“Dire da dove nasce il fondamentalismo”.
L’esempio dei cristiani “che resistono”
25 gennaio: conversione di S Paolo |
Il Foglio, 21 gennaio 2016
Roma. “Il medio oriente come l’abbiamo conosciuto nel Novecento non esiste più, è saltato. Questa guerra, che definirà i nuovi assetti, non ha distrutto solo le infrastrutture e gli stati, ma anche la fiducia tra le diverse comunità, specie tra i cristiani e la maggioranza musulmana. Niente sarà più come prima”.
A dirlo è stato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, intervenendo all’incontro “Cristiani in medio oriente e migrazioni forzate. Dentro il cambiamento epocale”, promosso dalla Fondazione Avsi e Oasis, che si è tenuto nel tardo pomeriggio di martedì all’Università La Sapienza di Roma. Al tavolo dei conferenzieri sedevano anche Michele Valensise, segretario generale del ministero degli Esteri e Adnane Mokrani, docente all’Università Gregoriana e al Pontificio istituto di studi arabi e islamistica.
“Non si parla mai degli sfollati, di gente che ha perso la casa, il lavoro e non ha più soldi per ricominciare. Più di due terzi dei siriani non abita più dove si trovava prima del conflitto. La situazione è drammatica – ha osservato Pizzaballa – al punto che non diciamo nemmeno più quando i religiosi vengono rapiti. Lo facciamo solo se dopo una settimana non sono ancora tornati”.
Eppure, in tale disastro, “vi sono episodi di grande determinazione. Quanti sono rimasti sono per lo più poveri, non hanno mezzi per muoversi, non sanno dove andare. Ma quasi nessuno tra essi ha rinnegato la propria fede. Si fanno tagliare la testa ma non rinunciano a nulla”. Il francescano porta qualche testimonianza vista con i propri occhi, nel nord della Siria, nei territori “sotto il controllo di gruppi satelliti di al Qaeda.
Questi, rispetto ai jihadisti dello Stato islamico – i cui miliziani, come testimoniano le foto satellitari diffuse ieri dalla Associated Press, hanno raso al suolo il monastero di Sant’Elia a Mosul, il più antico d’Iraq – sono sì moderati, ma è una ‘moderazione’ che consiste nel divieto per i non musulmani d’avere proprietà, di esibire simboli religiosi. Niente croci né statue. Di vino per celebrare la messa neanche a parlarne. Ma qui i cristiani non hanno ceduto: nessuno ha permesso che i loro simboli fossero toccati e sono arrivati a nascondere il vino per l’eucaristia in casa propria”.
Il problema, ha aggiunto ancora il custode di Terra Santa, “è che il fondamentalismo di oggi non può nascere dal nulla. C’è sempre un background, ed è su questo che bisogna interrogarsi. Io sono convinto che si debba dialogare, sia perché senza dialogo siamo finiti sia perché il dialogo è incontro con l’altro e parte integrante della mia vita di fede. Ma deve essere fatto nella verità. Non so – ha proseguito – se si possa dialogare tra le fedi. Io penso di no. Però si può dialogare tra credenti e condividere le esperienze di fede. Questo si deve fare. Non posso credere che vi sia un miliardo e mezzo di persone con le quali non posso entrare in relazione. E’ una aberrazione pensare questo. Dobbiamo farlo, ma nel rispetto reciproco, nella verità. Su questo non si può transigere”.
A margine dell’incontro, padre Pizzaballa – che si è chiesto “cosa sia e dove sia la comunità internazionale”, visto quel che sta accadendo “nell’indifferenza generale” – ha ammesso, conversando con il Foglio, che “le reazioni delle autorità musulmane riguardo le persecuzioni delle minoranze sono state molto timide”. Certamente non tutti, visto che ci sono state lodevoli eccezioni che danno speranza. Ma bisogna riconoscere che se è vero che le narrative sono diverse e ognuno legge gli eventi in maniera diversa, allo stesso tempo è oggettivo che i leader islamici del medio oriente sono stati molto timidi nel denunciare l’abominio che è in corso”.
Sarà un’impresa ardua ricomporre la frattura che s’è venuta a creare tra musulmani e cristiani nel vicino e medio oriente: “Ci vorranno molto tempo e diverse generazioni per recuperare il tipo di coesistenza precedente la guerra”, ha chiosato.