Documentario di Myrna Nabhan |
Rimettere l'umano al centro di un conflitto che lo supera di molto: questa è l'ambizione di 'Damascus', un documentario girato a Damasco tra il 2015 e l'inizio del 2017. Anche se la forma non è sempre perfetta, l'importante è altro. Questo film è un messaggio di speranza, una lezione sulla vita stessa, che offre uno sguardo di salvezza sulla Siria. Lungi dall'essere schiacciata dal conflitto, questa società dispiega la sua immensa ricchezza, la sua cultura del rispetto e della libertà. Un messaggio di fraternità e tolleranza. La regista Myrna Nabhan sceglie davvero di concentrarsi sulla vita, più che sulla morte. Nonostante l'inferno quotidiano che vivono, i Damasceni continuano ad andare avanti. È toccante, bello, commovente e necessario.
In Gallia e altrove, lo zero non è un numero, è uno strumento e una rappresentazione del nulla. 23.000.000 di siriani nella mente di un occidentale o di un giornale sono 23 e sei piccoli nulla. Ma quando un uomo apre il suo negozio per vendere nulla per giorni, zero diventa un numero e non rappresenta più il nulla; rappresenta la fede e la speranza. (Septième Art et demi) |
"Damascus": dare un volto alla guerra in Siria
Politologa
come formazione, Myrna Nabhan offre un'altra immagine del conflitto
siriano attraverso le testimonianze incrociate dei suoi abitanti.
Nata in Belgio da padre siriano e madre marocchina, Myrna Nabhan
cresce a Damasco. All'età di 18 anni, torna a Bruxelles per
studiare scienze politiche e poi studio dei conflitti presso l'ULB.
Un percorso e un'identità multipli che sono parte integrante di lei,
del suo modo di vedere il mondo. Anche una forza, che l'ha spinta a
voler mostrare la Siria in modo diverso rispetto alle immagini di
guerra e di edifici devastati.
"Il
conflitto è iniziato appena dopo la fine dei miei studi", dice
la giovane donna. Ho continuato ad andare e tornare dalla Siria
perché ho ancora la famiglia lì. Durante i miei viaggi, osservavo
come le persone cercassero di vivere in questa situazione che le
superava completamente. Poi ho iniziato a condividere la mia
esperienza sotto forma di testimonianze per diversi media (La Libre,
Le Vif e l'Huffington Post in particolare, ndr). ".
Testimonianze che interessano molto i lettori. Myrna Nabhan decide
quindi di continuare il suo lavoro con un approccio documentario. "Ho
vissuto con questa realtà ogni giorno. A volte ero arrabbiata di
essere in Belgio e non poter fare nulla. Perciò mi sono chiesta cosa
sapevo e cosa potevo fare. Così ho iniziato a realizzare piccoli
video sulle domande che le persone mi ponevano in Belgio. Chiedevano
se c'erano ancora edifici in piedi, oppure volevano sapere se le
donne fossero state tutte rapite da Daesh o se i bambini potevano
ancora andare a scuola. Ho identificato i problemi che interessavano
e poi ho iniziato a costruire qualcosa al riguardo. "
Inizialmente,
il progetto era modesto, girato in GoPro e finanziato attraverso il
crowdfunding. Poi poco a poco è cresciuto, diventato professionale
fino a diventare un film.
https://www.cinenews.be/fr/films/damascus/videos/58811/
https://www.cinenews.be/fr/films/damascus/videos/58811/
"Damasco, la città che non dorme mai è diventata una città che non dorme più " |
"Concentrarsi sulla vita e non più sulla morte"
"L'obiettivo
non era nè commuovere nè mostrare le cose in modo asettico. Volevo
mantenere la testimonianza genuina come, dal parrucchiere, si può
parlare di un colore dei capelli e due minuti dopo di un missile.
Volevo parlare della Siria in un altro modo: oltre le bombe.
Concentrarsi sulla vita e non più sulla morte, sulla guerra.
Dimostrare che sono persone come te e me, che hanno le stesse
aspirazioni. Non possono più solo sopravvivere. Le cose sono un po'
migliorate, il grado di violenza è forse diminuito, ma è un paese
distrutto. Distrutti i legami interpersonali. C'è una società,
delle persone da ricostruire ancor prima di ricostruire gli edifici.
Più di due milioni di bambini non vanno più a scuola. Sono la Siria
di domani. "
Girato
tra il 2015 e l'inizio del 2017, il film è basato su molteplici
testimonianze che hanno una cosa in comune: la speranza e il sorriso
commovente di queste persone che lottano per la vita. "Parlare
di speranza durante una guerra può sembrare strano ma, in effetti,
non lo è. È un film sulla resilienza e questo fenomeno non ha
confini. L'abbiamo provato anche in Belgio dopo gli attentati: siamo
stati toccati nella nostra carne, nei nostri valori, ma abbiamo
continuato ad andare avanti. Questa è una delle armi migliori
rispetto all'atrocità di un conflitto."
traduzione dal francese di Gb.P.
traduzione dal francese di Gb.P.