“Manca
tutto, non hanno luce, gas, non possono farsi un tè caldo e
cucinarsi nulla. Hanno solo un po’ di acqua e di burgul. Continuano
ad assistere a uccisioni cruente, purtroppo con un accanimento verso
i cristiani”.
A
parlare così è fra Simon Herro, responsabile della regione san
Paolo che comprende Siria e Libano. Oggi vive a Beirut, ed è
incaricato di portare gli aiuti economici ai conventi francescani
colpiti duramente dalla guerra. Una vera e propria “staffetta della
carità” che porta aiuto a migliaia di famiglie in difficoltà.
Fra
Simon, cosa state facendo oggi per aiutare la popolazione siriana?
Per
come possiamo stiamo cercando di mandare avanti i nostri centri di
aiuto. Solo ad Aleppo prestiamo soccorso a 18.000 famiglie, lavorando
insieme alla chiesa maronita, caldea, con gli armeni, i greci e anche
gli ortodossi. Siamo tutti uniti e tesi ad aiutare chiunque sia in
difficoltà.
Come
fa concretamente ad arrivare in Siria e consegnare aiuti?
Quando
ho la possibilità, arrivo alla frontiera siriana e lì mi aspettano
persone di fiducia che mi garantiscono la sicurezza del passaggio. Ma
una volta in Siria, devo stare molto attento. Non posso andare
nell’Oronte e ad Aleppo, è troppo pericoloso. Da un anno non
abbiamo più notizie dirette dei frati che vivono lì. So che in quei
conventi manca acqua, elettricità e il telefono, le uniche notizie
che mi arrivano sono di alcuni amici siriani fidati che riescono in
qualche modo a portare loro qualche soldo e dei viveri.
In
che condizioni si trovano i cristiani in Siria?
Stanno
vivendo un momento drammatico. O ti converti all’Islam, o lasci il
Paese. Ho ritrovato molti di loro in Libano, perché hanno preferito
lasciare la casa e tutto quello che avevano piuttosto che rinnegare
la propria fede. Alla rivolta i cristiani non piacciono. Gli insorti,
in particolare le frange jiadiste, sognano la nuova Siria senza di
loro.
Cosa
è chiesto ai frati che vivono in Siria?
Ai
frati è chiesta la testimonianza fino al martirio. Se decidessero di
andare via, per i cristiani sarebbe un duro colpo. Non avrebbero più
un punto di riferimento. Se i frati continuano a stare lì, allora
anche tutte le persone aiutate – e sono tante – continueranno a
vivere con loro. Perché quando questa guerra sarà finita, allora
tutti dovranno rimboccarsi le maniche per ricostruire un Paese
devastato.
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