tomb of Elhbel in Palmyra, before its destruction |
«L’archeologa Joanne
Farchakh ha
rivelato al quotidiano The
Indipendent che
gli islamisti vendono le statue e altre opere d’arte di importanza
storica ai distributori internazionali. In questo modo guadagnano
quantità enormi di denaro per queste opere uniche e poi fanno
saltare in aria i templi e gli edifici antichi per dissimulare
l’evidenza del saccheggio. “Le antichità di Palmira sono
già in vendita a Londra. Ci sono opere siriane e irachene
saccheggiate dallo Stato
islamico che
già si trovano in Europa. Non sono più in Turchia, dove sono stati
spediti in un primo momento”».
Da
tempo le cronache registrano le devastazioni dell’Is ai
danni del patrimonio
artistico nei
luoghi da questi controllati. In genere tali atti (che
comunque restano meno gravi dei delitti da essi compiuti contro
uomini, donne e bambini) vengono ascritti, da commentatori e
analisti, all’ideologia religiosa della quale tali allegri
macellai sono impregnati.
Una
spiegazione banale e fumosa, che deriva dal cliché che
vede in questa banda di tagliagole dei trinariciuti invasati
religiosi. Non è così, se non per tanti spostati che ne
ingrossano le fila. A chi controlla e guida questi macellai, e
per i mercenari ben pagati che ne costituiscono l’ossatura,
della religione islamica non interessa granché. È solo uno
strumento utile per creare una cortina fumogena attorno a
un’organizzazione ben più complessa e articolata, che si muove –
o è mossa – in base a solidi interessi geopolitici ed
economici. Esemplare, appunto, il caso della vendita di beni
archeologici denunciata dalla Farchakh.
Certo
la devastazione di tali tesori ha anche uno scopo di
oscuro marketing: serve allo Stato islamico per incrementare la
leggenda nera della quale ha bisogno per accreditarsi al mondo come
il male assoluto, immagine che gli è essenziale in questo
teatrino al rilancio nel quale si muove come il più
acerrimo antagonista della civiltà (non solo occidentale).
Ma anche a un marketing di più bassa lega, per far entrare
nelle casse dell’Agenzie del terrore, e nelle tasche dei suoi
leader, soldi. Tanti soldi (per reperti che magari tra due
o tre decenni, dopo diversi passaggi, vedremo esposti al Louvre, al
British o altrove).
La
denuncia dell’archeologa intervistata dall’Indipendent si
somma ad altre, precedenti, provenienti dai luoghi del
saccheggio., delle quali abbiamo dato conto anche nel nostro piccolo
sito, È
un dato ormai acclarato, eppure…
Allorquando
il web e i media sono stati inondati dalle immagini delle
devastazioni made in Isis voci autorevoli hanno gridato tutto il loro
orrore per l’ennesima deriva della barbarie islamista. Così
com’è successo per il caso dell’uccisione dell’archeologo di
Palmira, Khaled
Asaad,
che era riuscito a salvare tale sito archeologico dalle
devastazioni della guerra e nascosto parte dei suoi tesori
(probabilmente questo il motivo per il quale è stato torturato –
perché rivelasse i nascondigli più riposti di quei tesori – e
probabilmente ucciso perché in grado di smascherare le dinamiche del
saccheggio).
Grida
di scandalo e di orrore spesso sincere, ovviamente, ma a volte un po’
meno. Infatti, a quello scandalo non è seguito alcun atto di serio
contrasto da parte delle autorità costituite.
ISIL e traffico di Antichità : FBI avverte galleristi, collezionisti https://www.fbi.gov/news/stories/2015/august/isil-and-antiquities-trafficking |
Non
ci vorrebbe molto a dare mandato alle forza di sicurezza e di
intelligence perché indaghino sui traffici di reperti
archeologici, ad oggi sparsi tra Londra e il resto d’Europa, come
rivelato dalla Farchakh. Com’è accennato nelle sue parole,
dietro tale traffico c’è una rete estesa e
ben consolidata, ci sono intermediatori, partecipa di connivenze
probabilmente ad alto livello. Eppure…
Ad
oggi, che il traffico di opere d’arte made in Isis (che, va
ricordato, gronda sangue) dura tempo, non un solo reperto è stato
sequestrato: una statuetta, almeno un coccio. Non una sola
persona arrestata per aver partecipato alla vendita o all’acquisto
di questi tesori d’arte. Nulla di nulla.
O
polizia e intelligence europei sono del tutto incapaci o non è stato
dato loro alcun mandato in proposito. Non sappiamo quale delle due
opzioni preferire.
Mons Georges Abou Khazen , vicario apostolico di Aleppo intervistato da TG LA7