare e a mettere gli uni contro gli altri tutti i popoli, tutte le etnie, tutte le credenze e opinioni per i loro scopi miserabili.
    Maria Antonietta Carta

Per un pugno di petrodollari, l'Europa ha venduto la sua anima.

di René Naba
(scrittore e giornalista specializzato nel mondo arabo. E' responsabile del coordinamento editoriale del sito Madaniya)
  Nota del redattore www.madaniya.info, 2 febbraio 2018:
..... madaniya.info sottopone all'attenzione dei suoi lettori un’analisi sulla forma più perniciosa di strumentalizzazione dell’Islam al servizio degli obiettivi della NATO, in una strategia a doppio attacco:
Contro l'ateismo dell'Unione Sovietica, al culmine della guerra fredda sovietico-americana (1945-1990), da un lato.
Come freno all'impegno nelle lotte sindacali della popolazione immigrata musulmana dell'Europa occidentale, dall'altro.
Una strumentalizzazione operata con l'effetto corruttore dei petrodollari, tanto disastrosa per il mondo arabo, per il mondo musulmano e per il mondo occidentale quanto per l'Islam stesso.

I – LA COMUNITA ARABO-MUSULMANA D’EUROPA, VENTOTTESIMO STATO DELL'UNIONE EUROPEA.
A - principale gruppo etnico-identitario sedimentato dopo quello centro-europeo e giudeo-cristiano.
Cinque secoli di colonizzazione intensiva in tutto il mondo non hanno ancora normalizzato la presenza di "mori" sul suolo europeo, proprio come tredici secoli di presenza continua, materializzata da cinque ondate di emigrazione, non hanno conferito all'Islam lo status di religione indigena in Europa, dove da mezzo secolo si dibatte sulla compatibilità dell'Islam con la Repubblica, quasi a scongiurare l'inevitabile aggregazione ai popoli europei di questo gruppo etnico-identitario, primo per importanza fuori dalla sfera europea centrista e giudeo-cristiana.
Le domande sono reali e giustificate: problema della compatibilità tra Islam e modernità, compatibilità tra Islam e secolarismo, ma per la loro declinazione ripetitiva variazioni su questo tema rimandano principalmente al vecchio dibattito coloniale sull'assimilazione dei nativi. Come a dimostrare il carattere inassimilabile dell'Islam nell'immaginario europeo per nascondere le antiche fobie scioviniste, nonostante gli accoppiamenti ancillari delle colonie d'oltremare, nonostante le mescolanze in Nord Africa e nel Continente nero, nonostante il missaggio demografico avvenuto, in particolare, nelle ex potenze coloniali (Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi) a causa delle successive ondate di profughi nel XX secolo da Africa, Asia, Indocina, Medio Oriente e da altre parti.
Così come la composizione demografica del continente europeo è interrazziale. Certamente europea, ma anche, in misura minore, arabo-berbero, negro-africano e turco-indo-pakistano.

II - FRANCIA PRIMO PAESE EUROPEO PER L'IMPORTANZA DELLA SUA COMUNITÀ MUSULMANA
Primo Paese europeo per l’entità della sua comunità musulmana, la Francia è anche, proporzionalmente alla superficie e alla popolazione, il più importante centro musulmano del mondo occidentale con circa sette milioni di musulmani, 2,5 milioni di nazionalità francese. Più musulmani di quanti ve ne siano complessivamente in poco meno di otto Paesi membri della Lega araba (Libano, Kuwait, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Palestina, Isole Comore et Djibouti). La Francia potrebbe, a giusto titolo giustificare l’adesione all’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), il forum politico panislamico che raggruppa cinquantatré Stati di diversi continenti, o almeno disporre di un seggio come osservatore.
In confronto, gli Stati Uniti, in un'area di 9,3 milioni di km2 e con una popolazione di 280 milioni, hanno circa 12 milioni di musulmani.
La comunità arabo-musulmana dell'Europa occidentale costituisce il nucleo principale della popolazione immigrata, nonostante la sua eterogeneità linguistica ed etnica e, con 25 milioni di persone, potrebbe dirsi - battuta che maschera una realtà - il 28 ° Stato dell’Unione Europea. Tanto come il Benelux.
Circa 5 milioni risiedono nei tre Paesi dell'ex blocco comunista (Albania, Bosnia-Erzegovina e Bulgaria) e il resto nei Paesi fondatori dell'Unione Europea (Germania, Benelux, Francia, Italia). A questa cifra, si aggiunge il nuovo flusso migratorio generato dalle guerre di predazione economica del mondo arabo da parte della NATO (Siriani, Libici, Iracheni, Somali, ecc.). Il Regno Unito, che ha una grande comunità indo-pakistana asiatica, non è incluso in questo conteggio a causa del BREXIT.
Secondo Pew Research Center, un istituto indipendente americano specializzato nello studio della demografia religiosa, i musulmani potrebbero rappresentare tra il 7,4% e il 14% della popolazione europea entro il 2050, contro il 4,9% nel 2016. Sempre secondo stime Pew, 53 % è il tasso dei musulmani tra gli immigrati arrivati in Europa tra il 2010 e il 2016 nei 28 Paesi dell'Unione europea (incluso il Regno Unito), Norvegia e Svizzera compresi.
In "Limine Limitis’’ (prima che abbia inizio la lite), usciamo dall’ambiguità: l'Islam non ha conquistato l'Europa, per non parlare della Francia. È l'Europa che ha deciso di conquistare i Paesi arabi e in prevalenza musulmani africani. La Francia: il Maghreb e l'Africa nera, i Paesi Bassi: l'Indonesia, il Regno Unito: l'Impero indiano (India, Pakistan, Bangladesh) e l'Africa orientale.
L'Islam non è quindi un prodotto del territorio francese, come il Cristianesimo, ma la conseguenza residua del riflusso dell'impero. Il prodotto deriva dalla turgescenza coloniale francese e dalla sua escrescenza d’Oltremare.
Senza colonizzazione, niente « burnous à faire suer»: burnous da far sudare, espressione usata in epoca coloniale, quando i coloni facevano faticare duramente, o sudare, i Maghrebini. Né "bougnoule": muso nero, né "there is good banania": lessico razzista nella pubblicità di una bevanda al cioccolato, né "flesh with cannon": carne da cannone. Nessun "bicot": persona mediorientale o nordafricana, o "ratonnade": violenta spedizione punitiva di matrice razzista contro i nordafricani, o "« délits de faciès»: delitti in base all’apparenza fisica o del vestiario: pratiche discriminatorie e razziste, nessun "Codice di Indigenato" o "Codice Nero", non più "Venus callipigia" o "Setif": massacro di, né "Thiaroye": massacro di, né "Sanaga": massacro di, Per non parlare di "territori perduti della Repubblica"! E non l'Islam, almeno in questa densità.
"Il burro e i soldi del burro ed anche il sorriso della lattaia": fa pensare ad una favola morale. O ad una fiaba. Come il "peso dell'uomo e il suo fardello di nascita": Rudyard Kipling descrive con suprema arroganza il compito dei colonizzatori occidentali chiamandolo "il fardello dell'uomo bianco" (sic!). Cioè il peso che grava sulle spalle dell'uomo europeo
Un alibi destinato a mascherare la megalomania predatoria.

LA LEGGE DEL 9 DICEMBRE 1905 SULLA SEPARAZIONE TRA STATO E CHIESA.
Affermare che l'Islam non esisteva in Francia al momento dell'adozione della Legge sulla separazione tra Chiesa e Stato, che sanciva la laicità, è una menzogna spudorata. Tranne considerare "subumane" le popolazioni musulmane dell'Africa occidentale (Senegal, Mali, Mauritania, Guinea, Ciad, ecc.) e del Nord Africa (Algeria, Tunisia, Marocco). L'Islam, presente in Francia al tal punto che la patria della laicità intendeva proclamarsi "Califfo d'Occidente" in contrapposizione al califfato dell'Impero ottomano e nominare Hubert Lyautey Maresciallo dell'Islam.

III - EUROPA LUOGO DI PASSAGGIO O DI RADICAMENTO DEI MUSULMANI?
Issam Al Attar contro Saïd Ramadan. La controversia sul tentativo di aggiornamento dell'Islam politico.
La disputa è di vecchia data e, negli anni ’70 del secolo scorso, contrappose due leader dei ‘’Fratelli Musulmani’’: il siriano Issam Al Attar in esilio ad Aachen (Germania) e l'egiziano Said Ramadan a Monaco di Baviera, dove partecipava al programma di sedizione dei contingenti musulmani dell'esercito sovietico, attraverso le radio americane dell'Europa centrale.
Issam Al Attar, fratello di Najah Al Attar, attuale vicepresidente della Repubblica araba siriana [questa posizione così antitetica all’interno di una stessa famiglia ci fa immaginare quanto sia complessa la realtà della società sunnita siriana. N.d.T.], riteneva che l'Europa fosse una destinazione temporanea per l'emigrazione, un luogo di transizione, che fosse importante per i musulmani in Europa rispettare le leggi di ospitalità dei Paesi ospitanti e sfruttare al massimo le esperienze europee nei vari settori dell'attività intellettuale, economica e scientifica per farne beneficiare poi il loro Paese di origine.
Saïd Ramadan, al contrario, riteneva che l'Europa fosse un luogo di ancoraggio stabile della popolazione immigrata musulmana e che il loro ambiente socio-culturale doveva essere modificato di conseguenza, per adattarlo ad una presenza duratura dei lavoratori musulmani immigrati nel territorio dei loro ex colonizzatori.
Agitatore di professione per conto dei suoi sponsor, Said Ramadan trionfò in questa disputa non tanto con la pertinenza delle sue argomentazioni, ma con la forza finanziaria e il sostegno dei servizi segreti occidentali, che lo spinsero alla leadership dell'Islam europeo con il fine di ostacolare l'inserimento degli immigrati musulmani nelle lotte di rivendicazione sociale all'interno di sindacati o di partiti percepiti dagli strateghi atlantisti come "compagni di strada" dell'Unione Sovietica.
La tesi di Saïd Ramadan prevalse non certo perché in linea con gli interessi a lungo termine del mondo arabo, la sua ripresa e la promozione dell'Islam, ma perché rispondeva agli obiettivi strategici della NATO.

IV - EUROPA RETROVIA DEI "COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ" NEL PERIODO AFGHANO.
Sotto l'ala protettrice degli Stati Uniti, l'Arabia Saudita schierò la più grande ONG caritatevole del mondo, con il fine di fare proselitismo e conquistare nuove terre di missione negli anni '70 -'80, specialmente in Europa, grazie al boom del petrolio e alla guerra in Afghanistan.
Questo spiegamento tentacolare avvenne attraverso l'uso intensivo della politica del libretto degli assegni. L'Arabia Saudita sviluppò quindi una diplomazia d'influenze basata sulla strumentalizzazione della religione musulmana per fini politici, sulla corruzione di coloro che hanno il potere decisionale a livello mondiale e sull’azzittire le critiche alla dinastia wahhabita per mezzo di un impero mediatico straordinario.
Per un pugno di dollari, l'Europa ha perso la sua anima. Signora di alta moralità, ma di piccole virtù, ha ceduto al sottile fascino dei petrodollari per diventare la piattaforma principale dell’impero mediatico saudita e il rifugio principale dei leaders islamici, additati poi [ipocritamente] alla pubblica riprovazione. I governanti europei riuscirono anche nell'impresa di dar rifugio a più dirigenti islamici di tutti i Paesi arabi congiuntamente.

V - EUROPA, RIFUGIO DI AYMAN AL ZAWAHIRI, L’ATTUALE NUMERO UNO DI AL QAIDA.
In Europa occidentale - dove ai jihadisti si conferiva il titolo di "combattenti per la libertà" dall’ingannatore del Panshir Bernard-Henri Lévy, interlocutore virtuale del Leone del Panshir, il Comandante Massoud Shah - dopo la guerra antisovietica dell’Afghanistan, negli anni ’80 del secolo scorso, risiedevano sessanta leaders islamici.
Quindici di loro avevano lo status di "rifugiato politico" nella maggior parte dei Paesi europei: Regno Unito, Germania, Svizzera, Norvegia, Danimarca.
A - Londra, capitale mondiale della protesta contro l'Islam, ma anche piattaforma dello schieramento mediatico internazionale saudita (1), aveva tra i suoi ospiti i principali oppositori islamici:
1. Rachid Ghannouchi (Tunisia-An Nahda).
2. Kamar Eddin Katban (Algeria-Vicepresidente della Commissione FIS algerina: Islamic Salvation Front).
3. Mubarak Fadel Al-Mahdi (Sudan).
4. Attaf Hussein (leader pakistano dell'opposizione: Muhajir Qawmi Movement (MQM).
5. Adel Abdel Majid (Egitto).
6. Ibrahim Mansour (Egitto), vice Leader Supremo dei Fratelli Musulmani.
7. Ali Sadreddin Bayanouni (Siria), controllore generale dei Fratelli Musulmani della Siria.
8. Azzam A Tamimi (Palestina), membro del comando ombra di Hamas, il ramo palestinese della fratellanza.
9. Abu Moussa'b As Soury (Siria), alias Moustapha Abdel Kader Sitt Mariam), teorico dei "lupi solitari".
10. Abu Hamza Al Masri (Moustapha Kamal Moustapha).
11. Qtada Abu Al Falastini (Omar Mohamad Osman).
12. Abu Farès, nome di guerra dell’algerino Farouk Danish.
13. E, per un breve periodo, il più illustre di loro, Osama Bin Laden, fondatore di Al Qaida.
Londra ospitava anche la redazione del periodico jihadista "Al Ansar", pubblicato nella capitale britannica, ma con residenza in Svezia presso Abdel Karim Danish, che godeva dello status di rifugiato politico. La capitale britannica sarebbe stata meno permissiva nei loro riguardi dopo l'attacco del 7 luglio 2005, avvenuto durante lo svolgimento del Vertice del G8 , nel giorno successivo alla decisione del Comitato olimpico internazionale di assegnarle l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 2012. In questo attacco furono uccise 50 persone.
Londra era anche la piattaforma strategica per il dispiegamento dei media internazionali del Regno Wahhabita, che aveva conservato quasi integra la sua forza d'attacco: una catena transfrontaliera MBC (Middle East Broadcasting Center), due radio a diffusione transcontinentale MBC FM e la radio communitaria inglese SPECTRUM, nonché cinque giornali, tra cui due ammiraglie della stampa trans-araba "Al Hayat" e "Al Charq Al Awsat".
B - La ripartizione di altri famosi rifugiati politici (2)
La Germania era al secondo posto, con due esiliati: Issam Al Attar, leader dei Fratelli Musulmani in Siria e Saïd Ramadan (Egitto), genero di Hassan Al Banna, il fondatore della Fratellanza.
Esiliato ad Aquisgrana, Issam Al Attar esercitava il suo magistero europeo dalla "Casa dell'Islam" a Francoforte, in collaborazione con il Centro Islamico di Ginevra. Come affronto per l'Occidente e per la Fratellanza Musulmana, il presidente siriano Bashar al-Assad ha nominato la sorella di Issam Al Attar, Najah Al Attar, che fu ministro della cultura per 32 anni, Vice Presidente della Repubblica nelle ultime elezioni presidenziali del giugno 2014. Una donna sunnita garante del potere baathista.
Invece Said Ramadan, da precursore, aveva fondato nel 1961, con il sostegno del futuro re Faisal d'Arabia, il "Centro islamico di Ginevra " e guidato un'organizzazione islamica a Monaco: il "Gemeinschaft in Islmische Deutchland", incaricato di riqualificare i disertori musulmani dell'Armata Rossa.
Nel 1962, sotto la sua presidenza, i sostenitori ebbero un ruolo importante nella fondazione della "World Islamic League’’, la struttura parallela a base religiosa creata dall'Arabia Saudita per contrastare l'influenza della diplomazia di Nasser e dell'Università Al Azhar, che è la più prestigiosa università religiosa del mondo musulmano.
La spinta politica e finanziaria dei Sauditi e degli Statunitensi fornì all'organizzazione i mezzi per creare una struttura islamica giusto in tempo per accogliere l'ondata migratoria musulmana verso l'Europa negli anni '70, sulla scia del boom petrolifero.
Una nota confidenziale del servizio segreto svizzero, datata 17 agosto 1966, riferisce sulla "simpatia" del BUPO, polizia federale per la protezione dello Stato, nei confronti di Said Ramadan specificando: "È certamente in ottimi rapporti con Inglesi e Americani". Un altro documento, datato 5 luglio 1967, è ancora più preciso. Saïd Ramadan è presentato come un "agente segreto degli Inglesi e degli Americani. Inoltre, credo che abbia reso servizi - sul piano informativo - a BUPO. "
Fatto sta che, in una riunione presieduta dal capo della Procura federale, il 3 luglio 1967, si decise di concedere un permesso di soggiorno a Said Ramadan, mentre egli avrebbe dovuto essere espulso il 31 gennaio 1967.
Le ragioni di questa tolleranza? La possibilità "che gli amici di Saïd Ramadan prendessero il potere nei mesi successivi in uno o nell'altro Stato qualificato di progressista o di socialista". Fantasia tenace tra gli Occidentali, fino alla loro frustrazione collettiva della "primavera araba".
A leggere la lista di illustri ospiti dell'Europa, la "guerra al terrorismo" sembra ridicola. Indice della duplicità della diplomazia occidentale, sia nei confronti dell'opinione pubblica occidentale sia nei confronti del mondo arabo.
C - Tra i famosi rifugiati politici c'erano:
Ayman Al-Zawahiri , successore di Osama Bin Laden alla testa di Al Qaeda. Nel periodo in cui ricopriva il ruolo di "Comandante dei gruppi islamici in Europa", egli risiedeva in Svizzera. Coinvolto in attività sovversive del gruppo islamico "Al-Awdah" (Il ritorno), non fu oggetto di alcuna condanna. Negli anni '80 aderì alla formazione "Al-Jihad"e fu condannato a 3 anni di prigione per l’assalto alla tribuna presidenziale, che condusse all’assassinio del presidente egiziano Anwar Al-Sadat, ottobre 1981. Uscito dal carcere, trascorse del tempo in Afghanistan prima di tornare in Europa.
Talaat Fouad Kassem, portavoce dei movimenti islamici in Europa, beneficiario di asilo politico in Danimarca. Condannato a 7 anni di carcere al momento dell'assassinio di Sadat, fu il primo a unirsi ai ranghi dei combattenti islamici afghani, distinguendosi negli squadroni della morte durante le operazioni di guerriglia antisovietica. Prima del soggiorno danese, diresse i raggruppamenti islamici a Peshawar, in Pakistan: punto di transito per i Mujahidin in Afghanistan. Incaricato di coordinare le attività dei vari funzionari e di trasmettere consegne, istruzioni e sussidi tra l'Europa e gli attivisti di base in Egitto, dovette sospendere le sue attività nel giugno del 1995, dopo il 20 ° tentativo di assassinio del presidente Hosni Mubarak.
Mohamad Chawki Al-Islambouli, fratello dell'assassino di Anwar Sadat, Khaled Al-Islambouli. Prosciolto al processo dell'assassinio dell'ex Capo di Stato egiziano, si unì ai ranghi dei combattenti anti-israeliani nel sud del Libano prima di recarsi nel Peshawar. Residente a Kabul, Chawkat Al-Islambouli è stato condannato in contumacia nel processo "Egitto-Afghanistan".
Infine, Hani Al-Sibai (Egitto) beneficiò dell'asilo politico norvegese.

VI - UN IMPERO PER ‘’STERILIZZARE’’ LO SPAZIO HERZIANO (3)
In un decennio, l'Arabia Saudita, autoproclamandosi leader del mondo islamico, si affermava come holding multimediale. Un gigante dei mass media - alla pari dei conglomerati occidentali - per una strategia offensiva con l'intento non confessato di ‘’sterilizzare’’ le telecomunicazioni da qualsiasi inquinamento anti-saudita, di "predicare la buona parola" e di annientare la contaminazione rivoluzionaria, pregiudizievole per la sua leadership, nella sfera musulmana.
Esercitando un monopolio di fatto sia nella zona euro-mediterranea sia all'interno del mondo anglosassone, il dispositivo multimediale saudita comprendeva due gruppi multimediali con la loro schiera di canali televisivi transfrontalieri: dieci canali tematici, stazioni radio transcontinentali, un'agenzia di stampa internazionale (United Press International) e cinque riviste pan-arabe. Non sorprende che una simile quantità di strumenti appartenesse alla famiglia reale saudita, tanto da giustificare questa battuta: "la dinastia wahabita è l'unica azienda di famiglia nel mondo che siede alle Nazioni Unite."
Un doppio imperativo guidava i leaders sauditi nella loro avventura mediatica: la necessaria neutralizzazione del successo della rivoluzione iraniana presso l’opinione pubblica musulmana e la necessità altrettanto urgente di giustificare, durante la prima Guerra del Golfo (1990-1991), la presenza di quasi 500.000 soldati occidentali sul suolo saudita, vicino ai Luoghi Santi dell'Islam.  
Circostanza senza precedenti: una massiccia presenza di non-musulmani - tra cui 60.000 soldati americani di religione ebraica – percepita come profanazione del santuario per il quale la dinastia wahhabita avrebbe, in linea di principio, il dovere di tutela e protezione.
Considerato come segnale della collusione dei "Guardiani dei Luoghi Santi" con gli oppressori dei musulmani, servì per giustificare la rottura di molte formazioni islamiche con il regno saudita loro finanziatore. In particolare il leader di Al Qaida, Osama Bin Laden, e la FIS algerina.
L'apparato multimediale saudita fu esteso al territorio nazionale con due strumenti atti a guidare proselitismo religioso e jihadismo asiatico: L’operazione ‘’Holy Qoran (Santo Corano)" e "La Voce dell'Islam": ONG di predicazione e imprecazione le cui metastasi jihadiste si sarebbero trasformate in proto-stati con stigmatizzazione e decapitazione come marchi di fabbrica.  
Il programma “Holy Qoran’’.
Lanciata nel 1972, un anno prima della guerra dell' ottobre 1973, durante la quale il Regno saudita utilizzò l'arma del petrolio per piazzarsi come il nuovo leader del mondo musulmano, ‘’Holy Qoran’’ era una trasmissione in arabo emessa da Riyadh per 18 ore quotidiane verso il mondo arabo e l'Asia meridionale e destinata ai grandi Paesi musulmani (Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Malesia, Indonesia e India). Ad essa si aggiungeva “Voice of Islam’’, trasmessa dalla Mecca. Il tutto sotto la protezione degli American AWACS, i famosi radar aerei che solcavano il cielo saudita per scongiurare qualsiasi aggressione contro la dinastia wahabita.

VI - DISTRIBUZIONE A TELA DI RAGNO.
Il proselitismo in loco era coadiuvato a livello internazionale da una struttura discreta ma efficace: la ‘’World Islamic League’’, strumento preminente nel controllo delle comunità musulmane della diaspora. Fondata nel 1962 a La Mecca, la ‘’World Islamic League’’ esercitava l’autorità nella formazione di imam e predicatori, nella gestione delle borse di studio e nello sviluppo di strumenti di comunicazione didattica (diffusione del Corano, documenti audiovisivi, cassette, film).
Così, durante gli anni '80, al culmine della guerra in Afghanistan, il regno saudita pubblicò 53 milioni di copie del Corano, donandone 36 milioni ai fedeli di 78 Paesi in occasione del Ramadan, come indicano i dati forniti alla stampa dell'epoca da Mohamad Ben Abdel Rahman Ben Salamah, vice ministro saudita dei Beni religiosi (waqf ) ai tempi della prima guerra del Golfo (1990-1991).
Ventisei milioni ne furono offerti ai fedeli dell'Asia, cinque milioni per l'Africa, un milione per l'Europa e quattro milioni per l'America Latina. Nel frattempo, le due principali Università islamiche del Regno ammaestravano 39.000 predicatori di 47 nazionalità - la ‘’Mohammed bin Saud University’’ (Riyadh) contava 23.000 studenti di 40 nazionalità e la ‘’Umm al Core University ‘’ (Mecca) ne aveva 16.000 di 47 nazionalità - che dovevano diventare propagandisti zelanti della concezione ultra rigorista dell’Islam saudita presso le comunità dei Paesi musulmani.
Il "Consiglio superiore delle moschee", il cui compito esclusivo consiste nella promozione dei luoghi di culto in tutto il mondo, è affiliato al “World Islamic League ‘’.
All'epoca, re Salman, che è protetto dal Presidente degli Stati Uniti, lo xenofobo e populista Donald Trump, era il governatore di Riyadh, e, paradossalmente, il più grande moltiplicatore di fondi per la jihad afgana attraverso il suo giornale "Al Sharq Al Awsat".
In Europa, la ‘’World Islamic League’’ ha collocato suoi rappresentanti nella maggior parte delle città: Londra, Bruxelles, Roma, Ginevra, Copenaghen, Lisbona e Madrid. L’infiltrazione nelle popolazioni musulmane è avvenuta e avviene in maniera trasversale, con la proliferazione di centri culturali e religiosi e di istituzioni specializzate.
L'Arabia Saudita ha suddiviso le principali istituzioni tra le grandi capitali europee, per coinvolgere il maggior numero di Paesi dell'Unione Europea nella sua politica di proselitismo islamico-wahhabita e per prevenire qualsiasi vuoto istituzionale e ideologico che andrebbe a vantaggio dei rivali.
- Il Consiglio continentale delle moschee d'Europa ha sede a Bruxelles.
La Grande Moschea di Bruxelles è anche sede del Centro islamico e culturale del Belgio. Nel padiglione orientale della sede dell'Esposizione nazionale di Bruxelles del 1880 c’era un affresco monumentale, Veduta del Cairo di Emile Wauters, che aveva un grande successo. Nel 1967, re Baldovino donò l'edificio al re Faisal Ben Abdelaziz Al Saoud dell'Arabia Saudita, in visita ufficiale in Belgio.
- La ‘’European Academy of Islamic Jurisprudence’’ ha sede a Londra.
- La ‘’Word Assembly of Muslim Youth’’, istituzione transnazionale, serviva da contrappunto alla corrispondente organizzazione dei Fratelli Musulmani ‘’The International Islamic Federation of Students Organization’’, in quanto la Fratellanza, a lungo in grembo ai Sauditi, rivaleggiava con loro nel teatro europeo dopo il massiccio afflusso di lavoratori immigrati dal Maghreb, dall'Africa nera, dalla Turchia (Germania) e dal Pakistan (Regno Unito).
Sotto l’autorità saudita, i Fratelli Musulmani ebbero un ruolo importante nella creazione di strutture panislamiche:
- La ‘’World Islamic League’’ (1962), struttura religiosa parallela creata dall'Arabia Saudita per contrastare l'influenza della diplomazia di Nasser e il prestigio dell'Università Al Azhar che è una delle principali fonti di giurisprudenza islamica.
- Il ‘’Consiglio Islamico Europeo’’, creato dieci anni dopo, nel 1973, anno del primo shock petrolifero e dello spostamento del centro di gravità del mondo arabo dalla zona popolosa e ribelle del Mediterraneo alla zona di abbondanza abulica del Golfo, doveva essere lo sponsor spirituale dell' ‘’Unione delle Organizzazioni islamiche in Europa’’ (UOIE) e dell' ‘’Unione delle Organizzazioni islamiche in Francia’’ nel 1983, nel bel mezzo dell'ascesa della terza generazione di immigrazione musulmana araba.
Parigi, dal canto suo, ha creato uno spazio di prestigio per lo spiegamento mediatico saudita, concedendo il benestare, in tutta l’accezione del termine, a Radio Orient e dotandola di un potere smisurato: si tratta dell’unica radio al mondo appartenente al capo di un governo straniero o in altre parole di un capo dell’opposizione di un Paese amico della Francia.
Noto per la permeabilità saudita, Radio Orient, in onda ogni venerdì, diffonde i sermoni del predicatore della Mecca, megafono dell’integralismo wahabita verso una popolazione arabo-musulmana bersaglio del fondamentalismo islamico. Come è avvenuto durante il decennio nero in Algeria (1990-2000) o nella guerra di Siria (2011- ancora in corso), in cui la Francia, patria dei diritti umani, si è schierata con i jihadisti takfiri, pagando il prezzo in termini di ricaduta terroristica, dalle uccisioni di Mohamad Merah a Tolosa, a Montauban (2012), a Mehdi Nemmoush, carceriere di quattro giornalisti francesi tenuti in ostaggio da Jabhat Al Nusra, alla carneficina di Charlie Hebdo ( gennaio 2015) alla decapitazione di Isère (luglio 2015), alla strage di Parigi-Bataclan (13 novembre 2015).

RIFERIMENTI
1 - Sull'Europa "Base operativa dei leader islamici nell'era afghana"
2 - Arabia Saudita: "L'unica azienda di famiglia al mondo a sedere alle Nazioni Unite. Vedere il Capitolo V di " La guerra delle onde, la guerra delle religioni, la battaglia senza fili nel cielo dell’area mediterranea ". René Naba - Harmattan 1998.
3 - La Fratellanza Musulmana, una traccia della Guerra Fredda.
Qatar-Arabia Saudita
http://www.madaniya.info/2017/06/08/arabie-saoudite-qatar-guerre-freres-ennemis-wahhabisme-guerre-de-defausse/

Copyright © René Naba , madaniya.info , 2018
Traduzione dal francese di Maria Antonietta Carta

lunedì 16 aprile 2018

Siria: la posta in gioco dietro la battaglia di Al Ghouta


L’ennesima denuncia pretestuosa, secondo un collaudato copione, di un attacco chimico attribuito al governo di Damasco da parte delle solite organizzazioni non governative finanziate da Paesi occidentali - puntuali all’appello i famigerati White Helmets, cinici terroristi camuffati da angelici soccorritori – è stata accolta dalla stampa mainstream con la solita ipocrita ‘’indignazione’’ volta a farci digerire la volontà imperiale di sbranare definitivamente la Siria.
Gli USA, dopo la sconfitta del cosiddetto ‘’Stato islamico ‘’ e la riunione ad Ankara lo scorso 4 aprile tra i leaders di Russia, Turchia e Iran, paventando l’estromissione dal teatro siriano, annunciano bombardamenti con la giustificazione appunto di punire Damasco per l’attacco chimico. Così le avvisaglie di un conflitto bellico fuori dall’ambito territoriale in cui ha avuto origine sembrano incombere su un Mediterraneo sempre più invaso da navi da guerra, portaerei e sottomarini provenienti da ogni direzione per una folle partita a scacchi dalle incalcolabili conseguenze.
E l’Italia? L’Italia, come d’altronde la Francia, non ha più alcuna politica estera. È solo un'appendice di Washington, e lo dimostrano i nostri politici, che per far parte del futuro governo devono giurare fedeltà indefettibile all’impero ed alla NATO suo braccio armato, nonostante un’economia depauperata da decenni di ‘’crisi’’ e guerre ‘’umanitarie’’, a partire dalle guerre jugoslave, quelle dell’area mediorientale e africana, da embarghi imposti a destra e a manca - che sono un’altra forma iniqua di belligeranza contro i popoli - da spese militari sempre più esorbitanti e soprattutto dalla follia di una guerra che, partendo dalle coste siriane, rischia appunto di sconvolgere l’intera area mediterranea.
Di chi la colpa se il Mediterraneo diventa sempre più simile a un vulcano in eruzione? chiede, retoricamente, l’autore del seguente articolo: conoscitore profondo di fatti mediorientali e di geopolitica, notoriamente non proprio simpatizzante del governo siriano ma eticamente e razionalmente avverso alla guerra contro la Siria.
Intanto, anche oggi 14 aprile 2018, la Siria e il suo popolo subiscono l’ennesimo scellerato sacrificio sull’ altare in cui si celebra l’ingordigia di vecchi e nuovi imperialismi.
Nota storica:
Nel 27 a.C., Roma comprende, come anteriormente Alessandro Magno, l’importanza strategica della Siria, crocevia dei tre mondi. Dal suo territorio si poteva controllare la Giudea, inviare spedizioni armate contro l’Egitto, contenere l’avanzata delle tribù dall’Arabia e avere una finestra aperta sull’Asia. L’Eufrate era fondamentale per le sue mire espansionistiche in quanto permetteva il controllo di Parti e Sasanidi. L’eterna e complessa ‘’Questione d’Oriente’’- che si perpetua fino ad oggi e vede sempre la Siria al centro delle brame universali – nelle relazioni tra il mondo occidentale-marittimo e l’Asia, ha origini remote. Per esemplificare al massimo, diremo che rimonta almeno al III-II millennio a.C., con le lotte per il dominio di Siria e Canaan prima tra L’Egitto e la Mesopotamia, poi tra i popoli dell’Asia Minore e, nel I millennio a.C., tra il mondo greco-egeo e l’Iran. Per non parlare dell’epoca delle Crociate (ricordo tra le tante la battaglia dell’Ager Sanguinis, nell’attuale provincia di Idleb, chiamata anche battaglia di Sarmada, avvenuta il 28 giugno 1119 tra l'esercito del Principato d'Antiochia, comandato da Ruggero di Salerno e l'esercito di al-Ghazi, governante di Aleppo) e dell’epoca ottomana…
Maria Antonietta Carta

Siria: la posta in gioco dietro la battaglia di Al Ghouta

di René Naba, in International News Middle East Politics Syria, 28 marzo 2018. pubblicato con la rivista Golias http://golias-news.fr/ Golias Hebdo N ° 518 marzo 2018

"Razionalità’’ occidentale nella guerra siriana
Ai primi di febbraio 2018 si apre un nuovo fronte alla periferia di Damasco, nella zona di al-Ghouta, con l'intento di ridurre la pressione militare sulle forze turche e i loro ausiliari del Free Syrian Army nel nord della Siria, mentre l'offensiva turca, "Operazione ramo d'ulivo" contro le forze curde della Siria, lanciata il 19 gennaio 2018, segna il passo, sollevando i timori di una stagnazione turca nel calderone siriano.

Gli obiettivi alla base della nuova battaglia di al-Ghouta, condotta principalmente da alleati della Turchia e del Qatar -Ahrar al Sham e Jaysh al Islam- avrebbero lo scopo sia di risollevare i gruppi islamisti, screditati dopo una serie di clamorosi rovesci a partire dalla riconquista di Aleppo nel dicembre 2016, sia di reinserire le potenze occidentali ed i loro alleati petromonarchici nel gioco diplomatico, dopo esserne stati estromessi dalle forze militari russe e dai loro alleati regionali, le forze governative dell’esercito arabo siriano, i Pasdaran (Iran ) ed Hezbollah (Libano).

Sabato 24 febbraio 2018, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato all'unanimità una risoluzione in cui si chiede "senza indugio" un cessate il fuoco umanitario di un mese in Siria, mentre le battaglie nel settore orientale della Ghouta, alla periferia di Damasco, infuriano. Due gruppi islamici "Jaysh al - Islam" (Esercito dell'Islam, filo-Sauditi) e Faylaq al -Rahman (La Brigata di al-Rahman, pro-Turchia-Qatar) hanno sostenuto questa risoluzione che esclude i gruppi considerati terroristi (Daesh, Jabhat al - Nusra, al - Qaïda). Questo fatto conferma che la battaglia di Ghouta non è un assalto delle forze governative contro civili innocenti, come tendono a sostenere la propaganda occidentale e i loro alleati petromonarchici, ma contrappone l'esercito del governo siriano a gruppi terroristici, frammisti alla popolazione civile come "scudi umani" e che beneficiano delle strutture di transito e della fornitura di armi degli Israeliani.

La Turchia ha impegnato truppe nell'area di Afrin il 19 gennaio contro le forze curde, guidate da Francesi e Statunitensi, per far fallire la creazione di un'entità curda indipendente nel nord della Siria.   Agli occhi degli strateghi occidentali una tale entità compenserebbe il fallimento della proclamazione di uno stato curdo indipendente nel nord dell'Iraq: un progetto concepito dagli USA e Israele per servire da piattaforma alle loro attività anti-iraniane dal nord dell'Iraq, al confine con l'Iran.

La nuova strategia occidentale, concordata durante una riunione a Londra l’11 gennaio 2018, avrebbe previsto col rilancio della campagna sulle armi chimiche la partizione del Paese, per sabotare sia il processo di riconciliazione tra Siriani, portato avanti sotto l’egida russa a Sochi, sia l'inserimento della Turchia, unico Paese musulmano membro fondatore della NATO, che sta prendendo le distanze dai suoi alleati atlantisti.
Per approfondire questo argomento, vedere il seguente link:
Antecedentemente punta di diamante nella lotta contro la Siria, Ankara teme ora che il progetto occidentale porterà allo smembramento della Turchia con il risveglio dell'irredentismo curdo. Il presidente Erdogan si sta impegnando quindi per creare una barriera umana araba nell'area di confine tra Turchia e Siria, insediando in questo settore i 3,5 milioni di rifugiati Siriani presenti nel suo territorio, per eliminare così questo gravame umano e finanziario in prospettiva delle prossime elezioni.
Noti per la loro flessibilità, e benché inquadrati da Americani e da Francesi, i Curdi hanno fatto appello al presidente siriano Bashar al-Assad per ‘’difendere l’integrità territoriale" della Siria e incrociare le armi contro la Turchia, nonostante siano stati tra i grandi architetti dello smembramento del loro paese ospitante.
Oltre questa ripresa bellicosa, si pone la questione della razionalità occidentale e dei loro alleati curdi nella guerra siriana:
Riguardo ai Curdi: l’alleanza con gli Stati Uniti, artigiani della cattura di Abdullah Ocalan - leader carismatico del movimento separatista curdo in Turchia - e la richiesta alla Siria, dopo aver contribuito al declino del suo stato centrale, è come minimo un'incoerenza. 
Riguardo agli Occidentali: opporsi all'indipendenza della Catalogna e della Corsica e invece provocare la spartizione della Siria è quantomeno una duplicità nociva alla credibilità del loro discorso moralizzatore.

Allo scoppio della guerra in Siria, la presenza russa era ai minimi termini. Sette anni dopo, la Russia ha una base aerea importante a Hmeiymin, sulla costa siriana - la prima in Medio Oriente dal tempo degli zar - ed una seconda base navale a Tartus. La Cina, ha uno scalo in Tartus adiacente alla base navale russa: la prima calata militare cinese nel Mediterraneo dalla notte dei tempi. 
 In crisi con la NATO, di cui è membro fondatore, la Turchia si avvicina notevolmente a Iran e Russia, leader della sfida all'egemonia israelo-occidentale in Medio Oriente. l'Iran è ora militarmente presente in Siria, al confine con Israele, mentre lo Stato ebraico ha perso il controllo assoluto del cielo, come dimostra la distruzione di un bombardiere israeliano F16 nello spazio aereo siriano, e gli Hezbollah libanesi, agguerriti dai combattimenti in Siria, sono diventati grandi decisori regionali. Di chi è la ‘’colpa’’?

Per approfondire l’argomento
http://www.madaniya.info/2018/01/05/le-mic-mac-de-la-france-dans-son-projet-de-creation-dun-etat-sous-controle-kurde-a-raqqa-en-syrie/
https://www.les-crises.fr/nos-cris-dindignation-a-propos-du-siege-de-ghouta-sonnent-creux-car-nous-ne-ferons-rien-pour-sauver-les-civils-par-robert-fisk/

traduzione: Maria Antonietta Carta