L’ennesima
denuncia pretestuosa, secondo un collaudato copione, di un attacco
chimico attribuito al governo di Damasco da parte delle solite
organizzazioni non governative finanziate da Paesi occidentali -
puntuali all’appello i famigerati White Helmets, cinici terroristi
camuffati da angelici soccorritori – è stata accolta dalla stampa
mainstream con la solita ipocrita ‘’indignazione’’ volta a
farci digerire la volontà imperiale di sbranare definitivamente la
Siria.
Gli
USA, dopo la sconfitta del cosiddetto ‘’Stato islamico ‘’ e
la riunione ad
Ankara lo scorso 4 aprile tra i leaders di Russia, Turchia e
Iran, paventando
l’estromissione dal teatro siriano, annunciano bombardamenti con la
giustificazione appunto di punire Damasco per l’attacco chimico.
Così le avvisaglie di un conflitto bellico fuori dall’ambito
territoriale in cui ha avuto origine sembrano incombere su un
Mediterraneo sempre più invaso da navi da guerra, portaerei e
sottomarini provenienti da ogni direzione per una folle partita a
scacchi dalle incalcolabili conseguenze.
E
l’Italia? L’Italia, come d’altronde la Francia, non ha più
alcuna politica estera. È solo un'appendice di Washington, e lo
dimostrano i nostri politici, che per far parte del futuro governo
devono giurare fedeltà indefettibile all’impero ed alla NATO suo
braccio armato, nonostante un’economia depauperata da decenni di
‘’crisi’’ e guerre ‘’umanitarie’’, a partire dalle
guerre
jugoslave, quelle dell’area mediorientale e africana, da embarghi
imposti a destra e a manca - che sono un’altra forma iniqua di
belligeranza contro i popoli - da spese militari sempre più
esorbitanti e soprattutto dalla follia di una guerra che, partendo
dalle coste siriane, rischia appunto di sconvolgere l’intera area
mediterranea.
Di
chi la colpa se il Mediterraneo diventa sempre più simile a un
vulcano in eruzione? chiede, retoricamente, l’autore del seguente
articolo: conoscitore profondo di fatti mediorientali e di
geopolitica, notoriamente non proprio simpatizzante del governo
siriano ma eticamente e razionalmente avverso alla guerra contro la
Siria.
Intanto,
anche oggi 14 aprile 2018, la Siria e il suo popolo subiscono
l’ennesimo scellerato sacrificio sull’ altare in cui si celebra
l’ingordigia di vecchi e nuovi imperialismi.
Nota
storica:
Nel
27 a.C., Roma comprende, come anteriormente Alessandro Magno,
l’importanza strategica della Siria, crocevia dei tre mondi. Dal
suo territorio si poteva controllare la Giudea, inviare spedizioni
armate contro l’Egitto, contenere l’avanzata delle tribù
dall’Arabia e avere una finestra aperta sull’Asia. L’Eufrate
era fondamentale per le sue mire espansionistiche in quanto
permetteva il controllo di Parti e Sasanidi. L’eterna e complessa
‘’Questione d’Oriente’’- che si perpetua fino ad oggi e
vede sempre la Siria al centro delle brame universali – nelle
relazioni tra il mondo occidentale-marittimo e l’Asia, ha origini
remote. Per esemplificare al massimo, diremo che rimonta almeno al
III-II millennio a.C., con le lotte per il dominio di Siria e Canaan
prima tra L’Egitto e la Mesopotamia, poi tra i popoli dell’Asia
Minore e, nel I millennio a.C., tra il mondo greco-egeo e l’Iran.
Per non parlare dell’epoca delle Crociate (ricordo tra le tante la
battaglia dell’Ager
Sanguinis,
nell’attuale provincia di Idleb, chiamata anche battaglia di
Sarmada, avvenuta il 28 giugno 1119 tra l'esercito del Principato
d'Antiochia, comandato da Ruggero di Salerno e l'esercito di
al-Ghazi, governante di Aleppo) e dell’epoca ottomana…
Maria Antonietta Carta
Siria:
la posta in gioco dietro la battaglia di Al Ghouta
di
René Naba, in International News Middle East Politics Syria, 28
marzo 2018. pubblicato con la rivista Golias http://golias-news.fr/
Golias Hebdo N ° 518 marzo 2018
"Razionalità’’
occidentale nella guerra siriana
Ai
primi di febbraio 2018 si apre un nuovo fronte alla periferia di
Damasco, nella zona di al-Ghouta, con l'intento di ridurre la
pressione militare sulle forze turche e i loro ausiliari del Free
Syrian Army nel nord della Siria, mentre l'offensiva turca,
"Operazione ramo d'ulivo" contro le forze curde della
Siria, lanciata il 19 gennaio 2018, segna il passo, sollevando i
timori di una stagnazione turca nel calderone siriano.
Gli
obiettivi alla base della nuova battaglia di al-Ghouta, condotta
principalmente da alleati della Turchia e del Qatar -Ahrar al Sham e
Jaysh al Islam- avrebbero lo scopo sia di risollevare i gruppi
islamisti, screditati dopo una serie di clamorosi rovesci a partire
dalla riconquista di Aleppo nel dicembre 2016, sia di reinserire le
potenze occidentali ed i loro alleati petromonarchici nel gioco
diplomatico, dopo esserne stati estromessi dalle forze militari russe
e dai loro alleati regionali, le forze governative dell’esercito
arabo siriano, i Pasdaran (Iran ) ed Hezbollah (Libano).
Sabato
24 febbraio 2018, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato
all'unanimità una risoluzione in cui si chiede "senza indugio"
un cessate il fuoco umanitario di un mese in Siria, mentre le
battaglie nel settore orientale della Ghouta, alla periferia di
Damasco, infuriano. Due gruppi islamici "Jaysh al - Islam"
(Esercito dell'Islam, filo-Sauditi) e Faylaq al -Rahman (La Brigata
di al-Rahman, pro-Turchia-Qatar) hanno sostenuto questa risoluzione
che esclude i gruppi considerati terroristi (Daesh, Jabhat al -
Nusra, al - Qaïda). Questo fatto conferma che la battaglia di Ghouta
non è un assalto delle forze governative contro civili innocenti,
come tendono a sostenere la propaganda occidentale e i loro alleati
petromonarchici, ma contrappone l'esercito del governo siriano a
gruppi terroristici, frammisti alla popolazione civile come "scudi
umani" e che beneficiano delle strutture di transito e della
fornitura di armi degli Israeliani.
La
Turchia ha impegnato truppe nell'area di Afrin il 19 gennaio contro
le forze curde, guidate da Francesi e Statunitensi, per far fallire
la creazione di un'entità curda indipendente nel nord della Siria. Agli
occhi degli strateghi occidentali una tale entità compenserebbe il
fallimento della proclamazione di uno stato curdo indipendente nel
nord dell'Iraq: un progetto concepito dagli USA e Israele per servire
da piattaforma alle loro attività anti-iraniane dal nord dell'Iraq,
al confine con l'Iran.
La
nuova strategia occidentale, concordata durante una riunione a Londra
l’11 gennaio 2018, avrebbe previsto col rilancio della campagna
sulle armi chimiche la partizione del Paese, per sabotare sia il
processo di riconciliazione tra Siriani, portato avanti sotto l’egida
russa a Sochi, sia l'inserimento della Turchia, unico Paese musulmano
membro fondatore della NATO, che sta prendendo le distanze dai suoi
alleati atlantisti.
Per
approfondire questo argomento, vedere il seguente link:
Antecedentemente
punta di diamante nella lotta contro la Siria, Ankara teme ora che il
progetto occidentale porterà allo smembramento della Turchia con il
risveglio dell'irredentismo curdo. Il presidente Erdogan si sta
impegnando quindi per creare una barriera umana araba nell'area di
confine tra Turchia e Siria, insediando in questo settore i 3,5
milioni di rifugiati Siriani presenti nel suo territorio, per
eliminare così questo gravame umano e finanziario in prospettiva
delle prossime elezioni.
Noti
per la loro flessibilità, e benché inquadrati da Americani e da
Francesi, i Curdi hanno fatto appello al presidente siriano Bashar
al-Assad per ‘’difendere l’integrità territoriale" della
Siria e incrociare le armi contro la Turchia, nonostante siano stati
tra i grandi architetti dello smembramento del loro paese ospitante.
Oltre
questa ripresa bellicosa, si pone la questione della razionalità
occidentale e dei loro alleati curdi nella guerra siriana:
Riguardo
ai Curdi: l’alleanza con gli Stati Uniti, artigiani della cattura
di Abdullah Ocalan - leader carismatico del movimento separatista
curdo in Turchia - e la richiesta alla Siria, dopo aver contribuito
al declino del suo stato centrale, è come minimo un'incoerenza.
Riguardo
agli Occidentali: opporsi all'indipendenza della Catalogna e della
Corsica e invece provocare la spartizione della Siria è quantomeno
una duplicità nociva alla credibilità del loro discorso
moralizzatore.
Allo
scoppio della guerra in Siria, la presenza russa era ai
minimi termini. Sette anni dopo, la Russia ha una base aerea
importante a Hmeiymin, sulla costa siriana - la prima in Medio
Oriente dal tempo degli zar - ed una seconda base navale a Tartus. La
Cina, ha uno scalo in Tartus adiacente alla base navale russa: la
prima calata militare cinese nel Mediterraneo dalla notte dei tempi.
In
crisi con la NATO, di cui è membro fondatore, la Turchia si avvicina
notevolmente a Iran e Russia, leader della sfida all'egemonia
israelo-occidentale in Medio Oriente. l'Iran è ora militarmente
presente in Siria, al confine con Israele, mentre lo Stato ebraico ha
perso il controllo assoluto del cielo, come dimostra la distruzione
di un bombardiere israeliano F16 nello spazio aereo siriano, e gli
Hezbollah libanesi, agguerriti dai combattimenti in Siria, sono
diventati grandi decisori regionali. Di chi è la ‘’colpa’’?
Per
approfondire l’argomento
http://www.madaniya.info/2018/01/05/le-mic-mac-de-la-france-dans-son-projet-de-creation-dun-etat-sous-controle-kurde-a-raqqa-en-syrie/
https://www.les-crises.fr/nos-cris-dindignation-a-propos-du-siege-de-ghouta-sonnent-creux-car-nous-ne-ferons-rien-pour-sauver-les-civils-par-robert-fisk/
https://www.les-crises.fr/nos-cris-dindignation-a-propos-du-siege-de-ghouta-sonnent-creux-car-nous-ne-ferons-rien-pour-sauver-les-civils-par-robert-fisk/
traduzione: Maria Antonietta Carta
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