Traduci

Visualizzazione post con etichetta Cardinal Sarah. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Cardinal Sarah. Mostra tutti i post

venerdì 5 luglio 2019

Card. Robert Sarah: Siamo costruttori di cattedrali

LETTURE PER L'ESTATE (1)
 cattedrale di Santa Maria a Tartus-Syria, 12° secolo

Riprendiamo dal sito Nuova Citeaux questa bella e fondamentale conferenza del Cardinale Sarah, certi che la lettura di questo testo sarà di conforto per i sacerdoti e per ciascuno di noi nel quotidiano cammino di fede e di testimonianza cristiana. 
Ringraziamo il sito La Nef che ha pubblicato l’originale reperibile a questo link: https://lanef.net/2019/06/20/soyons-des-batisseurs-de-cathedrale/  e Sr Maria Francesca Righi che lo ha tradotto dal francese.


Conferenza del Cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, 
Parigi Chiesa di Saint-François-Xavier, 25 maggio 2019.
   Cari amici,
Permettetemi innanzitutto di ringraziare l’Arcivescovo Michel Aupetit, Arcivescovo di Parigi, e il parroco di Saint François-Xavier, Padre Lefèvre-Pontalis per il loro cordiale benvenuto.
 Devo presentarvi il mio ultimo libro: La sera si avvicina e già il giorno declina. In esso analizzo la profonda crisi in Occidente, crisi di fede, crisi della Chiesa, crisi sacerdotale, crisi di identità, crisi del significato dell’uomo e della vita umana, il crollo spirituale e le sue conseguenze.
Vorrei questa sera, ripetere le profonde convinzioni che vivono in me mettendole in prospettiva con la commovente visita che ho fatto ieri.
 Qualche ora fa ero alla cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Entrando in questa chiesa sventrata, contemplando le sue volte crollate, non potei fare a meno di vederla come un simbolo della situazione della civiltà occidentale e della Chiesa in Europa. Sì, oggi da tutte le parti la Chiesa sembra bruciare. Sembra devastata da un incendio molto più distruttivo di quello della cattedrale di Notre-Dame. Cos’è questo fuoco? Bisogna avere il coraggio di dargli il suo nome. Perché, «dare male il nome alle cose, significa aumentare la sfortuna del mondo».
Questo fuoco, questo incendio che devasta la Chiesa soprattutto in Europa, è la confusione intellettuale, dottrinale e morale; è la vigliaccheria che non fa annunciare la verità su Dio e sull’uomo; che non fa difendere e trasmettere valori morali ed etici della tradizione cristiana; è la perdita della fede, dello spirito di fede, la perdita del senso dell’oggettività della fede e quindi la perdita del senso di Dio.
Come scriveva Giovanni Paolo II in Evangelium Vitae: «Nel ricercare le radici più profonde della lotta tra la «cultura della vita» e la «cultura della morte», …occorre giungere al cuore del dramma vissuto dall’uomo contemporaneo: l’eclissi del senso di Dio e dell’uomo, tipica del contesto sociale e culturale dominato dal secolarismo, che coi suoi tentacoli pervasivi non manca talvolta di mettere alla prova le stesse comunità cristiane… e questo produce una sorta di progressivo oscuramento della capacità di percepire la presenza vivificante e salvante di Dio».
Cari amici, la cattedrale di Notre-Dame aveva una freccia che era come un dito teso verso il cielo. Questa freccia sembrava orientarsi a Dio. Nel cuore di Parigi, sembrava dire a tutti il ​​significato ultimo di tutta la vita.
  Questa freccia simboleggiava l’unica ragion d’essere della Chiesa: guidarci verso Dio, orientarci verso di Lui. Una Chiesa che non è orientata verso Dio è una Chiesa che muore e crolla. La guglia, la freccia della cattedrale di Parigi è crollata: non è un caso! Nostra Signora di Parigi simboleggia tutto l’Occidente. A forza di allontanarsi da Dio, l’Occidente sta collassando.
 Simbolizza la grande tentazione dei cristiani in Occidente: a forza di non essere più rivolti a Dio, a forza di rivolgersi a se stessi, muoiono.
 Sono convinto che questa civiltà stia vivendo una crisi mortale. Come ai tempi della caduta di Roma, le élite di oggi si preoccupano solo di aumentare il lusso della loro vita quotidiana e i popoli sono anestetizzati da divertimenti sempre più volgari.
  Come vescovo, ho il dovere di avvertire l’Occidente! Il fuoco della barbarie vi minaccia! E chi sono i barbari? I barbari sono coloro che odiano la natura umana, i barbari sono coloro che disprezzano il significato del sacro, i barbari sono coloro che disprezzano e manipolano la vita e vogliono «aumentare l’uomo»! Quando un paese è pronto a lasciare morire un uomo di fame e sete in uno stato di grande debolezza e dipendenza, cammina sulla via della barbarie! Il mondo intero guardava la Francia esitare a dare da mangiare a Vincent Lambert, uno dei suoi figli più deboli. Miei cari amici, come potrebbe il vostro paese dopo questo dare lezioni di civiltà al mondo? 

  Quando un paese arroga a sé il diritto alla vita e alla morte sui più piccoli e più deboli, quando un paese uccide i bambini non nati nel seno delle loro madri, marcia verso la barbarie! L’Occidente è accecato dalla sua sete di ricchezza! Il fascino del denaro che il liberalismo diffonde nei cuori addormenta i popoli! Nel frattempo, continua la silenziosa tragedia dell’aborto e dell’eutanasia. Nel frattempo, la pornografia e l’ideologia del gender mutilano e distruggono bambini e adolescenti. Siamo abituati alla barbarie, non ci sorprende neanche più!

  La civiltà occidentale è in profonda decadenza e in rovina, nonostante i suoi fantastici successi scientifici e tecnologici e l’apparenza di prosperità! Come la cattedrale di Notre-Dame: vacilla. Ha perso la sua ragione d’essere: mostrare Dio e condurre a Dio. Senza la freccia che incorona l’edificio, le volte crollano.
  Voglio sollevare un grido di allarme che è anche un grido di amore e compassione per l’Europa e l’Occidente: un Occidente che nega la sua fede, la sua storia, le sue radici cristiane è condannato al disprezzo e alla morte! Non è più come una bella cattedrale basata sulla fede, ma piuttosto come una rovina che non ha più senso! Perdendo il senso di Dio, abbiamo minato le fondamenta di tutta la civiltà umana. Una cattedrale proclama per la sua architettura verticale che siamo fatti per Dio. Al contrario, l’uomo separato da Dio è ridotto alla sua sola dimensione orizzontale.
  Se Dio perde il suo carattere centrale e il suo primato, l’uomo perde il suo giusto posto, non trova più il suo posto nella creazione, nelle relazioni con gli altri. Il moderno rifiuto di Dio ci fa entrare in un nuovo totalitarismo: quello del relativismo che non ammette nessuna legge se non quella del profitto. Dobbiamo spezzare le catene che questa nuova ideologia totalitaria vuole imporci!
  Se l’uomo si rifiuta e si taglia fuori da Dio, sembra un fiume immenso e maestoso, ma tagliato fuori dalla sua fonte, prima o poi si seccherà e scomparirà. Se l’uomo nega Dio e lo rifiuta, sembra un albero gigantesco che non ha radici: morirà senza indugio. Nicolas Berdiaeff ha ragione nel dire: «Se Dio non c’è, nemmeno l’uomo c’è, questo è ciò che la nostra era sta scoprendo sperimentalmente. La natura del socialismo è messa a nudo e smascherata, i suoi ultimi limiti sono evidenti; allo stesso modo è messo a nudo ed evidente il fatto che l’irreligione e la neutralità religiosa non esistono, che la religione del Dio vivente è solo opposta alla religione del diavolo, che alla religione di Cristo è solo opposta la religione dell’Anticristo; il regno dell’umanesimo neutro che voleva stabilirsi nella sfera di mezzo, tra il paradiso e l’inferno, si decompone, e allora si scopre l’abisso superiore e inferiore. Al Dio-Uomo si oppone, non l’uomo del Regno neutro e medio, ma l’uomo-dio, l’uomo che si è messo al posto di Dio. I poli opposti dell’essere e del nulla vengono scoperti».

  Rifiutare a Dio l’opportunità di entrare in tutti gli aspetti della vita umana significa condannare l’uomo alla solitudine. Egli non è più che un individuo isolato, senza origine o destino. Si ritrova condannato a vagare per il mondo come un barbaro nomade, non sapendo di essere il figlio ed erede di un Padre che lo ha creato per amore e lo chiama a condividere la sua felicità eterna. Solo, vagando in un campo di rovine, questo è ciò che l’uomo moderno è diventato, questo è quello che ho vissuto ieri mentre visitavo la cattedrale in rovina.
  La crisi spirituale che descrivo riguarda il mondo intero. Ma ha la sua fonte in Europa. Il rifiuto di Dio nasce nelle coscienze occidentali. Il collasso spirituale ha quindi caratteristiche propriamente occidentali. Vorrei menzionare in particolare il rifiuto della paternità. Abbiamo convinto i nostri contemporanei che per essere liberi, non si deve dipendere da nessuno. C’è in questo un tragico errore.
  Gli occidentali sono persuasi che ricevere sia contrario alla dignità della persona umana. Ora l’uomo civile è fondamentalmente un erede, riceve una storia, una cultura, un nome, una famiglia, una lingua, una religione, una fede, una tradizione, una patria. Questo è ciò che lo distingue dal barbaro. Rifiutarsi di unirsi a una rete di dipendenza, eredità e filiazione ci condanna ad entrare nella giungla della competizione da un’economia abbandonata a se stessa. I costruttori di Notre Dame avevano profondamente inscritto in loro quel senso di dipendenza e trasmissione. Hanno lavorato per decenni e secoli, per i loro discendenti, spesso senza mai vedere se stessi completare il loro lavoro. Sapevano di essere eredi e volevano trasmettere l’eredità. Poiché l’uomo moderno si rifiuta di accettarsi come erede, si condanna all’inferno della globalizzazione liberale in cui gli interessi individuali si scontrano senza altra legge diversa da quella del profitto a qualsiasi prezzo.
  Ma nel mio libro ho voluto ricordare agli occidentali che la vera ragione di questo rifiuto di ereditare, questo rifiuto della paternità è fondamentalmente il rifiuto di Dio. Distinguo profondamente nei cuori occidentali un profondo rifiuto della paternità creatrice di Dio.
  Eppure riceviamo da Dio la nostra natura di uomo e donna. Dio ha creato l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio, lo ha creato, uomo e donna, li ha creati (Gn 1,27). Ora, questo diventa insopportabile per le menti moderne. L’ideologia del genere è quindi il rifiuto di ricevere da Dio una natura sessuata. Alcuni in Occidente arrivano al punto di ribellarsi, ribellarsi e combattere contro Dio. Si contrappongono frontalmente al loro Creatore e Padre. Quindi si mutilano orribilmente e inutilmente per cambiare sesso. Ma fondamentalmente non cambiano nulla nella loro struttura di uomo e donna.   Di fatto, materializzano e rendono più radicali la loro opposizione e la loro rivolta contro Dio. La legge naturale è violentemente respinta e combattuta dalla filosofia e dallo spirito moderni. Ora, San Giovanni definisce il peccato come: Ogni uomo che commette il peccato combatte contro Dio; perché il peccato è la lotta contro Dio (1 Gv 3, 4). Questa negazione è il culmine del rifiuto di Dio, la proclamazione della libertà illimitata come valore assoluto e la giustificazione del peccato. Troviamo un perfetto esempio di questo nell’ideologia del genere. L’Occidente si rifiuta di ricevere, accetta solo ciò che costruisce da solo. Il transumanesimo è l’ultimo avatar di questo movimento. Anche la natura umana, perché è un dono di Dio, diventa insopportabile per l’uomo dell’Occidente.
(la lettura del documento continua dalla pagina 4, sul sito a questo link
https://www.vitanostra-nuovaciteaux.it/wp-content/uploads/Sarah_Siamo_costruttori_di_cattedrali_IT.pdf  )

giovedì 29 maggio 2014

Il Vaticano domanda a USA e Russia il coraggio di un'azione congiunta

Intervista con il Cardinal Sarah, presidente di «Cor Unum»: «Sulla Siria la comunità internazionale si svegli dal torpore»

 «La Santa Sede chiede che le parti in conflitto consentano da subito il dispiegarsi dell’impegno per l’assistenza umanitaria e pongano fine alle ostilità: l’obiettivo deve essere una pace concordata e duratura.  

È paradossale che faccia più notizia un missile che cade su una postazione di miliziani rispetto alla popolazione che muore per la fame e la miseria. 

Occorre ritrovare il coraggio di un’azione congiunta, soprattutto da parte delle grandi potenze come Stati Uniti e Russia, e poi di tutti i Paesi mediorientali coinvolti. 

Non mi sembra giusto progettare di armare o addestrare i combattenti e pretendere nello stesso tempo di cercare le vie della pace».





Vatican Insider, 28 maggio 14

È stata al centro della prima giornata del viaggio in Terra Santa: della guerra fratricida in Siria e della conseguente catastrofe umanitaria  ha parlato il Papa durante la tappa del suo pellegrinaggio ad Amman. 
Venerdì 30 maggio si tiene in Vaticano un summit promosso da «Cor Unum» per coordinare il lavoro delle agenzie che si occupano degli aiuti umanitari nel Paese distrutto dopo tre anni di conflitto. 


Papa Francesco ad Amman, all’inizio del suo pellegrinaggio in Terra Santa, è tornato a chiedere che si riapra il negoziato sulla Siria. Qual è la situazione oggi?

«Intanto dobbiamo dire grazie al Papa che nel corso della sua visita in Terra Santa ha rimesso al centro il problema siriano. La situazione rimane drammatica: la guerra continua, nell’indifferenza della comunità internazionale, e il negoziato per la pace è in fase di stallo. Secondo i dati in nostro possesso oggi si contano circa 140 mila vittime, oltre 9 milioni di bisognosi di assistenza sanitaria, 60% di ospedali distrutti o inagibili. I siriani rifugiati sono più di 2 milioni, la maggior parte nei Paesi dell’area mediorientale e mediterranea, dei quali il 52% circa è composto da bambini e ragazzi sotto i 17 anni. E poi vi sono oltre 6 milioni di sfollati interni. È una catastrofe umanitaria».  

Ha qualche notizia sulla sorte di padre Dall'Oglio?

«Purtroppo no, nessuna notizia ufficiale. Vivo con apprensione le indiscrezioni che sono uscite in questi giorni sulla stampa, e prego affinché si rivelino non vere e padre Dall’Oglio possa tornare presto dai suoi cari».

Qual è la posizione della Santa Sede sul conflitto siriano?

«La Santa Sede chiede che le parti in conflitto consentano da subito il dispiegarsi dell’impegno per l’assistenza umanitaria e pongano fine alle ostilità: l’obiettivo deve essere una pace concordata e duratura. Inoltre riteniamo che debba essere garantita l’integrità territoriale del Paese. Nella Siria di domani ci deve essere posto per tutti, comprese le comunità cristiane ed ogni altra minoranza».

Che cosa dovrebbe fare, secondo lei, la comunità internazionale?

«Intanto dovrebbe risvegliarsi dal torpore nel quale è caduta. È paradossale che faccia più notizia un missile che cade su una postazione di miliziani rispetto alla popolazione che muore per la fame e la miseria. Poi bisogna mettere da parte gli egoismi e lavorare perché si torni al tavolo del negoziato. Ginevra 2 non può segnare il fallimento della strategia di pace: occorre ritrovare il coraggio di un’azione congiunta, soprattutto da parte delle grandi potenze come Stati Uniti e Russia, e poi di tutti i Paesi mediorientali coinvolti. Non mi sembra giusto progettare di armare o addestrare i combattenti e pretendere nello stesso tempo di cercare le vie della pace».

«Cor Unum» ha organizzato un incontro di coordinamento per le agenzie operanti nel contesto della crisi siriana. Perché? Quali saranno i temi al centro della vostra riflessione?

«Abbiamo avvertito l’esigenza, emersa soprattutto dagli organismi cattolici che lavorano nel contesto della crisi, di trovare nuove forme di coordinamento tra di loro e con la Santa Sede. La riunione del 30 maggio, a cui parteciperanno 25 agenzie attive in Siria e nei Paesi limitrofi, ci servirà per fare un bilancio di quanto fatto finora ed evidenziare criticità e priorità per il futuro. Per esempio: è possibile creare una maggiore sinergia tra il lavoro dei vescovi locali e quello progettuale delle agenzie? Come muoverci nell’emergenza educativa e di lavoro che una grande parte della popolazione siriana sta soffrendo? Ricordo che questo appuntamento è in continuità con quello organizzato lo scorso anno, nel mese di giugno. Allora, dopo quella riunione, nacque il primo ufficio di coordinamento delle informazioni a Beirut, il cui lavoro sarà valutato e valorizzato nel corso della riunione».

Che cosa fa il Pontificio Consiglio «Cor Unum» per la Siria?

«Cor Unum svolge un lavoro che coniuga l’assistenza materiale (costruzione di scuole, ospedali, case, fornitura di generi alimentari) con l’accompagnamento spirituale e ideale degli organismi cattolici. Promuoviamo il coordinamento tra i soggetti operanti sul campo e, in molti casi, realizziamo direttamente progetti di sviluppo assieme a partner istituzionali e privati. Una missione sanitaria per bambini siriani rifugiati in Libano, realizzata assieme all’Ospedale Bambino Gesù, a Caritas Libano e a finanziatori esterni, come la Fondazione Raoul Follereau, ha permesso di aiutare già oltre 4 mila bambini. Ma pensate che secondo dati Unicef, sarebbero oltre 5 milioni i bambini che hanno bisogno urgente di aiuto: 10 mila sarebbero quelli rimasti uccisi nella guerra, 1.2 milioni i rifugiati nei Paesi vicini, 3 milioni circa non frequentano le scuole.

E la Chiesa, più in generale, come si sta muovendo in concreto?

«La Chiesa segue l’evoluzione della crisi siriana fin dall’inizio, sia nei suoi aspetti diplomatici che umanitari. Nel suo complesso essa ha stanziato oltre 80 milioni di dollari, che sono stati impiegati in progetti umanitari in diversi settori, come l’assistenza a bambini e anziani, l’alimentazione, la ricostruzione di complessi abitativi e chiese, l’educazione. Le istituzioni che operano oggi sul campo sono più di 62, mentre sono oltre 42 gli organismi cattolici che hanno finanziato questi sforzi. Nel campo educativo, per esempio, sono stati investiti quasi 18 milioni di dollari, per la ricostruzione di scuole, per garantire il diritto allo studio o promuovere corsi formativi. Sono stati raggiunti oltre 310 mila ragazzi, e l’assistenza è arrivata anche ai rifugiati negli Stati confinanti: Libano, Giordania, Turchia, Cipro, Egitto, Iraq, Armenia. Ma c’è ancora moltissimo da fare».

Qual è la situazione delle comunità cristiane? Il cristianesimo rischia di scomparire da Paesi dove è presente sin dall'epoca apostolica. Che cosa chiede la Chiesa?

«Sarebbe uno scandalo che il cristianesimo smettesse di vivere là dove Gesù è nato e ha iniziato la sua predicazione. L’origine della Chiesa è in Medio Oriente e le comunità cristiane si sono rivelate in questi anni utili strumenti per la riconciliazione. Come ha detto Papa Francesco ad Amman, “esse offrono il loro contributo per il bene comune della società nella quale sono pienamente inserite”. Credo che a nessuno convenga soffocare le prospettive di pace che possono dare. La Chiesa perciò chiede una presa d’atto da parte di tutti di questo fatto gravissimo: non possiamo sempre aspettare che una chiesa venga distrutta o magari un religioso venga ucciso, per parlarne. Se il processo di pace ripartirà, come auspichiamo, bisognerà garantire la presenza di tutte le comunità nella nuova Siria. E pensiamo in questo contesto che l’integrità territoriale del Paese debba essere salvaguardata».

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-34413/

Rapporto delle Nazioni Unite: la perdita economica totale dall'inizio del conflitto in Siria è stimata a 143,8 miliardi dollari



read: 

martedì 13 novembre 2012

"Nessun negoziato, vogliamo più armi!"

Con il Papa, speravamo che le parti in conflitto si impegnassero a "non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto"...

 George Sabra, cristiano, nominato  nuovo presidente del Consiglio nazionale siriano e la nuova "Coalizione Nazionale delle Forze di Opposizione" rispondono: "nessun negoziato, vogliamo più armi!"





La riconosciuta Coalizione nazionale siriana: "non abbiamo bisogno solo di pane, ma di armi"

 AsiaNews - 13/11/2012
 La Lega Araba riconosce la Coalizione nazionale siriana di opposizione contro il regime di Bashar al- Assad. Essa sarà l'unica realtà a rappresentare la voce del popolo siriano. La nuova entità è stata creata ieri a Doha (Qatar) al termine di una lunga riunione delle varie componenti dell'opposizione siriana. A capo della Coalizione vi sarà Ahmad al-Khatib Moaz, musulmano sunnita e figlio dell'ex imam della grande moschea di Damasco. Insieme al cristiano George Sabra, nominato di recente leader del Consiglio nazionale siriano (Cns) principale partito di opposizione, Moaz guiderà i partiti e movimenti autori della rivolta contro Assad iniziata nel marzo 2011. I primi a riconoscere la nuova entità sono stati i Paesi del Golfo persico, seguiti dal resto degli Stati arabi. Nelle prossime ore anche i Paesi occidentali dovrebbero dare la propria adesione.
Nonostante gli sforzi politici per coalizzare il panorama dell'opposizione, nulla o poco è stato fatto per creare un'agenda politica in grado di fermare le violenze e imporre un cessate il fuoco. La temuta "discesa agli inferi" annunciata in giugno da mons. Mario Zenari, nunzio a Damasco, in un'intervista ad AsiaNews, è un dato di fatto aggravato dall'abbandono della strada diplomatica a favore delle armi.
Entrambi i nuovi leader dell'opposizione siriana hanno sottolineato che l'unica via per sconfiggere Assad e aiutare il popolo siriano è la lotta armata. Secondo Moaz, deve essere la comunità internazionale ad intervenire, come accaduto per la Libia di Gheddafi e l'Iraq di Saddam Hussein. Sabra preme invece per finanziare con armi e denaro i ribelli: "non abbiamo bisogno di solo pane - ha affermato - ma di armi".
http://www.asianews.it/notizie-it/La-riconosciuta-Coalizione-nazionale-siriana:-non-abbiamo-bisogno-solo-si-pane,-ma-di-armi-26345.html


 Dal racconto dell'inviato in Libano cardinale Sarah:

2012-11-13 Radio Vaticana
D. - Eminenza, lei ha quindi incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro Paese?
R. - I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.
D. – Anche perché il conflitto non sembra risolversi in tempi brevi?
R. – Non sembra, non sembra, perché sia il governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così, non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire per discutere e portare la pace in questo Paese.
D. – Lei crede che questa unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?
R. – Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra. Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo siriano.
D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Io penso che se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria. Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo. Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante, non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.

Lega Araba e Ue riconoscono la nuova opposizione unificata. Si aggrava l’emergenza umanitaria

Radio Vaticana 13/11/2012
Sulle possibili vie di pacificazione in Siria, Giancarlo La Vella ha intervistato don Renato Sacco, di Pax Christi
R. - Se vogliamo evitare il peggio, se davvero la guerra è una avventura senza ritorno, bisogna mettere in campo tutto quello che può favorire un’uscita dal conflitto e non un acuirsi dello scontro, cercando di essere dalla parte delle vittime, cercando di dialogare con tutte le parti in conflitto. Credo che anche la Siria, nella attuale confusione, non debba essere letta soltanto in chiave bellica, nel senso di dire unicamente “appoggiamo gli insorti o appoggiamo il regime, armiamo l’uno o armiamo l’altro”; dobbiamo, invece, cercare strade diverse, che non parlino solo di armi.
D. - Secondo lei, servirebbe a qualcosa se il presidente Assad facesse un passo indietro, ovvero accettasse un’uscita incruenta dallo scenario politico siriano?
R. - Senza dubbio servirebbe, ma forse dovremmo metterlo nelle condizioni di operare una scelta del genere, facendo tutti un passo indietro dalla logica di guerra e indicando anche altri percorsi e altre strade.
D. - Purtroppo sembra rimanere in secondo piano, nel dibattito internazionale, quello che è il crescente dramma umanitario…
R. - Sì. Credo che, come credente, sia doveroso dire: “Mettiamo in evidenza il dramma delle vittime, dei profughi” e da lì leggiamo la situazione. Proprio da lì la dobbiamo partire, non dalle stanze dei potenti.

NOME NUOVO PER “VECCHIA OPPOSIZIONE”, UNA VOCE FUORI DAL CORO

MISNA, 13/11/2012
Un “maquillage”, un nome nuovo “perché con il vecchio non era più possibile andare avanti”, un “teatrino promozionale allestito in Qatar” ma restano la stessa struttura di comando e le stesse parole d’ordine “prive di reale senso politico” ovvero “no al negoziato, sì all’intervento armato”: Haitham Manna, voce storica dell’opposizione siriana e dirigente del Comitato nazionale di coordinamento per il cambiamento democratico della Siria, non ha parole tenere per la neonata Coalizione nazionale siriana (Cns, ma per esteso il suo nome è Coalizione nazionale dei poteri siriani della rivoluzione e dell’opposizione). Formata nel fine settimana in Qatar, la Coalizione si propone come legittimo rappresentante della Siria delle opposizioni, e ieri ha anche ottenuto primi riconoscimenti da Consiglio di cooperazione del Golfo e Lega Araba. Alla MISNA, che lo raggiunge telefonicamente, Manna dice però che la Coalizione “altro non è che una riedizione del vecchio Consiglio nazionale siriano, con gli stessi uomini in plancia di comando, le stesse idee, e gli stessi sostenitori”.
Per il dirigente dell’opposizione sentito dalla MISNA, nulla è cambiato negli equilibri interni alle opposizioni, “e la strada indicata dalla Coalizione non è quella che può portare a una soluzione politica del conflitto” né prepara a quella “necessaria pianificazione politica” se veramente si volesse ricorrere a un intervento armato che “porterebbe il paese alla completa rovina”.
Manna è per i negoziati, per coinvolgere l’intera comunità internazionale e andare oltre gli Stati e gli interessi di parte: “Con la Russia – aggiunge – si deve arrivare a un compromesso
storico che possa aprire la strada della pace. Se la comunità internazionale dovesse veramente sostenere la Coalizione, andrebbe in chiara contraddizione con l’operato dell’inviato in Siria di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, che sta invece cercando soluzioni praticabili sul piano politico”.
Eppure ieri, proprio i ministri degli Esteri della Lega Araba riuniti al Cairo hanno dato il benvenuto alla nuova formazione e “invitato gli altri gruppi dell’opposizione a farvi parte”. Più deciso e scontato il sostegno del Consiglio di cooperazione del Golfo che ha invece legittimato il gruppo come rappresentante del popolo siriano.
“Non vedo soluzioni seguendo la strada indicata dalla Coalizione” conclude Manna. “I soldi del Qatar non bastano, senza il coinvolgimento della comunità internazionale nel suo insieme e senza negoziati non si arriverà ad alcun risultato”.