Aleppo
è un po' come un campo di rovine nel quale le rose qua e là
iniziano a germogliare. A prima vista, è sempre uno spettacolo di
desolazione, ma ovunque la vita ricomincia. Gli Aleppini puliscono,
riparano, e i negozi riaprono uno dopo l'altro. Davanti ai resti di
quelli che furono edifici storici sorgono piccole pile di pietre,
disposte ordinatamente; questi blocchi millenari o centenari poi
saranno utilizzati per la ricostruzione. Gli abitanti ritornano a
passeggiare davanti a questa impenetrabile Cittadella, che troneggia
intatta quale simbolo di vittoria sulla devastazione che la
circonda...
Con
il ritorno dell'acqua, due giorni alla settimana o più a seconda dei
quartieri, e dell'elettricità, 12 ore al giorno, il quotidiano è
meno difficile. Finora, non c'è ancora alcuna certezza e la pace
attende sempre la sua ora. Gruppi jihadisti, tra cui al-Nusra
ribattezzato Tahrir al-Sham (HTS), stanziati a pochi chilometri di
distanza, sparano ancora razzi, che occasionalmente cadono sui
quartieri a Ovest. I Curdi controllano il distretto di Sheikh Maqsoud
come una fortezza, blocchi di calcestruzzo bloccano le vie di
accesso, è una vera e propria enclave nella città.
Damasco,
che non è stata sfigurata dalla guerra, vive la stessa incertezza.
La periferia sud della capitale, dove solo centomila persone vivono
sul milione di abitanti pre-guerra, è ancora occupata da 5000 membri
dell'opposizione armata; ogni notte al tramonto, questi gruppi, da
ISIS ad al Nusra, fanno tuonare le loro armi come se volessero
ricordare la loro presenza e la loro capacità di nuocere. A volte i
razzi cadono nella città e uccidono a caso, ma i Damasceni ne fanno
un punto d'onore di rimanere stoici e di attendere alle proprie
faccende di ogni giorno, come se nulla fosse...
Nelle
conversazioni, la guerra è onnipresente; tutte le famiglie, senza
eccezione di classe o di origine, contano un fratello, un figlio, un
cugino morto in battaglia, ognuno porta le sue ferite. Un medico di
Raqqa, incontrato a Damasco, racconta come due terroristi dello Stato
Islamico entrarono nel suo studio e, senza preavviso, gli piantarono
sette pallottole in corpo, poi lo trascinarono fuori sull'asfalto e
se ne andarono dandolo per morto. Lui invece ha continuato a vivere,
con una lieve zoppìa, come un risorto. Un altro medico della ex
capitale dell'ISIS non si calma: "A Raqqa, c'erano tra 3.000 e
6.000 combattenti Ceceni. È stata una situazione vergognosa: non
c'erano corridoi umanitari per permettere alla popolazione di
fuggire; gli ultimi abitanti sono morti o sotto il bombardamento
della Coalizione o saltati sulle mine; la città è distrutta per
l'85%. "(1)
Cubo
di Rubik
Ma
ancor più dei ricordi di questo conflitto, che non è ancora finito,
è il futuro che preoccupa i siriani. Se la guerra sembra essere
vinta militarmente, c'è ancora circa un 10% del territorio siriano
non ancora sotto il controllo di Damasco (2). Tutti i siriani
sanno che solo la politica riporterà la pace. Con tutte le
interferenze straniere, il terreno siriano è diventato
straordinariamente complesso. Sembra un Cubo di Rubik: ad ogni
cambiamento di uno dei dati, il tutto viene modificato. I nemici di
ieri, come la Turchia e l'Iran, si riavvicinano su interessi
convergenti; gli amici di oggi, la Russia e l'Iran, potrebbero avere
divergenze... Sicuramente, Israele e il suo recente alleato Saudita
non sono mai lontani.
Che cosa faranno i Curdi Siriani? I pareri differiscono: "100 anni fa, non c'erano Curdi in Siria, non possono dire: ecco, è la nostra terra." "I Curdi siriani non vogliono un loro Stato indipendente, del resto il dialogo tra loro e Damasco non è mai stato rotto." Ognuno fa la sua analisi e si fa delle domande. Tuttavia, tutti concordano sul fatto che i negoziati sono in corso, la pace si farà sul (o sotto) il tavolo, e nulla è ancora veramente definito...
Che cosa faranno i Curdi Siriani? I pareri differiscono: "100 anni fa, non c'erano Curdi in Siria, non possono dire: ecco, è la nostra terra." "I Curdi siriani non vogliono un loro Stato indipendente, del resto il dialogo tra loro e Damasco non è mai stato rotto." Ognuno fa la sua analisi e si fa delle domande. Tuttavia, tutti concordano sul fatto che i negoziati sono in corso, la pace si farà sul (o sotto) il tavolo, e nulla è ancora veramente definito...
Un
cantiere monumentale ...
Malgrado
tutto, il dopoguerra è già iniziato e il progetto, stimato in 600
miliardi di dollari, è titanico. Non si tratta solo di ricostruire
case, edifici, infrastrutture, ma anche di soccorrere a tutti i
problemi umani. Secondo Ali Haïdar, Ministro della Riconciliazione
Nazionale, "il quadro è nero perché tutti i livelli sociali
sono stati colpiti. La questione dei "bambini senza una
famiglia", gli orfani dei jihadisti, è complessa. Per trovare
l'identità dei genitori, è necessario fare appello alla medicina
legale, ai test del DNA... Per quanto riguarda gli stranieri, in
assenza di rapporti diplomatici con alcuni Stati, come la Francia, il
problema è ancora più arduo. Su questo argomento sono in
preparazione diverse leggi, ma il ministro sa bene che "ci
vorrà del tempo". E cosa fare di quegli 8.000 - 10.000 Uiguri
che vivono, persuasi di essere tornati in terra santa, con donne e
bambini nella regione di Idlib? (3)
Anche
la questione degli sfollati e degli esuli non è facile. I primi
dovrebbero essere in grado di tornare a casa in modo che non ci siano
sconvolgimenti demografici che causino altre crisi. Secondo il
ministro Ali Haïdar "questo è il nostro obiettivo principale,
il ritorno di tutti gli sfollati nelle loro aree di origine.
Rifiutiamo il termine sostituzione delle popolazioni." Quanto
agli esuli, le situazioni sono diverse. Come risolvere l'equazione
libanese in cui i rifugiati sono presi in ostaggio dalle diatribe
politiche interne a Beirut? È comunque certo che la maggior parte
degli esuli nei Paesi della Regione tornerà. Per coloro che hanno
ottenuto i visti in Occidente, il ritorno è più incerto. Questi
Paesi hanno concesso, in via prioritaria, asilo a siriani istruiti,
formati e che quindi vivono in buone condizioni. Di conseguenza, c'è
una carenza di medici, ma anche di artigiani, scalpellini così utili
per la ricostruzione del paese.
Sanzioni
perverse
E
come ricostruire un Paese sotto embargo? Solo pochi mesi fa, le
misure adottate dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti provocarono
l'ira dei medici di fronte alla carenza di attrezzature e medicinali.
Oggi, gli operatori sanitari che abbiamo incontrato alzano le spalle,
o sollevano gli occhi al cielo per lamentare gli effetti negativi di
queste sanzioni. Un radiologo commenta: "Poiché non potevamo
ottenere i pezzi di ricambio per gli scanner o le risonanze, abbiamo
acquistato apparecchiature in India, Cina o Russia. A causa degli
eventi, abbiamo dovuto rivolgerci ai BRICS che mostrano rispetto
verso noi, a differenza degli Occidentali." Quanto ai
medicinali, le fabbriche dei generici producono nuovamente la
quantità bastante per garantire il consumo interno; per quelli, come
gli anti antitumorali, che non sono fatti in Siria, vengono
contrabbandati dal Libano, e naturalmente sono molto più costosi.
Mai nella storia, un embargo contro uno Stato ha piegato un paese o
ha risolto una crisi politica. In compenso, sicuramente, queste
misure coercitive danneggiano la popolazione, arricchiscono i
profittatori della guerra e alimentano la corruzione.
È questo l'obiettivo?
È questo l'obiettivo?
La
diplomazia dei piccoli passi
Se
il corpo medico è riuscito a trovare qualche rimedio, soffre
naturalmente, come tutti i siriani dell'embargo finanziario. Soffre
anche il blocco della cooperazione scientifica con i colleghi
francesi. La Francia "dei Lumi" non avrebbe disonore
dall'apertura di una via di diplomazia scientifica per consentire a
medici e archeologi, la maggioranza dei quali è stata formata in
Francia, di riprendere le loro cooperazioni (4). Anche l'Unione Europea allo stesso modo, ne avrebbe giovato in
dignità, levando le sue sanzioni così inefficaci quanto
controproducenti e partecipando alla ricostruzione di un Paese che
ha, insieme alla Francia, contribuito a distruggere ...
Leslie Varenne, Direttrice dell' IVERIS
Leslie Varenne, Direttrice dell' IVERIS
(1)
Col deputato onorario, Gérard Bapt, l'IVERIS ha accompagnato una
delegazione di medici invitati al congresso della Società Siriana di
Radiologia che si teneva dal 20 al 23 ottobre a Damasco e ad Aleppo.
La delegazione francese era composta da tre medici radiologi: Anas
Alexis Chebib Presidente anche del Collettivo per la Siria, Véronique
Bouté anche Presidentessa dell'associazione transmediterranea
Astarté, Jocelyne Chopier dottoressa all'Assistenza pubblica degli
Ospedali di Parigi. A Beirut, il dottore Assaad Mohanna ha raggiunto
la delegazione.
(2)
L'esercito siriano avanza molto rapidamente. All'epoca del nostro
viaggio, erano ancora più del 30% i territori occupati, quindici
giorni più tardi, con la presa di bastioni jihadisti nella regione
di Deir ez-Zor e della città di Boukamal, solo il 10% del Paese
sfugge ancora al controllo di Damasco. Restano, tuttavia ancora delle
"sacche" soprattutto a Damasco ed Aleppo così come la
città e la regione di Idlib.
(3)
Le cifre sono spesso un pomo della discordia, parecchie fonti ci
hanno dato cifre differenti, tutte concordano tuttavia nel dire che
migliaia di Uiguri sono installati con le loro famiglie nel
governatorato di Idlib.
(4)
( trad. dal francese Gb.P.)