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lunedì 14 gennaio 2019

Siria: la guerra che non han voluto dirci (Iª)

Il conflitto nel paese mediorientale è basato su bugie: le grandi potenze difendono i loro interessi politici ed economici. Il popolo subisce.

di Alberto Rodrìguez
traduzione di Gb.P.  per OraproSiria

In Siria nel 2011 non ci sono state rivoluzioni. La guerra in Siria è il risultato di un conflitto tra due sistemi; la laicità socialista del partito Baath contro l'islamismo - liberale nell'aspetto economico- dei Fratelli Musulmani. Si tratta di un confronto che dissangua la Siria a partire dagli anni Sessanta, quando i baathisti presero il potere per la prima volta, e che si è intensificato quando gli islamisti in tutto il mondo nel 2012 hanno risposto alla chiamata alla jihad fino a provocare un conflitto che, tra lotte di potere e fuoco incrociato, ha trasformato la Siria in un puzzle di centinaia di milizie, organizzazioni e interessi che si reggono sulla morte.
Fin dall'inizio, la guerra si è basata sulle bugie. L'America cerca di mantenere l'egemonia dei suoi alleati nella regione in modo che le sue società continuino a operare nel mercato delle risorse. Insieme agli Stati Uniti, Francia, Qatar e Arabia Saudita avevano bisogno di manipolare l'opinione pubblica a loro favore in modo che questa supportasse l'intervento diretto in Siria fornendo supporto logistico, militare e finanziario ai ribelli. In nessun momento ci si domandò quale fosse la percentuale della popolazione locale favorevole al proprio governo e quale percentuale fosse favorevole a rovesciarlo, perché semplicemente non aveva importanza.
La Russia, per parte sua, con la giustificazione di difendere la Siria ha deciso di impegnarsi nel conflitto per proteggere sia il suo accesso strategico nel Mediterraneo del porto di Tartús, sia i suoi interessi commerciali e politici. Con la Siria di Bashar al-Assad al potere, Putin sa che i suoi nemici regionali non saranno in grado di costruire un oleodotto dal Qatar verso l'Europa attraverso la Siria, quindi i Russi si assicurano di essere gli unici a fornire gas naturale alla Germania e ai paesi limitrofi attraverso il Mar Baltico. Al vantaggio economico si aggiunge il vantaggio politico di poter ricattare con risorse di base.
Iran, Israele, Turchia e Arabia Saudita sono coinvolti in una disputa per il dominio regionale, cosa in cui gli Stati Uniti svolgono un ruolo vitale a favore del loro principale alleato Israele.
Tra le legittime dimostrazioni per le riforme del 2011 e coloro che volevano rovesciare il governo, c'è una gamma di grigi che, sia i Fratelli Musulmani in esilio sia gli Stati Uniti, l'Arabia Saudita, la Francia e i loro alleati hanno saputo sfruttare, e di cui le organizzazioni jihadiste hanno approfittato per intrufolarsi in Siria. Nel 2011, questi paesi avevano già un chiaro obiettivo: chiedere un intervento per salvare il popolo siriano, ma senza il consenso del popolo siriano.
"Questa rivoluzione è per la dignità", " la 'primavera araba' abbatte tre dittatori, mentre altri tre rimangono al potere" o "la primavera araba avanza", erano alcuni titoli dei media, la stragrande maggioranza riferendosi alla primavera araba come movimento democratizzatore omogeneo; come una ricetta che avrebbe potuto essere applicata in qualsiasi Paese. Le rivolte del Bahrein furono guidate dall'opposizione sciita, mentre in Tunisia il movimento islamista sunnita Ennahda cercò di approfittare delle proteste contro la dittatura per prendere il potere. Allo stesso modo, la Siria seguì un diverso percorso che portò alla guerra che i Fratelli Musulmani, un partito fuorilegge responsabile di numerosi tentativi di colpo di stato e attentati, stava cercando di iniziare da tre decenni.
A differenza da ciò che dicevano i titoli della stampa, la Siria presieduta da Bashar al-Assad non era un paese a partito unico. Sebbene fino alla riforma costituzionale del 2012 il partito socialista Baath godesse di una posizione privilegiata come partito di stato, sono legali anche il Movimento Socialista Arabo, l'Unione Socialista Araba Siriana, il Partito Comunista Siriano, il Partito Comunista Siriano Unificato, i Sindacalisti Socialdemocratici, Unione Socialista, Partito Democratico dell'Unione Araba, Partito Socialista Unionista Democratico, Movimento del Patto Nazionale, Partito Socialista Nazionale Siriano e Nasseristi.
Per capire il conflitto inconciliabile tra lo Stato siriano e la Fratellanza Musulmana, dobbiamo conoscere le basi ideologiche di entrambi.
Il partito Baath emerge dopo la decolonizzazione e ha come base ideologica il secolarismo e il socialismo non marxista. La sua ideologia nazionalista araba cerca di unire una popolazione sradicata e senza identità dopo l'impero ottomano e la colonizzazione francese, mentre fa fronte al panislamismo. Per questo, è impegnato nella costruzione di uno Stato laico e antimperialista che riconosca tutti i gruppi etnici e le confessioni che costituiscono il paese più pluralista del Medio Oriente.
I Fratelli Musulmani, dal canto loro, cercano di recuperare l'identità islamica dei paesi arabi e, mentre sono liberali economicamente, sono socialmente conservatori. Sebbene si presentino come un'organizzazione islamista moderata, i Fratelli Musulmani hanno una lunga storia di violenze in Medio Oriente e Nord Africa. Negli anni '40 hanno assassinato il primo ministro egiziano Mahmud Pasha, negli anni '50 hanno cercato di assassinare il presidente egiziano Gamal Abdul Nasser e nel 1988 si sono uniti al Fronte Islamico di Salvezza in Algeria, in una rivolta islamista che scatenò una guerra civile nella quale morirono più di 200.000 persone.
La Fratellanza si abbevera al Deobandismo, movimento salafita di ritorno alla purezza dell'Islam che cerca di ritornare alle origini dello stesso per vivere come ai tempi del profeta Maometto e che anche i talebani condividono. Questa scuola mira a eliminare qualsiasi traccia culturale, sociale e politica che non abbia radici islamiche.
In Siria divennero presto la principale forza di opposizione settaria al secolarismo del Baath e fin da quando questo raggiunse il potere negli anni '60, cercarono di rovesciarne il governo in diverse occasioni.
Oltre al rifiuto dei Fratelli Musulmani verso ideologie chiaramente laiche e "occidentalizzate" come quella del Baath (Rinascita), bisogna aggiungere che Bashar al-Assad è alawita, una minoranza all'interno dello sciismo. Secondo le scuole giuridiche che comprendono il fondamentalismo sunnita, gli sciiti sono eretici che devono essere eliminati, il che porta la lotta politica anche nella sfera religiosa settaria.
Va notato che i Fratelli Musulmani non rappresentano tutte le correnti fondamentaliste che stanno attualmente combattendo in Siria, dal momento che, nonostante condividano radici ideologiche, ognuno cerca di applicare la legge islamica (Shari'a) della propria scuola giuridica. Ad esempio, i principali religiosi salafiti hanno dichiarato una fatwa (condanna) contro la Fratellanza perché considerano l'attività politica un pericolo per il da'wa (proselitismo islamico) e il suo obiettivo finale di istituire la Shari'a distruggendo le istituzioni precedenti.
Il problema di ideologie pan-islamiste come quella dei Fratelli Musulmani risiede nel fatto che la Siria non è un Paese musulmano ma multi-confessionale e multietnico. Uno stato governato dalla Shari'a porterebbe inevitabilmente alla pulizia etnica e allo sterminio di metà della popolazione.
Quando Bashar al-Assad salì al potere nel 2000, fece riforme che limitavano il controllo statale sulla popolazione. In conseguenza di ciò, l'opposizione islamista si ritrovò con sempre meno base sociale, il che si tradusse nel fallimento di tutti i tentativi di colpo di stato, motivo per cui fu costretta a cercare sostegni all'estero; principalmente inglesi, francesi e statunitensi. Poco prima che scoppiasse il conflitto, l'opposizione legata alla Fratellanza Musulmana con base a Londra creò Barada TV, il media di riferimento usato per chiedere il rovesciamento di Bashar al-Assad e per informare in Europa in modo parziale e propagandistico sulle proteste siriane.
Secondo Barada TV, centinaia e persino migliaia di persone erano assassinate dalle "forze di Assad" mentre protestavano contro lo stato di emergenza, situazione presente in Siria da oltre cinquant'anni a causa dei continui colpi di stato e della guerra con Israele, che, lungi dall'essere finita, è mantenuta dall'occupazione israeliana delle alture del Golan. Secondo le rivelazioni rilasciate da Wikileaks, dal 2006 e dopo aver congelato le sue relazioni con la Siria nel 2005, gli Stati Uniti hanno concesso a Barada TV più di 6 milioni di dollari per gestire il canale e finanziare "attività di opposizione" in Siria. Il finanziamento non si è concluso dopo il mandato di Obama, ma è continuato con l'amministrazione Trump. Si stima che tra il 2005 e il 2010, gli Stati Uniti abbiano introdotto in Siria circa 12 milioni di dollari per finanziare gruppi di insorti oppositori del governo di Al-Assad prima dello scoppio della guerra, una cifra che sarebbe aumentata in modo esponenziale durante la guerra per raggiungere i 12 mila milioni!
Le varie ingerenze mostrano che il conflitto è stato promosso dall'esterno, soprattutto dalle mani di potenze straniere e dall'ambiente dei Fratelli Musulmani in Europa, dove questi hanno 500 associazioni legate alla Federazione delle Organizzazioni Islamiche in Europa (FIOE) tra le quali si mette in evidenza il Movimento per la Giustizia e lo Sviluppo, che è entrato in Siria (dove era fuori legge) durante la guerra.
La demonizzazione della Siria ha permesso di giustificare politiche come l'imposizione delle sanzioni statunitensi, che avevano lo scopo di indebolire l'economia e peggiorare una crisi accentuata dalla corruzione e dall'apertura economica che aveva portato, ad esempio, alla rimozione di alcuni sussidi alle zone rurali colpite da una siccità che nel 2011 era al suo quinto anno. Queste politiche hanno spinto l'economia al limite, accentuando le disuguaglianze in un Paese fino a quel momento più equo della Russia, degli USA o della Spagna secondo l'indice GINI, cercando di provocare una debolezza con cui forzare e favorire un conflitto sociale.
Sfruttando il contesto delle proteste del 2011, gli islamisti sono stati in grado di infiltrarsi nelle masse e introdurre combattenti stranieri per rovesciare il Governo o, non riuscendovi, iniziare la guerra. Il piano aveva funzionato.
Verso un nuovo ordine mondiale: la guerra ha reinventato le Relazioni Internazionali
Dal 2011, la Siria è diventata una sorta di scacchiera in cui ogni paese ha il suo pezzo. L'asse Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita, Giordania e Emirati Arabi Uniti sta affrontando Russia, Iran e Cina. Il Qatar e la Turchia si spostano tra due sponde, e paesi come la Corea del Nord raggiungono accordi con la Siria senza fare troppo rumore. Nel mezzo, c'è la popolazione siriana, che desidera solo la pace e che tutto torni alla normalità.
Ma perché i Paesi terzi vogliono investire milioni di dollari in una guerra che non è la loro? In alcuni casi essi perseguono niente di più che accordi commerciali e il controllo di una regione che collega l'Asia con l'Europa. In altri casi, si tratta di sopravvivere.
La sopravvivenza è ciò che muove Israele e Arabia Saudita, che si sentono sotto assedio. Dopo la guerra del 2006 in cui Hezbollah si impose su Israele nel sud del Libano, l'Asse della Resistenza formato da Hezbollah, Siria, Iran e Palestina divenne enormemente popolare nel mondo arabo. Questo comportava un rischio per la monarchia Saud con una instabilità interna - accentuata dalla minoranza sciita fortemente repressa - che lo stato non è mai riuscito a controllare e un rischio per Israele, che non vuole vedere rafforzati i nemici con i quali condivide i confini . Inoltre, Israele è una potenza emergente con problemi demografici causati dall'accoglienza generalizzata di gran numero di immigrati ebrei da tutto il mondo, per cui mantenere la sua politica di insediamenti e le alture occupate del Golan è diventata una necessità. Tutto suggerisce che dopo la guerra in Siria, ci saranno ancora nuove tensioni nel sud del Libano, dove esiste una grande riserva di gas naturale.
Le proteste del 2011 sono state quindi una grande opportunità per sconfiggere l'Asse della Resistenza nel tentativo di isolare il Libano, la Siria e la Palestina dall'Iran. Per questo, Israele e Arabia Saudita hanno usato i fondamentalisti sunniti con l'obiettivo condiviso di eliminare questo Asse, per paura degli sciiti e di una dominazione filo-iraniana in tutto il Medio Oriente.
L'Iran, come l'Arabia Saudita, sa che è in gioco la sua sopravvivenza. La dissoluzione della mezzaluna sciita (Iran, Iraq, Siria e Libano) renderebbe il paese persiano completamente isolato e in balia dei suoi nemici regionali e internazionali. L'Iran si è coinvolto nella guerra in modo tale che ogni anno investe miliardi di dollari in sostegno alla Siria sia a livello militare che logistico, fornendo petrolio e aiuti umanitari. Le cifre variano a seconda delle fonti tra sei miliardi e venti miliardi di dollari. Oltre alla spesa monetaria, gli iraniani hanno perso più di mille soldati sul suolo siriano.
Questo confronto tra Arabia Saudita e Iran ha influenzato anche i rapporti dei Sauditi con il Qatar, che è un alleato importante degli iraniani, portando a una crisi politica nel 2017 con blocchi del Qatar dall'Arabia Saudita e la cessazione delle relazioni diplomatiche degli Emirati Arabi Uniti, dell'Egitto, del Bahrain e dell'Arabia Saudita con il Qatar. Per alcune settimane si è parlato di un'invasione saudita, ma ciò non è mai accaduto poiché nella capitale del Qatar, Doha, gli Stati Uniti hanno una delle più grandi basi nella regione, al-Udeid, con 11.000 soldati e 100 aerei operativi. .
La Russia non è entrata in Siria per motivi di solidarietà internazionalista. La Siria sta attualmente fornendo alla Russia il vantaggio strategico dell'accesso al mar Mediterraneo, per questo motivo è intervenuta militarmente per salvare il governo siriano dal collasso quando i ribelli erano più forti - prima delle lotte di potere che li hanno condannati-. I Russi non entrarono in Siria fino al 2015. Durante i primi anni di guerra, il Cremlino mostrò una certa volontà di cooperare con gli Stati Uniti, con proposte come la distruzione dell'arsenale chimico siriano nel 2013, ma costantemente poneva il veto alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite contro il governo di Bashar al-Assad. Fino al 2015 le sue basi di Tartous, Latakia e Hmeymim erano in aree relativamente stabili controllate dal governo siriano. Nel 2015, tuttavia, il governo era in una posizione molto fragile e la Russia sentiva minacciato il suo sbocco nel Mediterraneo. È allora che il Cremlino decide di rispondere alla richiesta del parlamento siriano e di entrare con forza in Siria.
Un altro interesse centrale della Russia è il traffico di gas naturale, che svolge un ruolo fondamentale nelle sue relazioni internazionali. I russi vendono il loro gas alla Germania e ai paesi limitrofi dal Mar Baltico, attraverso Gazprom, a prezzi contro i quali gli Stati Uniti non possono competere. Pertanto, quando c'è una crisi diplomatica, la Russia può sempre minacciare, come ha fatto durante la crisi Ucraina, di tagliare le forniture di gas. Impedendo agli Stati Uniti di vendere il gas naturale del Qatar attraverso un gasdotto che dovrebbe passare attraverso la Siria, la Russia riesce a mantenere la sua presa diplomatica sul centro dell'Europa e mitiga l'effetto delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
L'America, che cerca di mantenere l'egemonia dei suoi alleati nella regione in modo che le sue società continuino a operare nel mercato delle risorse, ha investito almeno 500 milioni di dollari, in base ai dati ufficiali, solo per addestrare i ribelli. Senza contare il costo dei suoi due attacchi missilistici Tomahawk nel 2017 e 2018 contro alcune posizioni siriane. Solo tra il 2014 e il 2018 riconoscono di aver investito 12 miliardi di dollari in Siria per creare nuove forze di sicurezza nei territori di opposizione, consegnare armi, stabilizzare località, organizzare operazioni militari e civili ... secondo l'ex ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco.
Uno dei motivi con cui gli Stati Uniti giustificano il loro investimento e il sostegno ai ribelli sono i crimini che attribuiscono al Governo siriano, tra cui gli attacchi chimici, che svolgono un ruolo determinante nell'opinione pubblica. Tuttavia, la loro attribuzione al governo di Al Assad è molto controversa, dal momento che l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), appoggiata dalle Nazioni Unite, non ha trovato prove per incriminare il governo siriano; mentre organizzazioni come i "Dottori svedesi per i diritti umani", o Theodore Postol dell'Istituto tecnologico di Massachusetts lo mettono in dubbio. I presunti attacchi chimici sono fondamentali per poter demonizzare la Siria e corrodere l'immagine della Russia, davanti alla opinione pubblica e nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Erdogan, dalla Turchia, cerca di diventare il riferimento massimo per la comunità sunnita in tutto il mondo. Nonostante abbia guidato un governo apertamente ostile a quello di Damasco, il tentativo di colpo di stato contro Erdogan nel 2016 è stato un punto di svolta nelle sue relazioni internazionali, motivo per cui si è sempre più avvicinato a Iran e Russia. Ciò ha avuto ripercussioni nei negoziati trilaterali di Ankara sul processo di pace in Siria, rendendo Erdogan più disposto a negoziare la fine della guerra in modo favorevole ad Assad.
L'attuale crisi economica che minaccia la Turchia dopo le sanzioni imposte dagli Stati Uniti ha indotto un indisciplinato Erdogan ad allontanarsi ulteriormente dalla NATO, per cercare di trovare posto sotto la protezione dell'economia russa e dei BRICS, un mercato comune composto dal Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
Prossimamente pubblicheremo la seconda parte di questa analisi, intitolata "La democrazia era la scusa; la guerra, l'obiettivo".
Alberto Rodríguez è un giornalista indipendente, attivista e amante della fotografia. Scrive sulla Siria.