La
visita del Santo Padre sull’isola di Lesbo ricorda in un certo
senso quella che fece sull’isola di Lampedusa. È un’altra isola
che riceve persone costrette a fuggire dalla loro terra. Quindi, la
visita sarà di nuovo un tentativo per mettere sullo schermo globale
la situazione di queste persone e al tempo stesso le sue cause, per
interpellare il mondo e la coscienza globale, chiamandola a fare
qualcosa per evitare tutto questo. C’è una situazione di violenza,
ora in questo caso da parte dell'Is, ma prima ancora con la guerra in
Siria. È necessario invece che ci sia la pace, una pace che non deve
essere soltanto il frutto della diplomazia ma che si basi in gran
parte sull’amicizia, l’amore e la fraternità che si possono
mostrare nei riguardi di queste persone.
D.
– Questa visita di Papa Francesco sull’isola di Lesbo è anche
per vincere quell’indifferenza che tante volte il Papa denuncia.
Certe guerre, a volte, si ricordano solo quando bussano alla porta di
casa nostra…
R.
– Sì, l’indifferenza. Ma forse la domanda da porsi riguarda le
cause di questa indifferenza! Ossia, perché questa indifferenza? La
Grecia non può certamente essere indifferente, perché è il Paese
dove ora si trovano queste persone. Ma le misure attuate
dell’Europa... dare una grande somma di denaro alla Turchia
affinché quest’ultima fermi l’arrivo di queste persone – non
so – servono l’interesse di chi? Forse l’Europa ora sarà un
po’ più tranquilla, ma quanto tempo durerà questa tranquillità?
Perché se queste persone non riescono ad arrivare via mare, potranno
trovare altre maniere. Per giungere ad una soluzione di lungo
termine, invece, dobbiamo fare tutto quello che possiamo per creare
una situazione di pace in questa zona. Sembra che l’Is sia potente,
ma in realtà è sempre sostenuto dai soldi, ha accesso ancora al
denaro, alle armi, ecc. Queste cose vengono sempre importate,
comprate… Perché non chiudiamo tutto questo? Perché non poniamo
fine all’interesse per comprare il petrolio ad un prezzo basso? Ci
vuole un po’ di impegno, che poi è anche sacrificio. Credo che in
questa visita a Lesbo tutte le telecamere del mondo seguiranno il
Papa. E l’obiettivo non dovrebbe essere soltanto quello di
riprendere le persone che soffrono, ma di farci pensare un po’ a
quale potrebbe essere una soluzione a lungo termine, valida per porre
fine a questa situazione.
Un gesto concreto di solidarietà e di vicinanza verso tanti disperati in fuga da guerra e miseria. È questo, per il cardinale Antonio Maria Vegliò, il significato della visita che Papa Francesco compirà sabato 16 aprile nell’isola di Lesbo.
Quali
sono le condizioni dei profughi sull’isola?
A Lesbo, come spesso accade nei luoghi di sbarco, le condizioni per un’accoglienza adeguata sono insufficienti e gli arrivi sono continui, soprattutto da Siria, Iraq, Afghanistan e Somalia. Proprio sul dovere di offrire accoglienza e sul rispetto e la tutela della dignità di chi è costretto a partire, Francesco vuole attirare l’attenzione del mondo intero. La visita del Pontefice, assieme al patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos II, è un gesto ecumenico cristiano concreto; un cuor solo e un’anima sola per affrontare il dramma della migrazione forzata e per ribadire insieme, nel nome di Cristo, l’importanza della responsabilità fraterna, guardando negli occhi le persone in fuga per le quali la sorte viene spesso decisa con accordi cinici e ignorando le vere ragioni alla base della loro tragedia.
La visita del Papa arriva in un momento critico per l’Unione europea.
È un momento in cui l’Europa , con il recente accordo con la Turchia, continua ad alzare barriere, a chiudere i confini e a ledere i diritti fondamentali di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Siamo di fronte a un accordo miope che non consente una gestione dei flussi migratori nel rispetto della persona. La politica migratoria dei Governi ha bisogno di lungimiranza e coesione attraverso azioni mirate per porre fine alle cause dei “viaggi della speranza” di milioni di persone che troppo spesso si trasformano in “viaggi della morte”. È necessario dare vita a canali umanitari sicuri per permettere un controllo dei flussi migratori e per vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali della persona; questo il Papa lo dice chiaramente con il suo viaggio apostolico e con la volontà di incontrare personalmente chi è sbarcato sulle coste di Lesbo carico di dolore e di fiducia.
A Lesbo, come spesso accade nei luoghi di sbarco, le condizioni per un’accoglienza adeguata sono insufficienti e gli arrivi sono continui, soprattutto da Siria, Iraq, Afghanistan e Somalia. Proprio sul dovere di offrire accoglienza e sul rispetto e la tutela della dignità di chi è costretto a partire, Francesco vuole attirare l’attenzione del mondo intero. La visita del Pontefice, assieme al patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos II, è un gesto ecumenico cristiano concreto; un cuor solo e un’anima sola per affrontare il dramma della migrazione forzata e per ribadire insieme, nel nome di Cristo, l’importanza della responsabilità fraterna, guardando negli occhi le persone in fuga per le quali la sorte viene spesso decisa con accordi cinici e ignorando le vere ragioni alla base della loro tragedia.
La visita del Papa arriva in un momento critico per l’Unione europea.
È un momento in cui l’Europa , con il recente accordo con la Turchia, continua ad alzare barriere, a chiudere i confini e a ledere i diritti fondamentali di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Siamo di fronte a un accordo miope che non consente una gestione dei flussi migratori nel rispetto della persona. La politica migratoria dei Governi ha bisogno di lungimiranza e coesione attraverso azioni mirate per porre fine alle cause dei “viaggi della speranza” di milioni di persone che troppo spesso si trasformano in “viaggi della morte”. È necessario dare vita a canali umanitari sicuri per permettere un controllo dei flussi migratori e per vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali della persona; questo il Papa lo dice chiaramente con il suo viaggio apostolico e con la volontà di incontrare personalmente chi è sbarcato sulle coste di Lesbo carico di dolore e di fiducia.
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