Pubblichiamo il testo della lettera inviata lo scorso 6 marzo, mercoledì delle Ceneri, ai vescovi di tutti il mondo dal cardinale Leonardo Sandri e dall’arcivescovo Cyril Vasil’, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per le Chiese orientali, in occasione dell’annuale colletta per la Terra Santa.
Il cammino quaresimale invita ciascuno di noi a riandare ai luoghi e agli avvenimenti che hanno cambiato il corso della storia dell’umanità e l’esistenza personale di ognuno di noi: sono i luoghi e gli avvenimenti che ci trasmettono la memoria viva di tutto ciò che il Figlio di Dio incarnato ha detto, compiuto e sofferto per la nostra redenzione.
Centro di tutto l’anno liturgico è la Settimana Santa che inizia a Betfage, con l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Lo seguiamo a Betania e assistiamo all’unzione col profumo di nardo, profezia della Sua passione, morte e resurrezione. Nel Cenacolo Egli offre se stesso per noi, nel pane e nel vino, e ci lava i piedi, insegnandoci l’umile servizio come comandamento nuovo dell’amore. Viviamo nel Getsemani il suo arresto e lo seguiamo da lontano con tutta la nostra fragilità, come Pietro che lo rinnega. Sotto la croce, con Maria e il discepolo amato siamo presenti alla sua morte, contemplando il suo costato trafitto. Deposto infine in quel sepolcro, presso il quale il mattino di Pasqua si reca Maria Maddalena, risorge e con la sua luce accarezza i nostri occhi e i nostri cuori, invitandoci a guardare dentro la storia del mondo e quella personale di ciascuno di noi.
Rivivendo i misteri della nostra salvezza, pensiamo con maggiore intensità ai fratelli e sorelle che vivono e testimoniano la fede nel Cristo morto e risorto in Terra Santa, esprimendo loro anche la solidarietà nella carità. Nella sua prima Udienza generale il 27 marzo 2013, Papa Francesco ha ricordato ai pellegrini: «Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi [...] per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle».
Quest’anno, in occasione della Colletta pro Terra Sancta, assieme all’invito di Papa Francesco vogliamo riascoltare anche san Paolo VI, che volle recarsi in Terra Santa agli inizi di gennaio del 1964, primo Successore dell’Apostolo Pietro a compiere questo pellegrinaggio. Nell’Esortazione Apostolica Nobis in animo, con la quale nel 1974 istituì la Colletta, afferma: «La Chiesa di Gerusalemme [...] occupa un posto di predilezione nella sollecitudine della Santa Sede e nelle preoccupazioni di tutto il mondo cristiano, mentre l’interesse per i Luoghi Santi, ed in particolare per la città di Gerusalemme, emerge anche nei più alti consessi delle Nazioni e nelle maggiori Organizzazioni internazionali [...]. Tale attenzione è oggi maggiormente richiesta dai gravi problemi di ordine religioso, politico e sociale ivi esistenti [...]».
Ancora oggi il Medio oriente assiste ad un processo che ha lacerato i rapporti tra i popoli della regione, creando una situazione di ingiustizia tale che sperare la pace diventa quasi temerario. A Bari, lo scorso 7 luglio, all’inizio della preghiera del Santo Padre con i Capi delle Chiese orientali del Medio oriente, sono risuonate queste parole: «Su questa splendida regione si è addensata, specialmente negli ultimi anni, una fitta coltre di tenebre: guerra, violenza e distruzione, occupazioni e forme di fondamentalismo, migrazioni forzate e abbandono, il tutto nel silenzio di tanti e con la complicità di molti. Il Medio oriente è divenuto terra di gente che lascia la propria terra. E c’è il rischio che la presenza di nostri fratelli e sorelle nella fede sia cancellata, deturpando il volto stesso della regione, perché un Medio oriente senza cristiani non sarebbe Medio oriente».
La Chiesa, come ricorda san Paolo VInella Nobis in animo, da tempo non è rimasta a guardare: «Dalla seconda metà del secolo scorso vi fu un importante aumento di opere pastorali, sociali, caritative, culturali, a beneficio della popolazione locale senza distinzioni e delle comunità ecclesiali in Terra Santa [...]. Affinché la presenza cristiana bimillenaria nella sua origine e nella sua permanenza in Palestina, possa sopravvivere ed anzi consolidare la propria presenza in maniera attiva ed operare al servizio delle altre comunità con cui deve convivere, è necessario che i cristiani di tutto il mondo si mostrino generosi, facendo affluire alla Chiesa di Gerusalemme la carità delle loro preghiere, il calore della loro comprensione ed il segno tangibile della loro solidarietà».
Nell’ultimo periodo, assistiamo con speranza ad una certa ripresa dei pellegrinaggi, toccando con mano la gioia della fede di tanti fedeli che giungono in Terra Santa sempre più numerosi dalla Cina, dall’India, dall’Indonesia, dalle Filippine e dallo Sri-Lanka: come non pensare al compimento della profezia evangelica «verranno da Oriente e da Occidente, dal Settentrione e dal Mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio»? Tale vitalità apostolica è un segno grande per le comunità locali, e interpella quelle dell’Occidente talora tentate di scoraggiamento e rassegnazione nel vivere e testimoniare la fede nel quotidiano.
A lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della Colletta, in fedeltà ad un’opera che la Chiesa richiede di compiere a tutti i suoi figli secondo le modalità note, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco. E mentre invoco copiose benedizioni divine su questa Diocesi, porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.
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