Vescovi rapiti in Siria: trattative in corso per il rilascio
L'Assistente dell'invitato speciale Onu in Siria ha confermato che uno dei due presuli è nelle mani di un nuovo gruppo armato, pronto a rilasciarlo solo dopo accordo con il governo siriano
Zenit.org, di: Naman Tarcha
La guerra in atto in Siria tra le varie brigate estremiste e i gruppi terroristi che continuano ad annientarsi a vicenda, e ormai sono completamente fuori controllo, ha posto in luce nuove rivelazioni sul destino dei due vescovi ortodossi rapiti circa un anno fa.
La buona notizia arriva da Mukhtar Lamani, assistente dell'invitato speciale dell’Onu in Siria Al Akhdar Al Ibrahimi, che attualmente guida il nuovo round dei negoziati di Ginevra: "Abbiamo le prove che uno dei due vescovi è nelle mani di un nuovo gruppo armato". Lamani, però, non ha voluto rivelare però di quale dei due si tratti - e ha precisato che "i contatti con i rapitori con sede ad Istanbul in Turchia continuano, ma si temono pressioni e ingerenze dal governo turco".
Le fonti parlano di trattative in stato avanzato, e di un rilascio imminente, dopo l'assalto di un gruppo armato alla sede di una brigata rivale, dove hanno ritrovato solo uno dei due presuli rapiti.
Il gruppo armato si dichiara pronto a rilasciare il vescovo all'interno di un'accordo, tuttavia non vuole negoziare attraverso il generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, bensì direttamente con il governo siriano, e chiede un corridoio sicuro per consegnare il vescovo alle forze siriane.
Il 23 aprile 2013 era giunta la notizia del rapimento in Siria di due Vescovi della città di Aleppo: Yohanna Ibrahim, vescovo Siro Ortodosso e Bulos Yazigi, metropolita Greco Ortodosso, e fratello dell’attuale Patriarca della Chiesa Greco ortodossa. Secondo le informazioni raccolte al momento, a rapire i due vescovi era un gruppo armato di nazionalità cecena, che aveva ucciso il diacono che li accompagnava e portato i due prelati in un luogo sconosciuto.
Il rapimento è accaduto a circa 30km dal confine turco, mentre i due vescovi, erano diretti ad Aleppo, dopo una missione umanitaria in Turchia volta a liberare altri ostaggi. Ovvero i due sacerdoti padre Michel Kayyal, armeno cattolico, e padre Maher Mahfuz, greco ortodosso.
I due erano stati rapiti da un gruppo armato jihadista, nel corso del sequestro del minibus che li portava a Damasco. Da allora dei due sacerdoti si sono perse le tracce. Sgomento, preoccupazione, voci contrastanti sono state diffuse in questi mesi sulla sorte dei due vescovi: alcuni li davano per morti, altri affermavano che erano vivi e in buona salute.
Il problema è che non c’è mai stata una vera rivendicazione e non sono state avanzate richieste dai rapitori. L'assenza di uno dei vescovi, insieme alle voci di un ostaggio ferito, fanno temere il peggio. Forse uno dei due non c'è più. Le trattative insistenti e silenziose per il rilascio dei vescovi non si sono mai fermate, così come le preghiere dei siriani cristiani, che oggi acquisiscono un nuovo barlume di speranza.
http://www.zenit.org/it/articles/vescovi-rapiti-in-siria-trattative-in-corso-per-il-rilascio
La buona notizia arriva da Mukhtar Lamani, assistente dell'invitato speciale dell’Onu in Siria Al Akhdar Al Ibrahimi, che attualmente guida il nuovo round dei negoziati di Ginevra: "Abbiamo le prove che uno dei due vescovi è nelle mani di un nuovo gruppo armato". Lamani, però, non ha voluto rivelare però di quale dei due si tratti - e ha precisato che "i contatti con i rapitori con sede ad Istanbul in Turchia continuano, ma si temono pressioni e ingerenze dal governo turco".
Le fonti parlano di trattative in stato avanzato, e di un rilascio imminente, dopo l'assalto di un gruppo armato alla sede di una brigata rivale, dove hanno ritrovato solo uno dei due presuli rapiti.
Il gruppo armato si dichiara pronto a rilasciare il vescovo all'interno di un'accordo, tuttavia non vuole negoziare attraverso il generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, bensì direttamente con il governo siriano, e chiede un corridoio sicuro per consegnare il vescovo alle forze siriane.
Il 23 aprile 2013 era giunta la notizia del rapimento in Siria di due Vescovi della città di Aleppo: Yohanna Ibrahim, vescovo Siro Ortodosso e Bulos Yazigi, metropolita Greco Ortodosso, e fratello dell’attuale Patriarca della Chiesa Greco ortodossa. Secondo le informazioni raccolte al momento, a rapire i due vescovi era un gruppo armato di nazionalità cecena, che aveva ucciso il diacono che li accompagnava e portato i due prelati in un luogo sconosciuto.
Il rapimento è accaduto a circa 30km dal confine turco, mentre i due vescovi, erano diretti ad Aleppo, dopo una missione umanitaria in Turchia volta a liberare altri ostaggi. Ovvero i due sacerdoti padre Michel Kayyal, armeno cattolico, e padre Maher Mahfuz, greco ortodosso.
I due erano stati rapiti da un gruppo armato jihadista, nel corso del sequestro del minibus che li portava a Damasco. Da allora dei due sacerdoti si sono perse le tracce. Sgomento, preoccupazione, voci contrastanti sono state diffuse in questi mesi sulla sorte dei due vescovi: alcuni li davano per morti, altri affermavano che erano vivi e in buona salute.
Il problema è che non c’è mai stata una vera rivendicazione e non sono state avanzate richieste dai rapitori. L'assenza di uno dei vescovi, insieme alle voci di un ostaggio ferito, fanno temere il peggio. Forse uno dei due non c'è più. Le trattative insistenti e silenziose per il rilascio dei vescovi non si sono mai fermate, così come le preghiere dei siriani cristiani, che oggi acquisiscono un nuovo barlume di speranza.
http://www.zenit.org/it/articles/vescovi-rapiti-in-siria-trattative-in-corso-per-il-rilascio
Difficoltà per far liberare le suore rapite a Maalula
Il gruppo di Jabhat Al Nusra ha bloccato le trattative per liberare le 12 religiose
Roma, (Zenit.org) - Naman Tarcha
Sono passati due mesi al clamoroso assalto dei ribelli alla cittadina di Maalula.
Dopo la condanna unanime della barbarie perpetuata, sono iniziati i negoziati e si sono intensificate le trattative con i ribelli, per il rilascio delle monache. A mediare le trattative il Generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, e una delegazione del governo del Qatar, in contatto diretto con i ribelli.
Al Jazeera, la tv di stato del Qatar, ha mandato in onda immagini delle suore mentre si trovavano in un luogo non identificato, sedute in un salotto, apparentemente tranquille, ma prive delle proprie croci al collo. In questo filmato le religiose affermavano di stare bene e chiedevano di accettare le condizioni dei loro rapitori.
Secondo alcune fonti le monache di Maalula sono ancora nelle mani del gruppo Jabhat Al Nusra. Si troverebbero nella città cristiana di Yabroud nella zona di Al Qalamun, sotto il controllo di un jihadista di nazionalità kuwaitiana che conduce negoziati.
George Hasswani, uomo d’affari cristiano della zona, coinvolto direttamente nelle trattative, aveva già offerto la propria abitazione ai terroristi, per ospitare le suore sequestrate. I negoziati sono andati avanti, e proprio quando sembrava aver raggiunto un accordo, tutto si è bloccato.
Le trattative sono state bloccate da un’esponente saudita del gruppo di Jabhat Al Nusra, che si dice molto vicino ai servizi segreti dell’Arabia Saudita. Le condizioni poste dal gruppo estremista sono le seguenti: interrompere nell'immediato le trattative attraverso il Qatar, rilasciare al più presto i 500 jihadisti di Jabhat Al Nusra detenuti nelle prigioni siriane e libanesi, e soprattutto ottenere la garanzia da parte del governo siriano di non attaccare la città di Yabroud, occupata dai ribelli di Al Nusra, attualmente assediata dall’esercito siriano.
http://www.zenit.org/it/articles/difficolta-per-far-liberare-le-suore-rapite-a-maalula
La strategia dell'islam per colpire tutti i luoghi sacri cristiani
IlSussidiario - 12 febbraio 2014
Intervista a Samaan Daoud
“Dietro il rapimento delle suore di Maaloula si nasconde uno sporco gioco: rafforzare il potere dei gruppi qaedisti e salafiti in tre Stati chiave quali Siria, Iraq e Libano”.
Lo spiega Samaan Daoud, siriano cattolico di Damasco, dopo che Al-Jazeera ha diffuso un video nel quale si mostrano le 12 suore rapite lo scorso dicembre dal convento di Mar Takla a Maalula. Per l’intera durata del filmato le suore rimangono in silenzio, mentre un commentatore afferma che “sono in buona salute, non sono state maltrattate e attendono la loro liberazione per fare ritorno al convento”. Una voce fuori campo annuncia inoltre che le suore “ringraziano tutti coloro che hanno cercato di ottenere il loro rilascio e chiedono la scarcerazione di tutti i prigionieri”.
Che cosa ne pensa del video delle suore di Maaloula trasmesso da Al-Jazeera?
Il montaggio del filmato è studiato apposta per coprire la falsità dei rapitori delle suore. Questi salafiti vogliono mostrarsi come degli agnelli, ma nella realtà sono dei lupi. I volti delle suore lasciano trasparire chiaramente che loro non sono per nulla tranquille, e il fatto stesso che nel video appaiano senza croci la dice lunga.
In che senso?
Questo particolare evidenzia che le suore in prigionia non sono libere di esercitare la loro fede. La croce è il simbolo che caratterizza un religioso in quanto tale, e se le suore in prigionia non possono indossarla significa che non sono affatto trattate bene. Tutto il contrario rispetto a quanto è stato affermato nel video trasmesso da Al-Jazeera. L’obiettivo di chi ha girato il filmato è soltanto quello di toccare i sentimenti di chi lo guarda in tutto il mondo, facendo credere che le brigate islamiste in Siria stiano trattando bene i cristiani. La verità al contrario è che questi gruppi stanno compiendo delle stragi di cristiani, e che non si fanno scrupoli a mettere in mezzo dei religiosi come le suore per raggiungere i loro obiettivi.
Quali sono i veri loro obiettivi?
Innanzitutto fare pressioni sul governo siriano e sull’opinione pubblica internazionale. Membri di questi gruppi salafiti sono prigionieri in Siria, in Iraq e in Libano, e il fanatismo cui stiamo assistendo in Siria non è presente soltanto all’interno del nostro Paese.
Jabhat al-Nusra (il gruppo ribelle legato ad Al Qaeda, Ndr) ha un suo braccio operativo anche in Libano, dove ha annunciato l’intenzione di condurre una guerra contro tutti gli sciiti. Un altro gruppo attivo in Siria, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, è nato appunto in Iraq. Il progetto dei gruppi salafiti è quindi ramificato in tutti e tre gli Stati, e non è un caso che le suore rapite a Maaloula siano di nazionalità siriana, libanese e irakena. E’ questo lo sporco gioco che si nasconde dietro la cattura delle religiose.
A questo obiettivo si aggiunge anche quello di colpire i cristiani nel mondo arabo?
I salafiti stanno già attaccando tutti i luoghi sacri dei cristiani che considerano come infedeli. La fatwa emessa dagli imam più fanatici ha permesso alla brigata islamista di compiere questo rapimento. In realtà però, al di là delle motivazioni religiose, dietro il loro comportamento c’è soprattutto un grande opportunismo. La cattura delle suore è cioè un mezzo per colpire l’opinione pubblica internazionale, e ottenere lo scambio con i jihadisti in carcere.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/2/12/SUORE-RAPITE-Douad-la-strategia-dell-islam-per-colpire-tutti-i-luoghi-sacri-cristiani/466125/