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mercoledì 29 gennaio 2020

La Quaresima anticipata dei siriani


Testimonianza di mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, inviata ad AsiaNews che testimonia le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione siriana. Quasi nove anni di guerra civile, le violenze dei gruppi jihadisti (da al-Nusra allo Stato islamico) che hanno insanguinato gran parte del territorio, l’emergenza profughi, le sanzioni internazionali contro Damasco e la crisi delle banche libanesi hanno messo in ginocchio il Paese. E i più colpiti, osserva mons. Nassar, sono “soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani“


Dall’austerità alla povertà
Immaginate che la vostra famiglia debba sopravvivere con un salario che è diminuito almeno del 50% in tre mesi. Uno scenario caotico che stravolge l’esistenza, che ha fatto innalzare in maniera vertiginosa i prezzi e che finisce per colpire la vita quotidiana di tutte le famiglie, in particolare modo quelle più povere e modeste. 
Infatti, l’inflazione vertiginosa e l’impennata dei prezzi si ripercuotono su cittadini che già vivono in condizioni di austerità, facendo sperimentare loro povertà e una grande miseria. 
La mancanza di carburante, del gas per uso domestico e della corrente elettrica, hanno fatto precipitare i più vulnerabili - soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani - nella più completa oscurità. Un dramma acuito dalle temperature glaciali, i cui effetti possono essere letali.  

Carità congelata
La crisi bancaria del Libano ha di fatto bloccato i conti correnti dei siriani, sia quelli dei privati cittadini che delle imprese. Fra queste ultime sono comprese anche le associazioni caritative, che oggi sono costretti a dichiararsi incapaci di operare in un contesto contraddistinto da profonde ed enormi difficoltà. Sono giorni di miseria. 
Oggi non è più possibile far fronte alle esigenze di base e ai bisogni primari e i poveri sono abbandonati a loro stessi e al loro triste destino. I loro miseri risparmi sono bloccati o congelati negli istituti bancari, pressoché inaccessibili.
Le condizioni socio-economiche della popolazione si fanno ogni giorno di più urgenti e drammatiche, e rischiano di aggravarsi ancora di più anche e soprattutto per il braccio di ferro in atto fra Iran e Stati Uniti. Uno scontro frontale che blocca la strada ai vari “Simone di Cirene” che cercano di portare aiuto, e impediscono di fatto qualsiasi forma di compassione, lasciando aperta la via dell’escalation e a un peggioramento ulteriore della situazione. 

Quaresima anticipata
Questa crisi mai vista prima, nemmeno durante gli anni della guerra, getta i nostri fedeli in un tempo di digiuno e di Quaresima anticipato. Assicurare il pane quotidiano e un po’ di cibo sulle tavole è diventato l’incubo ricorrente di ogni giornata. Questa condizione del tutto nuova ha impoverito la Chiesa stessa, un “muro del pianto” dove ciascuno viene per piangere lacrime, gridare aiuto, cercare senza ostentarlo e nel silenzio più assoluto un po’ di consolazione. Un modo per vivere la passione di Cristo ben prima della Settimana Santa.
Sta emergendo sempre più una nuova vocazione con i colori delle Beatitudini e fondata sull’amore, sul perdono, sulla condivisione, sulla compassione. Una vocazione che è illuminata dalla luce della speranza della Pasqua.

Quaresima 2020


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«Dopo la guerra delle armi, ora combattiamo la guerra della fame»
Intervista di Rodolfo Casadei a padre Ibrahim Alsabagh
TEMPI, 29 gennaio 2020

«Non è vero che la guerra ad Aleppo è finita tre anni fa. Mentre io sono qui in Italia, cadono razzi e bombe lanciati dai ribelli su Jamiet al-Zahra e Hamdaniya, i due quartieri più occidentali della città. Nel corso di questo mese sono morte già 12 persone e vari edifici sono stati distrutti. È il modo con cui i jihadisti si vendicano dell’offensiva governativa nell’Idlib, da dove non lasciano uscire i civili che vorrebbero trasferirsi in luoghi più sicuri, e invece cadono vittime del fuoco incrociato». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano della parrocchia latina di Aleppo, è in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che le sofferenze dei siriani e le traversìe dei cristiani non sono affatto finite, anche se i media europei si occupano ormai di altre crisi internazionali: Libia, Iran, ecc.

Gas e elettricità
«Stiamo combattendo contro due mostri: il freddo e il carovita», esordisce. «Il gasolio per il riscaldamento scarseggia a causa delle sanzioni contro la Siria e contro l’Iran, solo in alcune zone della città si riesce ad acquistare quello del governo a prezzo calmierato, che è circa la metà del prezzo di mercato. Per le bombole del gas da cucina bisogna fare la fila dalle 5 di mattina, e magari si riesce a fare l’acquisto alle 11. C’è gente che si fa pagare per tenere il posto nella coda a chi non può stare lì tutta la mattina dall’alba. L’elettricità va e viene in modo del tutto irregolare anche nei quartieri più centrali di Aleppo come il nostro: ciò provoca cortocircuiti e incendi. La città continua ad essere economicamente soffocata perché continua a non disporre più del suo hinterland: a nord ci sono i territori controllati dai turchi e dai curdi, a ovest c’è la regione dell’Idlib dove i governativi combattono contro i jihadisti. L’autostrada che collegava Aleppo al sud del paese continua ad essere impraticabile: adesso è sotto il fuoco dell’esercito, che cerca di riconquistarla da anni. A questi problemi di vecchia data si è aggiunta la crisi del Libano: per tutti gli anni della guerra è stato un polmone per la Siria, tanti avevano spostato lì i loro conti bancari e attività finanziarie per aggirare le sanzioni. Ma da quando sono iniziate le proteste di piazza, anche il sistema bancario libanese è andato in difficoltà: le banche restano chiuse per giorni a causa delle manifestazioni, e quando sono aperte non permettono di prelevare più di 1.000 dollari alla settimana dai conti correnti bancari. Anche per chi deve aiutare i poveri e i bisognosi questo è diventato un grosso guaio».

La guerra della fame
L’insieme di tutti questi problemi, ai quali vanno aggiunti i contrasti fra il presidente e l’uomo d’affari più ricco del paese, suo cugino Rami Makhlouf, hanno provocato una forte svalutazione della lira siriana, che negli ultimi dodici mesi ha perduto metà del suo valore rispetto al dollaro, e nelle sole due prime settimane di gennaio 2020 il 33 per cento, col cambio che passava da 900 a 1.250 lire siriane per un dollaro. «Il governo ha arrestato alcuni speculatori e ha aumentato alcuni stipendi, ma non abbastanza da restituire il potere d’acquisto dei salari eroso dall’inflazione», riprende padre Ibrahim. «Ormai i siriani parlano di “guerra della fame” che ha preso il posto della guerra con le armi, che si continua a combattere nell’Idlib e nelle campagne attorno ad Aleppo. Quasi la metà delle 580 famiglie della nostra parrocchia vive sotto la soglia della povertà assoluta: recentemente abbiamo tenuto una riunione di emergenza per deliberare l’acquisto e il dono di 100 litri di gasolio a 250 nostre famiglie che altrimenti morirebbero letteralmente di freddo. Altre risorse importanti vanno alle cure mediche: è vero che in Siria funziona il progetto Ospedali Aperti per curare nelle cliniche private malati gravi che non hanno da pagare, ma ad Aleppo non c’è nessuno convenzionato per chi ha bisogno di chemioterapia, e la nostra gente dovrebbe andare a Damasco. Insieme ai pacchi alimentari periodici, ai pannolini e al latte in polvere per i neonati, queste sono le nostre spese principali».

Non dimenticatevi di noi
Padre Ibrahim conclude con un appello accorato: «Siamo riusciti a salire sopra l’onda che stava per travolgerci, grazie a Dio e a tutti quelli che ci hanno aiutato. Ma il momento decisivo per evitare che la presenza cristiana sia spazzata via da Aleppo viene adesso. Non dimenticatevi di noi».