Opera dello scultore siriano: Nizar Ali Badr
Di Maria Antonietta Carta
Il popolo siriano, che patisce
indicibili tormenti da oltre nove anni a causa di una guerra iniqua
ed efferata, è anche vittima di una vile e crudele coercizione
morale e fisica. Utilizzando il ricatto delle sanzioni, disonorevole
arma di una Civiltà incivilissima, l'Occidente ne oltraggia la
dignità e la fierezza e lo condanna all'annientamento con la
deprivazione del soddisfacimento dei bisogni essenziali: salute,
istruzione, e nutrimento.
Dopo l'usurpazione dei campi
petroliferi, gli incendi di campi di grano, il furto dei raccolti e
dei tesori archeologici a opera dei complici turchi, ecco in arrivo,
per completare l'opera, il cinico ''Caesar Syria Civilian Protection
Act'', sadicamente elaborato e inflitto dai nostri governanti
criminali alla Siria.
Maen, commentando queste mie
parole in un post contro le sanzioni alla Siria, mi ha offerto la sua
preziosa testimonianza. Egli vive e patisce in una zona che i
terroristi occupano devastandola, saccheggiandola, esercitando ogni
genere di abusi, ma soprattutto distruggendo l'armonia e l'unicità
del tessuto sociale frutto di una preziosa cultura plurimillenaria.
Tutto ciò per le mire neocolonialiste ed espansionistiche di un
Occidente cinico, avido, prepotente al guinzaglio del Sionismo. Un
Occidente che pretende ipocritamente di voler offrire ai Siriani
libertà e democrazia mentre li condanna a morte con le bombe e con
sanzioni inique e illegali. Il “Caos costruttivo''!
Maen scrive: ''Per pochi mesi di chiusura
[a causa del COVID19] il mondo intero ha sofferto. Noi, in Siria,
oltre alla distruzione della guerra da dieci lunghi anni, dobbiamo
affrontare l'odio occidentale che sta accrescendo la miseria, le
malattie, la fame. Tutti ci domandiamo: Quando questo Occidente sarà
finalmente sazio del nostro sangue? Perché tanto odio? Cosa abbiamo
fatto di male all'Occidente per essere ripagati con tutta questa
brutalità? Popoli cosiddetti civili, che parlano di libertà,
democrazia e diritti umani, impongono al mondo intero di applicare le
più severe sanzioni contro pochi milioni di pacifici abitanti.
Feriti, ammalati, affamati, sfollati in nome dei ‘diritti umani’
e 'per aiutare il popolo siriano’! Ci chiediamo anche: Non è ora
che i popoli occidentali si sveglino e si liberino da queste menzogne
americano-sioniste e tornino a essere liberi di praticare la loro
umanità?''.
Nel 2011, Nibal era un ragazzo
gentile con tanti sogni da realizzare, ma da anni fa il soldato e non
vede crescere le sue due splendide bambine che adora e che anche
quando giocano o ridono hanno gli occhi tremendamente tristi per
l’assenza del loro papà e per il timore di perderlo. Sono stata
insieme a loro l’estate scorsa e con l’emozione per il dono della
loro tenerezza affettuosa, perché mi hanno adottata come nonna,
conservo il ricordo lancinante dell’angustia profonda celata dietro
i loro sorrisi.
Nibal in un commento allo
stesso post scrive: ''La guerra economica è più crudele della
guerra militare. La gente muore di fame e di miseria. Cosa vogliono
da noi? Noi non ci arrenderemo mai.''
Due giorni dopo, in un altro
messaggio mi confida: ‘’Pensavo che questa guerra fosse quasi
finita, ma adesso ho capito che sta ricominciando. Questa guerra
tocca il popolo direttamente’’.
Certo, caro Nibal. Questa
guerra è contro l'anima della Siria, e l'anima della Siria che
resiste è il suo popolo. Se ha resistito tanto, si deve molto alla
vostra forza di carattere. Coloro che intendono distruggerla e
frammentarla temono ormai la vostra resilienza civile e morale forse
più della resistenza armata. Ecco perché sono disposti a immolarvi.
La situazione è oggi più
tragica che mai. Mentre sto terminando questo articolo, ricevo una
telefonata da Latakia. È una cara amica: ‘’ Maria, non ho avuto
mai paura e poche speranze quanto ora – mi dice – In alcune zone
sono riprese le proteste pilotate, come nel 2011, in altre la
popolazione è davvero ridotta alla fame, i prezzi continuano a
salire follemente e in pochi giorni si sono moltiplicati anche per
cinque. Molti negozi ormai restano chiusi. Sono tutti coalizzati
contro di noi. Non vogliono che la Siria continui a esistere’’.
In Europa, si crede che la
Siria sia lontana, invece è vicinissima. La sua immane tragedia
colpisce anche noi (pensiamo per esempio al blocco degli scambi
commerciali) e ci colpirà sempre più, anche se ci illudiamo di
esserne immuni. Non possiamo permetterci di essere indifferenti.
Tra sanzioni, pandemia e guerra, la lotta dei siriani per la sopravvivenza
Continua
l'agonia del popolo siriano segnato da una guerra lunga ormai 10
anni, piegato dalla crisi economica e da sanzioni internazionali di
cui paga gli effetti devastanti. Non è la pandemia a preoccupare ma
la priorità oggi è: "sopravvivere".
Testimonianze
da Damasco e Aleppo. L'appello: "rimuovete le sanzioni"
di Daniele Rocchi, S.I.R. 10 giugno 2020
“Siamo entrati nell’oblio. Chiediamo alla comunità internazionale di rimuovere le sanzioni che impoveriscono ogni giorno di più i siriani. Sono contro i diritti umani, sono disumane perché penalizzano tutta la popolazione. Qui la gente sta morendo di fame. Non ci sono medicine. Non c’è lavoro”.
È
il monito di mons. George
Abou Khazen,
vicario apostolico latino di Aleppo, città martire della guerra
siriana, entrata ormai nel suo decimo anno.
Non è solo il conflitto
a preoccupare l’arcivescovo, e nemmeno il Covid-19. A strangolare
progressivamente la popolazione siriana, dice, sono “le sanzioni
internazionali e i suoi effetti”. L’Ue ha prorogato, il 28 maggio
scorso, le misure restrittive contro il regime siriano per un altro
anno, fino al 1 giugno 2021. Dal 17 giugno, invece, dovrebbero
entrare in vigore quelle decise dal presidente Usa, Donald Trump,
contenute nel “Caesar Syria Civilian Protection Act”. Le sanzioni
Ue, introdotte nel 2011 “in risposta alla repressione del regime
siriano della popolazione civile”, colpiscono aziende e
imprenditori che hanno rapporti commerciali con il regime e con
l’economia di guerra. Le sanzioni, tra le altre cose, vietano
l’importazione di petrolio, impongono restrizioni su determinati
investimenti e su attrezzature e tecnologia che potrebbero essere
utilizzate per la repressione interna. Il “Caesar”, dal canto
suo, imporrà sanzioni sui leader siriani, società, Stati e
individui che appoggiano militarmente, finanziariamente e
tecnicamente il governo di Assad e i suoi alleati Russia e Iran.
Altre sanzioni Usa sono in vigore già da prima dell’insurrezione
del 2011.
“La comunità internazionale si faccia un esame di coscienza: per noi le sanzioni sono un crimine” rimarca il Vicario - “Siamo molto delusi dall’Ue. Chissà cosa accadrà con l’entrata in vigore del Caesar Act di Trump. Abbiamo bisogno della pace, ma adesso la priorità è sopravvivere”.
La
vera paura e la crisi del Libano. A
confermare al Sir la gravità della situazione in Siria sono alcune
fonti locali che vogliono restare anonime:
“Ad
oggi la vera paura dei siriani non è la pandemia ma la povertà
generata da anni di guerra, di sanzioni e di crisi economica”.
Il
termometro della crisi oggi è la svalutazione della moneta locale
che sta provocando un’impennata dei prezzi per tutti i beni
compresi cibo e medicine. A giocare un ruolo determinante nella
svalutazione della lira siriana è la crisi finanziaria libanese. Per
la Siria, infatti, il Paese dei Cedri è sempre stato una strada
aperta verso il mondo esterno, soprattutto dopo l’imposizione delle
sanzioni occidentali. In Libano sono depositati i conti e i risparmi
di tantissimi siriani e le banche libanesi hanno favorito i
commercianti e imprenditori siriani nei loro affari. Almeno fino a
pochi mesi, quando le avvisaglie della crisi che avrebbe portato il
Libano al default nel marzo di quest’anno, hanno di fatto provocato
restrizioni bancarie nella vendita di dollari, nel ritiro dei
risparmi e causato il blocco dei depositi siriani nelle banche
libanesi. Al crollo della sterlina libanese ha fatto seguito anche
quello della valuta siriana.
“Così
ogni giorno assistiamo ad un calo della nostra moneta con conseguente
salita dei prezzi – dichiarano le fonti -. La gente non ce la fa a
comprare da mangiare. Nelle ultime sei settimane la lira siriana ha
perso circa il 65% del suo potere di acquisto. Se prima un dollaro
era scambiato a 1000 lire siriane, adesso ce ne vogliono oltre 3000.
All’inizio della guerra (2011) per un dollaro servivano 50 lire”.
E
chi sperava che con la fine del lockdown i locali e negozi delle
città siriane tornassero a riempirsi si è dovuto ricredere. Per il
rilancio dell’economia bisognerà attendere ancora: “Con i prezzi
è cresciuta anche la disperazione e la rabbia della gente”.
Mancano
medicine e chiudono le farmacie. Gravi
le ripercussioni anche sul sistema sanitario, già disastrato dalla
guerra: “Le industrie farmaceutiche siriane hanno smesso di
produrre per mancanza di materie prime molto costose da reperire. Il
prezzo di produzione è più alto di quello fissato dal Governo per
la vendita. Dunque produrre medicine significa perdere denaro. Ne
deriva una carenza di medicinali e la corsa all’accaparramento
specie di quelli per le malattie croniche. Molte farmacie hanno
chiuso per mancanza di forniture. Ci sono ospedali che faticano a
rifornirsi anche di carta igienica e di presidi medici di uso
comune”.
In questo quadro a tinte fosche, chi continua a curare
gratuitamente i più vulnerabili di Damasco e Aleppo sono i tre
nosocomi cattolici del progetto “Ospedali Aperti”, ideato dal
card. Mario
Zenari,
nunzio apostolico in Siria, che ne ha affidato la gestione ad Avsi,
organizzazione internazionale che opera su più fronti per dare
sostegno alla popolazione siriana. Nell’Ospedale
Italiano e Francese di Damasco, e in quello di St. Louis ad Aleppo,
spiegano da Avsi, “si continua a curare la popolazione. L’impegno
è cercare di accogliere un numero sempre più alto di malati e
salvare più vite possibile. In questi anni sono cresciute patologie
gravi come i tumori, specie tra i giovani”.
Contro
le sanzioni. Chi
si sta battendo contro le sanzioni alla Siria è l’ong New
Humanity,
con la sua associata Amu
– Azione per un Mondo Unito,
che ha lanciato un appello per chiederne l’immediata sospensione
“almeno per le forniture sanitarie e i materiali destinati alle
cure mediche e per i fondi necessari per pagarle”. I destinatari
dell’appello, firmato fino ad oggi da oltre 17 mila persone, sono
tra gli altri António Guterres, Segretario Generale Nazioni Unite;
Donald J. Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America e David M.
Sassoli, Presidente Parlamento europeo.
Un’iniziativa,
spiegano al Sir le ong promotrici che fanno capo al movimento dei
Focolari, “al di sopra di qualsiasi orientamento politico o
ideologico con l’obiettivo di salvaguardare la popolazione civile
siriana”. “Le sanzioni – dicono le ong – bloccano
investimenti e transazioni finanziarie rendendo difficili i commerci,
importazioni e esportazioni. I siriani che sono all’estero non
riescono più a far arrivare soldi ai loro parenti”. Le ong non
mancano di segnalare “un velo di ipocrisia sul tema delle sanzioni:
hanno posto l’embargo all’acquisto del ferro perché potrebbe essere usato a fini bellici e poi fanno arrivare qui in Siria armi da ogni dove. Piuttosto che impoverire il popolo siriano con le sanzioni, Ue e Usa dovrebbero trovare strade di dialogo per una soluzione negoziata del conflitto. In Siria prima d’ora non abbiamo mai visto gente che cerca cibo nell’immondizia e persone che vendono reni per avere soldi”.
Anche
l’Associazione
pro Terra Sancta,
che fa riferimento alla Custodia di Terra Santa, invoca lo stop
all’embargo alla Siria, così come le Trappiste
siriane. In una lettera le religiose chiedono la fine delle sanzioni che pure,
affermano, “non sono l’unica causa di tutti i problemi in Siria.
Ci sono tante responsabilità, anche interne. Ora c’è una guerra
economica in corso, una guerra di spartizione di aree di potere, di
privilegi economici, di influenze sul territorio”. Per questo “il
sistema politico-economico interno è chiamato a combattere la
corruzione e a promuovere la crescita, facendosi carico
dell’interesse del paese aiutando tutti i cittadini”.