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venerdì 22 novembre 2019

Buone Notizie da Damasco


Giungono direttamente a OraproSiria 
da amici di Damasco queste notizie su eventi che stanno accadendo in Siria in questi giorni, ignorati dai media.




Prima notizia, quella del grande annuncio che il presidente Assad ha decretato l'aumento degli stipendi di tutti i dipendenti e di tutti i lavoratori in Siria, sia privati che statali, e anche dei militari. Prevede l'aumento di 20mila Lire Siriane ad ogni lavoratore e 16mila ad ogni pensionato.
Questa notizia ha dato gioia ai siriani, specialmente dopo il recente continuo aumento del valore di cambio del Dollaro che sembrava potesse mettere in ginocchio l'economia del Paese e del popolo siriano a causa dell'aumento del costo della vita, visto che la valuta di riferimento è il Dollaro, mentre la gente deve pagare con la lira siriana. Questo riduceva la popolazione a una vita di grande povertà. Tanti ci chiedono e si chiedono da che parte arrivano questi soldi. Il presidente ha dichiarato che grazie a Dio, la Siria non ha debiti con nessuna banca internazionale e questo è già un buon segno. Ha detto anche che le casse dello Stato sono fornite e possono mantenere e supportare la ricostruzione della Siria per i prossimi dieci anni.
Questo è significativo per noi che siamo stati messi in ginocchio dalle sanzioni internazionali che speriamo siano presto tolte. E poi anche il sequestro di tanti miliardi di Lire Siriane e di Dollari ad alcuni funzionari pubblici e faccendieri privati che erano corrotti. Soldi requisiti che sono stati fatti confluire nuovamente nelle casse dello Stato. Oltre a questo si sono rese disponibili anche grosse cifre in dollari, che erano destinati alle armi dei terroristi, recuperate durante le varie tappe della liberazione delle zone da loro occupate. Questo aiuta anche a rivalutare la moneta siriana.

Un'altra notizia è che la Germania fa il primo passo per l'eliminazione delle sanzioni verso la Siria, mandando una delegazione a dialogare con il governo siriano per riallacciare rapporti anche commerciali e conseguentemente all'eliminazione delle sanzioni da parte della Germania. Questo è senz'altro un passo positivo anche se la Germania può essere mossa da interessi ( appalti e rientro profughi) derivanti da questi accordi. Ma ben vengano questi interessi se sono positivi per la Siria. 
Anche la Svizzera ha confermato una sovvenzione di 450 milioni di euro per la ricostruzione.

Una notizia che è circolata in Italia è che talune organizzazioni mendicano del danaro (non posso dire raccolgono, ma piuttosto direi per rubare) da destinare ai bambini siriani che mancherebbero delle vaccinazioni, soldi che dicono di destinare anche a coprire le spese della scuola dei bambini siriani. Voglio a questo proposito chiarire una cosa importantissima: prima di tutto le scuole siriane sono gratuite e quindi non c'è nulla da pagare e tutti i bambini sono accolti, sia quelli residenti che quelli che sono sfollati interni provenienti da altre zone della Siria, bambini e ragazzi che essendo siriani hanno il diritto di frequentare e studiare in ogni scuola in cui si inseriscono senza spendere nulla. Riguardo poi alle vaccinazioni va ribadito che queste sono state sempre effettuate fedelmente in questi otto anni di guerra, su tutti i bambini, secondo il periodo previsto fissato dal Ministro della Sanità. Ogni bambino dispone di un libretto delle vaccinazioni dove sono registrate le date a partire dalla nascita fino ai 5 anni di età. Vaccinazioni riguardanti le diverse malattie sono elencate sul libretto e mai ci sono stati problemi al riguardo: tutti i bambini hanno potuto usufruirne.
Anzi.. è stata costituita una commissione per arrivare a coprire con queste vaccinazioni anche quei bambini nati nelle zone occupate dai terroristi che prima non avevano potuto eseguirle. E' stata così colmata anche questa lacuna facendo arrivare i vaccini anche a loro. Questo lo dico con molta sicurezza.

Infine la splendida notizia dell'inaugurazione e dell'apertura della fabbrica di prodotti farmaceutici destinati alla chemioterapia per la cura dei tumori. Questo è un ottimo indicatore della rinascita della Siria. La fabbrica è localizzata a Deraa.
Questo era uno dei tasti più dolorosi per molti siriani, proprio per l'impossibilità a curarsi da queste terribili malattie che ormai sono diventate molto diffuse, a motivo dell'embargo imposto dall'Occidente anche su questi medicinali. Tanta gente (bambini, adulti e anziani) arriva a Damasco da ogni parte proprio per l'aumento esponenziale di queste patologie.
Grazie a Dio oggi la Siria rinasce e mostra che si fa carico di far fronte anche a questo spaventoso problema aprendo questa fabbrica che potrà fare molto per il popolo siriano.

sabato 22 dicembre 2018

Buon Natale!

Sadad, affresco siriaco 
«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio.  
Parlate al cuore di Gerusalemme, e proclamatele che il suo tempo di guerra è finito, che la sua iniquità è espiata, perché ha ricevuto dalla mano dell'Eterno doppio castigo per tutti i suoi peccati». (Isaia 40, 1-2)

A tutti gli amici auguriamo di cuore Buon Natale
Ora pro Siria




Rassegna Stampa
alcuni religiosi siriani raccontano  come si vive il Natale di quest'anno 

- Il canto di Natale dei cristiani di Knayeh chiusi nella gabbia jihadista di Hayat Tahrir al-Sham :

Le speranze del popolo siriano alla luce del ritiro delle truppe dal nord est, annunciato dal presidente Usa Trump e contestato da più parti. Parla il vescovo caldeo mons. Antoine Audo :

Inizia il ritiro delle truppe USA.Il Vescovo Abou Khazen: meglio così

-  Mons. Jeanbart: “la guerra non è finita ma non mancano segni di una pace prossima” :

- Da Damasco, Padre Amer, siro-cattolico, descrive un clima per le strade della capitale che ricorda il periodo “precedente la guerra”.

 “Mother Fortress”, un viaggio nel cuore della Siria in guerra con uno sguardo particolare al coraggio dei monaci e delle monache del monastero di San Giacomo a Qara :

martedì 9 gennaio 2018

Per il secondo giorno, colpiti i quartieri cristiani di Damasco

 Almeno 14 missili sono stati lanciati anche oggi sui quartieri cristiani di Damasco, causando 5 morti, molti danni a edifici, a negozi e automobili, e diversi feriti. Anche la sede del Patriarcato Greco Cattolico oggi è stata raggiunta dalle bombe, come ieri era stata colpita la Chiesa francescana e quella Maronita. Chiediamo all'amico Joseph Antabi , cristiano di Damasco, cosa pensano i cristiani di questa situazione:
" Oggi sono molto scoraggiato, vedo un futuro nero per noi. Siamo convinti che ci sono Paesi ( America e Israele in primo luogo) che non vogliono i Cristiani in Medio Oriente. Se ci sono i Cristiani c'è resistenza, c'è identità e coscienza; senza i Cristiani potranno dire che sono tutti cattivi, e se resteranno solo i musulmani sarà più facile avere i pretesti per prendere la terra siriana. Nel Medio Oriente è questa la operazione di pulizia, e dopo aver già spazzato via i Cristiani dall'Iraq, continueranno con la Siria. la Giordania e il Libano. 
Ma noi Siriani siamo gli abitanti originari qui, siamo qui fin dalle origini del Cristianesimo! "


Agenzia Fides 9/1/2018

Un colpo di mortaio ha raggiunto lunedì 8 gennaio il quartiere di Bab Tuma, nella città vecchia di Damasco dove sono concentrate diverse chiese, causando ingenti danni alla parrocchia cattolica latina della Conversione di San Paolo, affidata alla cura pastorale dei frati francescani. La chiesa è stata danneggiata sul lato e sul tetto, le finestre sono state infrante e hanno subito danni anche gli impianti utilizzati per riscaldare la parrocchia. Il colpo d'artiglieria ha provocato danni anche all'adiacente cattedrale maronita, costruita nel 1865.
L'Arcieparchia di Damasco dei maroniti, retta dall'Arcivescovo Samir Nassar, nel 2013 contava oltre 20mila battezzati. 
I colpi di artiglieria lanciati contro la Città Vecchia di Damasco rappresentano l'ennesima conferma che, al di là dei proclami, il conflitto in Siria è ancora in atto e continua a interessare anche aree periferiche della Capitale. Nei giorni scorsi, fonti locali contattate dall'Agenzia Fides confermavano la notizia di raid aerei compiuti alla periferia est di Damasco, su aree ancora in mano ai gruppi anti-Assad. Mentre le fonti ufficiali siriane riferiscono che alle prime ore di oggi, martedì 9 gennaio, Israele ha messo in atto un attacco su territorio siriano con uso di aerei e missili terra-terra, diretto a colpire una base militare siriana nei pressi di al Katifa, sobborgo orientale di Damasco.

sabato 23 dicembre 2017

Auguri di Buon Natale, da Ora pro Siria!


« SPE SALVI facti sumus » – nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi. La « redenzione », la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino.
                                                   Benedetto XVI

giovedì 7 dicembre 2017

Ave Maria per le figlie di Homs

Dedichiamo l'Ave Maria in arabo alle vittime del vile attentato del 5 dicembre a Homs: l'esplosivo era sistemato sul pulmino del trasporto degli studenti! Qui alcune giovani cristiane, tra le 13 vittime: 


Assalamu alaiki, ya Mariam ya moumtalika neema al Rabbu maaki
Moubaraka anti bayna al nissaa wa Moubaraka samrat batniki Yassuah.
Ya eddissa Mariam ya walidat Allah
salli li aglina nahnou al khataa
alaan wa fi saat maoutina.
Ameen.


nelle immagini del video di RT la città di Homs dopo la battaglia, e la Vergine di Maaloula :
che Dio riceva in Cielo con la Sua Santa Madre le vittime ed abbia pietà dei persecutori

sabato 21 ottobre 2017

Preghiera a padre Romano Bottegal

La prima e principale tappa del Pellegrinaggio di OraproSiria in Libano è stato il villaggio di Jabboulé, sulle tracce del Venerabile padre Romano Bottegal.
La vita austera, spoglia eppure dolcissima e lieta, ed incredibilmente distaccata da ogni interesse terreno dell'eremita italiano morto il 12 febbraio 1978, è assai paragonabile a quella del famoso santo libanese Mar Charbel.
  Dal suo poverissimo eremo abbarbicato sull' arida collina nella Valle della Bekaa proprio di fronte alle montagne che separano il Libano dalla Siria, ha portato il desiderio infinito della salvezza del mondo, e si è offerto come 'olocausto per la pace a Gerusalemme e l'Oriente'.  
  A 10 chilometri da qui fino a 2 mesi fa imperversava la battaglia per respingere il Daesh, ed ancora se ne vedono i segni dolorosi: nell'insicurezza che permane e soprattutto nella ferita alla convivenza degli abitanti ( tra cui molti rifugiati siriani) perchè, come qui ci ricordano, 'Daesh non è solamente una entità di combattenti ma è soprattutto una mentalità e una forma di vita'....

 Ci siamo uniti alla preghiera delle Suore della Congregazione di Notre Dame du Bon Service che, oltre a una straordinaria opera di accoglienza di bambini orfani della regione della Bekaa, custodiscono il luogo dove visse padre Romano fino alla consumazione della sua vita "Facendo la sintesi dei miei 55 anni... un nulla mistico che porta un universo di Grazie".
  Anche a voi, amici lettori, chiediamo di unirvi alla loro e nostra preghiera per ottenere le Grazie che Dio vorrà accordarci attraverso l'intercessione del caro padre Romano Bottegal:
 "O Signore nostro Dio, noi ti ringraziamo di averci donato padre Romano, vero testimone del tuo amore. Egli è vissuto povero, dolce ed umile di cuore, poggiando nella Croce e nell'Eucaristia il segreto di procurare la gioia ai suoi fratelli, di distaccarsi totalmente dai beni della terra, e di accettare generosamente la sofferenza per Te. Egli si è consumato nella preghiera, la meditazione e la pratica dei consigli evangelici.
 Noi ti supplichiamo, o Padre Santissimo, di glorificare il tuo servo Romano, ispirando alla tua Chiesa di proclamare la sua santità, e di accordarmi, per sua intercessione, la grazia che Ti domando...., per Cristo Nostro Signore . Amen!"

venerdì 2 dicembre 2016

Aleppo, il sollievo della gente e la pressione mediatica


Dopo l'ultimo pediatra di Aleppo, dopo l'ultimo ospedale di Aleppo, dopo un numero incalcolabile di White Helmets, adesso è morto l'ultimo clown di Aleppo (ma esiste un registro dei clown ad Aleppo?): 'Anas al Basha era il suo nome e intratteneva i bambini di Aleppo tra un bombardamento e l'altro cercando di far loro dimenticare il terrore e la fame'.
Voglio fortemente credere che questa persona sia davvero esistita, benchè fino a ieri di questo ragazzo nessuno sapesse nulla nonostante la sua opera davvero meritoria... Con i tempi che corrono l'informazione ha SEMPRE un fine, che molto spesso ai più sfugge, e il confine tra informazione e disinformazione/propaganda è labilissimo. Non basta che una notizia sia sui maggiori media italiani e internazionali perché sia automaticamente vera: di bufale ne abbiamo viste scorrazzare dovunque durante questa guerra Siriana (e in molte altre occasioni)... Così come mi pare quella bimba che twitta...
Diciamo che comunque, ci voglio credere... Ma perché, al di là del dolore umanamente doveroso, che comunque ho per tutte le persone uccise in questo conflitto (compresi i giovani soldati che combattono per il proprio Paese) non riesco ad unirmi al coro di condanna e di criminalizzazione a cui anche stavolta l'aviazione siriana e russa insieme all'esercito di Assad sono sottoposti? Non posso! Non posso, semplicemente perché voglio fortemente che questa guerra finisca!

Leggo su Fides la coraggiosa dichiarazione del Vescovo Latino di Aleppo : “Altre 70mila sono rimaste nelle zone appena riconquistate dalle forze armate del governo, che hanno distribuito viveri e favorito il potenziamento dei soccorsi sanitari.  Tra tutti questi si registra il sollievo per la fine di una pressione che durava da anni . Nelle zone ancora in mano ai ribelli, quelli di al Nusra non vogliono fare uscire la popolazione civile. In alcuni casi lo hanno impedito usando le armi. “
Quello che i media fingono di non vedere è che questa guerra è tutto fuorché una guerra civile nata per portare in Siria una maggiore libertà e tanta democrazia in più . Chiediamolo ai civili che a migliaia, in questi ultimi giorni, finalmente possono abbracciare e festeggiare i loro liberatori e raccontare come fossero trattenuti contro la loro volontà da formazioni terroriste che in questi anni li han costretti al ruolo di scudi umani! Guardiamoli questi filmati! Diciamolo, che Al Nusra e altre sigle, oltre che non tollerare un verbo diverso dalla propria fanatica dottrina, hanno sempre avuto questa arma in più: le persone inermi. Hanno sempre sistemato i loro comandi, raggruppamenti, depositi di armi, in prossimità di luoghi fortemente abitati e spesso vicino a scuole o strutture sanitarie di fortuna (non segnalate), per poi farle passare, quando fossero colpite, per 'l'ultimo ospedale di Aleppo'.
Queste formazioni dalle loro postazioni da anni hanno martellato, e continuano a farlo, la parte ovest della città con centinaia di "cannoni dell'inferno" (mortai che lanciano bombole micidiali piene di esplosivo), mirando alle aree più popolate.
Tutto questo va fermato. In questi giorni, con grande sacrificio di uomini, molti i soldati di leva, è iniziata la battaglia per la riconquista della parte orientale della città di Aleppo ancora occupata dai terroristi. Molti progressi sono stati fatti e circa la metà della sacca è stata liberata nel nord e migliaia di persone sono state fatte uscire sotto la protezione dell'esercito, curate e rifocillate nella parte ovest della città sotto il controllo dei governativi, si sfogano raccontando tutto quello che hanno dovuto subire in questi 4 anni di cattività Islamista.
Purtroppo non è ancora finita ed altre persone aspettano questa liberazione (eccezion fatta per i famigliari e gli amici dei terroristi) nella porzione sud orientale della città. Questa battaglia costerà ancora molto sangue ma va fatta, come non può essere interrotta un'operazione a cuore aperto.  Tutto questo non è gradito a quanti in questi anni hanno creato, foraggiato, armato questi fanatici, in vista di un cambiamento di regime con un altro più manipolabile e di una parcellizzazione della Siria, sicché ognuno degli sponsor dei "ribelli" ne potesse prendere una fetta.
(E, diciamolo esplicitamente: l'affermarsi delle formazioni jihadiste è a costo della sparizione della cristianità della regione: questo dovrebbe essere chiaro anche ai nostri media cattolici … ).  
E allora che si fa? Si fa ricorso alle emozioni, alla pietà della gente. Si tenta di impressionarla con tutti i mezzi per costringere i vincenti all'ennesima tregua che ad altro non serve che a riarmare i protetti degli occulti sponsor. Tutto è utilizzabile: basta presentare un 'angelo' che soccombe per mano dei cattivi e l'effetto è garantito. La grancassa mediatica parte, filmati e immagini diventano virali in rete, su TV e giornaloni. Il risultato qual è? La guerra si mette in pausa (ma si prolunga), si rifocillano e riarmano i terroristi, ma solo loro, non i civili, che delle derrate e delle medicine non vedono neanche quelle promesse da ONU...
Occorre quindi sempre chiedersi: a chi giova? Chi trae beneficio da questa notizia?
Se vogliamo davvero un po' di bene a quelle migliaia di persone, facciamo in modo che di questa guerra si inizi a vedere la fine e il solo modo perché accada e possa iniziare un percorso negoziale è l'eliminazione o la resa della congerie jihadista.
  Gb. P.


Agenzia Fides, 2/12/2016

Nei quartieri di Aleppo ancora in mano ai ribelli e ai gruppi jihadisti sono stati nominati cinque rappresentanti che dovrebbero trattare con l'esercito siriano una sorta di accordo. Speriamo e preghiamo affinchè attraverso questa strada si possa arrivare a una soluzione che risparmi altre sofferenze e distruzioni per tutti”. Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, riferisce all'Agenzia Fides gli sviluppi più recenti delle operazioni militari in atto presso la martoriata metropoli siriana, dove l'esercito governativo sta progressivamente riconquistando i quartieri dell'enclave orientale che da anni erano controllati dalle formazioni paramilitari ribelli, comprese le milizie jihadiste come Jabhat al Nusra.
Riguardo alla situazione di Aleppo, il Vescovo francescano riferisce all'Agenzia Fides informazioni che si fa fatica a trovare nei report del mainstream mediatico internazionale. “Almeno 20mila persone sono fuggite dai quartieri controllati dai ribelli e sono state accolte dall'esercito siriano e dalle organizzazioni di assistenza. Altre 70mila sono rimaste nelle zone appena riconquistate dalle forze armate del governo, che hanno distribuito viveri e favorito il potenziamento dei soccorsi sanitari. Tra tutti questi si registra il sollievo per la fine di una pressione che durava da anni. Nelle zone ancora in mano ai ribelli, quelli di al Nusra non vogliono fare uscire la popolazione civile. In alcuni casi lo hanno impedito usando le armi. Sappiamo che in alcuni casi ci sono state manifestazioni popolari per chiedere alle milizie dell'opposizione di ritirarsi. Adesso speriamo tutti in una trattativa per arrivare a un accordo, e possibilmente anche a una riconciliazione, attraverso i negoziatori che ovviamente sono stati scelti con il consenso dei gruppi armati”. 


http://www.fides.org/it/news/61297-ASIA_SIRIA_Il_Vescovo_Abou_Khazen_cinque_rappresentanti_di_Aleppo_est_scelti_per_trattare_un_accordo_con_l_esercito#.WEHshLLhCM8

lunedì 14 novembre 2016

"Damasco prisma di speranze": «Oggi la via di Damasco – dice il Patriarca Laham- è diventata la strada per la pace nel mondo intero»


Nell’ambito delle celebrazioni del Centenario del Pontificio Istituto Orientale (P.I.O.), il convegno internazionale “Damasco, prisma di speranze” ha voluto offrire un'opportunità di confronto e dialogo rivolto ai Pastori del Medio Oriente, finalizzato alla ricostruzione di un tessuto di relazioni e di mutuo aiuto ai Cristiani in quelle aree di conflitto e di eroica testimonianza.
Il progetto da realizzare sorge da due domande che arrivano dalla Provincia dei Gesuiti del Vicino Oriente, che si interroga sui concetti di identità e appartenenza e su come educare al futuro dopo 5 anni di un conflitto dove sembra impossibile parlare di speranza. E Damasco è il luogo simbolo di quel conflitto e della realtà dei cristiani in quella parte di mondo. Il Pontificio Istituto Orientale ha voluto porsi come “luogo simbolo” di conversazione, per tematiche come dignità dell’uomo o di un intero popolo/comunità, con un’attenzione particolare ad una visione geopolitica ad ampio raggio, attraverso i contesti educativo-religiosi. Questo è l'orizzonte al quale il convegno è orientato (e che vedrà nel prossimo anno 2017 la seconda sessione) per un futuro di coesistenza e di collaborazione tra le varie anime dei popoli medio-orientali.

Gregorio III° Laham, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita con sede a Damasco, in questi giorni a Roma per il convegno al P.I.O. e è noto per il suo entusiasmo e la sua franchezza. Sua Beatitudine non usa mezzi termini quando si affronta la questione della coesistenza tra cristiani e musulmani, quello della responsabilità internazionale nel conflitto siriano, ma insiste soprattutto su un punto: la presenza cristiana in Oriente non deve essere voluta per se stessa, ma per i compiti richiesti alla comunità cristiana in questa regione di guerra e di occupazioni.
Riportiamo qui alcuni pezzi di interviste, dalle quali emerge con chiarezza il suo pensiero. Non è tipo da farsi intimorire e quando si tratta della sua gente - e per SUA gente non fa distinzione fra musulmani, cristiani o altre confessioni - parla senza peli sulla lingua:

"In Occidente mi si accusa di sostenere il presidente Assad. Ma coloro che danno di queste lezioni vengano sul posto per rendersi conto del terrore che gli islamisti ci incutono". "Non si può far dipendere l’avvenire di un Paese e dell’intero Medio Oriente da una persona sola. Pensarlo è del tutto illogico, anche un bambino piccolo è in grado di capirlo. Mi domando quindi come si possa affermare che tutti i problemi dipendano da Assad, quando è evidente che non è così. Questa è una falsa presentazione del problema."

In un'altra intervista del febbraio di quest'anno pubblicata sul sito “L’Oeuvre d’Orient” nella quale si sofferma sulla crisi siriana, il quasi ottantatreenne patriarca, siriano di nascita, parla del “martirio del suo Paese” e accusa le grandi potenze che si rifiutano, dice, “di combattere Daesh con i mezzi necessari” contrastando invece il governo. “Non temo solo per i cristiani ma per tutto il popolo siriano. Le bombe stanno cadendo ovunque. Gli americani, i russi, gli inglesi, i francesi, i turchi, e anche Israele ci bombarda, come è avvenuto lo scorso dicembre per eliminare un membro di Hezbollah, presente a Damasco. Tutto questo, dicono, per sbarazzarsi di Daesh e portarci la pace. Ma in attesa di questa pace che non viene, ad essere uccisi sono civili siriani. Uomini, donne, bambini che muoiono ogni giorno a decine”.
Le grandi potenze ci accusano di sostenere una dittatura, ma il nemico non è Assad né i suoi alleati, è Daesh con le sue legioni straniere, Ceceni, Giordani, Tunisini, Sauditi, e anche Europei che vengono ed occupano le nostre terre. È da loro che dobbiamo liberarci. Il popolo siriano soffre il martirio. Cinque anni di guerra, e il pedaggio è pesante: tra 250.000 e 300.000 morti, migliaia di feriti, mutilati, sfollati, orfani, e l’Occidente sta ancora parlando e sempre dell’uscita di Assad, ma mai di quella dei terroristi. Sono quelli che scacciano i cristiani dalle loro case e che sgozzano i siriani che osano affrontarli. Per quanto tempo ancora dovremo vivere sotto il giogo di questi assetati di sangue?”.
Devo aiutare tutti i Siriani – conclude – poco importa a quale religione appartengano. Bisogna preparare il dopo guerra e ritrovare la voglia di ricostruire insieme la Siria”.

Attraverso quest'altra intervista, rilasciata l'11 novembre a Radio Vaticana, Gregorio III° Laham dice la sua senza perifrasi su quello che più gli sta a cuore. La sua voce denota stanchezza, per gli anni, ma ancor più per il tanto dolore per una situazione che ancora non vede vicina una soluzione alla tragedia siriana.

Il Patriarca: – La Siria è la colonna vertebrale del mondo arabo. Distruggere la Siria vuol dire distruggere il mondo arabo intero. Nella Siria, tutti i cittadini si sentono appartenenti al mondo arabo e alla Siria senza nessuna distinzione di religione: non c’è musulmano, non c’è cristiano, non c’è druso; sono tutti arabi. E in Siria sono tutti Siriani. E dunque la situazione della Siria è critica, difficile, e innanzitutto la situazione dei cristiani è molto grave. Dobbiamo lavorare affinché la pace del Signore regni nel mondo intero, ma innanzitutto nel Medio Oriente, perché la pace è un tesoro, un capitale, un’energia. Con la pace tutto è possibile, tutto realizzabile; senza la pace non si può fare niente di bene e niente di buono. E siccome Dio è la pace, rivolgiamo i nostri desideri al buon Dio perché – ripeto – è l’unico a poter fare qualcosa, perché salvare la Siria vuol dire salvare il mondo arabo intero.

D. – Che notizie ha della comunità cristiana che è dovuta fuggire dalla Siria?
R. – Purtroppo, sono i cristiani che pagano il prezzo di questa situazione catastrofica. Tantissimi sono già fuori, e quelli che sono rimasti vivono una tragedia, una situazione orribile e stanno pensando di seguire l’esempio di quelli che hanno già lasciato la Siria e sono andati via. E dunque, l’unico modo di poter fare la pace nel mondo arabo è fortificare la Siria affinché il mondo arabo possa di nuovo cambiare.

D. – Sente vicino Papa Francesco?
R. – Oh… abbiamo una benedizione, una grazia del buon Dio, avendo questo Papa: un uomo di preghiera e un uomo pragmatico. E dunque ringraziamo il Signore per averlo come capo della Chiesa, ma anche come esempio per il mondo intero di pace, di giustizia e di fratellanza. Di pace.


Al convegno il patriarca ha ricordato come a Maalula il 60 per cento dei cristiani sia ritornato ed ha spiegato che il progetto 'una camera per una famiglia' ha permesso il rientro di molti. Il Patriarca ha poi lanciato un appello ai governi di tutto il mondo a far tornare gli ambasciatori: "venite e vedete e non usate notizie di terza mano".
"La Chiesa non ha lasciato il suo popolo" ha ricordato, e ha chiesto che l’Occidente dialoghi con l’ Islam, anche con i migranti, tramite una maggiore forza della fede e della identità cristiana.
Essenziale ricordare che i cristiani sono autoctoni in Medio Oriente e la strada della convivenza passa necessariamente per la condanna delle islamizzazioni violente che nulla hanno a che fare con il vero Islam.

Redazione OpS

martedì 4 ottobre 2016

Pace per Aleppo, nella giustizia e nella verità

 Aleppo muore!”. Accendi la TV, ascolti un TG qualsiasi, anche TG2000, e sei investito da servizi che il fantomatico "Osservatorio per i diritti umani siriano" (ONDUS) con sede in Inghilterra ha puntualmente preparato per raccontarti l'orrore che i 100.000 bambini, sì proprio centomila su una popolazione totale di 250.000 persone rimaste ad Aleppo est, stanno patendo per colpa dell' "assedio" e dei bombardamenti di Russi e Siriani.
 Save the Children  addirittura dichiara: “I bambini di Aleppo orientale sono esposti a un tale livello di pericolo a causa delle cosiddette “bombe terremoto” o bombe anti-bunker che non possono nemmeno frequentare le scuole sotterranee”.

Anzitutto dico: fosse anche una sola persona a morire (bambino, vecchio, donna o soldato) per me non fa differenza. Il dolore è lo stesso perché ogni persona ha una famiglia e un valore immenso per chi la ama; ogni persona è una ricchezza anche per la propria gente e la propria nazione.
  Posto questo, bisogna che si dica che non da adesso Aleppo sta soffrendo e in buona misura morendo, nè i suoi guai sono iniziati con i bombardamenti siriani e russi. Il calvario di Aleppo è iniziato da più di 4 anni e cioè da quando i tagliagole jihadisti e takfiri salafiti di tutte le provenienze l'hanno invasa e ne hanno preso possesso per buona parte. Molti Cristiani hanno pagato con la vita la coerenza con la loro fede.  
  Hanno terrorizzato la popolazione con esecuzioni terribili ed esemplari, costringendo tutti ad assistere.  Da ormai 4 anni quotidianamente costoro scaricano su Aleppo ovest (in mano ai governativi) immani quantità di bombole piene di esplosivo, i cosiddetti "cannoni dell'inferno" che hanno causato migliaia di vittime civili intenzionali! 

Tutto questo calvario è stato continuamente accompagnato da innumerevoli appelli da parte dei Vescovi delle varie confessioni religiose presenti in Siria e ad Aleppo in particolare, perché la comunità internazionale facesse qualcosa di concreto per fermare il terrore.
Le richieste sono state sempre le stesse: bloccare i flussi di armi ai Jihadisti ed eliminare le sanzioni. Sanzioni che la comunità internazionale  ha comminato alla Siria per punire Assad della repressione attuata nel 2011 verso i manifestanti “pacifici” che, assieme allo slogan “Cristiani a Beirut, Alawiti nella tomba”, chiedevano “maggiore democrazia” e riforme. 
Leggete qua:  Vescovo maronita di Aleppo al Senato italiano: assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli

Quanto sopra, per dire chiaramente che:
1° I morti quotidiani nella parte occidentale valgono almeno quanto quelli della parte orientale, tenendo anche conto che la popolazione rimasta ad Aleppo est (da alcune fonti stimata ormai a poco più di 150mila) in  buona parte viene usata come scudo umano dai miliziani.
2° Occorre riconoscere chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori. Distinzione che sembra obliata dalla totalità dei mezzi di informazione, ma dalla quale discendono conseguenze in ordine al diritto internazionale, non di poco conto (in primis il diritto a difendersi e a scegliersi alleati per combattere l’invasore).

Questa guerra deve finire al più presto, ma non è un cessate il fuoco unilaterale che la fermerà: ormai è chiaro che i “ribelli moderati” sono tali solo nella mente degli USA, nella realtà sono alleati o organici alle altre varie fazioni terroriste; dal momento che a queste milizie è stato offerta dai Russi e da parte governativa, in più occasioni, la scappatoia del salvacondotto per loro e le proprie famiglie (cosa accettata in almeno 700 altre località della Siria), il rifiuto è da considerarsi uno stratagemma: chiedere attenzione umanitaria alla comunità internazionale denunciando le crudeltà di chi legittimamente li vuole sloggiare.

Esistono altri modi per uscirne?
Una speranza, seppure flebile, arriva anche dalla richiesta alle Nazioni Unite da parte dei Francescani della Custodia di Terrasanta, per l’invio di una forza d’interposizione (caschi blu) ad Aleppo ed in altre parti della Siria per fermare i combattimenti e per arrivare a una pace duratura.
Su questa possibilità ho qualche riserva in quanto l’ONU ha dimostrato spesso di non essere affatto un organismo super partes e anche in altre occasioni (Africa e Balcani) non ha dato il meglio di sé.

Cosa possiamo fare noi? Innanzitutto pregare perché il popolo siriano abbia presto giustizia e pace. Rosari e Sante Messe non andranno sprecati.
 Insieme a questo dobbiamo parlare, facendo anche la fatica di cercare di capire sempre a chi giova la notizia: il vero e il falso sono spesso nascosti ad arte e a noi tocca la responsabilità di discernere al meglio.
 Pace ad Aleppo! Pace alla Siria! Pace al mondo intero nella giustizia e nella Verità.

  Gb. P.


Aleppo insanguinata

di Charlotte d’Ornellas -
29 settembre 2016
Il calvario di Aleppo è molto reale, da una parte e dall'altra dell'assurda frontiera creata dalla guerra.
Questo mercoledì mattina, da uno dei quartieri attualmente sotto il controllo dell'esercito siriano, Pierre le Corf mi dice:
Scusa, ora non posso parlarti, è appena caduta una bomba . Pierre è un giovane francese che, da oltre sei mesi, ha scelto di vivere tra gli Aleppini.
Dopo qualche minuto, posta una fotografia delle sue mani insanguinate, ma non è il suo sangue. E' di un uomo a cui un secondo proiettile ha strappato il braccio, mentre a pochi metri di distanza cercava di fuggire. L'uomo viene caricato in una macchina, e muore dopo pochi istanti.

Immaginate di essere pesci rossi in un vaso con il collo stretto, da cui è impossibile uscire, con acqua non sufficientemente torbida per nascondere il mondo che continua a girarvi intorno, ma abbastanza perchè il mondo non si accorga di voi”, scrive sulla sua pagina Facebook, dove è supportato da decine di commenti di Aleppini grati per le testimonianze che trasmette ai Francesi che scelgono di leggerle.

Ancora un'altra giornata molto dura per gli estenuati abitanti di Aleppo. Sul lato occidentale della linea del fronte, le bombe provocano esattamente gli stessi danni, e molti Siriani che vivono nell'area governativa sono amareggiati per la minore attenzione che i giornalisti occidentali riservano loro: come se le loro vite valessero meno di quelle dei compatrioti che vivono nelle zone "ribelli".

Tu non sei un giornalista, Pierre, racconti la verità priva di qualsiasi artificio”, commenta una giovanissima Aleppina.
Ma contrariamente a chi ha una visione semplicistica della realtà e vede la città divisa tra buoni e cattivi, gli Aleppini che affollano la zona lealista si preoccupano per i civili, loro fratelli, che muoiono dall'altra parte del fronte.

"Stasera, la mia preghiera è un grido al Cielo per i nostri fedeli ed anche per i civili che muoiono dall' altra parte"  confida fratel Georges Sabe, un fratello marista che si adopera da anni per la popolazione, e in particolare dagli inizi di questa orribile guerra.

Oggi, mercoledì sera, si trova al capezzale di Pamela: una bimba di sei anni in attesa di essere operata, perchè durante il pranzo una granata l'ha colpita alla colonna vertebrale, in un attentato che ha ucciso due persone.
Ancora un giorno di dolore”, commenta timidamente Padre Georges. Un'altra ancora, da quando i 'ribelli' penetrarono nella zona est della città nel luglio 2012.
Stasera, terrò una lampada accesa davanti all'icona della Santa Vergine” conclude, invocando tutte le persone di buona volontà a fare altrettanto ovunque sulla Terra.

Il calvario di Aleppo è palese da una parte e dall'altra di questa assurda frontiera creata dalla guerra. Anche da quella parte centinaia di migliaia di persone soffrono il martirio: sono gli abitanti dei quartieri ovest o gli sfollati dai quartieri est, fuggiti all'arrivo di 'ribelli' subito temuti come la peste. Altri provengono dai villaggi circostanti, abbandonati per lo stesso motivo.

Tutti hanno un unico e insopprimibile desiderio ormai: la pace. E come le sofferenze, anche questa aspirazione è sicuramente la stessa nei cuori dei civili dell'altro lato della città insanguinata.

Trad. Maria Antonietta Carta


I Francescani: fare di Aleppo una “Zona di Sicurezza” sotto il controllo dei Caschi Blu

Agenzia Fides 4/10/2016

 La comunità internazionale deve adoperarsi concretamente “per fare di Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto “delle Forze di pace dell'Onu”, applicando alla tragica situazione siriana “le migliori soluzioni apprese in precedenti esperienze per garantire la massima collaborazione e la riuscita dell’iniziativa”.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Francesco di Assisi, i Frati Minori – componente della Famiglia francescana di cui fa parte anche la Custodia di Terra Santa – lanciano un appello urgente e pieno di implicazioni operative per chiamare la comunità internazionale a fermare la carneficina in atto nella città martire e in altre aree della Siria. 

L'appello, co-firmato dal Ministro generale Fr. Michael A. Perry OFM e dal Custode di Terra Santa Fr. Francesco Patton OFM, richiama l'attenzione sul fatto che anche “altre zone di Sicurezza dovrebbero essere create in Siria, come parte integrante di un piano completo per garantire l’incolumità di tutti e raggiungere definitivamente la pace. Queste Zone – si legge nel testo dell'appello, pervenuto all'Agenzia Fides - dovrebbero essere poste sotto il controllo delle Forze di Pace dell’ONU, che opererebbero su mandato del Consiglio di Sicurezza e con la totale cooperazione delle diverse parti coinvolte nella guerra”. 
I superiori dell’ordine dei Frati Minori e della Custodia di Terra Santa chiedono a ”tutte le forze in campo e a tutti coloro che hanno responsabilità politiche, di mettere al primo posto il bene della popolazione inerme della Siria, di far immediatamente tacere le armi e di porre fine all’odio e a qualsiasi tipo di violenza, in modo tale che si possa davvero trovare e percorrere la via della pace, della riconciliazione e del perdono”. 
In particolare – fanno notare p. Perry e p. Patton - l'istituzione di una Zona di Sicurezza attorno ad Aleppo “permetterebbe alla popolazione tutta, provata dalle immani conseguenze del conflitto, senza discriminazione alcuna, di poter ricevere i necessari aiuti umanitari, ritrovare sicurezza e protezione e riscoprire la fiducia e la speranza in un futuro immediato abitato e animato solamente dalla pace”.
Un pensiero è rivolto dai due Superiori religiosi anche “ai nostri confratelli che con coraggio continuano a vivere in Siria e a testimoniare, come veri “buoni samaritani”, la loro vicinanza di servizio concreto a tutta la popolazione gravata dalle strazianti conseguenze del conflitto”.

Attualmente sono circa quindici i Frati Minori presenti in Siria. Tra loro – confermano a Fides fonti locali -, oltre ai religiosi dislocati a Damasco, Aleppo e Latakia, ci sono due frati che continuano a svolgere la loro opera pastorale a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, i paesini della Valle dell’Oronte, sottoposti al dominio delle forze jihadiste, dove alcune centinaia di battezzati continuano a vivere, pregare e partecipare alle Messe celebrate nelle tre parrocchie cattoliche spogliate delle campane, delle croci e delle statue dei Santi. I due frati che stanno con loro sono gli unici sacerdoti e religiosi cristiani rimasti nelle terre dove dettano legge le milizie jihadiste. 

martedì 27 settembre 2016

Ascoltando la voce di Aleppo ...

A sentire Staffan de Mistura, questi sono giorni agghiaccianti con vette di orrore mai viste ai danni della popolazione della parte orientale della città; all'ONU ci si scaglia contro Russi e governativi siriani denunciando presunti crimini di guerra e la 'barbarie' di 275.000 civili 'intrappolati' e assediati in grave pericolo e senza cibo e medicine.
Ora, occorre almeno precisare che esistono 4 corridoi predisposti dal governo siriano perché i civili possano uscire e mettersi al riparo dai bombardamenti destinati ai terroristi che occupano Aleppo Est. Il fatto è che a tenere in trappola queste persone, sono proprio i combattenti che li usano come scudi umani.
E' la guerra, una guerra sporca che è continuamente alimentata da chi dice di combattere i terroristi, mentre li arma. Una guerra che usa come armi anche i civili e la disinformazione.
Oggi purtroppo sono gli abitanti della parte est a soffrire, ma è necessario ricordare che da cinque anni la parte ovest controllata dal governo conta quotidianamente i suoi morti.    La comunità internazionale dov'era quando i terroristi tagliavano acqua ed elettricità a due milioni di persone?  Dov'era quando i tagliagole facevano piovere bombe lanciate dai 'cannoni dell'inferno', enormi mortai artigianali che han fatto migliaia di vittime? Quando attraverso i tunnel sotterranei facevano saltare ospedali, palazzi storici, chiese, mercati, hotel famosi nella storia? A diffondere il terrore per spingere alla fuga gli abitanti e svuotare la città? Vittime VOLUTAMENTE civili, non danno collaterale!
Il governo di Damasco vuole riprendere il controllo di tutta la città, come è legittimo che sia, ma non vuole la morte di innocenti: per questo ha offerto ai terroristi e alle loro famiglie salvacondotti per andarsene senza danno verso Idlib; attuando le opzioni di riconciliazione già operate in altre zone.
USA, e Petromonarchie del Golfo (insieme al resto della coalizione internazionale) a parole dovrebbero combattere i terroristi, di fatto li armano. Quando questi sono in difficoltà, spuntano filmati, filmetti, mostre fotografiche e sceneggiate varie, e il coro dei media invoca ricorsi a tregue umanitarie, negoziati e corti di giustizia: scopo reale, consentire il riarmo delle milizie terroriste.
Accogliamo la domanda di preghiere che ci rivolge il Vescovo, anche se noi temiamo che questa guerra non finirà tanto presto, proprio perché i progetti di smembramento della Siria sono ancora tutti in essere e i loro tessitori sono gli stessi che si sono assunti il ruolo di arbitri in un negoziato che li vede come controparte, pronti a girare la testa altrove se i tagliagole vincono, o a fare i piagnoni e gli indignati se stanno perdendo, invertendo i ruoli di aggredito ed aggressore.
C'è solo un modo di finire questa guerra: smettere di armare i terroristi e dare la possibilità ai Siriani di scegliere chi li deve governare. E  "confidare nel Signore che può cambiare la storia".
   Gb.P.
mappa indicante la suddivisione della città e i quartieri della battaglia di Aleppo 


Per la pace in Siria, monsignor Joseph Tobji chiede preghiere, rimozione dell’embargo e fine della vendita di armi
L’arcivescovo maronita di Aleppo: “L’Europa vuole aiutare i siriani? Rimuova l’embargo!”
Zenit, 23 Settembre 2016
Joseph Tobji ha studiato a Roma ed è stato viceparroco in una Chiesa alla Garbatella, poi è tornato in Siria nella natia Aleppo. Da cinque anni assiste la popolazione martoriata da una guerra interna ed esterna, vivendo la difficile condizione di sacerdote in “zone di guerra”. Il 31 ottobre 2015 è stato nominato arcieparca maronita di Aleppo. Dopo 18 anni è tornato nella Capitale, dove venerdì scorso ha incontrato Papa Francesco.
“Abbiamo portato al Papa le foto dei ragazzi tra i 18 ed i 35 anni martirizzati”, racconta a ZENIT. “Papa Francesco non aveva parole, si è commosso, ci ha abbracciato con le lacrime agli occhi”.  “Ad Aleppo manca tutto”, spiega il presule. “La città è distrutta e in conflitto quotidiano. È divisa in due: la parte occidentale con un milione e mezzo di persone, sotto il controllo dei governativi e la parte orientale con 300mila persone nella morsa dei jihadisti. L’acqua è scarsa e a volte manca per giorni. La centrale elettrica è in mano ai terroristi, e se manca l’energia elettrica le pompe non funzionano. Quando arriva il gasolio entra in funzione la centrale e l’acqua corrente scorre nelle tubature”.
“Ci sono solo due passaggi per entrare ed uscire dalla città”, riferisce l’arcieparca, “uno ad Occidente ed uno a Oriente. A volte il passaggio ad ovest è bloccato dai terroristi e così si rimane assediati. Sono riuscito a passare in un momento in cui si poteva, sono andato in Libano e da lì sono arrivato a Roma. La situazione è drammatica. Ogni giorno arrivano missili, bombe, colpi di mitraglia, cecchini che sparano sulla popolazione. Ci sono mamme che perdono i loro figli piccoli e si disperano. Chiedono dov’è Dio. Cosa hanno fatto questi bambini innocenti per perdere la vita così? C’è risentimento perché cosa hanno fatto di male questi giovani per essere uccisi dalle bombe e da una guerra che non hanno scatenato loro?”.
Una situazione, quindi, molto difficile. “La gente si trova ad un bivio: o disperare o rafforzarsi nella fede ed accettare di portare la croce”, dice mons. Tobji. “Come nell’Antico Testamento anche oggi si ripete la domanda ‘qual è la causa del male?’. A noi sacerdoti tocca il compito di spiegare e praticare una spiritualità di accettazione della sofferenza perché sappiamo che dopo la Croce c’è la Resurrezione. Con questo insegnamento contrastiamo la disperazione e alimentiamo la speranza, perché non tutto finisce qui, anche se si muore”.
Alla domanda su cosa l’Europa possa fare per aiutare le popolazioni vittime del conflitto armato, l’arcivescovo maronita risponde in maniera serena e chiara: “La prima cosa da fare è pregare. Pregare la madre di Dio, perché è il Signore che cambia la storia. La preghiera è un mezzo potente. Nei fatti le preghiere sono importantissime è il Signore che lavora e non l’uomo. Noi confidiamo in Dio, quindi chiediamo preghiere e digiuni. La seconda richiesta importante riguarda la rimozione delle sanzioni”.
“C’è un’emergenza umanitaria ad Aleppo – aggiunge – l’Europa e la comunità internazionale dicono di portare aiuti alimentari e umanitari. Va bene, ma se ci vogliono aiutare veramente devono rimuovere le sanzioni. Nonostante la situazione di emergenza che stiamo vivendo, nel luglio scorso il Parlamento europeo ha rinnovato le sanzioni contro la Siria. Vogliono penalizzare Assad, ma non capiscono che in questo modo stanno facendo morire la gente siriana!”.  
In questo contesto, se non vengono rimosse le sanzioni, l’intenzione di portare aiuti umanitari pare illogica. 
Il terzo punto su cui lavorare, secondo il presule, riguarda il traffico e la vendita di armi. “Chi è che rifornisce di armi i terroristi?”, dice, “sul traffico di armi bisognerebbe agire con misure che ne bloccano il commercio. Ha ragione Papa Francesco, si sta combattendo una guerra per procura, bisogna fermare le lobbies che alimentano i conflitti”.
Riguardo alla primavera araba, Tobji spiega che c’è un grosso equivoco. “La democrazia non può essere imposta. Dove sta scritto che si deve imporre una democrazia? Questo è paradossale… La democrazia emerge e si realizza di per sé, se la imponi non è più democrazia. Imposizione e democrazia sono due termini che si contrappongono”.
https://it.zenit.org/articles/larcivescovo-maronita-di-aleppo-leuropa-vuole-aiutare-i-siriani-rimuova-lembargo/

mercoledì 14 settembre 2016

Omelia oggi papa Francesco: “Quanto piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero: 'Uccidere in nome di Dio è satanico'”.

“Dobbiamo pregarlo - è un martire!
E i martiri sono beati
– dobbiamo pregarlo, che ci dia la mitezza,
la fratellanza, la pace,
anche il coraggio di dire la verità:
uccidere in nome di Dio è satanico”.
Così il Papa alla Messa per p. Hamel
Sono sincero: I Musulmani in Chiesa (con tutti gli abusi e gli equivoci che si sono creati) e i Cristiani in Moschea non mi convincono. Detto questo, ritengo importanti i gesti che i Musulmani,tramite le loro autorità, stanno compiendo qui in Italia e in altre nazioni. Di particolare importanza l'incontro ceceno a Grozny, dove circa 200 personalità musulmane di Egitto, Russia, Siria, Sudan, Giordania, Europa si sono incontrate per condannare la dottrina Wahhabita dell’Arabia saudita (Qui).
Come cristiani o come laici, li abbiamo continuamente sollecitati a gesti e assunzione di posizioni di rottura verso l'islam violento e fondamentalista e tutti i gesti che vanno in questo senso sono da apprezzare e valorizzare come segni di speranza e di buona volontà. Sono importanti per almeno due motivi: il primo è politico e riguarda tutti i focolai di guerra che vedono l'islam come movente (o pretesto) per conquistare aree sempre più vaste di territori in molte parti del mondo (Medio Oriente, Africa, Asia..). Sentir dire da parte di autorevoli imam che l'islam non può essere usato per combattere gli "infedeli" e vessarli in ogni modo, ha risvolti politici che potrebbero innescare sviluppi importanti in ordine alla pace e alla pacifica convivenza tra popoli e religioni diverse. Il secondo aspetto, non meno importante è una riflessione interna all'islam stesso, che potrebbe avere sviluppi relativi a una possibile rilettura di molte parti del Corano. Riguardo a questo secondo aspetto uso molto prudentemente il condizionale in quanto l'autore del Libro ritiene prescrittive, immodificabili e non interpretabili le Sure e gli Hadit che ne fanno un tutt'uno come parola autentica di Allah. Non sono il solo ad avere dubbi in tal senso, mi rifaccio piuttosto a scritti "profetici" di Charles de Foucauld o di Sant'Alfonso Maria de Liguori che riguardo all'Islam hanno espresso seri dubbi sulla sua evoluzione e riformabilità.
Ricordo che i Musulmani possono ricorrere in particolari situazioni alla dissimulazione (Taqqya): laddove siano minoranza e debbano carpire la benevolenza delle comunità contigue alla loro, possono accettare anche leggi e modi di vita a loro non proprio graditi, finché non siano essi ad essere maggioranza con la possibilità di farsi valere anche a livello politico e quindi legiferare islamicamente (Sharia).  Io faccio conto soprattutto sui musulmani che, prescindendo da quelle parti del Corano che vorrebbero gli infedeli combattuti e sottomessi, assumono posizioni pacifiche a fraterne nei confronti di tutti. In Egitto ci sono Musulmani che proteggono le Chiese insieme ai Cristiani quando queste sono nel mirino dei fondamentalisti. A Lahore, Musulmani hanno aiutato i Cristiani a ricostruire chiese. 
La Speranza è una virtù cristiana, l'ingenuità e il buonismo non sono invece virtù: "puri come colombe e scaltri come serpenti".
Mani tese ed occhi aperti quindi. Incontriamoci e dialoghiamo, poi preghiamo per la Pace e la fraterna convivenza. Non dimenticando che, come dice il Vescovo Negri,anzitutto "noi siamo sfidati sulla evangelizzazione e sulla educazione di un popolo cristiano capace poi di interloquire efficacemente con tutti i nostri fratelli che vivono con noi nelle varie situazioni della vita, e dare perciò il nostro contributo originale e significativo a una società in cui le differenze di cultura, di identità, di professione, di fede, devono esprimere la ricchezza della vita umana".
Gb.P.

Charles de Foucauld: "Così l'islam ci dominerà"

Forse nessun europeo è stato così vicino ai musulmani d’Africa come il beato Charles de Foucauld (1858-1916), che a loro ha dedicato la vita fino al martirio. A distanza di quasi cent’anni, una sua lettera a René Bazin, scritta due mesi prima della morte, suona come una vera profezia che fa riflettere: 

"Ritengo che se, lentamente, dolcemente, i musulmani del nostro impero coloniale del Nord Africa non si convertono, sorgerà un movimento nazionalista simile a quello della Turchia. Si formerà un’élite intellettuale nelle grandi città, educata in Francia, ma senza lo spirito né il cuore francese, un’élite che avrà perso la fede islamica, ma che ne conserverà il nome per influenzare attraverso di essa le masse.
D’altra parte, la massa dei nomadi e dei contadini resterà ignorante e distante da noi, fermamente maomettana, portata all’odio e al disprezzo contro i francesi, contro la nostra religione, contro il nostro dominio, non sempre benevolo. Il sentimento nazionalista e barbaresco crescerà nell’élite colta. Quando troverà l’occasione, per esempio durante qualche situazione difficile per la Francia, interna o esterna, utilizzerà l’islam come una leva per sobillare le masse ignoranti e così cercare di creare un impero musulmano indipendente in Africa.
L’impero francese in Africa — Algeria, Marocco, Tunisia, Africa occidentale — ha 30 milioni di abitanti. Grazie alla pace, potrà averne il doppio in meno di cinquant’anni. Questa crescita demografica sarà accompagnata da un grande sviluppo materiale. I Paesi si arricchiranno, saranno solcati da ferrovie, popolati da persone agguerrite e addestrati all’uso dei nostri armamenti, guidati da un’élite educata nelle nostre scuole. O noi impariamo a fare i membri di questa élite dei francesi, oppure prima o poi ci cacceranno via. E l’unico modo per diventare francesi è diventare cristiani.
Non si tratta di convertirli in un giorno, né tanto meno con la forza, ma dolcemente, in silenzio, con la persuasione, l’esempio, la buona educazione e l’istruzione, attraverso un contatto stretto e affettuoso. Questo è un lavoro soprattutto per i laici, che possono avere con i musulmani dei contatti assai più numerosi e più intimi che non i preti.
I musulmani possono diventare dei veri francesi? Eccezionalmente sì, ma in generale no. Molti dogmi fondamentali dell’islam si oppongono ai nostri principi. Con alcuni, e penso ai musulmani liberali che hanno ormai perso la fede, ci sono accomodazioni possibili. Ma con altri, e mi riferisco a coloro che aspettano il Madhì, non v’è nessuna possibilità di accordo. Escludendo i liberali, i musulmani credono che, giungendo i tempi del Giudizio Universale, verrà il Madhì che proclamerà una guerra santa per stabilire l’islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o soggiogato tutti i non-musulmani.
Secondo la loro fede, i musulmani ritengono l’islam come la loro vera casa e i popoli non-musulmani come destinati a essere sopraffatti da loro o dai loro discendenti. Considerano la sottomissione a una nazione non-musulmana come una situazione transitoria. La loro fede li assicura che usciranno vincitori da questo scontro con gli europei che oggi li dominano. La saggezza consiglia loro di patire con calma questa prova: “Quando un uccello intrappolato si agita, perde le piume e si spezza le ali, invece se resta tranquillo sarà integro il giorno della liberazione”.
Loro possono preferire un Paese a un altro, come preferiscono la Francia alla Germania perché ci ritengono più miti; possono intrecciare amicizie con tale o tal’altro francese; possono combattere con grande coraggio per la Francia, per sentimento o per onore; possono dimostrare spirito guerriero, fedeltà alla parola, come d’altronde i mercenari dei secoli XVI e XVII. Ma, di norma, esclusa qualche eccezione, finché saranno musulmani, non saranno dei veri francesi. Aspetteranno con più o meno pazienza il giorno del Madhì, quando allora attaccheranno la Francia.
Ecco perché sempre più musulmani algerini si mostrano così ansiosi di chiedere la cittadinanza francese. Come possono chiedere di far parte di un popolo straniero che sanno sarà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso? Diventare francesi davvero, implicherebbe una sorta di apostasia, una rinuncia alla fede nel Madhì.
(Lettera del beato Charles de Foucauld a René Bazin, dell’Accademia Francese, 29 luglio 1916)"

http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-la-profezia-di-de-foucauldcosi-lislam-ci-dominera-16853.htm#.V9BvHvmLSM9