La Bussola Quotidiana
17-09-2013
Gli
sforzi di Washington di spiegare che
il sostegno in denaro e armi fornito ai ribelli siriani “buoni”
(moderati) permetterà di sconfiggere il regime di Bashar al Assad e
di scalzare i ribelli “cattivi” (qaedisti e salafiti) sono
destinati ad infrangersi di fronte a due elementi.
Il primo è
costituito da un dato di fatto: anche ieri lungo il confine tra Siria
e Iraq i miliziani jihadisti di Al Qaeda in Iraq e nel Levante hanno
ingaggiato battaglia non contro i lealisti, ma contro altri gruppi di
insorti che combattono Assad ma non per instaurare il Califfato in
Siria. Scontri come questi si moltiplicano ormai da settimane in
tutto il Paese e vedono i gruppi qaedisti e salafiti affrontare armi
in pugno curdi e miliziani dell’Esercito Siriano Libero o di altri
gruppi non islamisti con l’obiettivo di sconfiggerli e assimilarne
combattenti e popolazioni nelle aree sotto il loro controllo. Inutile
farsi illusioni: in Siria è meglio essere consapevoli che combattere
la dittatura di Assad significa portare Al Qaeda, i salafiti e altre
sfumature dell’estremismo islamico di matrice saudita al potere
sulle sponde del Mediterraneo.
Il
secondo elemento, a conferma di questa tragica realtà che
dovrebbe scoraggiare quanti romanticamente sognano una Siria
democratica e libera sorgere dalle ceneri del regime di Assad, è
costituito dal rapporto reso noto ieri dall’istituto IHS
Jane’s di Londra .
«Le forze di opposizione che combattono contro il regime di Bashar
al-Assad in Siria sono composte da circa 100mila uomini che dopo due
anni di guerra risultano suddivisi in un migliaio di fazioni e
bande», sostiene lo studio precisando che tra i ribelli ci sono
10mila jihadisti, tra cui un certo numero di combattenti stranieri,
che fanno capo a gruppi legati ad Al Qaeda. Altri 30/35mila sono
islamisti estremisti che, a differenza dei jihadisti, sono
focalizzati unicamente sulla guerra in Siria e non sulla lotta
internazionale. Infine, circa 30mila combattenti sono “islamici
moderati”, in gran parte appartenenti alle milizie dei Fratelli
Musulmani. Solo 25 mila miliziani sarebbero quindi animati da
ideologia laica o spirito nazionalista, come nel caso dei curdi. Il
rapporto fotografa una situazione che demolisce la retorica della
lotta per la libertà. Siriani sunniti e una sorta di “legione
straniera islamica” combattono il jihad contro il regime laico e
chiunque ostacoli l’imposizione della sharia, già legge in molte
aree “liberate” dai guerriglieri, e istituire il Califfato.
Ordine FSA 's Consiglio Sharia: tutti gli uomini nati tra 1983-94 saranno costretti a unirsi al Jihad |
«Gli insorti – ha commentato al Daily Telegraph Charles Lister, autore dello studio - sono ormai dominati da gruppi islamisti e dall'analisi non esce certo confermata l'idea che l'opposizione sia guidata soprattutto da gruppi laici». Lo studio si basa su stime e colloqui con attivisti e militanti. Il conflitto ha visto emergere centinaia di bande autonome ognuna delle quali opera in piccole sacche di resistenza del paese, normalmente leali a fazioni più grandi. Sommando i combattenti di Al Qaeda con salafiti e fratelli musulmani le milizie di ispirazione islamica rappresentano i tre quarti delle forze dei ribelli e in termini militari anche di più poiché gli aiuti e i fondi provenienti dalle monarchie del Golfo hanno ingigantito le capacità di queste milizie in particolare dei due gruppi legati ad Al Qaeda, Jabhat Al Nusra e lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante che sono diventati dominanti. Secondo Lister «la loro influenza è cresciuta in modo significativo nel corso dell’ultimo anno».
Tra
le armi giunte in grandi quantità ai qaedisti pare vi siano anche
quelle chimiche.
Fonti militari statunitensi avrebbero infatti ammesso in un rapporto
segreto che anche i ribelli ne dispongono. Il documento
dell’intelligence militare dell’Esercito statunitense rivelerebbe
che i terroristi di Al Nusra dispongono di gas Sarin, notizia del
resto già fatta trapelare in più occasioni dagli stessi ribelli. Il
report realizzato da una branca dell’intelligence dell’US Army
(National Ground Intelligence Center) è stato reso noto on line
negli Stati Uniti da WND.com con un articolo di Michael Maloof, ex
analista politico del segretariato della Difesa statunitense. Il gas
dei ribelli non avrebbe la stessa letalità anche in piccolissime
dosi di quello militare perché sarebbe stato prodotto in modo
“artigianale” in Iraq, presso laboratori clandestini gestiti da
Al Qaeda e che impiegano probabilmente tecnici che avevano lavorato
al programma di armi chimiche di Saddam Hussein.
Nel
maggio scorso i militari turchi avevano confiscato due chili di
“Sarin fatto in casa” a
miliziani di Al Nusra diretti in Siria che avrebbero usato quest’arma
nel marzo scorso ad Aleppo uccidendo una trentina di soldati
lealisti. Il fatto è che il gas Sarin “artigianale” è stato
utilizzato con ogni probabilità anche il 21 agosto nei sobborghi di
Damasco. L’assenza di contrazioni nei cadaveri mostrati dai video
diffusi dai ribelli e la presenza di soccorritori privi di protezioni
accanto ai corpi induce a ritenere che si trattasse di un gas letale
ma solo in grandi quantità e poco persistente rispetto al Sarin
“militare”.
Un ulteriore elemento che dovrebbe imporre una
riflessione sulle responsabilità di quell’attacco e in ogni caso,
se si impone ad Assad di consegnare le armi chimiche, sarebbe il caso
di imporlo anche ai ribelli.