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sabato 29 febbraio 2020

Lo scontro tra Turchia e Siria visto da chi vive là


Ultimissime dalla Siria, 28 febbraio 2019

Lilly Martin, che la guerra non la vive attraverso i menzogneri comunicati dei media mainstream ma sulla propria pelle, scrive da Latakia:

Ieri sera abbiamo sfiorato il conflitto aperto. Come sapete, la Turchia ha invaso la Siria per sostenere al-Qaeda a Idlib, rifornendo i terroristi di missili antiaerei a spalla, impiegati anche per colpire un jet russo che sorvolava Idlib. La Russia e la Siria sorvolano entrambe Idlib e prendono di mira postazioni dei terroristi, che sono segnalate da osservatori sul terreno. Il pilota russo ha evitato di essere colpito prendendo contromisure contro il missile attirato dal calore del suo velivolo, ma ha riferito dell'evento.

Più tardi, l'aviazione siriana ha bombardato un gruppo di terroristi che stavano progettando di attaccare le forze di terra siriane nella regione di Idlib. L'esercito turco si nascondeva in mezzo ai terroristi, cercando di "mascherare" propria posizione. Per cui, quando l'aviazione siriana ha bombardato i terroristi, sono rimasti uccisi circa 34 soldati turchi e molti altri sono stati feriti. Quattro elicotteri turchi giunti sul posto hanno trasportato morti e feriti all'ospedale Reyhanli (in Turchia).
Ciò ha indotto il Presidente Erdogan a chiamare gli Stati Uniti poi la NATO e infine la Russia. Fondamentalmente, tutti loro non vogliono offrire [direi che forse non vogliono offrire apertamente N.d.T.]  aiuto alla Turchia perché:
  1. E' la Turchia che ha invaso la Siria, e i suoi soldati sono stati attaccati in Siria, quindi questa è stata un'azione militare legale, secondo il diritto internazionale.
  2. Il gruppo che la Turchia sta supportando a Idlib è al-Qaeda, e Stati Uniti, NATO e Russia non appoggeranno pubblicamente al- Qaeda, classificato come gruppo terroristico . Ricordate l'11 settembre?
  3. Erdogan ha due opzioni: 1. Ammettere la sconfitta e ritirarsi in Turchia. 2. Andare avanti, dichiarare guerra alla Siria e alla Russia, sapendo che sarà da solo nella sua guerra, e nessuno potrà aiutarlo, tranne i terroristi di al- Qaeda. Si potrebbe scrivere un libro sugli errori commessi da Erdogan che coopera con l'Islam radicale e la sua ideologia, definita da numerosi analisti politici un ‘’culto della morte’’.
      
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    Queste foto sono tutte delle zone
     tenute dai " ribelli moderati" :
    vedi quanto sono moderati
    Gruppi umanitari, Enti di beneficenza e Nazioni Unite sono di fatto un meccanismo di supporto ai terroristi e le loro famiglie, che consente il prolungarsi della sofferenza di bambini innocenti.  Questo progetto sunnita-utopico chiamato Idlib avrebbe dovuto essere eliminato anni fa. I libri di storia spiegheranno come l'Islam radicale sia stato usato quale strumento politico per attuare il "cambio di regime" e, anche se non ha mai avuto successo in 9 anni di guerra, Stati Uniti-UE-NATO-Turchia non possono lasciarlo morire. Continuano a nutrire la loro creatura come un animale domestico malato che non si vuole sopprimere. I civili sono stati nutriti da questi gruppi, a seconda dei finanziatori che pensano di servire, ma in realtà stanno pagando il fio per ulteriori sofferenze;
    senza considerare la morte e le sofferenze degli abitanti di Kessab, Latakia, M'Hardeh, Aleppo …, massacrati e mutilati da terroristi che l'Occidente sponsorizza da 9 anni.
                                                                     Lilly Martin
       traduzione: Maria Antonietta Carta

giovedì 13 febbraio 2020

Il ministro della Difesa turco chiede alla NATO e all'Europa di intervenire a Idlib


Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ieri, nell'intervista con AP, ha chiesto alla NATO e all'Europa di intervenire a Idlib al di là degli aiuti umanitari. Dovrebbero "prevenire questi attacchi indipendentemente dalle loro relazioni con Russia e Siria".

Akar ha detto esattamente:
I paesi della NATO, la NATO, l'Europa e il mondo devono esaminare più da vicino la questione e fornire un sostegno serio e concreto. Devono fermare questi attacchi non solo da una prospettiva umanitaria, a prescindere dalle loro relazioni con la Russia e la Siria.
Inoltre, ha sottolineato che la Turchia non lascerà nessuno dei suoi 12 posti di osservazione, alcuni dei quali si trovano in aree riconquistate dell'esercito siriano. Ha assicurato che se le truppe siriane li dovessero attaccare, la Turchia risponderebbe con attacchi di ritorsione molto "più potenti".

Con l'aiuto russo e iraniano, le truppe siriane sono in avanzamento a Idlib e vogliono sconfiggere l'ultima roccaforte estremista nel paese. Oltre a decine di villaggi e città che sono già stati riconquistati, le unità di combattimento siriane sono state recentemente in grado di riprendere il pieno controllo della superstrada M5 strategicamente importante, che collega la Siria meridionale e settentrionale, per la prima volta dal 2012.

Il ministro della Difesa turco ha chiesto che le truppe siriane si ritirassero da questa.
Abbiamo chiesto che le unità del regime si ritirino immediatamente dalla autostrada M5 e continueremo a farlo. A questo proposito, non abbiamo altri punti di vista, nessun cambiamento di posizione. Stiamo facendo tutto il possibile per garantire che questo tema venga realizzato al più presto. Allo stesso modo, abbiamo chiesto alla Russia di farlo attraverso una molteplicità di incontri, faccia a faccia o per telefono. Stiamo aspettando”

Ha esortato la Russia a usare la sua influenza sul governo siriano per fermare gli attacchi a Idlib.

La Russia, a sua volta, critica la Turchia, che non ha rispettato gli impegni assunti con Idlib secondo gli accordi comuni. Ha mancato di separare i nemici "moderati" del governo da quei terroristi radicali che si rifiutano di dialogare e che fanno affidamento su attacchi quotidiani.

La Turchia sostiene gli oppositori del governo a Idlib, nei cui ranghi si mescolano anche estremisti dell'ex Fronte di Al Nusra. Dopo due scontri diretti tra truppe turche e siriane che hanno provocato morti da entrambe le parti, le tensioni sono aumentate e la Turchia ha risposto con massicci contrattacchi, presumibilmente uccidendo dozzine di soldati siriani. Inoltre, la Turchia sta trasferendo massicciamente i militari turchi nella regione e si sta preparando per un'offensiva insieme alle milizie.

Il ministro turco ha anche chiesto alle forze siriane di ritirarsi dietro le frontiere dai negoziati di Astana.
Il regime si trova assolutamente nell'area della de-escalation ... c'è una mappa creata con il processo di Astana, ci sono linee di confine nella regione di Idlib dove si stanno diffondendo le tensioni, ed è per questo che vogliamo che il regime si tiri indietro su queste linee.
Il ministro ha affermato che l'obiettivo della Turchia a Idlib era sostenere un accordo di cessate il fuoco per Idlib e prevenire un flusso di rifugiati.”
Si dice che circa 700.000 persone siano in fuga dalla regione di Idlib .
Il presidente turco ha parlato di Idlib oggi e ha minacciato le truppe siriane:
“ A
nnuncio che da oggi in poi attaccheremo ovunque le forze del regime in caso di danni anche minori ai nostri soldati, senza essere vincolati dall'Idlib o dai limiti dell'Accordo di Sochi.”
   Fonte : https://deutsch.rt.com/


Gli accordi di Astana sono ora imposti dall'Esercito Siriano

di Eliah Magnier
Tradotto da Alice Censi

E’ dal 2012 che l’autostrada M5 che collega Damasco ad Aleppo è sotto il controllo dei gruppi jihadisti. L’esercito siriano l’ha appena liberata, riconquistando 140 città, villaggi e colline strategiche. La Turchia con gli Uzbeki, gli Uiguri e Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra) non è riuscita a proteggere le sue postazioni fortificate e le ha abbandonate ritirandosi nella zona attorno a Idlib. 
Per la prima volta l’esercito turco è stato bombardato da quello siriano. Cinque soldati turchi sono morti nell’aeroporto militare di Taftanaz, la base in cui sono radunati soldati turchi e jihadisti. Ankara è stata obbligata a schierare le sue truppe in Siria a sostegno dei suoi alleati jihadisti in evidente difficoltà dal punto di vista militare. 

La liberazione di tutti i 432 km dell’autostrada M5 dalla presenza dei jihadisti era prevista negli accordi di Astana siglati nell’ottobre 2018,  accordi che però la Turchia in questi anni non è stata in grado di rispettare. Da allora l’esercito siriano è avanzato per ben tre volte verso l’autostrada ma stavolta il governo ha preso la decisione  di riconquistarla definitivamente. E’ il messaggio, chiaro, della Russia e della Siria al presidente Erdogan in riferimento a Idlib: il tempo è scaduto. Ma la prova di forza tra la Turchia e la Russia va oltre i confini della Siria e si manifesta in Ucraina e in Libia dove la Turchia sta cercando di avere un ruolo importante. 

La Russia sta fornendo all’esercito siriano attrezzature militari d’avanguardia e decine di carri armati T-90 efficaci anche nelle offensive notturne. Tutto questo, unito alle centinaia di raid aerei condotti dall’aviazione russa ha fatto in modo che avvenisse la liberazione di tutta l’area a est dell’autostrada e di molte zone a ovest dove le operazioni militari continuano. La Russia ha inoltre garantito all’esercito siriano una intelligence militare senza precedenti, il suo aiuto nella pianificazione di questa operazione vincente e la sua partecipazione al bombardamento delle linee dei jihadisti anche alle loro spalle durante la ritirata. 

La cosa sorprendente è stata la scoperta di chilometri di tunnel sotterranei in tutte le aree liberate su entrambi i lati della M5 e nelle città più importanti come Saraqeb e El-Eiss, gallerie sotterranee in cui c’erano ospedali da campo, munizioni e vettovaglie per resistere ad un lunghissimo assedio. Questi tunnel erano collegati tra loro, univano i vari villaggi e alcuni erano anche profondi 20 metri, per proteggerli dai bombardamenti aerei. I jihadisti in fuga li hanno evacuati lasciandosi dietro ogni cosa. 
Una delle tattiche dell’esercito siriano negli ultimi anni è quella di lasciare una via aperta ai jihadisti che permetta loro di andarsene prima di essere circondati. Dopo la liberazione di Aleppo l’esercito siriano ha sempre evitato di assediare le città per non dare spago alla propaganda a favore dei jihadisti portata avanti dai mezzi di informazione e dagli interventisti stranieri che farebbero di tutto per impedire la liberazione della Siria e la sua riunificazione. Ecco perché c’erano sempre strade aperte per la fuga dei jihadisti prima dell’assalto finale.

La Turchia in realtà non è in grado di proteggere i suoi alleati jihadisti e non può intervenire con l’aviazione in loro soccorso. E’ la Russia che ha il controllo dello spazio aereo siriano e Damasco aveva avvertito la Turchia che avrebbe abbattuto i suoi aerei se avessero violato il suo cielo. 
La liberazione di Maarat al-Nu’man, di Saraqeb, di Tal el-Eiss e del distretto di Rashidin4 segna una svolta strategica nella guerra in Siria. Indica che alla lunga la Turchia farà molta fatica a proteggere i suoi jihadisti. La stabilità della Siria è strettamente legata alla liberazione di tutto il suo territorio ma non solo, questa stabilità è essenziale per la Russia e i suoi obbiettivi di sicurezza nazionale. La Russia è entrata nel Levante per metter fine alla guerra. E’ in gioco la sua credibilità. Ha una grande base navale che offre un accesso unico al mar Mediterraneo. E’ inoltre nell’interesse di Mosca eliminare al-Qaeda e tutti quei gruppi che ne condividono l’ideologia takfira nonostante abbiano priorità e nomi diversi. I jihadisti uzbeki e uiguri che si trovano in Siria non hanno nessun altro posto dove andare per cui molto probabilmente combatteranno fino all’ultimo. 

La Turchia sta mostrando i denti alla Russia, si rifiuta di riconoscere la Crimea e offre armi all’Ucraina per 33 miliardi di dollari. Sta cercando di avere un ruolo di primo piano in Libia e  il governo centrale ha richiesto ufficialmente il suo appoggio. La situazione in Siria però è diversa. Ankara sa che la sua presenza in Siria non può durare ancora a lungo e che la liberazione di Idlib, sebbene non sia prevista subito, avverrà a breve. E’ solo questione di tempo. 

Le forze d’occupazione statunitensi sono confinate in una zona limitata del nordest della Siria dove possono rubare il petrolio siriano, come ha affermato il presidente Trump. La loro presenza non è però una priorità per l’esercito siriano. Prima verrà liberata Idlib e poi Afrin. E questo è il motivo per cui la Turchia sta cercando di aumentare e stabilizzare la sua influenza in Siria. Quattro incontri ci sono stati tra membri di alto livello dell’intelligence siriana e turca per trovare nuovi accordi. La Turchia vorrebbe modificare gli accordi di Adana del 1998 con la Siria perché il suo esercito possa dare la caccia al PKK curdo in territorio siriano. 

La Russia e l’Iran giocano un ruolo importante nel cercare di sciogliere le tensioni esistenti tra Turchia e Siria ma un ritiro totale della Turchia dalla Siria è fondamentale. 
La Turchia ha comprato il sistema missilistico di difesa aerea  S-400 dalla Russia e il gasdotto TurkStream, che riduce il passaggio del gas russo dall’Ucraina, è stato inaugurato il mese scorso. Ma la Turchia fa anche parte della NATO e ha una importante base militare americana sui suoi confini. Ankara avrà mille difficoltà a stare in equilibrio tra le due superpotenze e contemporaneamente a proteggere i suoi jihadisti in Siria. E’ arrivato il momento, per la Turchia, di valutare con attenzione le diverse opzioni. 

lunedì 10 febbraio 2020

Cosa succede a Idlib?


di Gianandrea Gaiani 

Scontri annunciati e poi smentiti o ridimensionati tra truppe regolari siriane ed esercito turco, tensione alle stelle negli avamposti turchi nel nord ovest della Siria ormai circondati dalle truppe di Bashar Assad e russe; ed infine l’Iran, che a conferma della gravità della situazione, si offre di mediare tra Ankara e Damasco.
L’ennesima fase di tensione tra turchi e siriani, dopo l’attacco di Ankara nel nord della Siria dell’ottobre scorso, si è aperta nella provincia nord-occidentale di Idlib, ultima roccaforte dei ribelli jihadisti sostenuti con armi e truppe dalla Turchia.

L’Esercito Arabo Siriano ha lanciato da un paio di settimane un’offensiva che potrebbe rivelarsi risolutiva spazzando via le milizie qaediste e di altri gruppi estremisti islamici e riconquistando la regione di confine con la Turchia nel nord ovest.
L'8 febbraio l’esercito siriano, sostenuto da aerei e truppe russi, ha conquistato dopo due giorni di duri combattimenti Saraqeb, crocevia strategico nella regione all'incrocio delle autostrade Latakia-Aleppo e Hama-Aleppo.
Mercoledì scorso i media governativi avevano annunciato la presa di Saraqeb, ma fonti sul terreno e miliziani anti-regime avevano smentito la circostanza.
L' Onu ha documentato lo sfollamento di più di 200mila persone nelle ultime due settimane dalla zona di Saraqeb e dei distretti circostanti investiti dall' offensiva governativa e russa. In tutto, sempre secondo l'Onu, sono quasi 600mila i civili sfollati a Idlib da inizio dicembre scorso, quando prese il via l’operazione siriana che potrebbe concludere la guerra civile in atto dal 2012.

Nei giorni precedenti, l’offensiva siriana aveva determinato numerosi contatti con le forze turche. L’uccisione di 5 soldati e 3 contractors di Ankara (già quasi 150 i caduti turchi in Siria), dopo che i siriani avevano lamentato l’arrivo di un convoglio di 240 camion turchi carichi di rifornimenti per i ribelli, aveva determinato un bombardamento di rappresaglia che avrebbe ucciso 13 soldati siriani e ferendone una ventina, anche se il ministro della Difesa di Ankara, Hulusi Akar, ha rivendicato l'uccisione di 76 militari di Damasco.
Le forze governative siriane avevano poi circondato la postazione di osservazione militare turca di Tell Tuqan, nei pressi di Saraqeb, a est del capoluogo di Idlib e teatro degli scontri tra turchi e siriani.

Consapevole delle ripercussioni interne di un inasprimento del conflitto siriano, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha annunciato prossime consultazioni con Mosca, un asse strategico che finora ha garantito un equilibrio lungo tutto il confine siro-turco. Un accordo che prevedeva anche la tregua a Idlib anche se il legittimo desiderio di Assad di chiudere la guerra con la vittoria nell’ultima roccaforte dei ribelli jihadisti non può essere messo in discussione, soprattutto sul piano giuridico.

È evidente che la presenza di milizie jihadiste così come di militari turchi nel nord e statunitensi (questi ultimi intorno a un paio di pozzi petroliferi nella Siria orientale) è del tutto illegittima e autorizza Assad a compiere ogni azione per liberare il territorio nazionale.
La posizione russa mostra ambiguità poiché da un lato tende a rassicurare i turchi circa gli accordi raggiunti nelle zone di "de-escalation" ma poi appoggia con truppe e raid aerei ed elicotteri le offensive di Assad a Idlib.

Il 5 febbraio Erdogan è tornato a minacciare i siriani promettendo che Ankara "interverrà" se gli uomini di Damasco non si ritireranno entro febbraio dalle aree di Idlib dove sono presenti i turchi. "Ne ho parlato con il presidente russo Vladimir Putin e ho detto che il regime deve ritirarsi dalle aree dei nostri check point entro febbraio, come stabilito dagli accordi di Sochi, se il ritiro non avverrà saremo costretti a intervenire", ha detto Erdogan. "A Idlib abbiamo dei check-point costituiti d'accordo con la Russia e non vogliamo avere problemi con i nostri alleati con cui gli accordi e i patti saranno mantenuti. Con la Russia abbiamo relazioni ottime e ci aspettiamo sensibilità da parte di Mosca nel capire la nostra posizione in Siria”.
Damasco ha risposto con un portavoce del ministero della Difesa che ha reso noto che "i militari risponderanno a ogni attacco proveniente dalle forze turche nella regione di Idlib”.
L’obiettivo di Assad (e di Mosca) sembra quindi essere quello di ottenere rapidi successi sul fronte nord occidentale ma senza attaccare direttamente gli avamposti turchi per mettere Ankara di fronte alla rapida riconquista della provincia e indurre le truppe turche al ritiro.

Non è certo la prima volta che Siria e Turchia si trovano ai ferri corti dall’inizio del conflitto civile (largamente ispirato da Ankara) e certo Erdogan può mettere in campo un discreto dispositivo militare, ma sul fronte interno non può permettersi ulteriori gravi perdite tra i suoi soldati che avrebbero un forte peso sociale. Anche per questo i turchi impiegano preferibilmente, in Siria come in Libia, volontari e mercenari siriani arruolati tra i disertori sunniti dell’esercito di Assad, le milizie jihadiste sunnite e la minoranza turcomanna.

Fonte: https://lanuovabq.it/it/scontri-a-idlib-siria-e-turchia-non-si-tengono

I media non vi dicono perché la Turchia ha invaso la Siria. Facciamo chiarezza

Da parte dell’informazione su Idlib sembra in atto una congiura del silenzio. Anzi peggio: è in atto una distorsione delle notizie, una selezione e sostituzione delle parole (“ribelli” invece di pericolosi takfiri), la censura di altre. Finché a capovolgere in maniera diametralmente opposta i fatti, ci sono le campagne mediatiche dei soliti media center (in passato abbondantemente smascherati ma tornati magicamente alla ribalta).
Mentre questo fuoco di sbarramento informativo è per noi, la parte più dura la devono sopportare i siriani: le sanzioni internazionali rimangono, le centrali elettriche, i depositi di energia e impianti petroliferi siriani vengono attaccati frequentemente da droni di ”paesi” la cui tecnologia non è alla portata dei militanti jihadisti. Infine il simbolo ecco più efficace: Europa che si dice che lotta contro il terrorismo, ha minacciosamente mandato sulle coste della Siria la portaerei francese Charles de Gaulle. Non male per far sentire tutta la nostra amicizia, in un momento per la Siria di estrema difficoltà.
......
Poi c’ è un altro punto mai toccato riguardo alle tensioni tra Turchia e Siria di questi giorni. Nessuna testata giornalistica dice chiaramente cosa sta effettivamente facendo Erdogan,
 ovvero chi sono i soggetti che si combattono nella provincia di Idlib, chi la detiene, che tipo di vita conduce la popolazione e chi è l’aggressore. Non fornire mai questi elementi al giudizio pubblico, è molto scorretto da parte dell’informazione.

Il vero motivo per cui la Turchia non vuol mollare la Siria

Eppure è molto semplice : Erdogan”, fa ogni cosa, fa tutto ciò che sta facendo, ha preoccupazioni umanistiche perché semplicemente non vuol lasciare la Siria. Ed in questi giorni ha ammassato intorno ad Idlib una mole gigantesca di mezzi e truppe che vanno in crescendo. In questo contesto, gli Stati Uniti, già fanno per riavvicinarsi ad Erdogan mostrando il proprio sostegno. Nulla importa se in quell’area all’ufficio comunale siede il capo locale di al Qaeda, che ad amministrare la legge ci sia il tribunale della Sharia e che alle scuole i minorenni imparino solo la dottrina whabita. Non ci troviamo in Venezuela e non occorre un Guaido da contrapporre al cattivissimo Maduro, in Siria vanno bene i tagliagole di al Qaeda.
Ma lasciamo stare le ambiguità occidentali, alla sua lotta al terrorismo che serve solo a sfornare una nuova scusa utile all’occorrenza per intervenire dove si vuole o giustificare una sottrazione di libertà ai propri cittadini all’insegna della sicurezza. Torniamo a noi dicevo, torniamo ad Erdogan: a cosa mira Erdogan? Cosa si aspetta da tutto questo ”il Sultano”, a cosa mira? La risposta è semplice, anche se nessuno la proferisce: Erdogan semplicemente cerca di cambiare il quadro etnico nelle regioni del paese occupato dalla Turchia – per cacciare i curdi e gli arabi, per formare enclavi compatte per i turchi – Turkmeni siriani vicino ai turchi in lingua e cultura.
Nelle aree sotto il controllo dell’esercito turco, la lira turca è in circolazione e le scuole sono introdotte secondo gli standard turchi. Cosa c’è da capire? Viene a pensare che la stampa occidentale mentre si strappa le vesti per i civili che muoiono sotto i bombardamenti, sia in linea con Erdogan. Altrimenti caccerebbe le bande di Tharir al Sham da Idlib e restituirebbe la sovranità al paese. La stessa cosa farebbero gli USA la nord della Siria dove continuano ad uno stato sovrano (riconosciuto dalle Nazioni Unite), a distogliere risorse e a costruire basi.
L’Europa ed il mondo occidentale in genere, non parla chiaro, e questo non parlar mai chiaro non può uscire mai niente di buono anche se molti sono convinti del contrario. L’ambito che oggi detiene i principali diritti dell’uomo dell’uomo non si rende conto che agire in modo disonesto ed essere bravi solo con gli alleati ed agire in modo disonesto con tutti gli altri, alla lunga non paga. Agire in questo modo equivale a barare. Non si può intrattenere buoni rapporti solo con partner strategici: anche un piccolo paese deve poter essere sovrano, indipendente, rispettato  e vivere dignitosamente.

lunedì 30 settembre 2019

Ancora si cerca di proteggere 'i ribelli' di Idlib, ma di chi stiamo parlando?

  Latamne, Idlib: una rete di grotte serviva da base per i ribelli

trad. Gb.P. OraproSiria

I tunnel si dispiegano per centinaia di metri nel buio, intervallati da grotte disseminate di materassi di paglia e immondizia: a Latamné, nel nord della Siria, le forze governative e il loro alleato russo ritengono di aver scoperto una vasta rete sotterranea usata dai gruppi jihadisti.
Il labirinto è scavato dentro una collina rocciosa, le auto e i blindati bruciati sono stati abbandonati lungo la strada sterrata che porta all'ingresso di questa rete sotterranea, che poteva dar rifugio fino a 5.000 persone, secondo l'esercito russo, organizzatore di una visita al luogo per un gruppo di media internazionali, tra cui l'AFP .
All'ingresso, un muro di mattoni con tracce di incendio introduce a una serie di tunnel, a volte abbastanza alti appena per starvi in piedi, e collega le zone scavate nella roccia: sala di preghiera, laboratorio di produzione di droni, servizi igienici e anche una prigione, situata su un altro lato.
"Riteniamo che il complesso sia stato scavato quattro anni fa con strumenti sofisticati, attrezzature che noi non abbiamo in Siria ", assicura il colonnello Rami dell'esercito siriano, durante la visita alla scena in mezzo agli artificieri dell'esercito russo.
"Coloro che erano qui hanno battuto in ritirata verso nord, prima a Khan Sheikhoun nella regione di Idleb, poi più lontano quando la città è stata catturata dall'esercito siriano alla fine di agosto", ha aggiunto.
Secondo le forze governative, il complesso la cui area totale non è stata ancora del tutto valutata, e che hanno trovato abbandonato, ospitava principalmente combattenti del gruppo Jaych al-Islam e jihadisti del fronte Fateh al-Sham, (ex ramo siriano di Al Qaeda).
L'immagine può contenere: 17 persone, persone che sorridono, persone in piedi
Una dozzina di grotte.
Sul pavimento, abbondano lattine di censerve e resti di bottiglie d'acqua di plastica che talvolta si mescolano con vestiti sporchi, piatti abbandonati o barili di benzina vuoti.
Alle pareti, pannelli di piastrellatura decorano alcune stanze, mentre i soldati siriani scrivono slogan pro-Assad su altri.
In una delle stanze, secondo l'esercito russo, sono stati installati cavi elettrici per l'illuminazione e per far funzionare un vecchio televisore con schermo a tubo catodico, portato qui dalla località di Latamné a poco più di un chilometro.
In quello che i soldati siriani pensano sia stata una prigione usata dai ribelli, a 400 metri dall'ingresso principale, il sangue macchia ancora il pavimento, mentre diverse celle anguste sono chiuse da vecchie porte arrugginite.

L'esercito russo afferma di aver trovato "una dozzina" di reti di grotte simili a queste nella regione, e altre in quella di Palmira, riconquistata nel marzo 2016 e di nuovo ripresa nel 2017 ai jihadisti del gruppo dello Stato Islamico.
 
  Brett McGurks (inviato speciale USA della coalizione globale contro l'ISIS) ha espresso un'opinione sulla presenza di al-Qaeda (... rinominato in al-Nusra e ora in HTS) in Idlib  "Nella provincia di Idlib, guarda , la provincia di Idlib è il più grande rifugio sicuro di Al Qaeda dall'11 settembre, legato direttamente ad Ayman Al Zawahiri. Questo è un grosso problema È stato un problema per qualche tempo... Abbiamo puntato i riflettori, i riflettori internazionali sull'ISIS ... ecc ... " 
L'esercito russo ritiene che il complesso vicino a Latamné servisse in particolare come laboratorio di produzione di droni per i ribelli.  Gli attacchi con droni artigianali sono attualmente una delle principali spine nei piedi delle forze russe in Siria, e la loro base a Hmeimim, nella regione vicina, viene periodicamente attaccata.
L'ultimo attacco è avvenuto all'inizio di settembre, secondo l'esercito russo.

mercoledì 12 giugno 2019

Contro chi combatte l'esercito arabo siriano a Idlib ?

L'autrice di questa breve ma eloquente relazione sulle forze in campo presenti nei campi di battaglia insanguinati di Idlib è Rim ‘Arnuq, una ginecologa siriana che vive a Damasco.


Tre giornalisti legati alla [cosiddetta] ‘’opposizione’’, che si spostano in tutte le città e villaggi della provincia di Idlib, anche rischiando perchè pure per i fedeli all’opposizione vige il divieto di riprendere [luoghi sensibili], sono usciti con un film, che riassume e spiega quel che sta accadendo in quella regione, e rivela al mondo lo scandalo del ruolo sporco di Erdogan e quali siano le organizzazioni moderate.
La provincia di Idlib è controllata da varie organizzazioni terroristiche: - Jabhat al-Nusra. Gruppo armato jihadista salafita (Fronte del soccorso al popolo di Siria!), in arabo: جبهة النصرة لأهل الشام - Partito Islamico del Turkestan. Jihadisti uiguri. - Jaish al-Fatah (Esercito della Conquista), in arabo: جيش الفتح - Ahrar al-Sham al-Islamiyya. Gruppo islamista-integralista siriano che raduna varie formazioni minori. ( Movimento degli Uomini liberi della Grande Siria), in arabo: حركة أحرار الشام الإسلامية - L'Esercito Siriano Libero, ESL (in arabo: الجيش السوري الحر Queste formazioni controllano 38 checkpoint lungo le strade principali che collegano Bab al-Hawa a Jisr al-Shughur, Bab al-Hawa a Khan Shaykhun e Ma'arat al-Nu'man a Jisr al-Shughur. 21 checkpoint del Fronte al-Nusra, presente nella lista occidentale dei movimenti terroristi! Esso è sostenuto dal Qatar e dalla Turchia. 6 checkpoint sono controllati dal Partito Islamico del Turkestan alleato di al-Nusra. 10 checkpoint sono controllati da Ahrar al-Sham. All'Esercito Siriano Libero restano quindi soltanto 2 checkpoint!
Il Fronte al-Nusra braccio armato di al-Qaida in Siria, è dotato di polizia islamica, uffici di reclutamento, tribunali e prigioni. La prigione più grande è quella di al-‘Iqab, che si trova vicino a Kafr Nabl. La città di Idlib è governata congiuntamente da Jeish al- Fatah, Fronte al-Nusra, Ahrar al-Sham e da un battaglione uzbeko che era prima in lotta con al-Nusra e altre fazioni.
Mentre Jisser al-Shugur e le sue campagne sono sotto il controllo del Partito islamico del Turkestan con gli Uiguri provenienti dalla Cina e altri combattenti arrivati dall'Asia centrale, controllati da al-Nusra. In più, 10-20 mila turkmeni, con le loro famiglie, che hanno giurato fedeltà al leader del movimento dei talebani afgani.
Secondo questi giornalisti, la presenza del Turkistan è molto più importante del previsto: si tratta di circa 10.000 combattenti. Le cosiddette fazioni moderate non hanno checkpoint e controllano a malapena il loro quartier generale. Praticamente inesistenti sul terreno!
Ecco contro chi sta combattendo il nostro esercito siriano a Idlib. Mi parlavate di bambini? Osservate quanta innocenza nei loro occhi e i ‘’geni siriani’’ sui loro volti e capirete la storia dall’inizio alla fine.
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lunedì 13 maggio 2019

E' ancora troppo presto per il ritorno di IDLIB al Governo Siriano?

Troppi sono gli interessi divergenti e le complesse relazioni tra i principali attori sulla scena del Levante perchè avvenga finalmente la liberazione della provincia di Idlib, occupata dalle formazioni jihadiste: intanto, la carneficina quotidiana continua ...  



Di Elijah J. Magnier
tradotto da: Alice Censi
Durante tutta la guerra in Siria, la Turchia ha avuto un ruolo attivo nella destabilizzazione del paese. Erdogan ha reso possibile l’ afflusso di migliaia di stranieri che in seguito avrebbero poi formato le unità combattenti straniere dell’ISIS. Il presidente turco ha agevolato il sostegno logistico, il trasporto di petrolio rubato e i rifornimenti al gruppo terroristico. Inoltre la Turchia ha aiutato al-Qaeda a strappare Idlib al governo siriano e, coordinandosi con i militanti di questa organizzazione, cercava di riprendersi Kessab, nel distretto di Latakia, (per potersi aprire così una finestra sul Mediterraneo su questa costa) prima che i jihadisti venissero scacciati da questa provincia ma non da Idlib e dalla sua zona rurale. Il presidente Erdogan ha il sostegno di molti gruppi siriani che si trovano ad Afrin e attorno alla provincia di al-Hasaka. Ha quindi bisogno di accontentarli trovando il modo di inserire i loro leaders e rappresentanti nella commissione che riscriverà la costituzione siriana. 
Questi ribelli siriani, comunque, nonostante siano tantissimi, hanno mostrato la loro incapacità di opporsi ad al-Qaeda. Sono stati sopraffatti da questo gruppo jihadista, motivato al punto da riuscire ad avere il controllo di una gran fetta della provincia di Idlib nonché della città. Nonostante ciò il presidente Erdogan ha bisogno di questi cosiddetti ribelli per combattere i curdi di al-Hasaka casomai se ne presentasse l’occasione dopo un accordo ( che per il momento sembra ben lungi da poter essere raggiunto) con le forze americane di stanza nella zona. I combattenti siriani alleati della Turchia sono uno scudo utile a proteggere le truppe turche e a ridurne le vittime in caso di eventuali battaglie.            I turchi, con i loro interlocutori in Siria, cioè la Russia e l’Iran (che sono  alleati del governo siriano), sostengono che le modifiche da apportare alla costituzione potrebbero rabbonire l’opposizione siriana. La Turchia ha fatto i nomi di 150 personaggi, inclusi dei membri dei “Fratelli Musulmani”, che dovrebbero prendere parte ad una trattativa con l’amministrazione siriana e le cui proposte dovrebbero essere tenute in conto nel processo di riforma costituzionale. Damasco rifiuta queste proposte e ha anche detto no a parecchi nomi che la Turchia ha suggerito. 
Malgrado il presidente Erdogan abbia sempre dimostrato di non impegnarsi in modo serio, per gli alleati del presidente Assad la Turchia ha un’importanza strategica notevole. Non hanno intenzione di tenerla  fuori dai giochi e liquidarla in quattro e quattr’otto.   La Turchia ha un ruolo importante in Medio Oriente. La sua avversione per i curdi ha indirettamente aiutato Damasco e contribuito a sventare il piano di Washington di dividere la Siria creando uno stato curdo, il “Rojava”.      Agli occhi dell’amministrazione americana questa mossa è apparsa accettabile perchè la presenza delle truppe turche nel nord-ovest della Siria bilancia quella delle truppe statunitensi che continuano ad occupare il nord-est. La Turchia, inoltre, insiste sul disarmo dei curdi quando terminerà l’occupazione americana. Se gli Stati Uniti non si impegneranno a disarmarli, ci penserà lei a farlo. E anche questo va a favore del presidente Assad dato che i leaders curdi sono coscienti della minaccia turca quando trattano con le autorità di Damasco. 
L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, persone sedute e tabella
Il pianto delle mamme dei 5 bambini della cittadina cristiana Ạl Sqylbyẗ uccisi ieri dal bombardamento dei miliziani jihadisti di Idlib
Anche se l’involontario contributo della Turchia ha dato sotto certi aspetti dei risultati positivi, il presidente Assad non accetta la presenza turca sul territorio siriano e insiste sul recupero di Idlib proprio per evitare che questa presenza diventi permanente. Ma sia Damasco che Mosca ritengono che riconquistare Idlib con il consenso di Ankara potrebbe diminuire le vittime e ridurre i danni alle infrastrutture locali.  
  Mosca appare meno disposta di Assad a fare pressione su Erdogan e a forzarlo su Idlib. La Russia sa bene che una pressione militare sui jihadisti di Idlib porterebbe all’esodo di centinaia di migliaia di civili verso la Turchia e non verso le zone controllate dal governo siriano. 
Oggi le relazioni tra Turchia e Russia sono più forti che mai, vista soprattutto l’aggressiva diplomazia degli Stati Uniti che trascina con sé  i suoi alleati, Turchia compresa. Mosca è riuscita a mandar giù l’abbattimento del suo aereo da parte di Ankara nel 2015 e ha aumentato con lei la collaborazione militare e commerciale. Putin ha ottenuto un vero e proprio successo riuscendo a rompere l’unità della NATO ( di cui la Turchia è parte essenziale) che oggi è in prima linea per fronteggiare la “minaccia russa”. Inoltre i 910km del gasdotto “Turkstream” che uniscono la Russia con la Turchia forniranno il gas all’alleato della Russia e permetteranno a Erdogan di diventare un fornitore fondamentale per l’Europa. 
Mosca, (per proteggere i suoi scambi commerciali del valore di 100 miliardi di dollari con la Turchia e i 5-6 milioni di turisti che vanno a visitarla) è sicura di essere in una posizione privilegiata per chiedere a Damasco di frenare le sue pretese sul territorio che oggi fa parte della zona controllata dai turchi. L’aviazione russa aveva e ha ancora un ruolo essenziale per tenere in vita il governo siriano e la sua stabilità. La Russia ha sostenuto la Siria alle Nazioni Unite, ha evitato che Obama la bombardasse e ha pure attenuato l’istinto omicida dell’amministrazione Trump evitandole un bombardamento a tappeto. 
Erdogan è ormai un partner indiscutibile non solo per la Russia ma anche per l’Iran, oggi più che mai, data la “guerra di strangolamento” portata avanti da Trump contro Teheran. Centinaia di nuovi uffici di collegamento iraniani sono stati aperti nella capitale turca per gestire gli effetti delle pesanti sanzioni americane e contrastarne le procedure. Le esportazioni iraniane in Turchia hanno raggiunto i 563 milioni di dollari ed entrambi i paesi si prefiggono di aumentarle di molto negli anni a venire.            L’Iran ha avuto un ruolo importante nel far fallire il colpo di stato contro il presidente Erdogan nel 2016 e questo ha fatto sì che i governanti iraniani abbiano un trattamento di favore tra la gerarchia turca. Questa situazione permette all’Iran di usare i suoi buoni rapporti con la Turchia a vantaggio della Siria. 
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Tutti questi elementi e le relazioni tra i principali attori sulla scena del Levante significano che un attacco contro Idlib non avverrà domani. O il presidente Erdogan troverà il modo di neutralizzare al-Qaeda e i jihadisti ( cosa poco probabile a breve termine) oppure, probabilmente, darà il via libera alla Russia e al governo siriano per attaccare Idlib quando verrà allestito un luogo sicuro in cui proteggere gli abitanti. Erdogan deve anche gestire decine di migliaia di ribelli armati e i loro leaders. O riusciranno ad essere inseriti nell’esercito e nelle istituzioni siriane, quando Damasco accetterà una soluzione, oppure Idlib dovrà aspettare ancora moltissimo tempo prima di essere liberata. La sua liberazione potrebbe richiedere forse lo stesso tempo che servirebbe a rendere effettivo un (ipotetico) ritiro completo delle forze degli Stati Uniti. 

mercoledì 8 maggio 2019

La situazione a Idlib e il gioco della Turchia tra Russia e Stati Uniti


di Michael Jansen*
trad. Gb.P. OraproSiria
Durante la scorsa settimana la stampa occidentale ha riferito di bombardamenti russi e siriani nella provincia nord-occidentale di Idlib e della fuga di migliaia di civili dai villaggi presi di mira. Gli articolisti denunciano, con l'obiettivo di fermare un'operazione militare a tutto campo contro Idlib, che Mosca e Damasco hanno violato l'accordo di "de-escalation" raggiunto lo scorso anno tra Russia e Turchia: coloro che hanno segnalato la situazione in questo modo stanno promulgando "false notizie". Le forze governative russe e siriane non hanno violato l'accordo raggiunto dal presidente russo Vladimir Putin e dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan il 16 settembre 2018, invece i gruppi filoturchi affiliati ad Al Qaeda che controllano Idlib non hanno implementato l'accordo sin dal primo giorno.
L'accordo prevede l'imposizione di un cessate il fuoco per tutta Idlib, la creazione di una zona cuscinetto di 15-25 chilometri attorno a Idlib, il ritiro da questa zona delle armi pesanti detenute da tutti i gruppi e da tutti i combattenti radicali. La Turchia è tenuta a separare i radicali dai "ribelli" (sebbene ciò sia impossibile) e smobilitare e disarmare le fazioni radicali. Con questo accordo, finalmente si riaprirebbero le autostrade che collegano Damasco ad Aleppo e Latakia. Tutti i firmatari hanno l'impegno di osservare il cessate il fuoco. Anche gli elementi di al-Qaeda sono stati inclusi nel cessate il fuoco, sebbene secondo l'ONU siano gruppi "terroristi" e non abbiano diritto a tale trattamento.
L'accordo è stato prontamente respinto dal Partito Islamico Cinese dell'Uighur Turkistan, dall'Organizzazione dei Guardiani della Religione, da Ansar al-Tawhid, Fronte Ansar al-Din e Ansar al-Islam. Hay'at Tahrir al-Sham successore di Al Qaeda non si è impegnato.
La Turchia, con i suoi "ribelli" surrogati nell'Esercito Siriano Libero e Tahrir al-Sham e i suoi partner altrettanto radicali non hanno rispettato i termini dell'accordo. Armi pesanti, ribelli e combattenti radicali non sono stati ritirati dalla zona cuscinetto, sono rimaste le armi pesanti e il cessate il fuoco non è stato onorato. Invece, Tahrir al-Sham ha esteso il suo controllo su Idlib dal 60 al 100 per cento e ha continuato gli attacchi contro l'esercito siriano e i villaggi e le città controllati dal governo nelle province settentrionali di Aleppo e in quelle occidentali di Hama. I droni sono stati lanciati contro la base militare russa a Latakia, a sud di Idlib. Un collega occidentale che ha recentemente visitato Aleppo e un villaggio cristiano presso Hama, vicino al confine della zona del cessate il fuoco, ha detto a Gulf Today che i combattenti hanno costantemente sparato mortai dentro aree residenziali in violazione del cessate il fuoco.
Mosca e Damasco hanno accettato questo accordo sotto la pressione delle Nazioni Unite, delle organizzazioni umanitarie internazionali e delle potenze occidentali. Queste sostengono che un attacco frontale contro gli elementi armati anti-governativi di Idlib comporterebbe un disastro umanitario per 2,5/3 milioni di civili residenti nella provincia e una nuova inondazione di rifugiati in Turchia. Ankara continua ad ammonire contro queste conseguenze se un attacco a tutto campo venisse attuato su Idlib, che è diventata di fatto la base occidentale di al-Qaeda.
Ma permettendo a Idlib di cadere sotto la dominazione di Tahrir al-Sham, Ankara ha creato una nuova minaccia per sé e per l'Europa in un momento in cui l'Occidente si concentrava sulla battaglia contro Daesh. Insistendo sul monito che Damasco e Mosca continuino a esercitare moderazione, le Nazioni Unite e le potenze occidentali (e i media) stanno proteggendo la base di al-Qaeda in Siria e stanno dando al gruppo radicale il tempo di consolidare la sua presa su Idlib.
Pertanto, il rifiuto della Turchia e dei suoi protetti di adempiere ai propri impegni, ha fornito una giusta causa per gli attacchi degli aerei russi e siriani e delle truppe siriane che sono stati costantemente presi di mira da Tahrir al-Sham.
Mosca ha tollerato l'inerzia di Ankara per così tanti mesi perché la Russia cerca di indebolire l'alleanza della Nato spingendo la Turchia a disertare. Questa politica è stata un fallimento. La Turchia sta giocando sia Russia che Stati Uniti e ha intenzione di trarre il massimo vantaggio da questo gioco, anche se, fin troppo chiaramente, il gioco è finito. La Russia è stufa della doppiezza di Ankara.
Mentre i russi e l'esercito siriano hanno rinviato l'azione militare, Tahrir al-Sham si è consolidata su tutto il territorio di Idlib sotto la protezione turca e internazionale. Erdogan intrattiene la vana speranza di reclutare combattenti di Tahrir al-Sham per il suo piano di prendersi ampi tratti della Siria settentrionale incoraggiando il gruppo radicale a impadronirsi della zona di frontiera turco-siriana a ovest del fiume Eufrate, mentre elementi del cosiddetto Esercito Libero (ESL) combattono i curdi sostenuti dagli Stati Uniti a est.
Nel frattempo, incoraggiati dagli Stati Uniti, i curdi siriani hanno invitato leader arabi tribali e capi delle comunità che vivono nella zona che controllano, per una conferenza nella città di Ain Issa. L'obiettivo era quello di presentare un fronte compatto negoziando con Damasco. Nel suo discorso all'evento, il leader curdo Mazloum Kobani ha detto che Damasco dovrebbe riconoscere l'amministrazione curda nel nord-est e lo status speciale dell'alleanza dei curdi con elementi arabi e il suo ruolo nella sconfitta di Daesh. Ha affermato che non ci può essere pace senza il riconoscimento dei diritti delle minoranze curde.
Damasco ha risposto accusando i curdi e i loro alleati di "tradimento".
I Curdi sono pressati per raggiungere un accordo con Damasco a causa della decisione degli Stati Uniti di ritirare la maggior parte delle sue truppe nel nord della Siria e della minaccia della Turchia di invadere l'area presa dai curdi che costituisce il 25 per cento della Siria. Negli ultimi mesi i curdi hanno abbandonato la loro richiesta di una zona autonoma curda, in una Siria decentrata e federale. Damasco rifiuta categoricamente questa richiesta.
Inoltre, gli arabi che vivono nell'area dominata dai curdi, che rappresentano il 70% della popolazione locale, non vogliono vivere sotto il dominio curdo e hanno preso accordi separati con il governo siriano, scalzando la richiesta di continuare il controllo amministrativo curdo delle aree arabe.
Mosca ha accusato Washington di usare i curdi siriani, allo scopo di indebolire il modello Astana sponsorizzato da Russia, Iran e Turchia sui negoziati tra il governo e i gruppi ribelli e al fine di assicurare una presenza statunitense a lungo termine in Siria. Il Ministro degli Esteri russo ha accusato gli Stati Uniti di tentare di creare uno stato separatista curdo in Siria, in violazione del principio di preservare l'integrità e la sovranità territoriale siriana stabilito nella carta delle Nazioni Unite e confermato nelle risoluzioni riguardanti la guerra siriana.
Washington ha fatto proprio questo, intervenendo in Siria negli ultimi otto anni. Gli Stati Uniti hanno cominciato fornendo all'Esercito Siriano Libero fondato in Turchia aiuti "non letali", poi hanno addestrato e armato combattenti "controllati", e infine hanno fornito truppe e copertura aerea per sostenere i curdi siriani nelle operazioni contro Daesh. I curdi si aspettavano un sostegno a lungo termine, ma hanno scoperto che gli Stati Uniti sono pronti ad abbandonarli, lasciandoli nella ricerca disperata di preservare la propria milizia e far valere i propri diritti utilizzando il territorio che detengono come leva nei negoziati con Damasco. Finora, questo ha fallito.
*L'autore, un rispettato osservatore degli affari mediorientali, ha scritto tre libri sul conflitto arabo-israeliano.