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venerdì 31 luglio 2015

Petizione per la ripresa delle relazioni diplomatiche con la Siria e abolire Embargo e Sanzioni sul popolo siriano

A questo link è possibile firmare la petizione proposta dal Coordinamento per la Pace in Siria:

https://www.change.org/p/presidente-della-repubblica-italiana-sergio-mattarella-presidente-del-consiglio-dei-ministri-matteo-renzi-ripresa-delle-relazioni-diplomatiche-con-la-siria-e-abolire-embargo-e-sanzioni-sul-popolo-siriano


Per favorire il processo di pace , per dare speranza al popolo siriano, per tutte le ragioni umanitarie che le Monache Trappiste hanno testimoniato,  Ora pro Siria aderisce e invita i lettori a sottoscrivere la petizione: 

Ripresa delle relazioni diplomatiche con la Siria. Abolire Embargo e Sanzioni sul popolo siriano

LETTERA INVIATA A
Presidente della Repubblica Italiana  Sergio Mattarella
Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi

Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria
http://www.siriapax.org/?p=15478   


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"L'Is è uno strumento nelle mani delle grandi potenze, da loro sono stati creati, armati e sostenuti. Invece di combatterli sul terreno comprano da loro il petrolio e i reperti archeologici rubati “ , dichiara il Vescovo latino di Aleppo


di MARCO TOSATTI
In un’interessante intervista a Tg2000 il vicario apostolico di Aleppo dei latini, mons. Georges Abou Khazen, ha espresso dubbi sulla reale volontà della Turchia – e degli Stati Uniti – di voler combattere l’Isis. 

Intanto l’organizzazione “Siriapax” ha lanciato una petizione al Presidente della Repubblica, Mattarella, e al Parlamento affinché vengano ristabiliti i rapporti con Damasco, e tolte le sanzioni contro il popolo siriano.

La gente teme che i turchi vogliano combattere i curdi sotto la scusa dell’Isis”. Lo ha detto il vicario apostolico di Aleppo dei latini, mons. Georges Abou Khazen, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, commentando le operazioni militari che la Turchia sta eseguendo contro l’Isis in Siria e contro i curdi del Pkk in Iraq. “Se è una lotta contro l’Isis va bene - ha aggiunto mons. Khazen - ma se è una scusa della Turchia per creare una zona indipendente dalla Siria, allora diventa un po’ pericoloso. Se è una scusa per combattere i curdi e aumentare la confusione e la violenza, allora non è un segnale positivo. Sappiamo bene che la Turchia ha permesso all’Isis di entrare, di armarsi e avere il loro addestramento”. 

Mons. Khazen ribadisce che “tutti noi siamo contro la civiltà della morte e della distruzione” ma “anche molti musulmani moderati che sono contro l’Isis si arruolano per combattere questa peste. A me dispiace che le luci si siano accese su qualche cristiano che si è alleato con i curdi contro l’Isis. Questo fa aumentare l’odio contro i cristiani. E’ naturale che in una guerra le persone si difendano. Ci sono persone che sono obbligate a fare il servizio militare”.  

E’ naturale che qualcuno si difenda – ha concluso il vicario di Aleppo - ci sono cittadini a cui si dice ‘invece di andare a fare la leva a Damasco, restate nei vostri paesi e difendeteli’”. 
“L’Isis è uno strumento nelle mani delle grandi potenze, da loro sono stati creati, armati e sostenuti. Invece di combatterli sul terreno comprano da loro il petrolio e i reperti archeologici rubati in queste terre”. Ha detto ancora mons. Georges Abou Khazen.  

Sappiamo bene chi sta comprando queste cose dall’Isis – ha aggiunto mons. Khazen - Non bisogna dare agli uomini dell’Isis le armi e non li devono addestrare. Nei paesi limitrofi della Siria, tra cui anche la Turchia, ci sono dei veri e propri campi d’addestramento”. “Gli uomini dell’Isis - ha aggiunto il vicario di Aleppo - hanno preso le zone dove c’è il petrolio, l’hanno cominciato a vendere a 10 dollari al barile e adesso a 30 dollari. E chi sta comprando petrolio e reperti archeologici? Sicuro non sono i somali o quelli della Mauritania”.  

Mons. Khazen ha inoltre sottolineato che “con l’Isis non trafficano solo le compagnie occidentali. E chi ci rimette la vita è questa povera gente. Noi in Siria abbiamo 23 gruppi religiosi-etnici diversi che costituivano un bel mosaico. E adesso cosa stanno diventando? E ci parlano di diritti dell’uomo”.  

lunedì 22 giugno 2015

27 giugno, appuntamento con l'informazione sulla Siria

Molti ricorderanno la preghiera per la pace in Siria indetta a San Pietro da papa Francesco. Fu un momento di speranza che oggi, per chi vive o guarda quel conflitto, appare tanto lontana. Un conflitto oggi più acceso che mai, oggi che ogni tentativo di pacificazione da parte della comunità internazionale è stato abbandonato e la parola è lasciata alle armi. Una guerra che non cessa di proporre il suo orrore quotidiano al mondo intero, oggi che tale orrore ha preso le sembianze dell’Isis, che ha ne fatto un marketing di successo.
Si sa tanto di questo conflitto, ne parlano  Tv e giornali, e a tutti è capitato di leggerne e di carpire qualche brandello di una improbabile chiave di lettura. 

Il prossimo 27 giugno il Coordinamento per la pace in Siria dedica una giornata di riflessioni e di approfondimenti a questa guerra. Non abbiamo chiavi di lettura da offrire, ma fatti e testimonianze dirette, cosa indispensabile per chi voglia capire quanto sta avvenendo al di là della fitta nebbia di disinformazione che lo avvolge - tanti gli interessi in gioco in questa tragica partita internazionale.
Non solo una esigenza di informazione: si deve incominciare a guardare la realtà per poter individuare efficaci vie di pace che a oggi sembrano così impossibili.
Il grido di dolore di quella povera gente, la loro ineffabile speranza conforta e interpella. Non c’è altra soluzione per la Siria che non la pace. La comunità internazionale, da troppo tempo bloccata da ambiguità e interessi, deve intraprendere una buona volta e senza indugi questa strada. 
L’alternativa è folle, il dilagare del terrore, che dopo aver travolto la Siria e l’Iraq si rivolgerà - e già ha iniziato a farlo - contro l’Occidente.



domenica 31 maggio 2015

APPELLO CONTRO LA DISTRUZIONE DELLA SIRIA, DELL'IRAQ E DEL MEDIORIENTE


di 'Coordinamento Nazionale per la pace in Siria'
Come Associazioni che seguono da vicino la crisi siriana abbiamo da tempo documentato questo stato di cose. Oggi in prossimità del 'punto di non ritorno' poniamo alcune domande evitate accuratamente dai governi e dalla grande stampa (che sembra essere diventata anzichè una garanzia democratica per i cittadini il contro-coro del potere).  Rivolgiamo un appello a tutte le persone oneste del nostro paese, di ogni colore politico e credo religioso. Aiutateci, fate sentire la vostra voce in ogni ambito, affinchè i nostri governi occidentali si trovino a dover giustificare questo loro immorale comportamento. Aiutateci perchè si interrompa una politica dissolutrice che soddisfa solo le alleanze dei paesi arabi produttori di petrolio ( fondate solo sul tornaconto economico) e che mira a costruire un mondo le cui rovine sono oggi anticipate davanti ai nostri occhi e che, vediamo chiaramente, non è fatto di giustizia e di progresso.Non possiamo tacere. Nessuno può tacere davanti a tutta questa devastazione, agli stermini di massa e al grido disperato che si leva da quelle regioni in cui l'occidente , anzichè operare per la pace e la riconciliazione, arma ed addestra e rifornisce chi perpetua la devastazione ed infligge nuovi lutti e sofferenze alla popolazione civile.

DUNQUE L’OCCIDENTE VUOLE CHE L’ISIS PRENDA SIRIA,  IRAQ, YEMEN…?
L’evidente incapacità della sedicente “coalizione internazionale anti-Isis” di fronte all’avanzata dei terroristi in Siria e in Iraq è forse frutto di una strategia? Il ministro Alfano ha detto in Parlamento: “Facciamo parte della grande comunità occidentale che combatte al meglio il terrorismo”. Doveva dire: “la comunità occidentale che aiuta al meglio il terrorismo”...

Perché  in Iraq nella provincia di Anbar la sedicente coalizione anti-Isis non è riuscita a fermare  con bombardamenti aerei una visibilissima colonna motorizzata di terroristi armati nel deserto iracheno (ecco le foto  http://www.thegatewaypundit.com/2015/05/isis-holds-massive-military-parade-in-west-anbar-celebrating-victory-in-ramadi-wheres-the-coalition/)? Come mai gli Usa hanno intimato giorni fa al governo iracheno di respingere nelle retrovie le milizie sciite anti-Isis, e lo stesso è accaduto a Tikrit (http://nena-news.it/iraq-ora-baghdad-ha-bisogno-di-teheran-per-riprendere-ramadi/#sthash.WNozyjdp.dpuf)?

Come mai l’Italia non vede quel che sta succedendo a Palmira e in tante altre parti della Siria dove l’avanzata dei terroristi lascia una scia di assassini settari? Come mai non vede che se le forze jihadiste prenderanno il paese, la mattanza in corso si estenderà dappertutto assumendo dimensioni inimmaginabili di vendetta settaria e catastrofe umanitaria? Presto non ci sarà un luogo dove fuggire. L'unica forza residua che può contrastare questa funesta prospettiva è il governo e l’esercito siriano, in grave difficoltà per la mancanza di rifornimenti e la scarsità di uomini. Quindi volenti o nolenti esortiamo i governi coinvolti a far  prevalere la ragione.
Bisogna mettere da parte ogni considerazione di natura politica e salvaguardare la vita umana: il pericolo che incombe non è solo un pericolo per i siriani è un pericolo per tutti, è il pericolo che diciamo a parole di fronteggiare anche nei nostri paesi. Bisogna togliere dall'agenda la 'non soluzione' di rovesciare il governo, sorpassata abbondantemente dagli eventi ma che inopinatamente è ancora l'obiettivo numero uno della coalizione occidentale e delle monarchie del Golfo.  L’azione delle autorità siriane va appoggiata, non boicottata.


Perché invece l’Occidente lavora per indebolire l’esercito siriano, avversario dell’Isis, addestrando i gruppi armati islamisti – lo fanno gli Usa in Turchia e Giordania con la coalizione di salafiti, al Nusra, Fratelli musulmani detta Esercito della Conquista che controlla Idlib (http://www.analisidifesa.it/2015/05/i-nostri-amici-dello-stato-islamico/)?

Perché l’Italia e i paesi occidentali non interrompono le collusioni dirette e indirette che favoriscono l’avanzata delle forze jihadiste in Siria e Iraq, dove diversi membri della sedicente coalizione anti-Isis (Arabia saudita, Turchia, Qatar, Stati uniti) continuano ad appoggiare l’avanzata di gruppi terroristi rifornendoli di armi e denaro, facendoli passare attraverso le frontiere, addestrandoli (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2687)?

Perché il sedicente  “Gruppo di lavoro per il contrasto al finanziamento dello Stato islamico” presieduto da Arabia Saudita, Italia e Stati Uniti (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2015/03/costituzione-del-gruppo-di-lavoro.html) non fa nulla, o peggio? Doveva contrastare lo sfruttamento delle risorse della regione (petrolio, beni archeologici, depositi bancari trafugati), interrompere il flusso di fondi dall’estero (donazioni o riscatti). Ha forse fatto il contrario? L’Isis ottiene quel che vuole ed “esporta” petrolio.  A chi?

Perché  l’Italia non si è opposta ai bombardamenti dell’Arabia saudita sullo Yemen che hanno causato moltissimi morti civili e danni enormi, favorendo l’espandersi di al Qaeda? Perché l’Italia continua a essere complice della distruzione di interi paesi?

Perché la sedicente Coalizione anti-Daesh raduna i padrini di tutte le al Qaede, Stati che hanno alimentato, protetto, foraggiato, politicamente agevolato i gruppi terroristi? Prima con la guerra di Bush in Iraq (http://www.telesurtv.net/english/news/Hillary-Clinton-Says-Killing-of-Thousands-in-Iraq-a-Mistake-20150519-0052.html). Poi con la guerra della Nato in Libia. Poi con il sostegno a “ribelli” siriani. L’Italia è grande alleata commerciale e politica dell’Arabia saudita (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2934), regno che, secondo lo stesso ex ambasciatore statunitense in Siria Robert Ford (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=11418), ha praticamente fondato – con il consenso Usa – l’Isis nella regione per destabilizzare i governi di Siria e Iraq, alleati dell’Iran.

Firmato:  Rete No War, Coordinamento nazionale per la pace in Siria (SiriaPax), Assadakah Centro italo-arabo e del Mediterraneo

  • qui la traduzione in inglese
  • qui la traduzione in francese
  • qui la traduzione in spagnolo
  • qui la traduzione in russo
  • qui la traduzione in arabo

parliamone insieme il 27 giugno a Roma


giovedì 28 maggio 2015

Appello da Aleppo: "Solo il Papa può salvare la Siria"

La testimonianza di un medico dei Maristi di Aleppo e l’appello al Santo Padre : ‘solo Lei ci può salvare’



Intervista realizzata dal 'Coordinamento per la Pace in Siria' a Nabil Antaki, medico e direttore di uno degli ultimi due ospedali funzionanti ad Aleppo. Nabil Antaki appartiene alla congregazione dei Maristi blu, che conta tra i suoi membri sia laici che religiosi. Quando la guerra ha investito Aleppo nel maggio 2012 lui ha deciso di rimanere con la moglie. «La Siria è il nostro Paese, le nostre radici sono qui. È qui che possiamo fare il nostro dovere e rendere il nostro servizio».


Dottor Nabil, sulla base di quanto a lei consta, cosa pensate dei reports di Amnesty International e di Medici senza frontiere, che parlano di una Aleppo distrutta (compresi diversi ospedali) dai barili bomba dell'esercito siriano?
Aleppo è divisa in due parti, la parte est con 300.000 abitanti è nelle mani dei gruppi armati e la parte ovest con 2 milioni di abitanti è sotto il controllo dello Stato siriano; lì viviamo e operiamo noi. Noi non sappiamo quello che accade nell'altra parte della città, dunque io non posso né confermare né smentire, ma so due cose. La prima è che noi siamo bombardati quotidianamente dai ribelli e molti ospedali dalla nostra zona della città sono stati distrutti, bruciati o danneggiati dalla loro azione. La seconda è che siamo in una situazione di guerra ed è possibile che le bombe sganciate dall’esercito siriano abbiano toccato un ospedale, ma sicuramente non in modo intenzionale. Gli statunitensi e gli occidentali con le loro armi tanto sofisticate hanno spesso mancato i loro bersagli e causato dei ' danni collaterali '…Ciò che rimprovero a Medici senza frontiere è che danno conto delle sofferenze solo dell'altro lato della città, la parte ribelle, e mai delle sofferenze della nostra parte. I loro rapporti sono parziali.

Cosa pensate della proposta di Sant'Egidio e dell'ex ministro Riccardi di fare di Aleppo una “città aperta” e anche di introdurre una no- fly-zone?
L'iniziativa di Sant'Egidio era buona quando fu lanciata, nel luglio 2014. Allora l'acqua era stata tagliata in Aleppo (dai gruppi armati) per ben 70 giorni consecutivi. Bisognava “salvare Aleppo” in primis. Ora questa iniziativa è superata. Noi non abbiamo più bisogno che Aleppo sia dichiarata città aperta e che siano aperti dei corridoi umanitari. Benché la situazione sia cattiva, Aleppo non è più sottoposta a un blocco come un anno e mezzo fa. Le persone e i prodotti entrano ed escono attraverso una strada che l’esercito ha aperto 17 mesi fa. I viveri entrano, nessuno muore di fame anche se l'80% della popolazione deve ricevere un aiuto alimentare. Sì, la città è accerchiata ma c'è sempre questa strada che ci collega all'esterno. La città è danneggiata ma le persone continuano a vivere adattandosi alla penuria di acqua, di elettricità --- Dunque, attualmente i vantaggi della proposta di Sant'Egidio sono meno importanti che il pericolo rappresentato da una no-fly-zone e da una forza di interposizione, che avvantaggerebbero i gruppi armati e metterebbero la città e i suoi abitanti in pericolo, alla mercè di Daesh e al Nusra.

Perché anche i gruppi cristiani sul luogo esitano a parlare delle cause della loro sofferenza?
Avete ragione quando dite che parliamo soltanto della sofferenza degli aleppini e non delle cause. Lo facciamo per molte ragioni. Uno: per essere ascoltati dall'opinione pubblica occidentale che è stata a tal punto disinformata che le dichiarazioni in ambito politico che dicono la verità non sono neppure lette, ascoltate, prese in considerazione. Dunque, a partire dalle sofferenze degli aleppini e dei siriani, riusciamo almeno a far passare il messaggio che i ribelli armati sono responsabili della sofferenza dei siriani o, perlomeno, corresponsabili. Quanti amici intimi occidentali ho perso, all'inizio degli avvenimenti, perché io dicevo loro la verità sulle interferenze esterne! Essi mi rispondevano: voi arabi, vedete complotti ovunque! Adesso utilizzo un'altra tattica: non parlo più di complotto o di piano prestabilito, ma dico che ciò che era accaduto e che accade attualmente in Siria non era affatto spontaneo… E ora il mio discorso è accettato. L'importante è far passare il messaggio. In secondo luogo, le persone hanno paura per le loro vite e dunque parlano soltanto delle sofferenze e non delle cause e dei responsabili delle nostre disgrazie. Hanno paura di essere uccisi. È più facile parlare quando si vive all'esterno della Siria.

Cosa pensate dei media che parlano di Aleppo e della Siria? Perché essi credono a fonti non affidabili? Perché per esempio descrivono come angeli i cosiddetti “elmetti bianchi” di al Nostra?
I giornalisti che ci intervistano orientano sempre l'intervista verso il piano umanitario e rifiutano che si parli di altre cose. E tuttavia, noi tentiamo di dire la verità. In tutti i miei scritti io dico che noi siamo bombardati dai gruppi armati ribelli che ci lanciano mortai, razzi e bombole di gas riempite di esplosivi e chiodi. Dal 2011, i siriani hanno compreso che ciò che accadeva non era una rivoluzione per portare in Siria una maggiore democrazia, un maggior rispetto dei diritti umani e minor corruzione. I siriani sapevano, fin dall'inizio, che la “primavera araba” era il nome nuovo del “caos costruttivo” di Condoleeza Rice e del “nuovo Medio-Oriente” dell'amministrazione Bush e che questa “primavera” in Siria sarebbe sfociata o nel caos e nella distruzione del paese o in uno Stato islamico. Disgraziatamente, le due alternative forse riusciranno entrambe.
Per tornare ai media occidentali, essi non hanno che una sola fonte di informazione, l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo basato a Londra, che nasconde, sotto un nome molto credibile, un centro di diffusione della disinformazione.

Il giorno di preghiera per la Siria organizzato dal Papa Francesco nel settembre 2013 è stato molto importante, ha contribuito a evitare gli imminenti bombardamenti statunitensi in seguito alla disinformazione sulle armi chimiche a Ghouta. Cosa pensate che egli potrebbe fare ora? Cosa dirgli?
Direi a  Papa Francesco:  fin dal primo giorno del vostro pontificato, i siriani L’hanno amata e hanno adottata. Le Sue svariate dichiarazioni, omelie, tweets, sono tanto apprezzati e diffusi tra di noi. Noi sentiamo che, in Lei, il Vangelo è al centro di tutto, sfidando la burocrazia e il politicamente corretto di una falsa diplomazia.
Lei ha domandato più di una volta ai cristiani di Siria (e del Medio Oriente) di non lasciare la terra dei loro antenati, di restare attaccati alle loro radici per dare un senso alla loro appartenenza e alla loro presenza in Siria. È esattamente ciò che il mio gruppo e io stesso ci sforziamo di fare da decenni (in allegato un video realizzato ormai vent'anni fa *)

Diverse organizzazioni cattoliche internazionali (e molte Ong tra cui la nostra) fanno del loro meglio per dare sollievo alle sofferenze dei siriani e in particolare dei cristiani sul piano umanitario.

Santo Padre,  La imploriamo di fare ancora di più. Le dichiarazioni, il sollievo alle sofferenze, l'incitazione a restare nel paese non hanno impedito alla metà dei cristiani di Aleppo di andarsene definitivamente. I cristiani di Siria hanno una duplice paura: temono fisicamente i fanatici islamisti di Daesh, e hanno anche paura di perdere il loro futuro e quello dei loro figli a forza di pazientare e di aspettare la fine del conflitto. Se si vuole che l'altra metà dei cristiani rimanga, bisogna fermare la guerra.

Noi La imploriamo di usare la Sua autorità morale, il Suo prestigio incontestabile per fare pressione sui diversi governi affinché cessino di armare e di finanziare i gruppi armati, perché lottino effettivamente contro Daesh e perché facciano fermare il passaggio dei terroristi attraverso le nostre frontiere del Nord.
Perché una soluzione politica negoziata possa riuscire, bisognerebbe che l'opposizione accetti l'attuale governo della Siria, perché non si può negoziare con qualcuno di cui si esige, come precondizione, l'eliminazione.
Santo Padre,  solo Lei può fare qualche cosa per fermare la distruzione del nostro bel paese, per far cessare la morte di centinaia di migliaia di esseri umani e per permettere ai cristiani di Siria di restare, o di ritornare, nel loro paese.

martedì 31 marzo 2015

Il Coordinamento per la Pace in Siria scrive al ministro Gentiloni: l'Italia promuova pace vera.


Dopo anni di mezze verità e di disinformazione sulla situazione siriana, finalmente qualcuno comincia a mettere in fila i fatti, a raccogliere testimonianze di prima mano, a informare la gente e a fare pressione sui nostri politici. E' il caso del "Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria". 

Il 29 marzo 2015, con una lettera aperta al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni, il Coordinamento denuncia l'inizio del piano triennale di addestramento militare USA di 15.000 "ribelli moderati"  in Turchia, sancendo così l'inizio di un nuovo triennio di guerra mentre l'incaricato ONU cerca di avviare inutili negoziati di pace. Ancora armi ed addestramento a guerrieri pronti a passare nelle fila dei fondamentalisti, come se l'Afganistan, la Libia, e tutte le "primavere arabe" non avessero insegnato nulla.


E' tutta da leggere la lettera del Coordinamento per la Pace in Siria, per non cadere nella trappola degli slogan e per dare credito alla voce dei nostri fratelli cristiani che oggi soffrono la guerra e domani la persecuzione.


La leggiamo avendo negli occhi Myriam, motivo di speranza e di fede sopra tutti i giochi sporchi di un occidente senza Dio.



 missili USA utilizzati da al-Nusra, branca di al-Qaeda, nella conquista di Idlib la settimana scorsa. 

Giunge intanto la notizia che padre Ibrahim Farah di Idlib è stato catturato e dovrà 

comparire davanti alla corte della sharia 

.
 Preghiamo per lui e per tutti i cristiani perseguitati.



Egregio signor ministro degli Esteri Gentiloni,
come Lei sa, è stato avviato il progetto turco-statunitense di addestrare 5.000 ‘ribelli moderati’ anti-ISIS. 15.000 combattenti nell’arco di tre anni saranno addestrati  dalle forze speciali statunitensi presso i campi di addestramento situati in Turchia (Kirsehir), Arabia Saudita e Giordania.
I primi 2.000 saranno principalmente scelti tra elementi turcmeni notoriamente ostili ad Assad. Le parole di Abdurrahman Mustafa (capo dell’Assemblea turkmena) alla televisione statale turca Trt chiariscono che la posizione di Ankara sposa perfettamente il punto di vista dei turcmeni: ”Aleppo è e rimarrà una città turca “.  
Anche le successive aliquote avranno una forte caratterizzazione antigovernativa. In Siria, dopo 4 anni di guerra, si combatte o con Assad o contro Assad e pensiamo che i ribelli saranno scelti tra quelli anti-Assad…
E' di dominio pubblico che conserveranno la denominazione di 'ribelli', appartenendo alle forze anti-Assad. A questa qualifica è stata aggiunta quella di 'moderati': a queste forze sarà messo in mano il futuro della Siria, il compito di risolvere il conflitto siriano.
Si sarà accorto, Signor Ministro che è già un non senso: i veri moderati sono quelli che non combattono, quelli che non hanno mai avuto l'attenzione della Comunità Internazionale e non sono mai stati invitati a trattative di pace…
Ma andiamo avanti: l’inizio del training è imminente, forse è già iniziato. L'addestramento in grande stile di 'ribelli moderati' era già stato deciso mentre l'incaricato Onu De Mistura cercava una difficile intesa per avviare nuovi negoziati di pace, questa volta più inclusivi.  
Signor Ministro, come si può affermare che da parte occidentale si vuole negoziare se si era già pianificato il proseguimento della guerra prima che quei negoziati iniziassero? Se l'incongruenza l'hanno colta i ribelli (che infatti hanno rifiutato ogni negoziato), l'avrà colta anche il governo italiano…
Il progetto per il quale le potenze occidentali stanno spendendo più energie è infatti che l'opposizione 'moderata siriana' formata da USA e Turchia dovrà essere in grado di combattere IS e successivamente il 'regime' di Bashar Assad. Le dichiarazioni del portavoce del Pentagono ammiraglio John Kirby e del Capo di Stato Maggiore Martin Dempsey sulla duplice finalità di queste forze, sono inequivocabili.
E anche se l'impiego dei ribelli moderati mutasse in corso d'opera con sole finalità anti-ISIS, non si può trascurare che l'utilizzo di ribelli 'moderati' è significato sinora il puntuale passaggio 'in toto' di uomini e mezzi ai vari gruppi jihadisti. Inoltre le stesse brigate di 'ribelli moderati' che saranno i primi ad essere addestrati continuano a combattere ad Aleppo le forze governative che devono così distogliere ingenti risorse dalla guerra contro ISIS: è un non senso.
Siamo certi che riconoscerà l'ambiguità di quando sta succedendo. Inoltre Lei sa benissimo che tutte le potenze regionali che hanno aderito a supportare il suddetto training non hanno mai nascosto di fornire basi e mezzi per il training solo a condizione che la nuova forza sia usata contro Assad.
Lei conosce benissimo i sentimenti delle forze regionali: queste forze regionali hanno fatto fuoco e fiamme alla sola ipotesi affacciata dal Segretario di Stato USA  Kerry (nel corso di una recente intervista televisiva) di aprire ad Assad per una soluzione pacifica del conflitto..
Non sfugge che se questi piani 'dominanti' si dovessero realizzare, la prospettiva per la Siria sarebbe quella di veder continuata l'opera di devastazione in corso. Facciamo nostro il giudizio del vescovo di Aleppo Abou Kazen, apparso in una recente intervista di Radio Vaticana: La guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni.
Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni
”.
Come Coordinamento Nazionale per la pace in Siria ci associamo al giudizio espresso dalla rete No War Italia e da altri soggetti, circa l'ambiguità occidentale usata nella guerra libica e poi in quella siriana per giustificare una non lungimirante e ingiusta politica estera.
E' avvilente che per nascondere questi interventi armati fatti solo per meri interessi geopolitici, si è usato impropriamente il ricorso alla guerra 'umanitaria' con il solo scopo di bypassare le Costituzioni nazionali e i Trattati internazionali.
Si tratta di scelte spregiudicate perché si basano più che sulla giustezza delle decisioni prese su ciniche scelte di campo. L'appartenenza a storiche alleanze di area, le motivazioni geopolitiche ed economiche non possono e non devono prevalere su ogni altra considerazione etica e morale! Inutile dire che aver intrapreso questo percorso espone a pericolose derive. Oggi proprio vicino alle nostre coste mediterranee ne vediamo le nefaste conseguenze.
Le nostre considerazioni sono quelle di migliaia e migliaia di italiani, perciò le chiediamo signor Ministro:
– di voler assumere una posizione autonoma e critica in merito al nuovo addestramento dei 'ribelli moderati' siriani;
– di voler riesaminare insieme al governo la permanenza dell'Italia nel gruppo 'amici della Siria' alla luce degli eventi attuali che mettono in chiara luce la natura settaria del conflitto siriano;
– di voler promuovere l' eliminazione delle sanzioni alla Siria che si accaniscono soprattutto sulla società civile, diventate ingiustificate anche verso il governo siriano che sta combattendo contro gli jihadisti;
– di voler riaprire i rapporti diplomatici con il governo di Damasco in considerazione del fatto che non esiste preclusione ad un negoziato da parte sua, bensì dalla parte antagonista.

                                                                              La ringraziamo dell'attenzione
                                                   
                                                                Coordinamento per la pace in Siria
http://www.siriapax.org/?p=5031

mercoledì 18 febbraio 2015

PER RESTARE: a Maaloula arriva 'un piccolo gregge italiano' ; ad Aleppo microcredito per sostenere il coraggio di chi resta

CONCLUSA LA PRIMA PARTE DEL PROGETTO 'UN PICCOLO GREGGE PER MALOULA' 

Maloula è un luogo di speranza per il mondo intero e per la sua gente. Per questo, proprio in quel luogo, il Coordinamento Nazionale per la Siria ha lanciato alcuni mesi fa una raccolta finalizzata a realizzare un piccolo progetto.
L'idea era intervenire con qualcosa che rimanesse nel tempo. E' nato così il progetto 'un piccolo gregge per Maloula', iniziativa realizzata con l'appoggio di una piccola associazione di giovani locali, l'associazione 'Mar Sarkis'.
Le difficoltà sono state molte. E' difficile anche fare del bene. I paesi occidentali, Italia compresa, hanno azzerato i contatti diplomatici ed hanno reso con l'embargo più difficile anche soccorrere le popolazioni siriane stremate.
Ciononostante, siamo riusciti a raccogliere quanto ci eravamo prefissati e siamo arrivati finalmente a consegnare le pecore a Maloula.
Di seguito pubblichiamo i documenti che attestano l'avvenuta donazione e  alcune foto dell'avvenuta consegna dei capi di bestiame.
Vi ringraziamo tutti e vi esortiamo a continuare a seguirci e a sostenerci anche tramite l'adesione personale al Coordinamento Nazionale per la pace in Siria.
Le foto che seguono sono state eseguite il 4 febbraio 2015 a Maloula: mostrano il gregge acquistato e affidato al sig. Ibrahim  le varie fasi della consegna da parte del Sig. Musa dell'associazione Mar Sarkis.

Vi racconteremo nei prossimi mesi come cresce il nostro gregge e come sarà possibile continuare a sostenere la speranza della gente di Maloula : grazie a tutti quelli che hanno contribuito con grandi e piccole offerte, ogni goccia è confluita nel mare della solidarietà!






 http://www.siriapax.org/?p=2621


'made in Aleppo'


Il Coordinamento Nazionale per la Siria lancia un nuovo progetto per la Siria, secondo le consuete modalità.   Vogliamo incontrare il bisogno, quello contingente ma anche sostenere quello vero, quello che viene dal profondo, la dignità, la legittima aspettativa di ogni uomo: per questo è necessario sostenere chi, nonostante tutto, vuole cercare di rialzarsi, di ricominciare. Vorremmo, con il vostro aiuto, ridare una possibilità di speranza che parte dalla vita concreta e ricrea solidarietà e coesione sociale, rispettando la tradizione del posto.Questo è il progetto che con il vostro sostegno vorremmo provare a finanziare, così come presentato dai diretti interessati:

PER RESTARE!

Noi siamo alcuni di quelli che sono rimasti, ognuno di noi avrebbe i suoi motivi, ma non vorremmo che queste partenze continuassero! Perché Per Restare è un progetto che nasce grazie all’intraprendenza e all’attaccamento alla propria terra di donne e uomini di buona volontà, decisi a resistere e restare con le proprie famiglie ad Aleppo, nonostante che  tanti di loro, a causa della guerra, abbiano perso il lavoro, ed siano rimasti senza occupazione, e senza redditto.

Bisognava reagire! Cosi è nata l’idea, di una piccola impresa artigianale, ispirata all’antica tradizione degli aleppini, di preparare in casa le proprie conserve alimentari, una pratica resa antieconomica per decenni dalla commercializzazione industriale, colpita fortemente negli ultimi anni, con gravi conseguenze per la popolazione, sia per la carenza di prodotti e i prezzi altissimi, sia per l’impoverimento delle famiglie, l’alto costo della vita e la dilagante disoccupazione. 

Cos’è
 Per Restare è un progetto ideato e realizzato per creare occupazione famigliare, attraverso la produzione e commercializzazione artigianale, di alcuni tipi di prodotti alimentari.
La realizzazione del progetto è stata possibile solo con i mezzi propri, e grazie all’impegno e alla generosità della Biblioteca Spirituale di Aleppo,  della Chiesa Greco Melkita Cattolica, che ha concesso al gruppo l’utilizzo di suoi locali dove avviene la lavorazione e la produzione.

Cosa fa 
Per Restare seleziona, prepara, produce, e confeziona con infinita cura, alcuni tipi di prodotti alimentari artigianali e li distribuisce sui mercati locali e privati: Aceto, marmellate e confetture, senza conservanti, attraverso l’utilizzo di materie prime di qualità, provenienti da coltivazioni locali, sostenendo in questo modo anche l’agricoltura siriana. Tutti i prodotti vengono contraddistinti con etichette specifiche con il logo e il nome del progetto.


avete mai assaggiato la marmellata di rose di Aleppo? 
Obiettivi
 Per Restare ha come finalità di dare lavoro ad alcune donne siriane, attraverso la produzione artigianale basata sull’utilizzo delle proprie conoscenze e abilità, e trasformata in reddito famigliare. Inoltre intende offrire ai propri concittadini la possibilità di acquistare buoni prodotti locali, sani e sicuri, a prezzi bassi.

Cosa serve 
Per Restare ha bisogno di ampliare la produzione per contenere i costi, coinvolgere più famiglie e garantire più reddito, ma soprattutto acquistare attrezzature adatte, più sicure e più igieniche. 

I risultati raggiunti saranno documentati attraverso foto e aggiornamenti per dare la più ampia informazione degli obiettivi progettuali e la massima diffusione degli esiti conseguiti.


PER RESTARE! Siamo nati per restare, per vivere e continuare

Contatti
Sig. George Jebran Maktabeh Ruhiyeh, Aleppo, Azizieh, via Fares Khoury, P.O.Box 146.  Email: geo_jem@hotmail.com   
Cel: +963 944 274214+963 944 274214   Tel: +963 21 2123758, +963 21 2123752


Potete effettuare un'offerta al progetto dall'Italia attraverso il 'Coordinamento Nazionale per la pace in Siria'  cliccando sul pulsante ‘donazione':

venerdì 26 dicembre 2014

Continua l'iniziativa 'Una pecora per Maalula'

Un'iniziativa del Coordinamento per la pace in Siria che può rendere più proficuo il nostro Natale


sono arrivate le prime pecorelle

C'è un villaggio arroccato sulle montagne siriane al confine con il Libano che sembra uscito da un Presepio. Un villaggio dove si potrebbe veramente pensare che ogni giorno dell'anno è Natale. Ne abbiamo già parlato in altre occasioni. Si tratta di Maalula, un pugno di casette, linde, pulite e quasi tutte colorate in azzurro, in mezzo alle quali spuntano i campanili delle sue tante chiese. Perchè Maalula è un villaggio abitato quasi esclusivamente da Cristiani che hanno una particolarità unica al mondo: solo qui infatti si parla utilizzando ancora l'aramaico orientale, vale dire la stessa lingua che ha utilizzato Nostro Signore Gesù.

Questo gioiello, che dovrebbe essere prezioso per ogni Cristiano del mondo, ha subito un anno fa un oltraggio estremo. Il 4 settembre del 2013 infatti è stato invaso da bande islamiste appartenenti al fronte Al Nusra ed a gruppi minori. L'attacco è stato probabilmente una risposta indiretta all'iniziativa del Santo Padre di promuove in tutte le chiese del mondo una giornata di preghiera per la pace in Siria. A seguito dell'attacco alcuni Cristiani sono stati martirizzati, dichiaratamente in odio alla loro fede, altri -tra i quali alcune suore- rapiti, molte case sono state saccheggiate e date alle fiamme mentre quasi tutte le chiese sono state completamente distrutte. Tutta la popolazione è allora fuggita per mettersi in salvo dalle violenze degli estremisti e si è rifugiata a Damasco che dista una cinquantina di chilometri.

Sette mesi dopo, nell'aprile di quest'anno, il villaggio è stato liberato grazie ad un'offensiva condotta dall'esercito regolare siriano, appoggiato da Hezbollah libanesi e da alcuni giovani del villaggio autocostituitisi in una milizia civica.

Lo spettacolo che si è presentato ai liberatori è stato però quello di un paese devastato. Ai danni provocati dai sette mesi di occupazione si sono infatti sommati quelli provocati dalla lunga battaglia, combattuta anche casa per casa, necessaria per la sua liberazione. In particolare sono venute a mancare anche le poche attività produttive che costituivano, insieme al turismo, la fonte di sussistenza per l'intera popolazione.

In queste condizioni il rientro delle famiglie di Maalula alle loro case è estremamente lento e difficoltoso e, ad oggi, solo un migliaio dei tremila abitanti che costituivano la popolazione del villaggio hanno fatto ritorno alle loro abitazioni.

Per questa ragione il Coordinamento per la Pace in Siria, dopo essersi consultato con l'associazione caritativa siriana “Mar Sarkis”, ha deciso di organizzare un intervento di sostegno alle famiglie di Maalula. L'iniziativa è stata battezzata “Una pecora per Maalula” e consiste nel raccogliere il denaro sufficiente ad acquistare un gregge di pecore che saranno ospitate nei terreni di uno dei conventi della cittadina ed accudite da alcune famiglia con esperienza di pastorizia. Altre persone si occuperanno di lavorare poi i prodotti ricavati dalle pecore (lana e latte) ed i guadagni saranno divisi tra tutte le famiglie di Maalula. Si tratta di un piccolo, ma significativo contributo a far rivivere questo autentico gioiello della Cristianità.

Chiunque volesse contribuire -anche con una piccolissima cifra- potrà farlo effettuando un bonifico su questo indirizzo bancario:

Coordinamento per la pace di Siria
Bonifico Bancario:  IT40 T010 1004 2101 0000 0002 256
Associazione Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria Sede legale Viale bonaria 98, Cagliari C/C Banco di Napoli
specificare la causale "progetto Mar Sarkis". Se volete essere aggiornati sul progetto non dimenticate di riempire questo form : solo così noi avremo la possibilità di contattarvi.
In alternativa, potete effettuare una donazione tramite PayPal:
  http://www.siriapax.org/?p=2343 


Non credo siano necessarie molte parole per spiegare -in particolare ai nostri abituali lettori- l'importanza di questa iniziativa. Si tratta di aiutare la ripresa della vita sociale in un luogo simbolo della Cristianità non solo Orientale. Penso veramente valga la pena di vincere la pigrizia e recarsi quanto prima nella propria banca dove compiere quello che mi permetto di definire un nostro piccolo ma importante dovere.

L'iniziativa dovrebbe concludersi entro il mese di gennaio e già si sta programmando un viaggio sul posto per verificarne i risultati, ovviamente daremo sistematicamente conto degli sviluppi su questo sito.

Per concludere ovviamente Buon Natale a tutti.
Mario Villani

martedì 23 dicembre 2014

E' Natale, in Siria, ma è anche strage di innocenti


«Nei prossimi giorni sentiremo il Vangelo della strage degli innocenti e veramente qua si ha sotto gli occhi questa pagina del Vangelo: ecco la strage degli innocenti e direi di tantissimi civili e soprattutto di questi bambini innocenti. Mi sembra ancora sia attuale quel lamento di cui riferisce il Vangelo di Matteo, citando il profeta Geremia: questo lamento grande di Rachele che piange i suoi figli e che non vuole essere consolata… Ecco, potremmo mettere al posto di Rachele la Siria, che piange i suoi figli, che non sono più quelli che sono morti, soprattutto i bambini, e quelli che non sono più perché quei milioni, 3-4 milioni, hanno dovuto prendere la via dei Paesi vicini… Questa strade degli innocenti è una pagina del Vangelo che la Siria sta vivendo». Sono parole che monsignor Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha consegnato a Radio vaticana  in un’intervista realizzata in questi ultimi giorni di Avvento.

Nelle parole del monsignore tutto il dolore di un popolo: «C’è una bomba che sta scoppiando e che colpisce tutta la popolazione e questa bomba è la conseguenza della guerra, è la bomba della povertà. Una povertà crescente e una povertà che si fa sentire soprattutto in questi giorni, in cui è cominciato l’inverno. Una insidia quest’anno, non solo la fame e altre privazioni, ma direi anche il freddo che sta colpendo tantissima gente. Un freddo da cui non ci si può difendere, perché manca il combustibile o se lo si riesce a trovare, lo si trova a prezzi esorbitanti che la gente non può permettersi. Tante case sono distrutte, le porte e le finestre non si chiudono e quindi tantissima gente in questi mesi, oltre alle privazioni del cibo e dei medicinali, ha anche questa bomba del freddo che colpisce tutti quanti. C’è della gente che è ancora sotto la pioggia di bombe, di mortaio o di cannonate, quelli stanno ancora peggio… Però, tutti sono sotto questa esplosione di questa bomba».

Parole piene di dolore quelle del monsignore, che fotografano una realtà lontana, così  prossima a quanti hanno a cuore il destino di questo povero Paese martoriato da una  guerra che non accenna a finire.
I giornali ne scrivono sempre meno: le cronache si limitano a narrare le nefandezze dell’Is, i proclami del Califfo, gli interventi di dura riprovazione dei potenti di questo mondo - in realtà alquanto episodici - contro l’orrore che tale mostro sparge a piene mani. Ma la tragedia siriana è anche altro e più terribile, come evidenziano le parole del nunzio.

Un popolo intero sta pagando un prezzo altissimo ai progetti geopolitici di nazioni interessate a mutare gli equilibri del Medio oriente attraverso un cambiamento di regime in Siria. Progetti che prevedevano l’arruolamento in massa di una legione straniera fatta di tagliagole e assassini vari inviati in Siria allo scopo. Una legione appunto, termine che riecheggia un’altra legione evangelica.

Quella legione, che oggi si fa chiamare Is - semplice cambiamento di nome  -  non avrebbe alcun potere se quei progetti geopolitici non fossero ancora accarezzati da tanti. Non avrebbe forza se non godesse ancora di antichi e accettati sostegni.

Si è visto come anche la coalizione internazionale messa in piedi in fretta e furia da Obama per contrastarla stenti, proceda per passi ondivaghi quanto ambigui, segno evidente di una scarsa volontà politica di fondo, di una mancanza di chiarezza sui veri scopi dell’intervento, che vorrebbe contenere l’Isis ma non sembra aver cancellato del tutto la segreta speranza di una caduta di Assad o quantomeno di un logoramento ulteriore del suo governo. Per questo non si cercano convergenze, se non tacite e limitate  e solo se costretti dalla situazione, con l’esercito siriano, ad oggi l’unico baluardo tra la popolazione civile e il Califfo del terrore.

Non solo, ad aggravare la situazione le sanzioni comminate contro la Siria. Si voleva colpire Assad e i suoi, si infierisce su un intero popolo. Quell’accenno di Zenari alla mancanza di medicine, benché fievole e remoto, risuona come atto d’accusa alto e forte verso chi ne impedisce l’accesso.

Che questo Natale porti conforto ai nostri fratelli siriani. Che questo Natale porti una nuova speranza di pace. E’ il nostro augurio, la nostra preghiera.

http://www.siriapax.org/?p=2412