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lunedì 3 febbraio 2025

Joulani si è autoproclamato “presidente ad interim” della nuova Siria, diventando a tutti gli effetti un dittatore

 Sciogliendo Costituzione, Parlamento ed esercito, il leader jihadista è diventato a tutti gli effetti un dittatore. E l’opposizione inizia a temere una «nuova tirannia»

di Leone Grotti, TEMPI -1 febbraio 25

Si dice presidente, ma si legge dittatore. La direzione che sta prendendo la Siria di Abu Muhammad al-Jolani, che da quando ha svestito i panni jihadisti e indossato la cravatta verde d’ordinanza preferisce essere chiamato Ahmed al-Sharaa, è allarmante e pericolosa. A quasi due mesi dalla presa del potere e dalla cacciata del dittatore Bashar al-Assad, il leader ex Isis, ex Al-Qaeda, un tempo ricercato in tutto il mondo per terrorismo e oggi presunto politico dalle idee “democratiche” si è finalmente degnato di parlare al popolo siriano. E ne ha approfittato per informarli che si è autoproclamato “presidente ad interim” della nuova Siria, che assomiglia sempre di più a quella vecchia.

Al-Jolani si autoproclama “presidente”

Alcuni giornali si sono spinti fino a scrivere che è stato “nominato” presidente. Ma le parole sono importanti e non bisogna lasciarsi ingannare. Non è il popolo siriano ad aver scelto Al-Jolani come presidente, perché le prime elezioni sono state posticipate genericamente «tra quattro anni».

Non è il Parlamento ad avergli assegnato la carica, perché è stato sciolto dal leader jihadista. Non è nel nome della Costituzione del 2012 ad avere preso il potere, Al-Jolani, perché è stata cestinata, mentre ogni altra istituzione o centro di potere (come esercito, agenzie di sicurezza o il partito Baath) sono stati cancellati e messi al bando. Chi ha proclamato dunque presidente della Siria l’uomo che ha approfittato militarmente dell’evaporazione del regime di Assad? Nessuno, si è autoproclamato.

Drusi e curdi esclusi in Siria

O meglio, è la “Conferenza per l’annuncio della vittoria della rivoluzione siriana” ad averlo fatto. Questa conferenza, di cui nessuno conosceva l’esistenza, formata dai membri del governo ad interim nominati dallo stesso Al-Jolani e tutti provenienti da Idlib (alcuni dalla stessa famiglia di Al-Sharaa) e da altri gruppi, si è riunita in gran segreto giovedì e ha stabilito che per un tempo imprecisato Al-Jolani sarà appunto il nuovo “presidente” della Siria.   Alla riunione non hanno partecipato né gli organismi politici dell’opposizione siriana all’estero, né i rappresentanti dei drusi che controllano parte del sud del paese, né quelli dei curdi che governano il nord-est. Chi rappresenta dunque Al-Jolani? Per ora, solamente se stesso. E come è stata presa la decisione, all’unanimità o i gruppi armati si sono divisi in faide? Nessuno lo sa.

Tante promesse, zero fatti

Negli ultimi due mesi, nonostante non rappresentasse formalmente niente e nessuno, Al-Jolani ha incontrato ministri e capi di Stato stranieri, parlando a nome della Siria. Si dirà che è comprensibile, perché neanche lui si aspettava di prendere il potere così in fretta, perché è stato colto impreparato, perché non bisogna badare a sottigliezze formali. Ma in questo caso la forma è sostanza.

Il leader jihadista aveva promesso un processo di transizione politica, un nuovo censimento, una conferenza di dialogo nazionale, un’assemblea costituente, un consiglio legislativo temporaneo, un governo rappresentativo di tutto il paese e infine elezioni libere. Non solo non è stato fatto niente di tutto ciò, ma non è stata neanche offerta alcuna spiegazione né alcuna tempistica.

Da questo momento, e per chissà quanti anni, Al-Jolani sarà dunque il leader assoluto della Siria, forte di un potere senza limiti come quello di Assad, se non superiore.

Un esercito di jihadisti in Siria

Tra i tanti clamorosi annunci di giovedì, c’è anche quello dello scioglimento di tutte le milizie che hanno contribuito a conquistare il potere in vista del loro ingresso in un unico esercito nazionale. Questo è forse il passaggio più pericoloso e delicato.

Al-Jolani è il leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ma ha conquistato la Siria mettendosi alla guida di una coalizione composita di decine di sigle e gruppi jihadisti, che al momento si sono rifiutati di deporre le armi in mancanza di indicazioni chiare sul loro futuro (e magari di un’amnistia che cancelli i crimini commessi). Come verranno convinti? Scoppierà una nuova guerra civile? E, nel caso accettino di formare un esercito regolare, come faranno i siriani a fidarsi di militari che fino a poche settimane fa perseguitavano parte della popolazione, come i cristiani, riconoscendo come unica autorità il Corano? Domande senza risposta.

Una «nuova tirannia» per la Siria?

Alise Mofrej, membro della Syrian Negotiation Commission, organizzazione che riunisce vari gruppi dell’opposizione siriana, parlando al New York Times ha detto di temere «una nuova tirannia». Bassam Al-Kuwatli, presidente del piccolo Partito liberale siriano, ha aggiunto a Reuters che «la nuova amministrazione è ancora un gruppo militare che ha conquistato il potere e non sente la necessità di condividerlo».

La conferenza di dialogo nazionale, che dovrebbe essere formata da 1.200 delegati rappresentativi di tutte le anime politiche, religiose, etniche e geografiche della Siria, doveva essere inaugurata a inizio gennaio. È passato un mese e nessun membro dell’opposizione ha ricevuto l’invito a farne parte. La conferenza doveva sciogliere il Parlamento e presentare un piano per cambiare la Costituzione, ma questi due passaggi sono stati fatti in autonomia dallo stesso Al-Jolani.

Che il leader jihadista diventasse presidente ad interim della Siria era ampiamente previsto, ma il modo con cui ha agito fino ad ora dimostra che il paese è semplicemente passato da un dittatore all’altro, per di più appoggiato da fazioni jihadiste internazionali difficili da controllare e imbevuto di una pericolosa ideologia islamista.

Le uniche due note positive per il popolo siriano al momento sono la decisione dell’Occidente di rimuovere, almeno in parte, le sanzioni che nell’ultimo decennio hanno affamato la popolazione innocente e la fine della leva obbligatoria (conseguente per ora allo scioglimento dell’esercito), che aveva spinto tanti giovani siriani a scappare dal paese guidato ad Assad. Per il resto, la nuova Siria di Al-Jolani assomiglia tanto, troppo, alla vecchia.

@LeoneGrotti



Mentre la polvere si deposita nella Siria sottoposta a un regime cambiato, emerge una nuova realtà, in cui i vincitori non sono i liberatori, ma ex signori della guerra di Al-Qaeda vestiti con abiti eleganti, che stringono la mano ai leader mondiali e rimodellano lo Stato a loro immagine e somiglianza settaria.

In Siria i pazzi gestiscono il manicomio

The Cradle , 31 gennaio 25

Per anni, molti si sono interrogati su come sarebbe stata la Siria, un paese con una profonda diversità religiosa e culturale, se l'opposizione armata, dominata dagli estremisti, fosse riuscita a rovesciare il governo di Bashar al-Assad. 

All'inizio della guerra, persino i più accaniti critici di Assad hanno iniziato a comprendere la triste realtà: l'alternativa al suo governo autoritario sarebbe stata molto peggiore. Ora, con il crollo del suo governo, quello scenario desolante si è avverato e la Siria sta assistendo alle conseguenze di questo radicale cambiamento di potere .

Il 29 gennaio, il Dipartimento delle operazioni militari del governo de facto in Siria ha annunciato che Ahmad al-Sharaa – precedentemente noto con il suo nome di battaglia Abu Mohammad al-Julani – avrebbe assunto la presidenza del paese durante una “fase di transizione”. 

L'annuncio includeva la sospensione della costituzione del paese e lo scioglimento del precedente partito al governo Baath, dell'Assemblea popolare, dell'ex esercito nazionale, dei servizi di sicurezza e di tutte le fazioni armate, tra cui Hayat Tahrir al-Sham (HTS) di Sharaa, ex affiliata di Al-Qaeda in Siria. 

A tenere un discorso durante la cosiddetta "Conferenza della Vittoria" è stato Ahmad al-Hayes, noto anche come Abu Hatem Shaqra, leader della fazione Ahrar al-Sharqiya dell'Esercito nazionale siriano (SNA) sostenuto dalla Turchia, un'organizzazione responsabile di numerosi crimini di guerra . 

Di conseguenza, il mondo è stato costretto a chiedersi: chi sono le figure chiave che ora governano la Siria e cosa significa questo per il suo futuro? 

Per comprendere gli eventi odierni, è necessario tornare indietro di un decennio. Nel 2015, la città nordoccidentale di Idlib cadde sotto il Fronte al-Nusra, che il funzionario statunitense Brett McGurk una volta descrisse come il "più grande rifugio sicuro di Al-Qaeda" al mondo. Mentre altre parti della Siria hanno visto diverse organizzazioni terroristiche andare e venire, perdere e guadagnare terreno e alla fine essere sconfitte dall'Esercito arabo siriano (SAA) e dai suoi alleati nel corso degli anni, Idlib è rimasta sotto il controllo del Fronte al-Nusra.
Nel 2015, il Fronte al-Nusra è stato rinominato Jaish al-Fatah. L'anno seguente, è stato rinominato di nuovo Jabhat Fateh al-Sham e ha interrotto i rapporti con Al-Qaeda nel tentativo di legittimarsi. È infine diventato noto come HTS nel 2017. 

Tutto questo è stato fatto con il supporto del Qatar e con l'aiuto del religioso wahhabita saudita Abdullah al-Muhaysni , residente in Siria , che ha inviato adolescenti in missioni suicide ed è stato responsabile del reclutamento di migliaia e migliaia di militanti estremisti. Ora vaga liberamente per la Siria, tenendo discorsi. HTS istituì un'amministrazione politica nel governatorato "liberato" di Idlib e ne diede inizio al governo, creando il prototipo del governo che ora governa la maggior parte del paese, compresa Damasco.

Nel dicembre 2024, accadde l'impensabile. Dopo un'offensiva lampo di 11 giorni, i combattenti guidati da HTS presero d'assalto Damasco , rovesciando il governo di Assad. Con il sostegno straniero, in particolare dalla Turchia e, più di recente, dall'Ucraina , insieme all'inganno strategico, l'ex propaggine di Al-Qaeda ottenne ciò che nessuna fazione prima di lei era riuscita a fare: prendere il controllo della capitale siriana e rivendicare il dominio sul paese.

Un governo nominato e guidato da una tale organizzazione potrebbe essere composto solo da una vasta gamma di personaggi discutibili. Di seguito sono riportate alcune delle figure più importanti che guidano la nuova Siria.

Il neo-annunciato Presidente della Siria, Ahmad al-Sharaa

In una vita precedente, il leader di HTS, Ahmad al-Sharaa , aveva studiato brevemente media e poi si era unito alla facoltà di medicina all'Università di Damasco prima di andarsene per unirsi ad Al-Qaeda in Iraq (AQI) dopo l'invasione statunitense del 2003. 
Il suo curriculum famoso include l'essere stato l'ex vice del capo dell'ISIS Abu Bakr al-Baghdadi quando il famigerato gruppo terroristico era noto come Stato islamico dell'Iraq (ISI). Sharaa fu inviato da Baghdadi nel 2011 per entrare in guerra contro il governo di Assad in Siria, dove prese parte al lancio di attacchi suicidi mortali contro personale di sicurezza e civili prima di fondare il Fronte al-Nusra nel 2012. 
Il Fronte al-Nusra , che era la branca ufficiale di Al-Qaeda nel Levante, avrebbe continuato a terrorizzare sia il popolo siriano che quello libanese per anni sotto la guida di Sharaa. Durante il suo soggiorno in Iraq, Sharaa iniziò come membro del precursore dell'ISI, AQI (a sua volta responsabile di numerosi attacchi indiscriminati, tra cui bombardamenti di luoghi di culto e uccisioni di civili e fedeli), nel tentativo di scatenare una guerra settaria. 

Dopo il suo rilascio dal Camp Bucca gestito dagli Stati Uniti nel 2008, dove era stato detenuto insieme a Baghdadi e molti futuri leader dell'ISIS, Sharaa ha ricoperto il ruolo di Emiro di Mosul dell'ISI, un periodo che ha visto molti omicidi e rapimenti di cristiani e yazidi . 
Dopo aver assunto la guida della Siria nel dicembre 2024, la magistratura irachena ha emesso un mandato di arresto per Sharaa. Fonti citate dall'agenzia di stampa Shafaq hanno affermato che i detenuti in Iraq avevano confessato crimini che lo coinvolgevano personalmente. Tuttavia, Sharaa ora si siede con leader internazionali, tra cui funzionari statunitensi ed europei. Dopo aver incontrato una delegazione di Washington a Damasco il mese scorso, la designazione di terrorista degli Stati Uniti e la ricompensa di 10 milioni di dollari per la cattura di Sharaa sono state rapidamente revocate....

continua a leggere l' interessante articolo che presenta i ministri e i comandanti del nuovo governo siriano  su The Cradle: https://thecradle.co/articles/in-syria-the-lunatics-are-running-the-asylum

mercoledì 23 ottobre 2024

Miliziani ucraini in azione con Al Nusra in Siria

alleanza miliziani ucraini e siriani a Idlib

The Cradle, 15 ottobre 2024
di Mohamed Nadre Al Omari

Decenni dopo la fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti continuano a impiegare la guerra per procura come strategia centrale nei loro confronti con i principali rivali globali, in particolare Russia e Cina. Questo approccio consente agli Stati Uniti di estendere la propria influenza e perseguire i propri obiettivi geopolitici senza un impegno militare diretto, affidandosi invece ad attori terzi per fare il grosso del lavoro. 

Ciò si è verificato in varie crisi globali, nonostante il potenziale di contraccolpo e di indebolimento della pace e della sicurezza internazionale. Un esempio recente e sorprendente di questa strategia può essere osservato nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina, dove gli Stati Uniti hanno fornito un significativo supporto a quest'ultima nella sua lotta contro Mosca.

L'asse Kiev-Idlib 

Un esempio degno di nota di questa guerra per procura si è verificato a metà settembre, quando le forze ucraine, in coordinamento con gruppi militanti in Siria, tra cui Hay'at Tahrir al-Sham (HTS, precedentemente noto come Fronte Al-Nusra), affiliata ad Al-Qaeda, hanno lanciato una serie di attacchi con droni contro strutture militari russe in Siria. 

Da allora il gruppo ha negato le affermazioni , liquidandole come una "campagna di disinformazione russa volta a giustificare ulteriori azioni militari nelle aree liberate della Siria".  Secondo un rapporto del Kiev Post del 18 settembre,  l'operazione ha coinvolto mercenari privati ​​ucraini chiamati "Khimek", affiliati alla Direzione principale dell'intelligence ucraina , che hanno lavorato insieme a militanti con base a Idlib per colpire un sito di produzione e test di droni nella periferia sud-orientale di Aleppo.

Il giorno seguente, sono stati effettuati altri attacchi con droni su dieci posizioni militari siriane ad Aleppo, nella campagna meridionale di Idlib e nel nord-est di Latakia. All'inizio di ottobre, due importanti siti militari russi, la base di Hmeimim e un deposito di armi vicino alla città costiera di Jableh, sono stati ripetutamente presi di mira. 

Ma queste operazioni non sono state la prima iniziativa supportata da agenti militari e di intelligence ucraini in Siria. Il 26 luglio, in quello che le forze militanti hanno descritto come un attacco "devastante" e "complesso", hanno preso di mira l'aeroporto militare di Kuweires ad est di Aleppo, utilizzato come base aerea dalle truppe russe, un giorno dopo che il presidente russo Vladimir Putin aveva incontrato il suo omologo siriano Bashar al-Assad a Mosca.

L'alleanza tra l'intelligence ucraina e i gruppi militanti siriani, con il supporto della NATO, è uno sviluppo relativamente nuovo ma significativo. È iniziato all'inizio di quest'anno, quando una delegazione ucraina ha visitato Idlib per negoziare con la leadership di HTS il rilascio di diversi militanti ceceni, georgiani e uiguri detenuti nelle prigioni di HTS, stimati tra 750 e 900 prigionieri, per arruolarsi come mercenari per gli ucraini. 

L'accordo concluso prevedeva il rilascio dei militanti detenuti da HTS in cambio di 250 esperti militari ucraini che fornivano addestramento, in particolare nell'uso dei droni. Tra i tirocinanti ci sono salafiti turkmeni incaricati di fabbricare droni e fotografare potenziali obiettivi militari russi e alleati siriani, in particolare le forze speciali della 25a divisione e le Forze di difesa nazionale ad Hama, Aleppo e Latakia. 

Tuttavia, alcuni resoconti indicano che i semi di questo accordo erano stati testati già nell'ottobre 2023, quando agenti dell'intelligence turca trasportarono parti di aeromobili oltre confine all'HTS, per utilizzarle in un enorme attacco all'Accademia militare siriana nella città di Homs.

Cosa c'è dietro questa partnership per procura?

Questa cooperazione solleva importanti questioni sulla natura e l'estensione della relazione tra Kiev e questi gruppi militanti. Questa collaborazione è emersa di recente o ci sono legami storici più profondi? Ancora più cruciale, quali sono gli obiettivi condivisi dagli Stati Uniti, dall'Ucraina e dalle organizzazioni estremiste coinvolte in questa partnership per procura?

Le radici di questa cooperazione tra Kiev e i militanti HTS risalgono all'inizio dell'operazione militare speciale russa nel febbraio 2022. L'8 marzo 2022, l'agenzia di stampa russa Sputnik, citando funzionari della difesa russi, ha riferito che circa 450 militanti di Idlib appartenenti ad Al-Turkistani, Hurras al-Dein e Ansar al-Tawhid sono stati trasportati in Ucraina per combattere le forze russe, cosa che hanno fatto solo tre giorni dopo essere passati attraverso la Turchia, membro della NATO.

Alla fine di ottobre 2022, il leader ceceno del gruppo "Ajnad al Kavkaz" (Anjad del Caucaso) con sede a Idlib, Rustam Azayev, noto anche come Abdul Hakim al-Shishani, è arrivato con un gruppo di militanti in Ucraina . Appare in un video per confermare la sua effettiva presenza su un fronte di battaglia dell'Ucraina orientale come parte del battaglione ceceno "Sheikh Mansour", che stava combattendo i russi insieme alle forze ucraine. Ciò ha coinciso con l'arrivo di un nuovo gruppo di militanti in Ucraina, secondo Al-Monitor con sede negli Stati Uniti , che aveva disertato dal battaglione "Albanian Group", affiliato all'ala estremista di HTS.  Inoltre, il 9 settembre, il quotidiano turco Aydinlik ha confermato che c'erano contatti quotidiani tra il capo dell'intelligence ucraina, Kirill Budanov, e il leader di Hay'at Tahrir al-Sham, Abu Muhammad al-Julani, per completare l'invio di combattenti in Ucraina.

Le forze militari statunitensi che occupano la Siria nord-orientale svolgono un ruolo di collegamento e trasporto in questa configurazione. Sono l'attore principale nella gestione di queste varie zone di conflitto e nel coordinamento delle posizioni e della cooperazione dei loro delegati.   All'inizio di agosto 2024, gli Stati Uniti hanno facilitato l'arrivo di esperti ucraini nelle aree vicine a Jabal al-Zawiya a Idlib e hanno contribuito al trasferimento di parti di aeromobili, in cambio del trasporto di combattenti estremisti, tramite le basi statunitensi in Siria, nelle aree a nord dell'Oblast di Donetsk.   

L'accordo tra le forze ucraine e i gruppi militanti siriani, mediato con il coinvolgimento degli Stati Uniti e della NATO, include diverse componenti critiche.  Il personale militare ucraino è stato incaricato di addestrare i militanti alla guerra con i droni, migliorando le loro capacità di colpire obiettivi russi in Siria. In cambio, questi gruppi di militanti, con l'assistenza delle forze statunitensi che operano nella regione, hanno facilitato il trasferimento di combattenti dalla Siria all'Ucraina per rafforzare le forze ucraine nella loro guerra con la Russia.

Gli obiettivi degli Stati Uniti, dell'Ucraina e dei gruppi estremisti siriani, sebbene apparentemente divergenti in superficie, convergono in modi importanti. Per Washington, l'uso di forze per procura in Siria rientra in una strategia più ampia di indebolimento della Russia attraverso una politica di logoramento, distribuendo le sue risorse militari in più zone di conflitto.   Questa tattica ricorda la strategia della Guerra Fredda, consistente nel prosciugare le risorse degli avversari coinvolgendoli in conflitti costosi e prolungati.

Cosa ci guadagna ciascuna parte?

Per l'Ucraina, l'alleanza con i militanti HTS offre diversi vantaggi strategici. Indebolendo l'influenza russa in Siria, l'Ucraina mira a fare pressione sulla Russia su più fronti, costringendola a distogliere risorse e attenzione dal conflitto in Ucraina.   Inoltre, l'afflusso di combattenti temprati dalla battaglia dalla Siria e da altre regioni fornisce all'Ucraina ulteriore manodopera in un momento in cui le sue forze sono ridotte al minimo e gli Stati Uniti sono preoccupati di supportare Israele in quella che è ormai una guerra regionale. Questa cooperazione serve anche come un modo per l'Ucraina di vendicarsi di Damasco e, per estensione, dell'Iran, per il loro supporto alla Russia nell'attuale conflitto.

Gli stessi gruppi militanti traggono vantaggio da questa alleanza in diversi modi chiave. Con la Turchia che si avvicina alla riconciliazione con la Siria e la cooperazione militare russo-iraniana che avanza, questi gruppi sono sempre più vulnerabili. L'allineamento con l'Ucraina e la NATO fornisce loro nuove risorse e supporto, assicurando la loro continua sopravvivenza di fronte alle mutevoli dinamiche regionali.   La cooperazione offre inoltre agli estremisti siriani l'accesso a tecnologie avanzate, in particolare nella guerra con i droni, che è diventata un elemento cruciale nella loro continua lotta contro le forze siriane e russe.

Gli Stati Uniti svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare questa cooperazione, non solo fornendo supporto logistico, ma anche fornendo armamenti avanzati e coordinando gli sforzi tra le forze ucraine e i militanti siriani. 

Opportunità in mezzo alla guerra nell'Asia occidentale

Con l'evolversi del conflitto, l'alleanza potrebbe rafforzarsi ulteriormente, con un flusso maggiore di combattenti e risorse tra Siria e Ucraina, soprattutto mentre Hezbollah in Libano, alleato della Siria, è ora impegnato in una battaglia esistenziale con Israele. 

È anche possibile, tuttavia, che questa cooperazione abbia vita breve, a seconda dei cambiamenti nella politica estera degli Stati Uniti o dell'esito dei negoziati tra Russia, Turchia e Siria.

Il continuo ricorso alla guerra per procura da parte degli Stati Uniti, in particolare attraverso l'uso di gruppi militanti e terrorismo transnazionale, avrà probabilmente conseguenze durature e di vasta portata. Nel contesto siriano, l'incapacità o la riluttanza delle grandi potenze a impegnarsi in uno scontro militare diretto ha portato a un conflitto prolungato che non mostra segni di risoluzione. 

Il coinvolgimento delle forze ucraine in Siria, con il pretesto di contrastare l'influenza russa, serve a prolungare questo conflitto e ad approfondire le divisioni. Questa strategia assicura che gli Stati Uniti rimangano un attore chiave nella destabilizzazione di conflitti come quello in Siria.  La cooperazione in evoluzione tra le forze ucraine, i gruppi estremisti in Siria e gli interessi degli Stati Uniti rappresenta una tendenza più ampia nella strategia di guerra per procura di Washington. Uno scenario potenziale è che questa partnership continuerà ad espandersi, con l'intelligence ucraina che promuove legami più profondi con le fazioni estremiste a Idlib che si oppongono a qualsiasi riconciliazione tra Ankara e Damasco. 

Ciò potrebbe estendersi anche alle aree controllate dai curdi nella Siria nord-orientale, creando un vantaggio condiviso per tutte le parti coinvolte. I gruppi militanti potrebbero ricevere armi avanzate, come i droni, senza che Washington sia direttamente implicata, in cambio della fornitura di combattenti aggiuntivi, tra cui elementi dell'ISIS attualmente detenuti nelle prigioni gestite dai curdi , per supportare l'Ucraina contro la Russia.

 

lunedì 8 maggio 2023

La Siria è stata ufficialmente riaccolta dopo 12 anni nella Lega Araba

 The Cradle  - 7 maggio 2023

Il portavoce del ministero degli Esteri iracheno, Ahmad al-Sahhaf, ha annunciato che i ministri degli Esteri arabi riunitisi domenica a porte chiuse nella capitale egiziana Il Cairo hanno concordato il ritorno della Siria nella Lega Araba dopo quasi 12 anni di sospensione.

Fonti hanno riferito all'agenzia di stampa russa Sputnik all'inizio del 7 maggio che, dopo le consultazioni tra i ministri degli esteri, la "maggioranza" ha sostenuto il ritorno della Siria nella Lega Araba.

Secondo un anonimo diplomatico egiziano intervistato da The National ( di Abu Dhabi), il ritorno della Siria nell'organizzazione sarà “condizionato” e dovrà dipendere “dal ritorno dei profughi siriani senza ritorsioni, da un processo politico credibile che porti a elezioni e da passi per porre fine al contrabbando di stupefacenti dalla Siria nei paesi vicini".

L'agenzia di stampa libanese LBCI ha riferito che durante l'incontro è stato concordato che il Libano entrerà a far parte di un "comitato di risoluzione della crisi per la Siria", che comprende Arabia Saudita, Iraq, Giordania ed Egitto.

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha affermato durante la sessione che una soluzione politica è l'unica via percorribile. Una soluzione militare in Siria è "irrealistica", ha detto Shoukry.

Tuttavia, ha anche sottolineato l'estrema importanza di garantire "l'eliminazione del terrorismo" in Siria, che è ancora una questione importante dato il controllo di gruppi armati estremisti su alcune aree del Paese.

Venerdì, il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha affermato che la Siria ha ottenuto il numero necessario di voti dall'organismo arabo composto da 22 membri.

"Simbolicamente, sarà importante, ma questo è solo un umile inizio di quello che sarà un processo molto lungo, difficile e impegnativo, data la complessità della crisi", ha detto Safadi alla CNN.

La decisione arriva alcuni giorni dopo una riunione dei diplomatici regionali nella capitale giordana Amman, alla quale ha partecipato anche il ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad. L'incontro si è concentrato sull'importanza di risolvere le crisi umanitarie, politiche e di sicurezza nel Paese.

Ha anche aperto la strada alla decisione ufficiale di domenica di reintegrare Damasco nella Lega Araba.

A seguito dell'incontro a porte chiuse in Egitto – che dovrebbe essere seguito da una seduta pubblica – molti si aspettano che la Siria sarà presente al vertice della Lega Araba di questo mese (il 19 maggio) nella capitale saudita Riyadh.

Questo è l'ultimo passo nel recente abbraccio del mondo arabo alla Siria, che ha visto l'Arabia Saudita – un tempo uno dei principali sostenitori della guerra sponsorizzata dagli Stati Uniti contro il paese – guidare un'iniziativa regionale per porre fine alla crisi.

Tuttavia, Washington e alcuni stati arabi, in particolare il Qatar, continuano a opporsi alla normalizzazione con il governo di Damasco.

https://thecradle.co/article-view/24524/syria-officially-welcomed-back-into-arab-league?s=09

La Siria torna nella Lega araba nonostante la contrarietà degli Usa

Piccole Note, 8 maggio 2023

La Siria è tornata nella Lega Araba dopo esserne stata espulsa 11 anni fa a causa del feroce regime-change avviato dagli Stati Uniti e sostenuto da diversi Paesi arabi ed europei. La Siria ha retto all’aggressione grazie all’aiuto dell’Iran e dalla Russia, ma ne è uscita devastata e ridimensionata – un terzo è ancora sotto l’occupazione americana tramite i curdi –  nonché ridotta allo stremo dalle sanzioni, rimaste in vigore nonostante il recente sisma che ha distrutto il Paese.

Sulla tragica situazione in cui versa la Siria, un report delle Nazioni Unite riportato dalla CNN, ha rilevato come “i livelli di povertà e di insicurezza alimentare affrontati dai siriani non hanno precedenti. Il Programma alimentare mondiale stima che nel 2022 più di 12 milioni di siriani, più della metà della popolazione, si sono trovati in condizioni di insicurezza alimentare”. La causa di tutto ciò sono le sanzioni, ma ovviamente la CNN non può dire che il suo Paese e l’Europa stanno affamando un intero popolo…

La sconfitta degli Stati Uniti

Al di là dei particolari, resta la reintegrazione della Siria nell’ecumene araba, che è stata fortemente ostacolata dagli Stati Uniti (Jerusalem Post), ossessionati dal loro odio irriducibile verso Assad. Tanto che sabato scorso, prima del voto dell’assise araba sul punto, il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan si è precipitato a Riad per parlare con il principe Mohamed Bin Salman, architetto del ritorno nell’ovile arabo di Damasco.

Secondo Axios i due avrebbero parlato della pace in Yemen e di alcuni progetti infrastrutturali per collegare più strettamente i Paesi del Medio oriente e questi con l’India. Si vorrebbe creare un’alternativa all’integrazione del Medio oriente nella Via della Seta cinese, cooptando l’India – rivale della Cina – in un progetto alternativo a guida Usa, che vedrebbe l’adesione postuma di Israele. Un tentativo che potrebbe non andare in porto, anche perché, come rileva Foreign Affairs, in un articolo dal titolo: “L’errata scommessa Usa sull’India”, “Nuova Delhi non si schiererà con Washington contro Pechino”…

Non sfugge, però, la tempistica della visita di Sullivan, giunto a Riad il giorno prima della votazione fatidica sulla Siria. Evidentemente ha fatto un ultimo tentativo per evitare tale passo, ma non è riuscito. Una sconfitta della diplomazia Usa, come prova il fatto che i primi a rallegrarsi di quanto avvenuto sono state Russia e Cina, suoi antagonisti globali.

Il nuovo attivismo di Riad

Il passo è stato sofferto, come evidenzia il fatto che la riunione decisiva per il reintegro della Siria si è svolta a porte chiuse e che la decisione è stata presa a maggioranza (The Cradle accennava alla contrarietà del Qatar nell’articolo “Nemici fino alla fine”).

Il ritorno di Damasco nella Lega segna un altro punto a favore della diplomazia saudita, che l’ha fortemente voluto, esponendosi alle ritorsioni dei tanti nemici di Assad.  È un momento molto importante per Mohamed Bin Salman, il quale, da motore della destabilizzazione regionale (per conto di altri), ha assunto il ruolo di motore del nuovo ordine mediorientale, come denota anche la distensione con l’Iran. 

In tale prospettiva si colloca anche l’attivismo dispiegato nei confronti del conflitto sudanese, scoppiato alcuni giorni fa a causa della rivalità di due potenti signori della guerra locali e delle manovre neocon, che hanno alimentato le rivalità latenti.

Riad ha ospitato un summit tra le fazioni rivali (Guardian). Non c’è ancora un accordo, ma il solo fatto di aver portato i duellanti al tavolo dei negoziati è un risultato notevole. Vedremo.