14/06/2014
“C’è il rischio di dimenticare le sofferenze che non ci
toccano da vicino. Reagiamo, e preghiamo per la pace in Siria”.
Con questo tweet il Papa torna oggi a richiamare l’attenzione del mondo su un Paese martoriato da più di 3 anni di guerra e che anche dopo le elezioni presidenziali d’inizio mese continua a vivere spaccature e scontri tra ribelli e lealisti. Almeno 30 i miliziani uccisi oggi a Mayaden al confine con l’Iraq. Sull’appello del Papa alla preghiera e a non dimenticare, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di una suora trappista, raggiunta telefonicamente in Siria:
Con questo tweet il Papa torna oggi a richiamare l’attenzione del mondo su un Paese martoriato da più di 3 anni di guerra e che anche dopo le elezioni presidenziali d’inizio mese continua a vivere spaccature e scontri tra ribelli e lealisti. Almeno 30 i miliziani uccisi oggi a Mayaden al confine con l’Iraq. Sull’appello del Papa alla preghiera e a non dimenticare, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di una suora trappista, raggiunta telefonicamente in Siria:
R. – Penso che il rischio di dimenticare ci sia, anche se ci
sono tantissime persone che con molta generosità continuano ad aiutare. Il
problema è che certe situazioni si stanno cronicizzando: la divisione del
territorio con zone controllate dai fondamentalisti, altre dal governo, il
continuo invio di armi… Il rischio che questa cosa diventi cronica e che ci si
abitui, è molto forte.
D. – Il Papa parla proprio di sofferenze: quanto sta ancora
soffrendo e in che cosa la popolazione siriana?
R. – Dipende da zona a zona, ma tutti stanno soffrendo.
Nelle zone dove la situazione è un po’ migliore c’è comunque una sofferenza di
instabilità, i giovani non hanno prospettive di studio. Poi, ci sono zone come
Aleppo, senz’acqua da 15 giorni e senza elettricità, dove la sofferenza è
davvero reale. I nostri amici che sono là ci raccontano che sono proprio alla
fame, con questi proiettili che cadono continuamente alla cieca, si esce e non
si sa se si ritorna, gente a cui manca il necessario per vivere e i salari che
non sono sufficienti… Quindi, c’è una sofferenza materiale e una sofferenza
morale, molto forti.
D. – Il Papa dice: “Reagiamo”. La reazione in che termini
dovrebbe essere?
R. – Io direi che la reazione richieda darsi da fare. Non
basta reagire con dei luoghi comuni, altrimenti si rischia di fare peggio.
Bisogna veramente avere a cuore la situazione, cercare di capire le cose che
sono in gioco e che sono complesse, solo così si possono trovare le
soluzioni.
D. – Una preghiera per la pace in Siria, sempre necessaria
per il Papa, che ha pregato in una giornata memorabile per la pace in tutta
l’area mediorientale con grande coraggio. Vi è arrivata quella testimonianza?
R. – Direi che arriva, arriva anche a tutti, non solo a noi.
Proprio ieri un musulmano mi diceva: “Io sono musulmano, ma penso che il Papa
sta facendo tantissimo per noi e per la Siria con immensa gratitudine”. Quindi,
direi che arriva proprio a tutti. E' necessario, perché credo che certe cose si
risolvano veramente solo con uno sguardo di preghiera, perché la preghiera poi
è anche un’azione e cambia il modo di vedere le cose: ti dà modo di capire cosa
fare, come intervenire e come ascoltare questa gente.
D. – Ed è un appello, quello del Papa, valido per tutti?
R. – Certo, io penso di sì. Ci sembra che ci si ritrovi
sempre più insieme davanti al Dio Creatore e davanti al bene che è nel cuore di
ogni uomo. Penso che il Papa in questo abbia fatto fin dall’inizio un appello
proprio all’uomo in quanto tale.
D. – Nel vicino Iraq è in atto un’offensiva di tipo
integralista islamica, che sta spaventando il mondo intero. Voi siete al
confine e gli integralisti sono presenti in alcune località della Sira. Che
effetto vi fa questa notizia? C’è timore, ci sono delle reazioni?
R. – Certamente, la cosa ci ha molto preoccupato, proprio
perché si sta creando una zona, una vasta fascia di territorio continuo che
ormai è in mano ai fondamentalisti. Questo da una parte non sorprende tanto,
soprattutto i siriani, perché già da tempo vedevano questo avanzare, questo
modo di frammentare la nazione in zone sotto il controllo di diverse parti. Da
una parte non è una sorpresa quindi. Dall’altro preoccupa e spaventa, perché
adesso è veramente una presenza imponente e anche molto attiva, i combattimenti
si stanno inasprendo.
A fronte di questo, c’è stata la grossa sorpresa di questo voto che non era affatto scontato. Poteva essere scontato il risultato, ma non certo il tipo di unanimità. Credo che la gente abbia voluto dire: “Vogliamo insieme ricostruire il nostro Paese! Vogliamo la pace, vogliamo la sicurezza!”.
A fronte di questo, c’è stata la grossa sorpresa di questo voto che non era affatto scontato. Poteva essere scontato il risultato, ma non certo il tipo di unanimità. Credo che la gente abbia voluto dire: “Vogliamo insieme ricostruire il nostro Paese! Vogliamo la pace, vogliamo la sicurezza!”.
D. – Un califfato jihadista in un Paese come l’Iraq mette a
repentaglio la vita dei cristiani. Da cristiana, se succedesse una cosa del
genere sul suo territorio?
R. – Quello che conosciamo anche dei sunniti, dei siriani e
di tutti i cristiani, musulmani, la Siria non è mai stato un Paese dove il
fondamentalismo ha preso piede. La gente ha un’altra anima. Chiaramente, la
paura di fronte ad un integralismo c’è, perché è un integralismo reale,
evidente ed armato. Però, preghiamo.
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