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lunedì 9 novembre 2015

"Chi sei tu per dire che oggi non c'è Messa?" : intervista a don Alejandro José Mendoza

di Cristina Sanchez Aguilar
Alfa y Omega

"Un giorno, circa un anno fa, stavano cadendo missili a Damasco.  Era Domenica, il giorno in cui celebriamo quattro Messe per oltre 500 giovani che frequentano il nostro oratorio. Ho preso la decisione di non celebrare la Messa, perché siamo nel centro della città e la maggior parte dei giovani vive lontano. Ogni fine settimana inviamo autobus per raccoglierli, ma questa volta ho avuto paura. Alla mattina ho mandato messaggi a tutti i responsabili per avvisare i ragazzi. Alle cinque del pomeriggio, all'ora della prima Eucaristia, apparve sulla soglia un gruppo di circa 25 giovani che erano arrivati a piedi da uno dei quartieri più lontani dal centro. Ero veramente arrabbiato con loro, ma mi hanno detto: "Chi sei tu per dirci che non possiamo venire a Messa?", E io ho dovuto restare in silenzio. Se per me questa decisione è stata difficile, immaginarsi per i loro genitori, che ogni giorno devono prendere la decisione se lasciarli andare a scuola o no. Se li lasciano, rischiano la vita dei loro figli. Se non li lasciano rischiano la loro formazione e il loro futuro."

Per questo il numero di giovani e di famiglie in fuga dalla Siria è sempre più alto.
Sono partiti moltissimi cristiani.  Il momento chiave è quando i ragazzi finiscono l'università;  allora devono scegliere di rimanere o di vendere tutto e ripartire da zero. Ma questa decisione implica intraprendere un viaggio in cui si può morire, e in cui tutto lo sforzo della loro vita sia inutile. Noi, per esempio, abbiamo formato moltissimi laici e da un giorno all'altro se ne sono andati. Per fortuna, ora abbiamo 80 animatori che ci aiutano nel lavoro pastorale.

Immagino che la prospettiva di poter emigrare in Europa li incoraggerà ulteriormente.
Sì. Quando i giovani vengono a parlare con me mi dicono che vogliono partire, soprattutto per l'Europa. Se questo viaggio è perché li hanno accettati in una università dico loro di andare avanti. Ma quando mi dicono che stanno per imbarcarsi da clandestini, mostro la mia disapprovazione. Ma il loro ragionamento è travolgente: "Padre, se vado posso morire, ma se resto qui è sicuro."

La situazione a Damasco peggiora di minuto in minuto.
Gli ultimi due mesi sono stati fatali, e anche se è ben protetta dal Governo, Damasco non riuscirà a resistere per sempre. Solo non ci piace quando ci confrontano ad Aleppo, perché se noi stiamo male, là è l'inferno. Ad esempio, a noi tagliano l'elettricità ogni giorno otto ore, ma Aleppo ha elettricità un'ora ogni due giorni. Qui può mancare il pane, ma là manca qualsiasi tipo di cibo.  Noi non abbiamo acqua quattro ore al giorno, loro sono stati per tre settimane senza acqua.

La guerra ha causato una evoluzione nella fede dei cristiani siriani che rimangono?
Certo. In Siria la fede si viveva in un senso molto tradizionale. Quando iniziò la guerra, la gente andò in crisi perché non aveva a che cosa aggrapparsi. Noi sacerdoti abbiamo collaborato con la crisi, perché all'inizio della guerra abbiamo detto a molti che se avessimo pregato forte, tutto sarebbe finito. E non è finita. E' stato un duro colpo per i cristiani. Così siamo cambiati insieme.  Ci siamo abbandonati al Signore e abbiamo deciso di costruire con le nostre mani il Regno. Come potremmo chiedere ai nostri fratelli musulmani di vivere in pace, quando la nostra pace non è quella vera? Ciò ha portato molti a vivere una fede molto profonda.

Una fede che ha portato benedizioni. Ora avete con voi 1.200 giovani.
Eravamo giunti ad averne solo 20, perché i genitori avevano paura di lasciare che i loro figli uscissero per strada. Così abbiamo iniziato a visitare le famiglie a casa. L'obiettivo principale era quello di dare conforto e distribuire l'assistenza economica che stava arrivando. Durante queste visite incontravamo giovani senza speranza che avevano visto i loro amici morti quando erano colpiti da un proiettile. Ci chiedevano a cosa serviva impegnarsi se dovevano morire comunque. Ci siamo centrati sul seguire un cammino spirituale forte con loro, e quelli che andavano rinascendo alla speranza ne contagiavano altri. Così, in estate abbiamo avuto al centro salesiano 1.200 giovani, e ci sono altri che vogliono iniziare a partecipare.
  
 (trad. dallo spagnolo di FM)
http://alfayomega.es/32598/quien-eres-tu-para-decir-que-hoy-no-hay-misa