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sabato 16 settembre 2017

Siria: Siamo alla fine della partita


N.E.O. 12.09.2017 , di  Tony Cartalucci*
Mentre le forze siriane raggiungono il fiume Eufrate, rompendo l'assedio della città siriana orientale di Deir ez-Zor, Damasco e i suoi alleati, insieme agli stati sponsor che alimentano la militanza che ha consumato la Siria negli ultimi 6 anni, stanno disponendo i pezzi finali nell'avvicinarsi della fine dei giochi.
Le forze siriane avevano già ripreso la città settentrionale di Aleppo e mentre continuano a proteggere il confine meridionale della Siria con la Giordania e l'Iraq ad ovest dell'Eufrate, lasciano le milizie principali sostenute da Washington, dai suoi alleati europei e dalla NATO, nonché dai suoi partner del Golfo Persico tutti ma sconfitti.
Rimane ancora la città settentrionale di Idlib. Questa è diventata la destinazione finale per i militanti mentre fuggivano o venivano evacuati con operazioni governative da altre aree contestate in Siria. La città e gran parte della provincia circostante si collegano direttamente al confine siriano-turco dove i militanti stanno ancora ricevendo forniture, armi e rinforzi dal territorio della NATO.
Ora che la natura dei militanti sponsorizzati dall'Occidente è pienamente scoperta e con le forze russe e iraniane presenti sul campo di battaglia e profondamente coinvolte nella vittoria di Damasco, è inevitabile che praticamente tutto il territorio a ovest dell'Eufrate ritornerà sotto il controllo di Damasco.
I tentativi politici di preservare Idlib come una fortezza jihadista saranno difficili, considerando la natura terroristica dei gruppi che occupano la città, compresi quelli che operano apertamente sotto la bandiera di Al Qaeda.
  [Vedi anche questo aggiornamento:    "Si sbriciola il fronte islamista in Siria: psicosi di una sconfitta a Idleb  http://m.asianews.it/index.php?art=41800&l=it ]
A est dell'Eufrate
A est dell'Eufrate si trova la città di Raqqa che adesso è campo di battaglia tra le forze Curde sostenute dagli USA e i terroristi dell'ISIS armati e finanziati dai US-Sauditi. Oltre Raqqa, un territorio molto vasto viene rivendicato e controllato da queste forze Curde, mentre l'esercito siriano continua ad occupare delle aree sotto il suo controllo in Qamishli e Al Hasakah.
Di là dell'Eufrate, a est di Deir ez-Zor, è in corso un'offensiva recentemente lanciata da combattenti Curdi dell'SDF probabilmente volta a prevenire l'attraversamento del fiume da parte delle truppe siriane.
L'agenzia Reuters in un articolo intitolato "L'esercito Siriano e le forze sostenute dagli Stati Uniti convergono sullo Stato Islamico in offensive separate", avrebbe riferito che: Le SDF (alleanza militare composta prevalentemente dai Curdi e da altre milizie arabe sostenuti dagli USA) hanno dichiarato di aver raggiunto la zona industriale di Deir ez-Zor, a poche miglia ad est della città dopo aver lanciato le operazioni in zona nei giorni scorsi. L'articolo ha anche riferito che: i progressi di domenica significano che le forze sostenute dagli Stati Uniti e l'Esercito Arabo Siriano coperto dal supporto militare russo, sono separate solo da circa 15 km di terra e dal fiume Eufrate a Deir ez-Zor.
Le forze siriane attraversando il fiume - prendendo e occupando il territorio a est dell'Eufrate - renderanno i tentativi degli Stati Uniti e delle sue proxy di balcanizzare la nazione, ancora più deboli. Con le posizioni dei governativi sparse in territorio tenuto dalle milizie Curde e con una solida posizione a Deir ez-Zor, a est dell'Eufrate, i combattenti Curdi sarebbero costretti a intraprendere una campagna pericolosa e costosa per respingere le forze siriane allo scopo di dividere la nazione. Essa richiederebbe un'assistenza militare americana diretta, rischiando un confronto diretto tra USA e l'esercito siriano e i suoi alleati russi e iraniani. Non è ancora chiaro finora quanto gli Stati Uniti siano disposti a coinvolgersi per ottenere il proprio piano B di balcanizzare la Siria.
Quali carte ci sono ancora sul tavolo?
I responsabili delle politiche statunitensi, da quando il conflitto è iniziato nel 2011, hanno cercare di dividere la Siria e ricavare "paradisi sicuri" che potrebbero essere utilizzati per perpetuare l'instabilità e tentare un cambiamento di regime a Damasco nel lungo periodo, appurato che il cambiamento immediato del regime non si è realizzato. Per gli Stati Uniti, la prospettiva di usare a questo scopo il territorio a ovest dell'Eufrate ora sembra molto improbabile. Anche i tentativi di prendersi il territorio a sud di Damasco lungo il confine siriano-giordano e siriano-iracheno sembrano falliti. Tuttavia, a est dell'Eufrate tramite le SDF, "paradisi sicuri" e permanenti sono molto più probabili. Tuttavia, la loro utilità nell'effettuare un cambiamento di regime a Damasco è trascurabile. I tentativi da parte degli Stati Uniti e dei suoi proxy di controllare nella maggior misura possibile il territorio prima della fine della partita, potrebbero anche non riuscire a materializzare i vantaggi a lungo termine.
Nonostante il il fallimento di cambiamento del regime, gli USA hanno indebolito in modo significativo la Siria. Con gran parte della Siria orientale minacciata di balcanizzazione (una regione in cui risiede gran parte della ricchezza petrolifera della Siria) il recupero socioeconomico sarà indubbiamente lungo e complicato.
Tuttavia, le zone in cui i combattenti Curdi supportati dagli USA si sono trasferiti includendo Raqqa e ora Deir ez-Zor, non sono casa per popolazioni curde. La capacità dei combattenti Curdi di sopraffare sul campo di battaglia i militanti dell'ISIS non si traduce automaticamente nella capacità di mantenere e amministrare il territorio. Nonostante gli Stati Uniti affermino che i combattenti Curdi stanno collaborando con i militanti arabi, dopo il conflitto la tenuta di questa alleanza resta tutta da verificare. Il dubbio degli USA per la "costruzione della nazione" è anche un fattore importante da considerare per quanto riguarda le proposte di divisione e controllo della Siria orientale.
Due possibilità per la Siria orientale
Gli Stati Uniti hanno solo un conflitto perpetuo da offrire ai loro alleati Curdi e Arabi nella Siria orientale: sia con il governo siriano stesso, o con la Turchia, o con conflitti etnici senza fine tra gli stessi alleati americani Curdi ed Arabi. In aggiunta, la nozione di uno Stato Curdo "indipendente", totalmente dipendente dal sostegno e dalla protezione statunitensi, è a ben vedere un paradosso. La probabilità che i Curdi della Siria finiscano per essere subordinati ai Curdi del nord dell'Iraq (supportati dagli USA) mina anche la nozione stessa di "indipendenza".
La Siria e i suoi alleati, d'altra parte, hanno un futuro più sostenibile da offrire alla minoranza Curda. È una certezza di stabilità all'interno dei confini di uno Stato Siriano unificato. Si tratta di un'offerta di protezione dall'aggressione Turca nel nord e contro l'instabilità dovuta a tensioni continue tra i Curdi filo-americani in Iraq e Baghdad nel sud-est. La Siria e i suoi alleati Russi e Iraniani sono anche in una posizione molto più forte nella regione per garantire loro un'offerta che non gli Stati Uniti, un invasore straniero.
Che cosa aspettarsi
Nelle prossime settimane e mesi, a seconda di quanto lontano l'Esercito Siriano andrà e quanto siano sostenibili le sue riconquiste prima di raggiungere i limiti della sua portata tattica e strategica, sarà stabilito per certo la fattibilità del progetto USA di balcanizzare permanentemente il Paese.
Tentativi di inserire dei cunei tra Damasco e i suoi alleati russi e iraniani sono in corso, in particolare con i raid israeliani all'interno della Siria per tentare di spostare le forze russe a vigilare sulle operazioni israeliane. L'uso di Israele come provocatore per fare pressione su Damasco e per deviare il capitale politico, finanziario e militare lontano dalle battaglie critiche, continuerà.
Sono in corso anche dei tentativi per alienare la minoranza Curda della Siria per quanto possibile, per avvelenare qualsiasi tentativo da parte di Damasco di offrire loro un futuro più attraente che non servire come agenti degli Americani nel progetto di balcanizzazione della nazione.
Infine, continuano anche i tentativi di isolare la Siria e i suoi alleati dalla comunità internazionale: in particolare con ripetute accuse sull'uso di armi chimiche. Nonostante la mancanza di successo nell'uso di questa tattica, gli Stati Uniti, attraverso l'ONU, hanno accusato più volte la Siria di utilizzare armi chimiche, con l'obiettivo di giustificare un conflitto più ampio direttamente con Damasco.
Oltre alle battaglie e alle campagne fulminee che si sviluppano sul territorio siriano, gli analisti dovrebbero aspettarsi di vedere anche manovre diplomatiche a tutto campo, avvicinandosi il finale di partita.
 *Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico di stanza a Bangkok, specialmente per la rivista online "New Eastern Outlook".
  (trad. Gb.P.)