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giovedì 28 ottobre 2021

Una casa di preghiera consacrata all'amore per il Signore presente, in Siria (2° parte)

  
Seconda parte della Lettera inviata dalle Monache Trappiste di Azeir agli amici, il 25 Ottobre  2021. 
Una 'casa di preghiera' .

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Ancor di più, due cose ci “impegnano” nell’esercitare la speranza: la crescita della nostra comunità, anche con vocazioni locali. Siamo sempre in cinque, un po’ pochine..  Qualcuna ci contatta dall’Europa, e la strada è aperta per chi lo volesse.  Ma ovviamente desideriamo con tutto il cuore che la vita monastica, nata in Siria come in Egitto all’inizio del Cristianesimo, sia riscoperta dai siriani stessi e torni ad essere una fonte a cui tanti possano dissetarsi..

Noi abbiamo ricevuto così tanto dalla nostra forma di vita, che vorremmo che anche i nostri giovani, qui, potessero gustarla. Ci affidiamo alla preghiera (anche alla vostra!) cioè al Signore che dice di chiedere operai per la messe, ma ci impegniamo anche a far riscoprire la bellezza, la libertà e la gioia di una vita consacrata al Signore.. O sarebbe meglio dire “consacrata dal Signore” all’amore per Lui .

Stiamo preparandoci a fare delle giornate di proposta vocazionale, o comunque di esperienza di ritmo monastico così come lo viviamo nella nostra tradizione: preghiera delle Ore, un po’ di lectio, di lavoro, di vita comune e di silenzio… Una proposta “nostra”, di ritiro “a modo nostro”, per gustare lo scorrere del tempo e la bellezza di una vita “normale” vissuta al ritmo della preghiera.  Pensiamo di offrire il soggiorno a un costo minimo, ciò che serve per essere responsabili di una scelta seria…. Quindi se volete aiutarci in questo tipo di ospitalità…grazie !

Un sito internet , data la connessione internet che abbiamo, è una sfida, e così una sobria paginetta facebook ( che un ragazzo ci ha aperto, ma che non usiamo mai in realtà, per una sorta di rifiuto conscio e inconscio)..Ma prima o poi ci arriveremo, almeno per qualche comunicazione della comunità..

E infine, ma non ultima cosa, vivere la speranza ci ha portate, in quest’anno dedicato a San Giuseppe, a cominciare finalmente i lavori per il monastero vero e proprio.

Abbiamo ancora una volta ripreso in mano il progetto, per semplificarlo il più possibile, soprattutto a livello costruttivo, e per impostare tutto a partire dalla chiesa. Ormai è veramente necessario avere una chiesa più grande della nostra cappellina che amiamo molto ma che è troppo piccola anche per un gruppetto di una sola decina di ospiti che fa ritiro..

Qualche aiuto importante è arrivato, già da tempo in realtà; sia da una comunità del nostro Ordine, sia dalla Nazione Ungherese che sostiene con generosità le varie iniziative di ripresa in Siria; e poi tante altre comunità e privati che ci stanno aiutando, secondo le loro possibilità ed anche di più, con tanta generosità ( e con tutta la nostra gratitudine!). Il nostro Vescovo ci incoraggia, come molti altri sacerdoti e fedeli.. E…anche i nostri operai musulmani aspettano la Chiesa !

Anche su questo (cioè sul fatto di costruire) ci siamo fatte molte domande, data la situazione generale, la povertà così diffusa e la partenza continua dei siriani verso altri paesi.

Ma certo siamo convinte che non è edificare un luogo per Dio che impoverisce gli uomini. Al contrario, un monastero, per quanto fragile sia, è sempre prima di tutto uno spazio di Dio, dove gli uomini possono ritrovarsi pienamente tali, e trovare la forza anche per far fronte alle logiche di profitto economico e ancor più di transumanesimo che, quelle sì, impoveriscono e rendono schiava l’umanità dei nostri giorni, e impediscono sistemi economici più giusti e partecipativi.

Costruire tra l’altro ha anche effetti immediati di aiuto, crea lavoro per molte persone. Proprio per questo non ci stiamo affidando ad una grande impresa, ma, con la supervisione dei direttori dei lavori e nostra, abbiamo scelto di coinvolgere per ogni tappa piccole imprese locali.

Chiamiamo questo progetto “Anatot.”

Sì, proprio come Geremia: quando tutto attorno sembrava crollare, e la prospettiva reale era l’esilio dalla propria terra, Geremia compra un campo in Anatot, certo del ritorno, certo che la vita fiorirà come e più di prima. Certo che il Signore farà ritornare il suo popolo.

Oggi, mentre così tanti lasciano la Siria, e soprattutto i più giovani….è il tempo di credere: che Dio non dimentica le sue promesse, che tutto si può ricostruire se si ricostruisce l’uomo; è tempo di impegnarci nella nostra vita cristiana perché restare qui valga la pena per tutti.

Tempo di costruire la nostra chiesa, per quelli che restano e per quelli che torneranno…

Così, senza averlo veramente programmato, per un insieme di circostanze abbiamo iniziato gli scavi l’8 di settembre, il giorno della Natività di Maria.. E il primo giorno di scavo, abbiamo trovato una pietra che serviva in passato come pietra di confine dei terreni…. e che porta incisa una croce sopra !

Il 14 settembre, solennità dell’Esaltazione della Croce e decimo anniversario dell’inizio della vita monastica regolare ad Azer, dopo aver celebrato la Messa con il nostro vescovo Latino, Mons. George Abu Khazen, siamo andate in processione, cantando le Litanie dei Santi, sul terreno del cantiere. Il Vescovo ha benedetto i lavori, ed anche i nostri operai, incoraggiandoli a “costruire” anche la loro vita nella pace e con fede nel Signore.

Ora gli scavi sono quasi ultimati, e potremo così a fine novembre passare alla fase dei cementi, della costruzione vera e propria.. Ci sembra un miracolo, dopo 16 anni ormai di presenza in Siria, dopo aver rimandato 10 anni a causa della guerra. Ogni giorno andiamo a seguire i lavori chiedendoci se sia proprio vero…

Legato alla costruzione del monastero, c’è l’idea di riutilizzare, per la copertura, delle pietre recuperate dalle macerie. In Siria le case, anche quelle povere, se non hanno muri solo di blocchetti non utilizzano gli intonaci in esterno perché, a causa della sabbia che si trova qui, non sono di buona qualità e non resistono alle intemperie. Le case sono normalmente ricoperte di pietre, con spessori variabili.

La guerra ha lasciato dietro di sé montagne di macerie, e c’è chi le acquista per ricavarne materiale edile. Vorremmo utilizzarle anche noi, per riscattare queste pietre che hanno visto tanta storia.. Per risparmiare, per non sprecare materiale, ma soprattutto per dire che si costruisce su una memoria, su una vita che ci ha preceduto e dalla quale veniamo, e che non si parte mai da zero. 

L’altra novità, questa molto più semplice ma molto simbolica per noi, è la realizzazione della fontana di Nostra Signora Fonte della Pace.

L’idea era lì, nella mente, fin dall’inizio e sapevamo dove avremmo voluto farla. Avevamo lasciato nella zona un po’ di grossi massi in attesa del tempo favorevole, che è arrivato circa quattro mesi fa, quando abbiamo chiamato una ruspa per tre giorni per sistemare i confini del terreno e prevenire i rischi degli incendi, che puntualmente si verificano attorno a noi a causa dell’imprudenza con cui si utilizza il fuoco per ripulire il terreno.

Il manovratore è un amico e alla fine del lavoro ci ha aiutato ad ammonticchiare un po’ dei sassoni disponibili. Ne è uscita la base della fontana; abbiamo ripulito da erbe, terra, abbiamo utilizzato un lastrone di pietra bianca, opportunamente dipinto con oro e posto sulla cima, per creare lo sfondo. E poi sassi e cemento, e avanzi di ceramiche rotte per fare la pavimentazione in stile mosaico.

Un grande amico della comunità, un sacerdote italiano che ha visto le foto dei nostri lavori, si è entusiasmato ed è diventato il mecenate della fontana.

Abbiamo dipinto su una lastra di pietra la “nostra” Madonnina, simile a quella della cappellina.  La fontana non è ancora terminata, lavoriamo poco a poco quando c’è del tempo utile.. Ma abbiamo già potuto benedirla, con i frati francescani che erano da noi a fare il loro ritiro annuale, il 7 ottobre, giorno della Madonna del Rosario.  E il 9 ottobre l’abbiamo inaugurata con la preghiera del rosario, insieme a un gruppo di amici disabili di Lattakie e le loro famiglie, a un amico che accompagnava i canti con il liuto, e alla gente del nostro villaggio. E’ stato un momento molto semplice e molto bello, abbiamo affidato tutti insieme a Maria le nostre preghiere, lasciandole scorrere dal cuore insieme all’acqua che ci rallegrava lo spirito.

Speriamo che possa diventare un luogo di preghiera per tutti quelli che vengono a far visita al Monastero, soprattutto i tanti che sono di passaggio solo perché il posto è bello.  Che Maria tocchi il cuore di tutti, consolando e dando nuova forza e soprattutto che, come nell’immagine, inviti ad andare a Cristo…

Quasi alla fine di questa cronaca, vogliamo dire grazie a tutti voi, amici che ci sostenete e ci aiutate in mille modi.

La fine di ottobre porterà alla Siria la visita del Card. Sandri, il Prefetto per la Congregazione delle Chiese Orientali; noi parteciperemo all’incontro che avrà con i sacerdoti e i religiosi della diocesi di Tartous.

E poi a novembre avremo la visita della Madre da Valserena, insieme a madre Martha della comunità delle Acque Salvie a Roma, accompagnate da Padre Andrea. E dopo questo, un viaggio ad Aleppo, per concordare la fusione della campana che i nostri fratelli Francescani ci hanno regalato…

Ma tutto questo ve lo racconteremo nella prossima cronaca…

Con ancora tanta gratitudine per il vostro sostegno e la vostra amicizia…

le sorelle di Fons Pacis


La prima parte della Lettera delle Trappiste è disponibile a questo link: https://oraprosiria.blogspot.com/2021/10/cronache-di-vita-monastica-e-di.html

Nei prossimi giorni pubblicheremo nei dettagli i progetti proposti dalle Sorelle per sostenere varie esperienze di donne e uomini siriani rimasti fedelmente, e faticosamente, nel Paese, e per contribuire alla costruzione della chiesa del Monastero delle Monache.