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venerdì 27 settembre 2019

Alle Nazioni Unite, il Card Parolin esorta a trovare una soluzione alla Siria... e chiede l'abrogazione delle sanzioni

Dopo otto anni di guerra in Siria, è "urgente", afferma il cardinale Parolin, "uscire dalla stagnazione politica e avere il coraggio di cercare nuove vie di dialogo e nuove soluzioni, in uno spirito di realismo e preoccupazione delle persone coinvolte ".
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ha parlato alla 74a Assemblea generale delle Nazioni Unite nella riunione ministeriale di alto livello sulla Siria a New York il 24 settembre 2019. Riferendosi alla sofferenza della popolazione civile,  ha chiesto l'abrogazione delle sanzioni, il sostegno al ritorno volontario e l'incoraggiamento alla presenza dei cristiani.
Il rappresentante della Santa Sede ha inoltre esortato "a rispettare rigorosamente i principi del diritto internazionale umanitario", "a superare gli interessi partigiani e a rispettare i diritti e le aspirazioni del popolo siriano".
Idleb

Ecco la traduzione di ZENIT  del discorso del cardinale Parolin, pronunciato in inglese.

Discorso del cardinale Pietro Parolin
Signora Alto Rappresentante,
Vorrei esprimere la mia gratitudine all'Unione Europea per l'organizzazione dell'evento di oggi e il mio sostegno per le sue varie iniziative, in particolare le conferenze di Bruxelles, che mirano a trovare una soluzione politica duratura al conflitto in Siria. La Santa Sede continua a seguire con grande preoccupazione questa tragedia che ha afflitto il popolo siriano per oltre otto anni, creando una drammatica situazione umanitaria. È in questo contesto che papa Francesco scrisse al presidente Bashar al-Assad alla fine di giugno.
La Santa Sede ha sempre insistito sulla necessità di rispettare rigorosamente i principi del diritto internazionale umanitario e di cercare una soluzione politica praticabile per porre fine al conflitto, superare gli interessi di parte e rispettare i diritti e le aspirazioni del popolo siriano. Ciò deve essere fatto con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, dei negoziati e con la partecipazione della comunità internazionale.
Per quanto riguarda la sofferenza della popolazione civile, la Santa Sede desidera sottolineare tre aspetti:
  1. le sanzioni imposte creano anche pesanti oneri per la popolazione civile. In effetti, gli enti di beneficenza che lavorano sul campo hanno ripetutamente sottolineato gli effetti dannosi di queste sanzioni sui civili, chiedendo la loro abrogazione;
  2. la questione del ritorno dei profughi e della riconciliazione. La Santa Sede invita la comunità internazionale a sostenere e incoraggiare il loro ritorno sicuro e volontario, nonché quello degli sfollati;
  3. I cristiani e le minoranze religiose hanno sempre avuto un ruolo specifico nel tessuto sociale del Medio Oriente. La loro presenza deve essere sostenuta e incoraggiata come contributo alla coesione sociale e al necessario processo di riconciliazione. Come ha sottolineato papa Francesco nel suo ultimo discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: "È estremamente importante che i cristiani abbiano un posto nel futuro della regione". La Santa Sede spera che "le autorità politiche non mancheranno di garantire la loro sicurezza e tutto ciò di cui hanno bisogno per continuare a vivere nei paesi di cui sono cittadini a pieno titolo e per contribuire alla loro crescita" (1).
La Santa Sede incoraggia fortemente la comunità internazionale "a non trascurare i molti bisogni delle vittime di questa crisi, e soprattutto a mettere da parte gli interessi di parte per essere al servizio della pace e porre fine alla guerra" (2) .
Dopo otto dolorosi anni di conflitto, è necessario, e persino urgente, uscire dalla stagnazione politica e avere il coraggio di cercare nuovi modi di dialogo e nuove soluzioni, in uno spirito di realismo e preoccupazione per quanti sono coinvolti.  Non è solo la stabilità del Medio Oriente a essere in gioco, ma anche il futuro stesso dei giovani, molti dei quali sono nati e cresciuti al di fuori del proprio paese, che sono spesso privati ​​delle opportunità di istruzione e non dispongono dei prodotti di prima necessità per vivere. Troppo spesso diventano facili prede del crimine e della radicalizzazione. È una questione di dignità e civiltà.
Desidero assicurarvi che la Santa Sede e la Chiesa cattolica in generale manterranno il loro impegno per incoraggiare la ricerca di soluzioni praticabili alla crisi e continueranno a prestare attenzione alla situazione umanitaria, fornendo assistenza alle popolazioni colpite dal conflitto in Siria e ai rifugiati così come alle comunità che li ospitano, senza alcuna distinzione basata sull'identità religiosa o etnica, per coloro che ne hanno bisogno.
Grazie, Signora Alto Rappresentante.
NOTE
  1. Papa Francesco, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede , 7 gennaio 2019.
  2. Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all'incontro di lavoro sulla crisi in Siria e nei paesi vicini , 14 settembre 2018.

domenica 30 settembre 2018

Accogliamo l’invito alla preghiera alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo che ci viene dal Sommo Pontefice

... nella coscienza che il compito che ci è assegnato è proprio la creazione di spazi di verità, di fede e di carità


L'inno ' Sub tuum praesidium' in arabo 

Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
Il Santo Padre ha deciso di invitare tutti i fedeli, di tutto il mondo, a pregare il Santo Rosario ogni giorno, durante l’intero mese mariano di ottobre; e a unirsi così in comunione e in penitenza, come popolo di Dio, nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.
Nei giorni scorsi, prima della sua partenza per i Paesi Baltici, il Santo Padre ha incontrato padre Fréderic Fornos S.I., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera per il Papa; e gli ha chiesto di diffondere in tutto il mondo questo suo appello a tutti i fedeli, invitandoli a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione “Sub Tuum Praesidium”, e con la preghiera a San Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male (cfr. Apocalisse12, 7-12).
La preghiera – ha affermato il Pontefice pochi giorni fa, l’11 settembre, in un’omelia a Santa Marta, citando il primo libro di Giobbe - è l’arma contro il Grande accusatore che “gira per il mondo cercando come accusare”. Solo la preghiera lo può sconfiggere. I mistici russi e i grandi santi di tutte le tradizioni consigliavano, nei momenti di turbolenza spirituale, di proteggersi sotto il manto della Santa Madre di Dio pronunciando l’invocazione “Sub Tuum Praesidium”.
L’invocazione "Sub Tuum Praesidium" recita così:
“Sub tuum praesidium confugimus Sancta Dei Genitrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo Gloriosa et Benedicta”.
[Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta].
Con questa richiesta di intercessione il Santo Padre chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare perché la Santa Madre di Dio, ponga la Chiesa sotto il suo manto protettivo: per preservarla dagli attacchi del maligno, il grande accusatore, e renderla allo stesso tempo sempre più consapevole delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato e impegnata a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga.
Il Santo Padre ha chiesto anche che la recita del Santo Rosario durante il mese di ottobre si concluda con la preghiera scritta da Leone XIII:
“Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen”.
[San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio. Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio, incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen].

giovedì 16 febbraio 2017

Archbishop Bernardito Auza: Security Council open debate on protection of critical infrastructure against terrorist attacks


Intervention of H.E. Archbishop Bernardito Auza
Apostolic Nuncio and Permanent Observer of the Holy See to the
United Nations
United Nations Security Council Open Debate on
Protection of Critical Infrastructure against Terrorist Attacks
 New York, 13 February 2017 

Mr. President,
The open-ended litany of terrorist attacks in cities and villages continues to remind us of the threat of terrorist attacks to civilian infrastructure and thus to civilians populations. This wave of terror, which considers innocent civilians as legitimate targets of violence either directly or indirectly through the destruction of the civil infrastructure on which they depend, must be counteracted by the actions of a unified International Community.
Recent conflicts in the area of ancient Mesopotamia have had a devastating impact on ancient ethnic, religious and cultural minorities that for millennia have inhabited the region. Parties to these conflicts have purposefully sought to destroy the cultural fabric and the historical rootedness of these communities in the region by destroying their religious and cultural heritage sites. The intentional destruction of the infrastructure critical to the survival of these communities — such as schools, hospitals, water supplies and places of worship — has become a strategy to annihilate them collectively, immiserating and eradicating them by attacking the structures that give them a modicum of communal existence.
It is the obligation of the international community, in accord with the U.N. Charter, to protect civilians and their critical infrastructure from the brutality and barbarity of terrorist groups. Part of this obligation is to heighten public awareness of this terrorist tactic and to urge States to maintain a high level of critical infrastructure protection and resilience, as well as public preparedness in case of an attack, to prevent as much as possible the disruption of critical services and the loss of human life.
More effective and lasting measures to protect critical infrastructure against terrorist attacks must therefore be based on policies that reject the unfettered pursuit of profit and narrow geopolitical interests, even at the cost of the destruction of critical civil infrastructure. In this regard, my delegation wishes to reiterate the Holy See’s appeal to weapon-producing nations severely to limit and control the manufacture and sale of weapons, ammunitions and technologies to unstable countries and regions of the world where the likelihood of their illegal use or their falling into the hands of non-State actors remains a real and present danger.
The International Community must also address the role of organized crime in the sale or barter of weapons capable of destroying critical infrastructure. States should be urged to collaborate in this area at both the international and regional levels through the sharing of information and best practices, coordinated policies and joint border controls.
The world must act to prevent terrorists from having access to financial support by terror sponsors. The borderless nature of the terrorist groups perpetrating the destruction of critical infrastructure requires the international community to control cyber technologies that violent groups use to recruit new adherents, finance their activities and coordinate terror attacks.
Mr. President,
Pope Francis has spoken on a number of occasions of our age as a time of war, namely, “a third world war that is being fought piecemeal, one in which we daily witness savage crimes, brutal massacres and senseless destruction,”[1] like the destruction of infrastructures critical to the existence of entire populations.
The International Community must come together as one to put an end to this “war fought piecemeal.” This unity is necessary if the International Community is going to achieve the shared objective of protecting critical infrastructure against terrorist attacks. This common goal will be achieved most quickly and effectively through an unselfish sharing of critical information and best practices, of resources and technologies among States, in particular with those States least capable of protecting their critical infrastructure and populations from terrorist attacks.
Thank you, Mr. President.

Il Vaticano: Di fronte alla «guerra mondiale combattuta a pezzi» e alla minaccia di attacchi a strutture sensibili, la comunità internazionale agisca unita nel contrastare il traffico illegale di armi e il sostegno finanziario al terrorismo. 

Questo l’appello della Santa Sede all’Onu di New York, pronunciato dall’arcivescovo Bernardito Auza: 

lunedì 28 maggio 2012

La vérité sur Houlé

VOX CLAMANTIS – 26 maggio 2012
Traduzione dal francese a cura della Fraternità Maria Gabriella
Domandiamo agli nostri lettori di non lasciarsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Houle. Contrariamente a quanto viene affermato dai media e dalle nostre prime informazioni raccolte, l’armata siriana regolare non si è posizionata e non ha bombardato Houlè.

Si tratta, da parte dei terroristi, di un colpo montato al quale l'opinione pubblica è già molto abituata e, da parte del governo di una dimissione inaccettabile, che lascia civili innocenti affidati alla sua protezione e forze dell'ordine in numero insignificante essere oggetto di impressionanti attacchi da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto ed armati fino ai denti, con la pura missione di “creare” le  vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue.

Questo coincide con l'annuncio della prossima visita di Kofi Annan e lo scopo è quello di screditare questa missione, gettandone tutto il biasimo sulle legittime  autorità siriane. Le notizie che noi forniamo vengono da testimoni oculari che vivono sui luoghi. Essi non hanno per finalità quella di “proteggere” il regime ma di “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e consegnata alla selvaggia furia dei terroristi.

La verità su Houle

Ecco ciò che noi abbiamo ricevuto da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Houle:

“Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le otto di sera. Hanno attaccato le barricate delle forze dell'ordine intorno all'ospedale e hanno ucciso e ferito circa 35 elementi tra le forze dell'ordine, poi sono penetrati nell'ospedale statale. All'interno dell'ospedale si trovavano i pazienti e le equipes sanitarie e alcuni familiari che accompagnavano i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poli hanno bruciato l'ospedale dopo aver trasportato i cadaveri. Sui canali video dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della salute”. Questo prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono in seguito dirette verso le case circostanti, hanno massacrato i loro abitanti, hanno bruciato cinque case dopo aver trasportato i cadaveri. Dei rinforzi sono arrivati da parte delle forze dell'ordine. Ci sono stati scambi di fuoco e nove terroristi sono stati uccisi.

Sulla via, essi si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo di aver venduto dei medicinali a un membro del servizio dell'ordine ed hanno bruciato la sua farmacia.

Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tel Do. Hanno investito il quartiere sud e hanno massacrato famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato fuoco dopo aver trasportato i cadaveri.
I cadaveri raccolti sono stati ammassati  in una moschea per mostrarli agli osservatori dell'ONU come se fosse stato un massacro perpetuato dall'armata regolare.

Diverse notizie dalla regione di Homs e di Hama

A Salamiyeh, grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti di cui un gran numero sono oppositori ( comunisti e houranis) c'era un funerale e le persone venivano a presentare le loro condoglianze, bande armate vestite con degli “schmakhs”, copricapi dei beduini del deserto, senza dubbio per incitare gli abitanti di Salamiyeh a credere che questi fossero i loro vicini i beduini del deserto “badiyat” e fomentare la guerra civile. Le bande armate di PKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti, uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.

Nel villaggio di Siphonyeh, presso Kattineh, a 15 km a nord di Homs, bande armate si sono introdotte in gran numero e hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi  6 bambini e anche il suo vicino e suo figlio. Hanno anche bruciato le case prima di ritirarsi,
Tutta la campagna di Kusayr è a ferro e  fuoco, in un vuoto di sicurezza spaventoso. Da due settimane  la guerra civile è cominciata tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti. E sunniti del villaggio di Saargi, contrabbandieri e banditi, hanno cominciato a uccidere e rapire civili dei villaggi sciiti di Safsafè, Zeytè, Hawik . Per proteggersi gli sciiti hanno dovuto prendere le armi perché i sunniti attaccavano con fucili, mitragliatrici e mortai e RPG. Gli sciiti sono stati presi di sorpresa perché essi non erano armati ma alcuni possedevano armi personali. Gli sciiti hanno rapito due sunniti della famiglia Hseykeh e fino ad oggi l'atmosfera è molto tesa. Un antico contenzioso opponeva questi due villaggi ma essi avevano celebrato una grande riconciliazione con la presenza dello Cheikh Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Erano stati invitati villaggi all'intorno e i notabili cristiani di Kusayr  erano stati invitati. Purtroppo la consegna delle bande armate è di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell'assenza di forze dell'ordine o davanti alla loro impotenza, non c'è altra alternativa per gli abitanti che proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.

Come abbiamo spiegato nel nostro articolo di ieri, le città e villaggi si organizzano verso un'autonomia di sicurezza a partire dalle alleanze e dagli equilibri tribali sottili e inimmaginabili, per esempio ,come noi dicevamo, l'accordo realizzato tra Nebek e Flitta: “non rapite più i nostri sennò noi interdiremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nabek.”

Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione della sua presenza rispetto alla sicurezza, in virtù della quale il mosaico siriano si fratturi in una logica di affinità confessionali tribali o politiche, in base ad alleanze, a rifiuti, a tradimenti , per un riallineamento alla maniera libanese? Sinistra prospettiva….
Vox Clamantis
Vox Clamantis est un centre d’information du diocèse grec melkite catholique de Homs, Hama et Yabroud

AGGIORNAMENTO DA VOX CLAMANTIS 
31 maggio 2012 – Redatto da Frére Jean

 Il generale Suleiman, Presidente del tribunale militare, capo dell'investigazione sul massacro di Houlé (del 26 maggio 2012) ha dato questa sera i risultati preliminari, basati su dichiarazioni di testimoni oculari presenti sulla scena, ed anche sullo studio dei rilievi militari e penali:
Il Generale ha detto che dopo la preghiera del venerdì, 600-800 uomini armati hanno attaccato di sorpresa le 5 postazioni di controllo tenute dalle forze di sicurezza siriane nella regione di Taldo. Tutte le armi furono utilizzate in questo attacco, compresi cannoni di mortaio. Le forze di sicurezza hanno cercato di respingere questi attacchi. Allo stesso tempo delle bande armate si sono sparpagliate intorno alle posizioni del national hospital di Taldo e della piazza dell'orologio. Hanno massacrato famiglie parenti del Deputato Abdel Karim di Taldo che ha sfidato l'embargo dell'opposizione nelle ultime elezioni parlamentari. Le famiglie massacrate sono note per essere pacifiche e vicine al regime. I cadaveri sono stati trasportati su veicoli dei terroristi per essere riuniti nella moschea. Un altro gruppo armato si è diretto su Shumariyeh a pochi chilometri di distanza e ha massacrato famiglie appartenenti alla confessione di Sciita, anch’esse vicino al regime. Anche questi cadaveri sono stati anche ammassati nella moschea.
Il Generale Suleiman ha assicurato che l'osservazione dei morti mostra che essi furono tutti uccisi da vicino, o da arma da fuoco o da un strumento tagliente. Nessuno porta traccia di obus o schegge metalliche. Nessuno sembra essere stato colpito da un oggetto provocato da un bombardamento. Al momento del massacro di forze siriane stavano respingendo vari attacchi e non potevano disperdersi per un'altra missione. Più quartieri dove i massacri siano stati commessi sono sotto l'autorità dei miliziani ribelli ed è praticamente impossibile alle forze di ordine entrarvi.
 Mr Jihad Makdessi, portavoce del Ministero degli affari esteri ha segnalato che appena al  corrente degli eventi drammatici di Hula, le autorità siriane hanno contattato il Generale Mood, capo osservatore della Nazioni Unite, per chiedergli di recarsi sulla scena. I miliziani ribelli lo attendevano con i corpi delle vittime raccolte da loro.
 Mr Jihad Makdessi, dopo questo atto criminale gravemente condannato dal suo governo, sta cercando di dimostrare che la Siria soccombe a una guerra settaria.
 Anche Vox Clamantis i.D.D. ha saputo da un testimone oculare che il 29 maggio, h 5 del mattino, bande armate attaccarono la stazione di polizia nel villaggio di Dmeineh, sulla strada per Qusayr. Questo villaggio è interamente cristiano e conta circa 400 famiglie greco-cattoliche. Gli scontri sono durati più di due ore e due case hanno ricevuto tutta la forza di proiettili lanciati dai terroristi. La stazione di polizia ha respinto l'attacco in cui un ufficiale di polizia ha perso la vita, e molti sono rimasti feriti. Si sono registrati sette morti tra i miliziani.
 La città di Dmeineh, tagliata fuori come Kusayr del mondo esterno, vive difficili giorni e si prepara a sua volta a evacuare, come è avvenuto per Kusayr e i quartieri cristian di Homs.
 Vox Clamantis in Deserto Damasci è il centro di informazione delle diocesi greco-cattolica di Homs, Hama e Yabroud.


Syrien Eine Auslöschung
13.06.2012 · Das Massaker von Hula ist ein Wendepunkt im syrischen Konflikt. Die westliche Öffentlichkeit beschuldigt, gestützt auf die UN-Beobachter, die syrische Armee. Diese Version kann auf Grundlage von Augenzeugenberichten bezweifelt werden. Demnach wurden die Zivilisten von sunnitischen Aufständischen getötet.
Von Rainer Hermann
http://www.faz.net/aktuell/politik/arabische-welt/syrien-eine-ausloeschung-11784434.html


Ascolta il Messaggio del Nunzio Mons Zenari a Radio Vaticana
http://212.77.9.15/audiomp3/00317947.MP3
"Il massacro di bambini innocenti è un crimine insopportabile, che getta una nuova ombra su questa orribile guerra. Tuttavia, le reazioni indignate degli organi internazionali non bastano. L'Onu deve sostenere e dare voce alle iniziative delle comunità siriane, che tentano di reagire alle violenze in modo costruttivo e non con la vendetta". "Non importa chi sia l'autore di queste stragi - continua il prelato - la spirale di sangue e violenza deve cessare". "Gli osservatori Onu non stanno facendo molto - racconta mons. Zenari - e vi è poca fiducia fra la popolazione sui risultati concreti del piano di Kofi Annan. La popolazione sta tentando di organizzarsi da sola per trovare soluzioni alternative". In questi giorni a Homs, una delle città simbolo della rivolta contro il regime, i leader cristiani cattolici e ortodossi, alawiti, sunniti e rappresentanti della società civile, hanno organizzato una serie di incontri per cercare una soluzione non violente al conflitto. "L'idea - aggiunge il nunzio - è quella di dare un segno di speranza ai siriani e invitarli a mettersi in gioco e a reagire in modo costruttivo e pacifico, contro chi vuole distruggere il Paese". Tali iniziative continueranno nei prossimi giorni e saranno proposte anche in altre città della Siria.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-contro-il-massacro-di-innocenti,-non-basta-la-condanna-dell'Onu-24866.html


Preghiera e digiuno nell’inferno della lotta: l’esperienza di un prete cattolico
Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’Agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che per ora preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione.
Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”.
Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (PA) (Agenzia Fides 28/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39191&lan=ita


PATRIARCA GREGORIO III LAHAM, “FERMARE STRAGI, PIENO APPOGGIO AL PIANO ANNAN
“Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan”: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. In una dichiarazione rilasciata al Sir il presule, commentando le ultime stragi a Hula, Hama, con molti bambini tra le vittime, torna ad invocare “la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo. La comunità internazionale, l’Europa in testa, sappiano aiutare la Siria ad uscire da questa grave situazione. Il mondo aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza - papa Benedetto XVI lo ricorda sempre - non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte ed oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=240632


DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A PROPOSITO DELLA STRAGE DI HULA
La recente strage di Hula, dove ha perso la vita un centinaio di persone, tra cui numerosi bambini, addolora e preoccupa profondamente il Santo Padre e l’intera comunità cattolica, nonché la comunità internazionale, che ha condannato unanimemente l’accaduto.
Nel rinnovare il suo appello alla cessazione di ogni forma di violenza, la Santa Sede esorta le parti interessate e tutta la comunità internazionale a non risparmiare alcuno sforzo per risolvere la crisi attraverso il dialogo e la riconciliazione. Anche i leaders e i credenti delle diverse religioni, con la preghiera e la collaborazione vicendevole, sono chiamati a promuovere con grande impegno l’auspicata pace, per il bene di tutta la popolazione.
http://www.news.va/it/news/71656

venerdì 11 maggio 2012

Attentati a Damasco: la nostra Rassegna Stampa

Da diversi organi di Stampa la lettura dei tragici attentati
( 60 morti, 395 feriti)

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A RIGUARDO DEGLI ATTENTATI DI IERI IN SIRIA
Davanti ai tragici attentati che ieri hanno insanguinato le strade di Damasco non si può che esprimere una ferma condanna e la commossa vicinanza del Santo Padre e della comunità cattolica alle famiglie delle vittime. Questi attentati dovrebbero spingere tutti ad operare una svolta per un rafforzato impegno nel dare attuazione al Piano Annan, che è stato accettato dalle parti in conflitto. Gli attentati di ieri attestano inoltre che la situazione in Siria richiede un impegno congiunto e deciso da parte di tutta la comunità internazionale perché si ponga in atto quel Piano e al più presto siano inviati altri Osservatori. È sempre più attuale l’appello formulato dal Santo Padre il giorno di Pasqua: Occorre intraprendere senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29175.php?index=29175&lang=it


SIRIA/ Khalil Samir: dopo le bombe si avvicina l’incubo della guerra religiosa
.....  Come uscire da questa spirale di violenza?
Le possibilità sono due: o si continua a combattere e il più forte vincerà, o si passa alla diplomazia. La prima soluzione significa che la guerra continuerà senza tregua, dal momento che il Governo, forte dei suoi armamenti, continuerà a combattere. Questo incita l’opposizione a richiedere l’aiuto di Governi contrari al regime di Bashr Al Assad, in particolare l’Arabia Saudita o il Qatar che sono pronte ad intervenire. Il risultato però non cambia e vuol dire migliaia di persone morte per le strade. E’ un’assurdità e va contro lo stesso popolo siriano.
Se i ribelli, continuando a combattere, dovessero far cadere l’attuale dittatura?
Non c’è garanzia che un nuovo governo sia sinonimo di democrazia, poiché chi ha accettato il principio di difendersi con la violenza finirà per usarla e accettarla anche in futuro.

Strage a Damasco: diluvio di menzogne parlare ancora di rivolta popolare contro l'oppressione della dittatura, perchè l'ha superata
......
Che grande responsabilità è dei nostri paesi, che non sanno più che cos’è la moralità, la pietà ed il bene comune. Mi domando come qualcuno può ancora affermare che la pace si costruisce così.
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, alla valorizzazione. E’ evidente che la stragrande maggioranza del popolo siriano, è considerata dall’opposizione armata come insignificante perché non usa le armi , per questo è al di fuori della storia che conta, della storia in cui si raccontano soprattutto le guerre. Così in Siria chi non è a favore della lotta armata è contro la democrazia e quindi non è degno di vivere: non si è solo contro Assad ma anche contro idee diverse dalle proprie, contro appartenenze politiche o religiose differenti, ostili ad un diverso modo di concepire il perseguimento della democrazia.
Chi ragiona ed agisce in questo modo violento non può essere ancora legittimato a dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Non c’è nulla di vero e di sostanziale in in una simile affermazione! Perché se è l’uomo la prima cosa che i diritti devono salvaguardare, perché mai si può trattare l’uomo come carne da macello, sacrificabile? Non si può dire ancora che ‘ la colpa è del cattivo’, non si può essere così ipocriti!
... La domanda è semplice : come si può dire di voler arrivare ad una soluzione pacifica e riempire la Siria di armi ?


Nunzio Apostolico Zenari: impegno internazionale contro le forze ostili alla pace
... L’impressione è che gli attentati compiuti ieri siano strumento di una forza che intende compromettere gli sforzi di pace portati avanti in questo momento e su cui tanta speranza è stata riposta dalla popolazione... Tutti noi dovremmo però ricordare che in discussione non c’è soltanto la pace in Siria, e che quanto avviene in questo paese può avere effetti e conseguenze sull’intera regione”....
http://www.misna.org/copertina/nunzio-apostolico-alla-misna-impegno-internazionale-contro-forze-ostili-a-pace-11-05-2012-813.html
...
D. – Sappiamo che in Siria continuano ad arrivare armi. Fermare questo commercio potrebbe già portare a qualche risultato...
R. – Anche qui la comunità internazionale deve sentirsi impegnata a fermare un eventuale traffico di armi, perché è chiaro che se arrivano le armi, arriva la violenza e quindi arriva il sangue. Bisogna cercare quindi una soluzione negoziata di questo conflitto. Vorrei anche chiudere, per non finire sotto questa cappa di piombo sotto la quale viviamo in questi giorni, dicendo che bisogna cercare la speranza cristiana. Siamo nella città di Damasco, la città dove il giovane Saulo è stato convertito dalla luce di Dio. Dobbiamo avere fiducia in un’arma che è molto potente e che è l’arma della preghiera, l’arma della grazia di Dio: che possa toccare il cuore di tanta gente, di tanti persecutori dell’immagine di Cristo, perché ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio. Quindi, che con quest’arma della preghiera, la comunità cristiana possa ottenere questa grazia del Signore: la conversione di coloro che trafficano armi, che hanno progetti di sterminio, di persecuzione e che possano sentire questa voce di Dio “Perché mi perseguiti?” In fondo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino porta questa immagine di Dio, che deve essere rispettata al massimo.

http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=587226


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» dichiara ad Avvenire l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. «ma veramente l’Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità?».
Ribelli e governo siriano si sono accusati a vicenda sulla responsabilità degli attentati ma il vicario afferma accusando ancora l’Occidente: «I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così. Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. L’Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi li ha fatti, il governo o l’esercito?».
Bruce Riedel, analista della Cia per trent’anni, in un’intervista a Repubblica conferma che «la Siria sta per diventare un nuovo Iraq. Il responsabile dell’attacco è Al Qaeda, con ogni probabilità. La sua specialità è infiltrarsi all’interno di società indebolite, vicine al fallimento, cioè quello che la Siria è diventata oggi. Ed è credibile ritenere che questa strategia sia in atto grazie ad elementi qaedisti arrivati dall’Iraq». Se l’analista della Cia però ritiene che per risolvere la situazione ci voglia un intervento esterno, Nazzaro è categorico: «Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall’esterno, l’effetto è controproducente. Noi non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma rischiamo di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente. C’è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato». ..
http://www.tempi.it/la-siria-rischia-di-diventare-come-liraq-per-colpa-delloccidente

SIRIA: Riflessioni dal vicino Libano
di LUCA PAOLO CIRILLO
Continuano le esplosioni, continuano le morti. Il gioco si ripete: il governo accusa gli insorti, gli insorti accusano il governo. Ma cosa accade in Siria? Di chi è questa rivoluzione? Una possibile risposta arriva dal Libano

Come finirà in Siria?
Continuano le violenze nelle città, ma a fare paura è l'aumento del numero degli stranieri arrivati in Siria per combattere per la democrazia.

 SIRIA - Report del viaggio di Joe Fallisi


Gregorios III: «Voi, complici dell’orrore in Siria»
Maurizio Blondet 12 Maggio 2012
«Ma quale rivoluzione, non c’è più rivoluzione, non ci sono più manifestazioni; c’è solo criminalità e il mondo intero rifiuta di riconoscerla». Davanti all’immane strage nel centro di Damasco, con oltre cinquantacinque morti e 400 straziati, fra cui bambini che andavano a scuola, Gregorios III – il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco – lancia il suo grido esasperato, e solitario.
Non è solo l’atrocità inaudita dell’eccidio, l’evidenza di una mano straniera (non è certo facile, di questi giorni, far arrivare mille chili di esplosivo nel centro della capitale), ma l’evidente malafede dei governi e dei media occidentali a disgustare l’alto prelato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha «condannato il gesto», invitando «entrambe le parti» a rispettare il cessate il fuoco. Ovviamente le fonti dei cosiddetti ribelli e il regime si scambiano accuse: questo accusa «terroristi pagati dall’estero», secondo i primi è stato il regime a farsi da sè l’attentato, quando è evidente che il bersaglio era l’edificio di dieci piani dove ha sede una parte dell’intelligence militare. Il fatto disgustoso è che i media riportano equanimi le due versioni, come se avessero ugual peso. ....
http://effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=135&aid=82251