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giovedì 20 aprile 2017

Stragi di bambini in Siria: 2 Fouaa e Kafarya, il massacro che Trump non piange


Gli Occhi della Guerra, 19 aprile 2017

In tanti, nella giornata di sabato, hanno raccontato l’orrore di Rashideenn, ossia la località dove sorge l’area di servizio lungo l’autostrada M5 dove è avvenuto l’attentato contro civili sciiti che ha ucciso più di cento persone, molti dei quali bambini; in pochi però, hanno fatto riferimento tanto ai responsabili dell’accaduto, quanto al contesto attorno al quale è avvenuto uno degli episodi più cruenti della guerra siriana, macabro nei numeri ed ancor di più nei dettagli. Quello di sabato in Siria, non era un ‘semplice’, se così si può definire, trasferimento di profughi, bensì si trattava dell’evacuazione di due comunità di altrettanti villaggi a maggioranza sciita (Kafraya e Foua) da anni minacciati dagli islamisti definiti ancora ‘ribelli’ da buona parte dell’occidente; oltre a mettere al sicuro questi civili da future e probabili rappresaglie jihadiste, l’operazione aveva come obiettivo quello di mostrare la buona volontà delle parti in causa di poter giungere a piccoli accordi locali in grado di salvaguardare i cittadini maggiormente esposti al conflitto e, in tal senso, il boicottaggio delle forze islamiste è stato espresso in tutta la sua brutalità.

Non era la prima volta che in Siria, dallo scoppio della guerra, si procedeva ad un’evacuazione e ad un trasferimento della popolazione da un punto all’altro del paese dopo accordi tra le parti; questa strategia è stata inaugurata già nel 2014 quando, una volta accerchiati e senza possibilità di vittoria, gli islamisti presenti ad Homs hanno accettato l’evacuazione del centro storico ed il loro trasferimento in zone presidiate dai gruppi dell’opposizione. Tra il 2016 e questa parte di inizio anno, diverse volte questi accordi hanno permesso la fine delle ostilità in diverse località senza ulteriore spargimento di sangue: a Darayya, sobborgo nel sud di Damasco, il trasferimento ad Idlib di militanti islamisti e famiglie al seguito, ha messo la fine su una delle battaglie che più ha tenuto con il fiato sospeso la capitale della Siria, stesso scenario in altri quartieri damasceni ed in altre località attorno la città.
Anche ad Aleppo si è provata la stessa strada: i famosi ‘bus verdi’, che prima della guerra erano i normali mezzi del trasporto pubblico della metropoli siriana, per giorni sono rimasti stazionati ai limiti del fronte che divideva le zone governative da quelle occupate dagli islamisti, per cercare di far andare a buon fine le trattative tra Russia, Turchia e sauditi ed evitare ulteriori scontri nel centro urbano. Soltanto nelle battute finali della battaglia per riprendere la seconda città siriana tali accordi hanno fruttato l’evacuazione delle ultime zone rimaste in mano jihadista, nonostante altri tentativi di sabotaggio costati la vita ad alcuni autisti di bus attaccati dai terroristi; le trattative, oltre al trasferimento dei cosiddetti ‘ribelli’, hanno spesso previsto l’alternativa della riconciliazione con il governo di Damasco dove, in cambio della deposizione delle armi, si viene reinseriti all’interno del contesto sociale e, se non si è accusati di gravi crimini, si evitano i processi per tradimento.

l trasferimento in atto sabato, è stato frutto di uno di questi accordi locali mediati da alcuni attori internazionali in campo; in particolare, le trattative in questo caso sono state condotte da Iran e Qatar ed il perché è presto detto: oggetto principale dei colloqui era l’evacuazione di due cittadine sciite e la Repubblica Islamica si è fatta promotrice della messa in sicurezza dei civili di fede sciita. L’accordo è inserito in un contesto molto più ampio, che abbraccia situazioni simili nel resto del paese: in cambio del trasferimento dei civili da Kafraya ed al – Foua, l’esercito siriano ha permesso l’evacuazione dei terroristi dalle sacche jihadiste di Madaya e Zabadani, due località della ‘Rif’ di Damasco; in tal modo, risultano evidenti anche vantaggi militari sia per il governo che per gli islamisti: le forze di Assad possono riprendere il controllo di due centri vicino la capitale, le forze che controllano di Idlib invece si garantiscono l’eliminazione di una sacca governativa vicino il capoluogo di provincia.
Pur tuttavia, all’interno di questo accordo, vi è presente una novità importante:  è infatti la prima volta che ad essere evacuati sono soltanto civili e non militari o ribelli ed inoltre, è stata anche la prima volta del trasferimento da località in mano governative.  Kafraya ed al – Foua, sono infatti due cittadine a maggioranza sciita che però si sono ritrovate nel bel mezzo di una provincia in cui islamisti e jihadisti hanno iniziato ad imperversare dall’inizio della guerra; l’esercito siriano ed alcuni reparti degli Hezbollah hanno garantito, in questi anni, la sicurezza delle cittadine la cui difesa però, forse anche in previsione dell’offensiva governativa su Idlib, è diventata ad un certo punto molto difficile ed onerosa. L’evacuazione dei civili quindi, secondo l’accordo, ha avuto anche lo scopo di liberare diversi reparti dell’esercito e del movimento popolare libanese e poter in questo modo meglio distribuire mezzi e uomini su altri fronti.
Mentre i trasferimenti da Zabadani e Madaya sono andati a buon fine, con i bus arrivati  ad Idlib, quello dei civili sciiti invece ha subito il grave attacco di sabato; un convoglio di mezzi che trasportava i cittadini di Kafraya ed al – Foua, mentre era giunto a Rashideenn, a pochi chilometri dall’ingresso ad Aleppo e dunque nelle zone governative, è stato raggiunto da un’autobomba.

Secondo alcuni testimoni, pare che l’ordigno sia stato azionato mentre nell’area di servizio un uomo aveva fatto avvicinare dei bambini al mezzo poi esploso offrendo loro alcuni pacchetti di patatine; un gesto macabro e che lascia senza fiato e parole, compiuto con il solo scopo di uccidere i civili e creare terrore tra i sopravvissuti. Un gesto però che, dopo alcuni servizi televisivi in cui non sono mancate omissioni di dettagli e dove, allo stesso tempo, non è stato spiegato il contesto dell’evacuazione di questi profughi, è ben presto passato in sordina e nel dimenticatoio.
Dopo l’arrivo dei soccorsi, alcuni dei quali inviati dalla Croce Rossa presente nel vicino quartiere governativo di Hamadaniyah, i bus non colpiti dall’esplosione hanno ripreso il proprio cammino e sono arrivati ad Aleppo, concludendo poi l’evacuazione di Kafraya ed al – Foua; pur tuttavia, non può non rimanere vivo il ricordo dei tanti civili uccisi, che si aggiungono ad una lista oramai troppo lunga dopo sei anni di conflitto.

Rimane anche, tra le altre cose, la constatazione del fatto che continuare a considerare ‘moderati’ i ribelli di Idlib è operazione intellettualmente disonesta e che non favorisce i tentativi di far concludere la guerra nel più breve tempo possibile; se è vero che alcuni gruppi islamisti hanno preso le distanze dall’attentato, è anche vero che se si è avuta l’esigenza di evacuare i civili dalle due cittadine sciite vi era evidentemente il concreto pericolo di rappresaglie jihadiste che, di certo, non sono sintomo di ‘moderazione’ e di volontà di dialogo. Prima l’intero occidente prende definitivamente le distanze dai ‘ribelli’, prima si potrà far chiarezza su tutti i fronti che riguardano il conflitto siriano.


A completamento dell'articolo, un'ulteriore terribile notizia: per rendere le cose ancora peggiori, durante l'attentato oltre 200 civili da Foua e Kafraya sono stati rapiti nella zona Rashideen. La maggior parte dei rapiti sono ragazze giovani.
Secondo una fonte di Al-Masdar news, si ritiene che gli abitanti sciiti di Fouaa e Kafraya siano stati rapiti da Hay'at Tahrir Al-Sham (HTS), una fazione ribelle affiliata ad Al Qaeda, che è accusato di aver ucciso 126 civili nell'attacco con un'autobomba ieri “