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martedì 10 dicembre 2013

Premio Pulitzer rivela: sul gas sarin Obama manipolo' intelligence

La denuncia arriva da uno dei piu' noti giornalisti investigativi statunitensi, il premio Pulitzer Seymour Hersh. In un lungo articolo pubblicato dalla London Review of Books, il giornalista ha accusato il governo americano di "deliberata manipolazione" delle notizie di intelligence sulle armi chimiche in Siria .



Whose sarin?

Seymour M. Hersh




Seymour Hersh : " Obama e il gas siriano. 'Nessuna prova sull’attacco di Assad' "


La Repubblica- 10 dicembre 2013



Barack Obama non ha raccontato tutta la storia quando ha cercato di sostenere che Bashar al-Assad era il responsabile dell’attacco chimico compiuto nei pressi di Damasco il 21 agosto. In alcuni casi ha omesso importanti informazioni di intelligence, in altri ha presentato semplici ipotesi come se fossero fatti. Soprattutto non ha ammesso una cosa nota ai suoi servizi segreti, e cioè che non è solo l’esercito siriano ad avere accesso al sarin (il gas nervino che è stato usato nell’attacco, secondo quanto accertato dall’Onu), nella guerra civile in corso nel Paese mediorientale. Nei mesi precedenti, le agenzie di intelligence americane hanno prodotto una serie di rapporti altamente riservati contenenti prove che il Fronte Al Nusra, un gruppo jihadista affiliato ad Al Qaeda, possedeva le competenze tecniche per creare il sarin ed era in grado di fabbricarne in abbondanza. Al momento dell’attacco, Al Nusra avrebbe dovuto essere fra i sospettati, ma l’amministrazione Obama ha scelto solo le informazioni che servivano per giustificare un attacco contro Assad.


Nel suo discorso televisivo del 10 settembre, Obama ha accusato con forza il governo di Assad dell’attacco chimico contro il sobborgo di Ghouta Est, controllato dai ribelli. Il presidente citò un elenco di prove apparenti della colpevolezza di Assad. «Nessuno, tra quelli con cui ho parlato, dubita delle informazioni», ribadì il suo capo di gabinetto, Denis McDonough. Tuttavia, parlando recentemente con ufficiali e consulenti dei servizi segreti e delle forze armate, in pensione e non, ho riscontrato serie preoccupazioni, e occasionalmente anche rabbia, per quella che è stata vista da più parti come una deliberata manipolazione dei servizi segreti. Un ufficiale di alto livello dell’intelligence, in un’email spedita a un collega, ha definito le assicurazioni dell’amministrazione Obama sulla colpevolezza di Assad una «furberia ». L’attacco, ha scritto l’ufficiale, «non è stato il risultato del regime al potere». Un ex alto funzionario dei servizi segreti mi ha detto che l’amministrazione Obama aveva alterato tempi e sequenza delle informazioni disponibili per consentire al presidente e ai suoi collaboratori di far sembrare che informazioni ottenute giorni dopo l’attacco fossero state raccolte e analizzate in tempo reale, mentre l’attacco era in corso.
L’assenza di un allarme immediato all’interno dei servizi di intelligence americani dimostra che i servizi segreti non avevano nessuna informazione sulle intenzioni siriane nei giorni precedenti all’attacco. E ci sono almeno due modi in cui gli Usa avrebbero potuto venirne a conoscenza prima, entrambi accennati in uno dei documenti top secret divulgati nei mesi scorsi da Edward Snowden. Il 29 agosto, il Washington Post ha pubblicato estratti del budget annuale per tutti i programmi nazionali di intelligence, fornito da Snowden. C’era una sezione dedicata alle aree problematiche: una di queste era la lacuna di informazioni dall’ufficio di Assad. Nel documento si diceva che la Nsa non aveva più accesso alle conversazioni dei vertici delle forze armate siriane, che potevano includere comunicazioni fondamentali da parte di Assad, come gli ordini per un attacco chimico.

Gli estratti del Washington Post hanno fornito anche la prima indicazione di un sistema segreto di sensori all’interno della Siria per conoscere in anticipo qualsiasi cambiamento nella situazione dell’arsenale chimico del regime. I sensori sono monitorati dall’Nro (Ufficio nazionale di ricognizione), l’organismo che controlla tutti i satelliti dei servizi segreti americani. Secondo il riassunto del Washington Post, l’Nro ha anche il compito di «estrarre i dati provenienti dai sensori sul terreno », dislocati all’interno della Siria. Questi sensori forniscono un monitoraggio costante dei movimenti delle testate chimiche in mano all’esercito siriano, ma nei mesi e nei giorni prima del 21 agosto, dice sempre l’ex funzionario, non hanno riscontrato alcun movimento. È possibile, naturalmente, che il sarin sia stato fornito all’esercito siriano attraverso altri mezzi, ma non essendoci stato nessun preallarme le autorità americane non erano in grado di monitorare gli eventi a Ghouta Est nel momento in cui si stavano svolgendo.
La Casa Bianca ha avuto bisogno di nove giorni per mettere insieme le prove contro il governo siriano. Il 30 agosto ha invitato a Washington un gruppo selezionato di giornalisti e ha distribuito loro un documento che recava scritto in bell’evidenza «Valutazione del Governo» (e non dei servizi segreti). Il documento esponeva una tesi essenzialmente politica a sostegno della posizione della Casa Bianca contro Assad: i servizi segreti Usa sapevano che la Siria aveva cominciato a «preparare munizioni chimiche» tre giorni prima dell’attacco. È la versione degli eventi (falsa, ma che nessuno ha contestato) che ebbe ampia diffusione al momento.
Il Daily Mail fu drastico: «I rapporti dei servizi dicono che le autorità americane sapevano da tre giorni dell’attacco al gas nervino in Siria, in cui sono morte più di 1400 persone tra cui oltre 400 bambini».
Il documento diffuso dalla Casa Bianca e il discorso di Obama non erano descrizioni degli eventi specifici che avevano portato all’attacco del 21 agosto, ma un’esposizione della procedura che l’esercito siriano avrebbe seguito per qualunque attacco chimico.«Hanno messo insieme un antefatto », dice l’ex funzionario dei servizi, «con un mucchio di pezzi e parti differenti». 
È possibile, naturalmente, che Obama non fosse a conoscenza che quel resoconto era stato ricavato da un’analisi del protocollo dell’esercito siriano per eseguire un attacco chimico, invece che da prove dirette. In ogni caso, il risultato è stato un giudizio affrettato.

La stampa seguì l’esempio. Nel rapporto dell’Onu del 16 settembre, che confermava l’uso del sarin, gli ispettori furono attenti a sottolineare che il loro accesso al luogo dell’attacco, che avvenne cinque giorni dopo il 21 agosto, era avvenuto sotto il controllo delle forze ribelli. «Come per altri siti», metteva in guardia il rapporto, «i luoghi sono stati visitati da altri individui prima dell’arrivo della missione […] Nel periodo che abbiamo trascorso in questi siti sono arrivati individui che portavano con sé altre munizioni sospettate, segnale che potenziali prove di questo genere vengono spostate e forse manipolate». Eppure il New York Times, così come le autorità americane e britanniche, presero il rapporto degli ispettori e affermarono che forniva prove decisive a supporto delle tesi della Casa Bianca. In un allegato al rapporto dell’Onu erano riprodotte foto, prese da YouTube, di alcune munizioni recuperate, tra le quali un razzo che «corrisponde indicativamente» alle specifiche di un lanciarazzi da 330mm. Il New York Times scrisse che la presenza di quei razzi sostanzialmente era la prova che la responsabilità dell’attacco era del governo siriano, poiché «non risultava che la guerriglia fosse in possesso delle armi in questione ».
Theodore Postol, professore di tecnologia e sicurezza Nazionale al Mit, ha analizzato le foto dell’Onu insieme a un gruppo di suoi colleghi ed è giunto alla conclusione che quel razzo di grosso calibro era una munizione di fabbricazione artigianale, molto probabilmente realizzata localmente. Mi ha detto che era «qualcosa che si può produttore in un’officina modestamente attrezzata». Il razzo delle foto, ha aggiunto, non corrisponde alle specifiche di un razzo simile, ma più piccolo, a disposizione delle forze armate siriane.

La rappresentazione distorta, da parte della Casa Bianca, delle informazioni a sua disposizione sulle modalità e la tempistica dell’attacco, faceva il paio con la sua determinazione a ignorare le informazioni di intelligence che potevano contraddire quella versione. Queste informazioni riguardavano Al Nusra, il gruppo ribelle islamista designato dagli Stati Uniti e dall’Onu come organizzazione terroristica. Al-Nusra ha messo a segno decine di attentati suicidi contro cristiani e altre confessioni islamiche non sunnite all’interno della Siria, e ha attaccato l’Esercito libero siriano, nominalmente suo alleato nella guerra civile.
L’interesse degli americani per al-Nusra e il sarin originava da una serie di attacchi chimici su piccola scala realizzati a marzo e ad aprile. L’Onu alla fine era giunto alla conclusione che erano stati effettuati quattro attacchi di questo genere, ma senza essere in grado di indicare il responsabile. Un funzionario della Casa Bianca dichiarò alla stampa, a fine aprile, che i servizi segreti avevano valutato, «con un grado di sicurezza variabile», che gli attacchi erano opera del regime. Assad aveva varcato la «linea rossa» fissata da Obama. Quella valutazione fece notizia, ma furono tralasciate alcune precisazioni importanti. Il funzionario della Casa Bianca aveva ammesso che le valutazioni dei servizi segreti «non sono di per sé sufficienti». In altre parole, la Casa Bianca non aveva nessuna prova diretta di un coinvolgimento dell’esercito o del governo siriani. Le dichiarazioni aggressive di Obama fecero colpo sull’opinione pubblica e sul Congresso, che vedono Assad come un assassino spietato.
Due mesi dopo, la Casa Bianca cambiò registro e dichiarò che i servizi segreti ora avevano «un elevato grado di sicurezza» riguardo alla responsabilità del governo Assad per le 150 vittime degli attacchi con il sarin. I giornali tornarono a parlarne con grande enfasi e alla stampa venne raccontato che Obama, di fronte alle nuove informazioni, aveva ordinato di aumentare i rifornimenti (non letali) all’opposizione siriana. Anche in questo caso, però, c’erano delle precisazioni importanti: tra le nuove informazioni di intelligence c’era un rapporto in cui si diceva che gli attacchi erano stati pianificati ed eseguiti da esponenti del Governo siriano, senza fornire particolari. Questa dichiarazione contraddiceva le informazioni che in quel momento stavano affluendo agli organismi di intelligence statunitensi.
Il 20 giugno, un cablogramma top secret di quattro pagine, che riassumeva quello che era stato scoperto sul potenziale chimico di al-Nusra, fu inoltrato a David Shedd, vicedirettore della Dia (i servizi segreti militari). Era stato anche recuperato — con l’aiuto di un agente israeliano — un campione del sarin utilizzato, ma secondo il consulente di questo campione nei cablogrammi non si è più parlato.

Sia in pubblico che in privato, dopo il 21 agosto l’amministrazione Obama ha ignorato le informazioni disponibili sul potenziale accesso al sarin di al-Nusra e ha continuato a sostenere che il Governo di Assad era l’unico a disporre di armi chimiche.
Il proposto attacco missilistico americano contro la Siria non ha mai trovato consenso nell’opinione pubblica e Obama si è affrettato a ripiegare sulla proposta dell’Onu e della Russia per lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano. Le possibilità di un’azione militare sono tramontate definitivamente il 26 settembre, quando la Casa Bianca ha approvato insieme alla Russia una bozza di risoluzione Onu che esortava il Governo di Assad a sbarazzarsi del suo arsenale chimico.
La risoluzione, adottata il 27 settembre dal Consiglio di sicurezza, diceva indirettamente che anche le forze ribelli, come al-Nusra, avrebbero dovuto disarmare, e affermava che nel caso un «attore non statale» fosse entrato in possesso di armi chimiche, il Consiglio di sicurezza avrebbe dovuto essere immediatamente informato. Non era citato esplicitamente nessun gruppo.

Mentre il regime siriano prosegue con l’eliminazione del suo arsenale chimico, il paradosso è che al-Nusra e i suoi alleati islamisti, una volta distrutte le riserve di agenti precursori in possesso del regime, potrebbero finire per essere l’unica fazione in Siria ad avere accesso agli ingredienti per fabbricare il sarin, un’arma strategica unica in zona di guerra.


Queste e altre manipolazioni delle realtà hanno portato il mondo sull’orlo di una nuova guerra mondiale. Obama, alla fine ci ha ripensato, e oggi sta cercando, insieme a John Kerry, una soluzione diplomatica alla guerra (la distensione con Teheran sul nucleare va vista anche in questa ottica). E questo oggi conta più del pregresso. Altri, sia negli Usa come in Europa, insistono sulle loro posizioni intransigenti, allora giunte al parossismo, ostacolando i tentativi di pacificazione. E la fabbrica della manipolazione che lavora attorno a questa guerra è ancora in servizio attivo. L’inchiesta di Hersch ne ha rivelato solo la punta dell’iceberg.Piace terminare questa lunga nota – ce ne scusiamo ma valeva la pena di dare spazio alla cosa, articoli del genere si leggono una volta ogni dieci anni – accennando alla statura umana del cronista in questione. Il suo articolo ha suscitato reazioni forti negli Usa. Alle quali ha risposto: «Rispetto a questioni tanto gravi» i miei «travagli» di giornalista «sono davvero poca cosa». 
Coraggio, intelligenza e modestia, forse mai premio Pulitzer fu più meritato.
http://www.piccolenote.it/16088/lattacco-chimico-di-goutha-in-siria-le-manipolazioni-che-potevano-scatenare-una-nuova-guerra 
Queste e altre manipolazioni delle realtà hanno portato il mondo sull’orlo di una nuova guerra mondiale. Obama, alla fine ci ha ripensato, e oggi sta cercando, insieme a John Kerry, una soluzione diplomatica alla guerra (la distensione con Teheran sul nucleare va vista anche in questa ottica). E questo oggi conta più del pregresso. Altri, sia negli Usa come in Europa, insistono sulle loro posizioni intransigenti, allora giunte al parossismo, ostacolando i tentativi di pacificazione. E la fabbrica della manipolazione che lavora attorno a questa guerra è ancora in servizio attivo. L’inchiesta di Hersch ne ha rivelato solo la punta dell’iceberg.
Piace terminare questa lunga nota – ce ne scusiamo ma valeva la pena di dare spazio alla cosa, articoli del genere si leggono una volta ogni dieci anni – accennando alla statura umana del cronista in questione. Il suo articolo ha suscitato reazioni forti negli Usa. Alle quali ha risposto: «Rispetto a questioni tanto gravi» i miei «travagli» di giornalista «sono davvero poca cosa». Coraggio, intelligenza e modestia, forse mai premio Pulitzer fu più meritato.