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giovedì 28 marzo 2019

Sui terroristi che ancora infestano la Siria e sui Curdi che continuano a tradire il popolo siriano.


L’autunno scorso, durante il mio soggiorno a Latakia ho incontrato tante persone e tutte avevano in comune un’urgenza incredibile di raccontare e di essere ascoltate da me che tornavo da lontano. Storie dure di sofferenze, di spaventi, di sgomento, di perdite strazianti, di vuoti incolmabili. Aprivo la porta al mio o alla mia ospite e, dopo un abbraccio silenzioso e talvolta ancora prima di andare a sederci, iniziava la narrazione incontenibile degli anni trascorsi dentro questa guerra spietata. Altre volte, occorreva una tazza di caffè e un ‘’ci sei mancata’’ o ‘’ sei tornata per restare, vero?’’ o qualche altra frase di preambolo o un cenno di pianto subito placato o una risata complice per una qualunque sciocchezza o un attimo di raccoglimento come per riunire le forze e dare il via alle storie che avevano bisogno di essere confidate. Storie personali o familiari difficili, dolorose, malinconiche, tragiche e in qualche caso con risvolti un po’ tragicomici. Come la vita. Vorrei scrivere di tutti questi incontri, ma ancora non ci riesco. È difficile staccarmi dalla moltitudine di gesti, sensazioni, emozioni, fremiti e silenzi, talvolta più intensi delle parole, in cui mi sento immersa. Ma posso dire che tutte le storie individuali, uniche, che ho ascoltato hanno tratti comuni come l’ammissione, talvolta espressa con energia e talvolta sussurrata con difficoltà, del terrore provato quando i terroristi si trovavano a pochi chilometri da Latakia, il sollievo palpabile per il pericolo scongiurato e l’ira, invece quasi urlata da tutte e da tutti per essere stati traditi dai Curdi favoreggiatori di Israele e dell’America. Tratti comuni che ho ritrovato nel breve scritto che segue - di Lilly Martin Sahiounie, una signora statunitense che vive a in Siria da quasi trent’anni - così come la solitudine che opprime tutti. Tremo, mentre scrivo queste parole, perché mi riportano verso la sensazione tristissima che provavo costantemente nel constatare quanto si sentissero traditi, inascoltati e soli. Ignorati dal mondo. Lo capivo non per il biasimo, raramente e sommessamente espresso, ma per la gioia grata verso chi per il solo fatto di tornare da quel mondo lontano attestava la loro esistenza, il loro travaglio, ma sopra ogni cosa la loro dignità. Dedico queste righe a tutte le persone che ho incontrato a Latakia e a quelle che non ho potuto incontrare. E dico alla cara Lilly che dopo il nostro lungo abbraccio mi ha ingiunto: ‘’Prima parlo io, poi mi racconterai di te’’: alla prossima volta, per ascoltarti parlare più a lungo, ma intanto continua a offrirci le tue preziose testimonianze.
   Maria Antonietta Carta



Aggiornamento dalla Siria, 27 marzo 2019.  Di Lilly Martin Sahiounie

I media di tutto il mondo sono pieni di articoli che gridano: “L’ISIS È SCONFITTO". Devo ammettere che per quanto mi concerne, l’Isis non è mai stata la preoccupazione principale, poiché nella regione in cui vivo non è mai arrivata e quindi non ho mai sofferto direttamente per causa loro. I video con teste mozzate erano sempre un evento "lontano" e non vi ho prestato un’attenzione eccessiva. 
La mia casa è stata distrutta nel 2014 e i miei vicini sono stati massacrati, rapiti e violentati. Tre chiese bruciate, fabbriche, aziende e case saccheggiate e poi distrutte. Niente di tutto ciò è stato fatto dall’ISIS nella mia zona. Qui, da 2011 fino al 2019, tutte le distruzioni e i crimini sono stati rigorosamente perpetrati dall'Esercito Siriano Libero e dai loro affiliati di Al Qaeda: Jabhat al Nusra e il resto delle milizie appoggiate dagli Stati Uniti. 
È vero che alcuni di quei terroristi alla fine si sono uniti all'ISIS, ma mentre stavano uccidendo qui non erano ISIS. Cosa rappresenta un nome? Talvolta non tanto. I LAKERS o i CELTICS sono nomi diversi, eppure sono tutti giocatori di basket indipendentemente dall'uniforme che indossano. Lo stesso può dirsi dei terroristi: sono tutti tagliati nella stessa stoffa. Ho sofferto e i miei vicini, amici e parenti hanno sofferto durante otto anni di guerra, eppure non siamo stati colpiti dall’ISIS. I media a livello globale stanno sbandierando il fatto che ISIS è finito. OK, buono a sapersi, ma quando ci sbarazzeremo dei terroristi che ancora detengono il controllo di terre siriane? Dove sono i media e le proteste dei governi per Idlib controllata da terroristi assetati di sangue, che detengono due milioni di civili come ostaggi? Nessuno ne parla. Dov'è la protesta globale per i terroristi sponsorizzati dagli Stati Uniti e l'SDF, che detengono una gran parte del territorio nord-orientale della Siria? Quelli dell'SDF hanno stuprato, mutilato, ucciso e scacciato dalle loro case migliaia di persone, mentre marciavano incoraggiati dal sostegno dell'esercito degli Stati Uniti e mentre facevano pulizia etnica contro tutti i Siriani che non sono nati Curdi.  Immaginate i bianchi degli Stati Uniti che, marciando attraverso l'Alabama, costringano tutti gli abitanti neri a lasciare le loro case. Questa è la situazione in Siria. Ma non importa a nessuno perché sono gli USA a sostenere i criminali terroristi della SDF. 
In conclusione: è una buona cosa che ISIS non conservi più territori siriani, ma non possiamo dimenticare le due zone controllate da altri terroristi: Idlib e la regione nord-orientale. E voglio dire che non esiste nessun Kurdistan. I Curdi siriani sono cittadini siriani e hanno gli stessi diritti dei vicini di casa che loro hanno stuprato, mutilato e ucciso. La Siria non sarà divisa. Dato che alla SDF non piace vivere in pace e nel rispetto di tutti i diritti per tutti, anche nel rispetto del diritto di proprietà per chi non è Curdo, forse è giunto il momento che lo "Zio Donald Trump" li trasferisca negli Stati Uniti dove potranno ritagliarsi una Patria tutta per sé.
  Trad. Maria Antonietta Carta