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sabato 24 agosto 2024

Padre Daniel scrive dalla Siria: sulla attualità della dottrina sociale biblica


 Cari amici.

Ogni giorno siamo bombardati da promesse solenni dei leader mondiali e da decisioni di vasta portata da parte di organizzazioni mondiali che privano spudoratamente la popolazione della libertà, della proprietà, della dignità e della vita. Le conseguenze disastrose diventano ogni giorno più chiare.

La recente politica anti-coronavirus ne è un chiaro esempio. La paura era infondata e ha portato i governi a giustificare uno sconvolgimento totale della società. Mentre la vita sociale veniva semplicemente bloccata e un numero sproporzionato di persone moriva, cadeva in povertà, si ammalava e si deprimeva, il potere e la ricchezza personale di pochi super-ricchi crescevano di miliardi di dollari.

Anche le autorità ecclesiastiche hanno partecipato pedissequamente e hanno convenuto che fosse abolito ogni rispetto per una dignitosa celebrazione della fede cristiana. Anche nei giorni festivi non si sono svolte celebrazioni liturgiche o con un numero molto ridotto di partecipanti, a distanza gli uni dagli altri, con mascherine, senza acqua santa, senza la Santa Comunione...

I principali leader mondiali e le organizzazioni mondiali hanno perso il loro credito. Le loro politiche sembrano mirare a distruggere la libertà e la dignità dei cittadini, soprattutto dei più deboli (i non ancora nati, gli anziani, i disabili), delle famiglie, delle piccole imprese e degli stessi Stati. Le belle dichiarazioni sui diritti di ogni persona ormai valgono solo un pezzo di carta. No, per loro non si trattava della vita, della salute, della dignità e della libertà dei cittadini in una società felice e prospera. Le risorse della terra sono più che sufficienti a questo scopo se vengono distribuite equamente ed estratte attraverso gli sforzi sinceri delle persone. Invece l'obiettivo si è rivelato essere: ammalare e ridurre la popolazione mondiale nel modo più efficiente possibile per ridurre in modo dittatoriale gli schiavi rimasti. E ora più che mai, questo sembra essere l’obiettivo dei maggiori leader mondiali e delle organizzazioni mondiali, confezionato nel Nuovo Ordine Mondiale con il bellissimo slogan: “Non possederete nulla e sarete felici”. Chi ci casca ancora?

È tempo che i cristiani riacquistino la propria dignità e difendano la dignità e la libertà dei loro concittadini, basandosi sulla ricchezza indistruttibile della fede cristiana, che scaturisce dalla Parola di Dio, dall'Antico e dal Nuovo Testamento. È la base sia della fede che della moralità. La stessa vita cristiana è una chiamata ad una vita sociale giusta.

Ecco come la dottrina sociale della Chiesa emerge dalla Scrittura stessa. Dall'Antico Testamento restano in vigore le “Dieci Parole/Comandamenti” come comandamenti di Dio per tutta l'umanità (cfr Esodo 20). Al centro del Deuteronomio c'è la confessione solenne: “Ascolta, Israele. Solo il Signore è il nostro Dio. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze» (Deuteronomio 6:4). Dove Dio non è riconosciuto, non c’è posto neanche per l’uomo. Inoltre, questo libro è un appello alla bontà, alla gentilezza, alla misericordia e all’umanità.

I profeti agiscono ogni volta che vengono calpestati i diritti di Dio o dell'uomo. Laddove le persone sono completamente assorbite dalle proprie attività e dai propri progetti, i profeti le indicheranno il loro primo dovere, vale a dire onorare e riconoscere Dio. E quando le persone saranno accecate dalla loro stessa liturgia, renderanno chiaro che lo sfruttamento e l’oppressione degli altri esseri umani non possono essere coperti offrendo pii sacrifici. Amos è un profeta “sociale” speciale, che merita a volte di essere presentato a parte.

Un discorso a parte merita anche il “tempo dei giudici” : “A quel tempo non c'era nessun re in Israele; ognuno faceva quello che credeva bene” (Giudici 21,25). È un tempo di guerra e di molta miseria. L’autorità si fonda su accordi fin troppo umani senza il riconoscimento di Dio. Ora la chiamiamo “democrazia” (?!). La società, però, è chiamata ad essere governata da un re che riconosca l'autorità di Dio! Se una società non riconosce l'autorità di Dio, non viene rispettata nemmeno la dignità dell'uomo. Da ciò derivano tutti i tipi di miseria. «Al tempo del giudizio dei giudici ci fu nel paese una carestia» (Rut 1,1). Il tempo dei Giudici abbraccia diversi secoli. Questa espressione quindi non indica un'indicazione temporale precisa, ma descrive una situazione. E cosa otteniamo adesso? Questo è il culmine di ogni miseria. Nella “terra promessa” dove scorre latte e miele c’è la carestia! Questo è il risultato delle “considerazioni umane” del “tempo dei giudici”, che non riconoscono l'autorità di Dio. Nella Scrittura c’è una differenza essenziale tra un “Giudice” e un “Re”. Il Re d'Israele è Dio. Chi ben governa in suo nome sarà il suo strumento, cioè la personificazione vivente della Legge, che, soprattutto, provoca il rispetto della Volontà di Dio.

Il primo fondamento biblico della dottrina sociale è la dottrina della creazione. Da ciò si comprende la dignità inalienabile di ogni essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, che come Trinità è esso stesso “comunità”. Essendo l'unica creatura sulla terra, porta per sempre dentro di sé lo spirito divino della vita: coscienza, ragione e libero arbitrio. L'uomo e la donna sono uguali in dignità, ma si distinguono per la loro differenziazione sessuale e hanno ciascuno la propria individualità, per cui partecipano misteriosamente alla potenza creativa quasi illimitata di Dio. L'uomo è chiamato a prendersi cura dell'altro in una relazione d'amore e a godere della creazione che gli è stata affidata. La creazione è per l'uomo, non il contrario.

Notizie della Comunità

- Il 15 agosto abbiamo celebrato l' Assunzione della Madonna. Il nome originale è Dormitio o Dormizione di Maria. Così si chiama ancora la festa qui in Oriente (η Κοιμησις της Θεοτοκου). Secondo un'antica tradizione, Maria morì sul monte Sion tra gli apostoli. La fede insegna che fu assunta in cielo, in corpo e anima. L'imperatore Augusto (63 a.C. – 14 d.C.) volle che anche la festa agricola estiva del 15 agosto fosse una festa in suo onore. La nostra parola "raccolta" deriva da agosto. Abbiamo celebrato questa festa bizantina nel modo più festoso possibile.

- Grazie ai pannelli solari ora abbiamo energia elettrica sufficiente. Nel nostro clima desertico, devono essere regolarmente ripuliti dalla polvere per generare elettricità ottimale.

- Nel nostro laboratorio a Qara, le attrezzature ospedaliere sono ora realizzate in fibra di vetro e poliestere a meno di 1/6 del prezzo normale! Si tratta delle testate da letto, posti sopra il letto d'ospedale alle quali è fissato un collegamento per l'ossigeno o per il vuoto. C'è anche la possibilità di collegare un monitor con manometro, alcune prese o anche uno schermo con connessione internet con braccio che il paziente può utilizzare per chiamare la sua famiglia (la maggior parte degli anziani in Siria ha gran parte dei propri figli all'estero) . Una testiera del genere costa un sacco di soldi, soprattutto perché è importata. L’embargo la rende ancora più costosa. Il nostro laboratorio di vetroresina/poliestere ha quindi pensato di produrre noi stessi queste testate letto, realizzate a Qara, in Siria. A destra e a sinistra gli attacchi per vuoto e ossigeno, a destra due prese e un piccolo schermo su cui è possibile leggere le misurazioni del livello di ossigeno, della frequenza cardiaca e della pressione. Diverse lampade al centro. I monitor possono essere collegati alla traversa in alluminio.

- La Siria continua a chiedere agli Stati Uniti di abbandonare l’occupazione illegale e le basi militari nel nord del paese. Gli Stati Uniti vogliono che il mondo creda che sono lì per combattere il terrorismo quando è vero il contrario. Da qui, gli Usa sostengono i gruppi terroristici per compiere attacchi a Deir Ezzor, Hasaka e Qamisli. Ogni settimana rubano da qui il petrolio tanto necessario al popolo siriano. Di conseguenza, il popolo siriano soffre sempre più la fame e il freddo. Questa è una palese violazione della sovranità, dell’unità e dell’integrità territoriale della Siria. È un attacco immorale e disumano al popolo

- Il 12 agosto, una grande statua della Madonna dell’Est è stata eretta su una montagna alta 60 metri a ovest di Homs. Contemporaneamente qui sono stati eretti una chiesa, un ricovero e un parco con 12.000 rose. Il tutto è stato finanziato da Khalil Nakad e realizzato dall'ingegnere Shafiq Darwish.

 Secondo la credenza comune, la Madonna unisce tutti i siriani di tutte le fedi. L'intenzione è che diventi un luogo di pellegrinaggio e che ravvivi anche economicamente la regione. 




P. Daniel, Mar Yakub, Qâra, Siria, 16.8.2024

lunedì 19 agosto 2024

Futuro incerto: i cristiani del Medio Oriente dopo il 7 ottobre 2023

 A message from His Beatitude Cardinal Pierbattista Pizzaballa, Latin Patriarch of Jerusalem, to our parishes in the Holy Land.

     https://x.com/LPJerusalem/status/1815401417290440866/video/1

Descrizione
Ogni volta che il Medio Oriente è stato segnato da conflitti, una delle conseguenze più immediate è stata la diaspora dei cristiani. In questo episodio, analizziamo il futuro dei cristiani della regione dopo il drammatico 7 ottobre 2023, data d'inizio della guerra tra Israele e Hamas.
https://www.spreaker.com/organization/terra-santa-edizioni--12541461



giovedì 15 agosto 2024

Il Libano sull'orlo dell'abisso


 di padre Gabriel Hachem*

Agenzia Fides

  Dallo scoppio della guerra civile nel 1975 a oggi il Libano, piccolo Paese mediorientale, non ha mai conosciuto pace e stabilità. La popolazione, compresi i cristiani, ha resistito e continua a resistere. Ma dal 7 ottobre e dall'inizio della guerra a Gaza e Israele, considerato il conflitto con Hezbollah, che ha in mano il destino del Paese e decide della guerra e della pace, la situazione è diventata infernale, non solo nella regione meridionale, vicino al confine con Israele, ma in tutto tutto il Libano, con una paralisi economica e politica che rischia di mettere in pericolo l'identità stessa del Paese.

Il Libano è da quasi due anni senza Presidente, carica istituzionale che nel sistema libanese spetta ai cristiani e rappresenta un simbolo di convivenza e rispetto della pluralità. Anche il governo si è dimesso, i ministeri si occupano solo degli affari correnti in un momento in cui il Paese ha più che mai bisogno di decisioni per il suo futuro, la sua identità e la sua stabilità.

La posta in gioco politica regionale e internazionale complica la causa libanese e lascia la popolazione nell'incertezza e nell'angoscia. I giovani, sia musulmani che cristiani, si affrettano a lasciare il Libano per cercare rifugio e un futuro migliore all'estero. I genitori, che spesso non hanno mezzi economici propri a causa della crisi finanziaria e bancaria che ha colpito il Paese quasi cinque anni fa, aspettano aiuto e solidarietà dai figli o da associazioni caritatevoli e ONG per comprare le medicine e fare fronte ai bisogni primari di sopravvivenza.

Nonostante i tentativi, la diplomazia vaticana non è riuscita a convincere i leader dei Partiti politici cristiani a trovare un accordo su un candidato alla presidenza e a porre fine al caos attuale. Le varie Chiese stanno lavorando attraverso le loro associazioni sociali e caritative per sostenere la popolazione. Ma ai libanesi manca soprattutto un segno di speranza che preannunci la fine della corruzione, della violenza, della guerra e dell'instabilità. Nel frattempo, coloro che non sono riusciti a uscire dalla crisi finanziaria lottano per sopravvivere, mentre altri che sono riusciti a regolarizzare la propria situazione finanziaria e ad adattarsi alla dollarizzazione approfittano dell'opportunità per rilassarsi cercando relax e aria fresca in montagna.

L'estate è un buon momento per gli incontri delle famiglie divise dall'emigrazione, ma quest'anno anche questa bella consuetudine è stata stravolta. Chi era venuto da lontano per sostenere le proprie famiglie e trascorrere le vacanze con loro è dovuto ripartire in fretta e furia a causa della situazione e in seguito agli appelli dei Paesi occidentali a lasciare il Libano, che rischia di diventare teatro di guerra. Altri hanno portato le loro famiglie all'estero per far vivere ai propri cari un momento di riposo e di tregua. L'ansia regna e l'incertezza sembra essere stata incoronata regina della situazione.

La paura regna ovunque e su tutti. I genitori rimasti con i figli e i giovani sono in ansia per le tasse scolastiche e universitarie, per il costo esorbitante delle assicurazioni mediche e delle medicine, per il costo della vita, per la guerra, per la distruzione, per l'ignoto... Tuttavia, il 2 agosto, la beatificazione del Patriarca Douaïhy è stata un momento di preghiera, di speranza e di serenità.

Che i santi libanesi e Nostra Signora del Libano possano vegliare su questo Paese in questo momento di estrema difficoltà. 


* sacerdote, teologo dell’Université Saint-Esprit di Kaslik, membro della Commissione Teologica Internazionale

martedì 13 agosto 2024

Richiesta dal Card. Pizzaballa nella Festa dell'Assunzione

 

Carissimi fratelli e sorelle,

il Signore vi dia pace!

Sono passati già molti mesi dall’inizio di questa terribile guerra. Non solo la sofferenza causata da questo conflitto e lo sgomento per quanto sta avvenendo sono ancora integri, ma sembrano anzi essere continuamente alimentati da odio, rancore e disprezzo che non fanno che aumentare la violenza e allontanare la possibilità di individuare soluzioni.

È sempre più difficile, infatti, immaginare una conclusione di questo conflitto, il cui impatto sulla vita delle nostre popolazioni è il più alto e doloroso di sempre. È sempre più difficile trovare persone e istituzioni con le quali sia possibile dialogare di futuro e di relazioni serene. Sembriamo tutti schiacciati da questo presente impastato da così tanta violenza e, certo, anche da rabbia.

Questi giorni, comunque, sembrerebbero essere importanti per riuscire a dare una svolta al conflitto e fra questi in particolare il 15 agosto, che per noi è il giorno della solennità dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo.

In quel giorno, dunque, prima o dopo la celebrazione dell’Eucarestia, o in un momento che si terrà opportuno, invito tutti, ad un momento di preghiera di intercessione per la pace alla Vergine Santissima Assunta in cielo. Desidero che parrocchie, comunità religiose contemplative ed apostoliche, e anche i pochi pellegrini presenti tra noi, si uniscano nel comune desiderio di pace che affidiamo alla Vergine santissima.

Dopo avere speso tante parole, infatti, e dopo avere fatto il possibile per aiutare ed essere vicini a tutti, in particolare a quanti sono colpiti più duramente, non ci resta che pregare. Di fronte alle tante parole di odio, che vengono pronunciate troppo spesso, noi vogliamo portare la nostra preghiera, fatta di parole di riconciliazione e di pace.

Allegata alla presente vi allego una preghiera alla Vergine Assunta, che vi invito ad usare nel giorno di questa solennità.

Preghiamo perché, in questa lunghissima notte che stiamo vivendo, l’intercessione di Maria Santissima apra per tutti noi e per il mondo intero uno squarcio di luce.

Con l’augurio di ogni bene

+Pierbattista Card. Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini


Supplica per la pace alla B.V. Maria Assunta al Cielo 

Gloriosa Madre di Dio,  innalzata al di sopra dei cori degli angeli,  prega per noi con san Michele arcangelo  e con tutte le potenze angeliche dei cieli  e con tutti i santi,  presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e maestro. 

Ottieni per questa Terra Santa, per tutti i suoi figli e per l’umanità intera il dono della riconciliazione e della pace. 

Che si compia la tua profezia: i superbi siano dispersi  nei pensieri del loro cuore; i potenti siano rovesciati dai troni,  e finalmente innalzati gli umili; siano ricolmati di beni gli affamati,  i pacifici siano riconosciuti come figli di Dio e i miti possano ricevere in dono la terra. 

Ce lo conceda Gesù Cristo, tuo Figlio,  che oggi ti ha esaltata  al di sopra dei cori degli angeli,  ti ha incoronata con il diadema del regno,  e ti ha posta sul trono dell'eterno splendore.  

A lui sia onore e gloria per i secoli eterni. Amen


https://www.lpj.org/it/news/requesting-from-hb-on-the-feast-of-the-assumption

lunedì 12 agosto 2024

Joseph ci racconta il suo viaggio ad Aleppo


Il viaggio in Siria era una vacanza attesa per me e i miei due figli che da poco hanno perso la loro mamma.

Siamo partiti per Beyrut dall’aeroporto di Venezia via Istambul, poiché non ci sono voli diretti Italia – Siria, e abbiamo proseguito via terra. Il tassì di linea che trasporta passeggeri tra Libano e Siria ci attendeva all’aeroporto. Per raggiungere Aleppo, la nostra prima tappa e mia città natale, abbiamo impiegato sette ore, compreso il tempo per attraversare le frontiere. Alla frontiere siriana non ci sono state difficoltà per il controllo dei passaporti, ma come cittadini siriani abbiamo dovuto cambiare cento dollari in lire siriane, misura presa per versare un contributo in valuta straniera al Paese disastrato dall’altissima inflazione monetaria. Lungo il tragitto abbiamo incontrato spesso dei posti di blocco dell’esercito. 

Siamo arrivati ad Aleppo alle sette di sera e mi ha colpito la grande animazione della città, anche se non tanto pulita. Osservando i passanti sembrava che tutta la popolazione si fosse riversata nelle strade senza una meta. I cittadini, che sembrano tranquilli e non sentirsi in pericolo, amano uscire di casa, andare nei caffé e trascorrere le serate estive in compagnia anche dopo la mezza notte. 


 L’inflazione ha raggiunto ultimamente un livello esagerato e la maggior parte delle famiglie non può acquistare generi di prima necessità. 1 euro, che prima della guerra si cambiava per 50 lire siriane, adesso ne vale 16 mila e uno stipendio mensile basta solo per cinque giorni. Le organizzazioni religiose e diverse ONG sono una aiuto fondamentale per tanta gente che fa lunghe file per ricevere magari un po’ di cibo. Ringrazio alcuni Italiani che mi hanno affidato del denaro per consegnarlo ai bisognosi. 

La corrente elettrica arriva per 2 ore in 24 ore e chi ne ha i mezzi si fornisce di corrente privatamente pagando un abbonamento settimanale, ma gli altri restano senza corrente. Si stanno diffondendo i pannelli solari: un progetto costoso realizzabile con contributi caritatevoli e per mezzo dei familiari che risiedono all’estero. Il 50 % del popolo vive della borsa alimentare e aspetta l’aiuto delle associazioni che contribuiscono alla cura di gravi malattie, all’acquisto dei farmaci e alle spese per gli studi universitari. 

Siamo rimasti due settimane ad Aleppo, che fino alle 11.00 del mattino sembra una città deserta con negozi chiusi e ogni attività sospesa. Quando alle 11.30 arriva la corrente, si aprono i negozi e comincia il movimento nelle strade, soprattutto dei giovani, fino a notte inoltrata, come ho già raccontato all’inizio. Le parrocchie con grandi spazi hanno aperto dei bar e piccoli ristoranti frequentati dalle famiglie della comunità cristiana, che pagando prezzi ragionevoli vi trascorrono le serate. Diciamo quindi che la città si sveglia tardi e dome tardi.

Ho cercato i miei amici per andare a trovarli. Tanti hanno lasciato il Paese, ma alcuni sono rimasti; insieme abbiamo trascorso una serata in un ristorantino e come tutti hanno ripetuto che ‘’la vita qua non ha prospettive e avete fatto bene a partire perchè chi è rimasto in questo Paese cerca di sopravvivere quando non è possibile vivere’’. Osservando le facce della gente e alcuni conoscenti del passato, dopo questi anni di guerra le loro facce sono come fiori appassiti, siano donne o uomini.

Nelle due settimane vissute in Aleppo non ho trovato differenza tra un giorno e l’altro, però ho potuto trascorrere le mie vacanze con i parenti e pochi amici.

Il mio Paese di origine è comunque bello nonostante tutto e camminando per le strade anche i muri degli edifici ti parlano e ti senti nel posto giusto. Amin Maalouf, uno scrittore libanese immigrato in Francia, dice nel suo romanzo I disorientati: ‘’Il tuo Paese sarà sempre un Paese di fazioni, di disordine e di favoritismi, ma è anche il Paese del gusto della vita, del calore umano, della generosità e dei tuoi amici più veri.’’

Queste parole mi riempiono di gioia e sono un motivo per cui ogni anno vi faccio ritorno.

giovedì 8 agosto 2024

Il riavvicinamento di Erdogan ad Assad potrebbe segnare la fine della guerra in Siria

Mentre la Turchia cerca di unirsi alle nazioni arabe nella normalizzazione delle relazioni con Damasco, gli Stati Uniti dovrebbero prepararsi a lasciare la Siria

Joshua Landis e Hekmat Aboukhater, 29 luglio 2024

Traduzione dall’inglese di Maria Antonietta Carta

Le aperture della Turchia al presidente siriano Bashar al-Assad, la riammissione della Siria nella Lega araba, l'elezione del riformista iraniano Masoud Pezeshkian e la guerra infinita a Gaza indicano la necessità per gli Stati Uniti di ricalibrare la propria politica sulla Siria. Washington deve accettare il fatto che l'intera regione sta normalizzando le relazioni con Damasco e Assad. L'attuale politica degli Stati Uniti basata sul cambio di regime a Damasco è fallita. La risoluzione 2254 delle Nazioni Unite, che chiede una transizione democratica in Siria per portare l'opposizione siriana al potere, non ha alcuna possibilità di successo così come il progetto di separare la Siria dall'Iran. Non è più realistico il tentativo di stabilire un'enclave curda quasi indipendente nel nord-est della Siria, osteggiato da tutti i suoi vicini più potenti e in particolare dalla Turchia. Ognuna di queste tre politiche (cambio di regime, arretramento dell'Iran e preservazione di uno staterello curdo nel nord-est della Siria) si basava sul successo del cambio di regime a Damasco. Oggi, nessuna di queste ha senso. Con una presenza limitata di 900 soldati, Washington ha aiutato le Forze Democratiche Siriane (SDF), milizia guidata dai Curdi, a mantenere il controllo su un quarto della Siria nord-orientale , granaio e riserva petrolifera del Paese. Mentre l'intento iniziale era la lotta all'ISIS, la nuova politica tacita è ora quella di "ripristinare" l'Iran bloccando il principale anello della catena dell'"Asse della resistenza": la Siria. Con l'elezione di Pezeshkian, che ha indicato apertura verso l'Occidente e il desiderio di impegnarsi nuovamente con gli Stati Uniti in materia di trattato nucleare e sanzioni, Washington dovrebbe andargli incontro a metà strada.

Erdogan accetta la vittoria di Assad

Attraverso il suo confine meridionale, la Turchia, il più grande attore straniero nella guerra, aveva stabilito quella che oggi è conosciuta come la "Jihadi Highway". Questa rotta coordinata facilitò i viaggi dei terroristi dagli aeroporti internazionali turchi alle città di confine e l’introduzione di armi in Siria. Daghestani, tunisini, britannici e altri, vi confluirono per unirsi all'ISIS e ad altre formazioni jihadiste con la benedizione turca. Le conseguenze indesiderate del sostegno di Erdogan ai combattenti islamici si sono presentate alla sua porta. Ondate di rifugiati hanno attraversato il confine verso la Turchia in fuga dalla guerra civile siriana. Oggi, la Turchia sta lottando con tensioni sociali esacerbate dalla presenza di 3,7 milioni di rifugiati siriani nel Paese. Nonostante abbia ricevuto più di 11 miliardi di dollari dall'UE e dagli Stati Uniti per gestire la crisi dei rifugiati, Erdogan ha recentemente deciso che è giunto il momento per la loro partenza. Oltre alla questione dei rifugiati, egli ritiene inaccettabile lo status quo mantenuto dagli Stati Uniti nel nord-est della Siria. Il presidente turco ha chiarito che considera una condanna un'altra regione curda indipendente al confine meridionale del suo Paese, e nel 2017 e nel 2019 ha dimostrato quanto fosse disposto ad arrivare per bloccarla: l'operazione 'Scudo dell'Eufrate' e la ' Sorgente di pace', pubblicizzate come impegni essenziali per la sicurezza nazionale turca, hanno visto l'esercito turco invadere la Siria settentrionale e interrompere i collegamenti tra i tre cantoni curdi di Afrin, Kobani e Jazireh. Dopo aver sostenuto la rimozione di Assad per 12 anni, Erdogan riconosce ora che il presidente siriano è inamovibile e lo preferisce sul suo confine meridionale a un'enclave curda indipendente. Di conseguenza, questo luglio, Erdogan ha invitato Assad a una visita di stato ufficiale a Istanbul. Si è offerto di invitare i Russi come mediatori e ha affermato che è possibile una piena normalizzazione diplomatica tra i due Paesi. Sebbene Assad si rifiuti di incontrare Erdogan senza prima ricevere l’impegno che la Turchia ritirerà le sue truppe dal territorio siriano, ha dimostrato il suo interesse per questa eventualità. Egli è ansioso di ristabilire la sovranità siriana sulle terre che ha perso a causa delle forze ribelli e degli eserciti stranieri. Una ripresa del commercio con la Turchia fornirebbe anche un'ancora di salvezza tanto necessaria alla malata economia siriana.

Assad è anche ansioso di avere un alleato nell'imminente confronto con i Curdi sostenuti dagli USA nel nord-est della Siria e cerca di sfruttare la minaccia di un'invasione turca nel territorio controllato dalle SDF per negoziare un accordo con i Curdi siriani. Assad ha chiarito che non permetterà ai Curdi di mantenere il proprio esercito, un risultato che essi non accetteranno mai finché le forze statunitensi rimarranno nel nord-est della Siria per garantire la quasi indipendenza della regione. Washington, tuttavia, non può tenere le sue truppe in Siria per sempre e ha chiarito ai Curdi che non li aiuterà a stabilire uno Stato indipendente. Con la nuova amministrazione statunitense che prenderà il potere nel 2025, è giunto il momento del loro ritiro

Decisioni critiche per Washington

Mentre la guerra a Gaza si avvicina al primo anniversario, la politica e la credibilità degli Stati Uniti in Medio Oriente sono in netto declino. L’ira turca contro gli Stati Uniti è aumentata da quando hanno iniziato ad armare i Curdi siriani alla fine del 2014. La creazione di una regione autonoma guidata dai Curdi nel nord-est della Siria poco dopo, seguita dalla creazione delle Forze democratiche siriane (SDF) armate e addestrate dall’esercito USA, ha solo esacerbato la situazione. Gli Stati Uniti hanno una opportunità, usando la revoca delle sanzioni per ottenere un accordo favorevole firmato tra le SDF e il governo siriano. In un tale accordo, i Curdi manterrebbero un minimo di autonomia in cambio del ripristino della sovranità da parte del governo siriano. Dopo tutto, i Curdi siriani preferiranno sempre vivere sotto il governo siriano piuttosto che sotto quello della Turchia. Inoltre, gli Assad hanno sempre fatto affidamento sui Curdi per tenere a bada le tribù arabe della regione. Il presidente Assad ha bisogno dei Curdi per governare il nord-est proprio come ha bisogno di loro per garantire che né al-Qaeda né l'ISIS ritornino. In breve, c'è un accordo da fare tra i Curdi e Damasco; gli Stati Uniti possono usare la loro influenza per assicurarsi che sia il migliore possibile. Un ritorno all'accordo di Adana del 1998 tra Siria e Turchia sarebbe il risultato a lungo termine più probabile. Favorito dagli Stati Uniti, esso ha garantito l'unico periodo di stabilità nelle relazioni turco-siriane durante glii ultimi 100 anni. Per quanto riguarda la questione dei rifugiati, considerando i recenti attacchi ai Siriani che vivono in Turchia, il governo USA deve considerare la seguente questione: è nell'interesse degli Stati Uniti che alcuni dei 3,7 milioni di rifugiati tornino in una Siria economicamente forte che ha la scure delle sanzioni economiche allontanata dal collo, o che fuggano da una Turchia sempre più ostile in un viaggio pericoloso su gommoni diretti in Europa, creando così una seconda crisi dei migranti e rafforzando ulteriormente l'estrema destra europea?

La risposta sembra chiara. Allinearsi ai nostri alleati

Un accordo di allentamento delle sanzioni con il governo siriano aiuterebbe a garantire i diritti dei Curdi e, altrettanto importante, stimolerebbe abbastanza l'economia da convincere alcuni rifugiati siriani a tornare e impedire ai residenti siriani di andarsene. Gli Stati Uniti non dovrebbero resistere alla volontà dei loro alleati arabi e turchi che cercano la normalizzazione e il ritorno dei Siriani nella loro patria. Molti degli alleati europei degli Stati Uniti sono anche ansiosi di riprendere le relazioni diplomatiche con Damasco e revocare le sanzioni. Otto Paesi dell'UE hanno recentemente presentato un documento per proporre che l'UE rinnovi i legami diplomatici con il governo di Assad, sostenendo che la politica europea di "cambio di regime" e sanzioni è "fallita". "I passi compiuti finora", sottolineano, "hanno danneggiato principalmente i civili e non il regime e le autorità". I ministri degli esteri chiedono una nuova politica che crei "una realtà in cui i residenti hanno la volontà e l'interesse di rimanere in Siria o tornarci". Solo revocando le sanzioni l'economia siriana potrebbe ricominciare a crescere e la speranza in un futuro più luminoso ad alcuni dei Siriani che vivono in povertà, il 90%. Se gli Stati Uniti continueranno a ostacolare il processo di normalizzazione perseguito dai loro più stretti alleati, Washington verrà spinta fuori dalla regione. Il tentativo di Erdogan di riallacciare la sua antica amicizia con Assad è guidato dal desiderio reciproco di vedere le truppe statunitensi fuori dalla Siria nord-orientale. Gli Stati Uniti danneggeranno solo se stessi e i loro alleati del Golfo e dell'Europa resistendo a questo intento.

Per quanto riguarda l'Iran, gli Stati Uniti devono trovare un accordo. Non sarà facile, ma il nuovo governo riformista guidato da Pezeshkian presenta un'apertura che dovrebbe essere esplorata. La politica degli Stati Uniti nei confronti della Siria è rimasta impantanata nella guerra ombra tra Israele e Iran. A lungo termine, solo una tregua tra i due garantirà la stabilità regionale. Mentre il loro ritiro dalla Siria contribuirebbe a rilanciare l'economia del Paese, a ridurre le tensioni con i nostri principali alleati nella regione e ad alleviare il problema dei rifugiati che sta travolgendo l'Europa.

Fonte:   https://responsiblestatecraft.org/turkey-syria-war/

domenica 4 agosto 2024

Memorie di Siria. Il nonno

artista siriano Boutros-Al-Maari
 

di Maria Antonietta Carta

Si chiamava Mohammad, ma per me fu da subito il nonno. Era un vecchietto minuto e gentile, lieto e sicuro. Da giovane, aveva lavorato come bigliettaio nel primo cinema aperto a Lattakia e di lui parlavano, con simpatia e sorridente affetto, diverse generazioni di ex ragazzi che avevano nutrito la loro immaginazione in quella magica stanza dei sogni.

La prima volta che lo incontrai fu quando decisi di mettermi in cerca delle fiabe siriane. Viveva con sua moglie, costretta a letto da una paralisi, e si prendeva cura di lei e anche del figlio di un nipote: un bimbo di cinque anni con occhi che lasciavano indovinare la serenità di chi trascorre molto tempo in compagnia di una forza tranquilla e gioiosa. Frequentandoli, mi sarei accorta che quei due, il vecchio e il bambino, erano una bella storia d’amore.

Il nonno mi offrì un’accoglienza senza enfasi, ma speciale, calorosa e attenta.

Volle sapere perché mi interessavo alle fiabe e ascoltò le mie risposte con gravità e rispetto. Poi, dopo aver ben riflettuto, accettò di diventare il mio primo narratore. Subito, quello stesso giorno senza indugi si mise a raccontarmi le storie che sapeva. Il mio nuovo viaggio cominciò con lui e compresi immediatamente di aver incontrato un uomo che mai, durante la sua lunga e difficile esistenza, aveva rinunciato a sognare.

Era un narratore incantevole. Aveva una voce evocativa, tenera, commovente, e la gestualità appassionata di chi vive quel che racconta. Egli raccontava anche con gli occhi, con le mani, col capo, con l’anima. Rappresentava ogni situazione, ogni personaggio in maniera palpitante, ma ogni tanto usciva dalla storia e, sollecito, mi chiedeva: ‘’Hai scritto tutto?’’. Ci salutammo con l’intesa di rivederci presto. Dopo alcuni giorni, tornai con il magnetofono. Il nonno, accogliendomi già come una vecchia amica, mi mostrò, fiero, un quadernetto sgualcito e pareva avesse tra le mani un trofeo. Vi aveva segnato un elenco di fiabe ritrovate nella sua memoria. Fece un breve riassunto di una di quelle fiabe cercate per me e mi chiese: ‘’Questa ti piace? Vuoi che te la racconto?’’

A ogni nostro incontro, da allora, avrebbe fatto il riassunto preliminare di qualcuna delle sue storie per sapere se mi conveniva.

Anni prima, era stato operato di un tumore alla gola e quando parlava a lungo la voce gli si faceva rauca.

Io, sentendomi colpevole, gli dicevo:

- Basta, per oggi, nonno.

- No! Dobbiamo finire. - mi rispondeva deciso.

Soltanto quando stabiliva che, finalmente, ci potevamo concedere una pausa, mi ordinava: ‘’ Spegni.’’ Poi si alzava, lasciava la stanza e si assentava per qualche minuto, tornando con un piatto di arance o di mele, secondo le stagioni. Si risedeva con il piatto in grembo, sbucciava le mele o le arance, me le porgeva e io, guardandogli le mani solcate dalla vita, mangiavo la frutta insaporita dalla sua premurosa tenerezza. Egli, intanto, suggeva una caramella per pacificare la gola stanca. Dopo, riprendevamo. Lui a raccontare, io ad ascoltare. Le sue storie, spesso con intrecci complessi come mitici labirinti, mi facevano conoscere metamorfosi di Amore e Psiche specchi della sua terra e Cenerentole che non si accontentavano della magia per realizzare le loro storie d’amore, ma affrontavano prove difficili e altre ne imponevano ai loro innamorati per conquistarsi il diritto alla felicità. Raccontava l’amore con la semplicità che meritano le cose essenziali della vita e le sventure come cammini segnati, e io cominciavo a intravedere un universo d’immagini che, pensavo, doveva essere costato ai nostri progenitori fatica e costante ascolto dei silenzi per riuscire a concepirle.

Quando il silenzio era sacro e si sapeva ascoltarlo.

Quel viaggio nelle ormai arcane costellazioni di simboli e metafore, poetico linguaggio dei pensieri che forse soltanto i vecchi che sanno essere davvero vecchi e i bambini che sono davvero bambini e i poeti che nascono poeti e i folli possono ancora capire pienamente, avveniva dentro un piccolo salotto arredato con poltrone di legno scolpito, minuscoli tavolini ricoperti da arabescati centrini all’uncinetto e un unico quadro di seta nera che, racchiuso in una cornice argentata, adornava le nude pareti bianche di calce.

Sulla seta buia, ricamati a caratteri cufici con fili d’argento lucevano alcuni versetti della sura coranica chiamata Del trono: 

Dio, non vi è dio all’infuori di lui, il vivificante, il sussistente.

né la sonnolenza né il sonno avranno presa su di lui;

a lui appartiene tutto ciò che si trova nei cieli e sulla terra.

Chi potrà intercedere presso di lui, se non con il suo permesso?

Egli conosce ciò che è stato prima e ciò che verrà dopo,

e le sue creature non abbracciano della sua sapienza

se non ciò che egli vuole. Il suo trono si estende per i cieli e la terra,

e non lo affatica la loro custodia. Egli è l’altissimo, l’immenso.  

Si narra che il profeta Muhammad, ispirato dal Signore, avesse detto queste parole ad alcuni uomini che si erano recati da lui per chiedergli come sconfiggere i jinn: creature con poteri tremendi; ed esse, intessute in un quadro, sono diventate numi tutelari delle famiglie musulmane. O un talismano dalle magiche virtù. I versi coranici sembravano vigilare anche nel salottino del nonno. Atto di fede e leggenda che si fondono e confondono.

artista siriano Boutros-Al-Maari

Nei giorni d’estate, entravano dalla finestra aperta i confusi rumori di un quartiere popolare: venditori ambulanti, bambini giocherellanti, muezzin che pregavano, massaie ciarliere. Radio e magnetofoni a volume scatenato spargevano canzoni di Michel Jackson a quell’epoca molto in voga presso i giovanissimi Siriani, poetici canti monodici della divina Umm Kalthum e l’ultima canzonetta urlata della hit parade mediorientale.

Musiche, rumori e voci si mischiavano nell’aria afosa impastata di umidità, e a me, che prima infastidita-stordita da tutto quel frastuono ingarbugliato poi incuriosita vi riflettevo, essi finivano per sembrare simili, nella loro pur grande diversità. Come le fiabe della mia infanzia in Sardegna e quelle che stavo scoprendo in Siria. Il nonno, quando il rumore diveniva intollerabile, smetteva di raccontare, aggrottava per un momento la fronte, infastidito-pensieroso, si alzava senza dire una parola, chiudeva i vetri, tornava a sedersi rasserenato, cercava di schiarire quella sua voce rauca che mi inteneriva e mi stringeva il cuore, poi diceva: ‘’Riprendiamo ma fai attenzione, cara, controlla che non sia finito il nastro.’’

La vita, poi, mi portò nuove vicende e io mi allontanai da lui. Alcune volte, che adesso, come spesso accade dopo le separazioni definitive, mi sembrano desolatamente rare, gli avevo portato altri sacchetti di caramelle ed egli mi aveva offerto, contento, qualche altra storia ritrovata.

Un giorno, seppi che era morto.

mercoledì 31 luglio 2024

Si incendia il Medio Oriente

Iran ha innalzato la bandiera rossa della vendetta

 Piccole Note, 31 luglio

Israele bombarda Beirut, 4 finora i morti ma saliranno, per uccidere uno dei capi di Hezbollah, e assassina il leader di Hamas Ismail Haniyeh in Iran, dove si trovava per la cerimonia di insediamento del nuovo presidente. Tale la risposta di Tel Aviv alla strage dei bambini drusi di Majdal Shams, nel Golan occupato (sulle perplessità circa le responsabilità di Hezbollah sull’eccidio, rimandiamo a Mjdal Shams: cronaca di una strage annunciata).

Risposta fuori registro quella di Israele, foriera di una possibile guerra regionale, che poi è l’evidente obiettivo di Netanyahu. L’uccisione di Haniyeh, peraltro, affossa le speranze di un accordo su Gaza, sia perché tale è lo scopo di assassinare il capo politico di Hamas nel corso dei negoziati, sia perché Heniyeh era il leader più pragmatico e moderato di Hamas e quello che più ha spinto per la trattativa. Peraltro, si è deciso non a caso di assassinarlo in Iran, cioè in una nazione sovrana che lo considerava un alleato: una sfida aperta. Infatti, Khamenei ha dichiarato che il suo Paese reagirà all’omicidio, anche se probabilmente si riferisce a una risposta misurata, almeno a stare a quanto dichiarato dal primo vicepresidente iraniano Mohammad Reza Aref, il quale ha affermato che Teheran non vuole un’escalation del conflitto.

 

Hezbollah top commander Fouad Shukr, aka Haj Mohsen، funerals are expected tomorrow afternoon. Beirut.
The assassination of Ismail Haniyeh took place in northern Tehran by a projectile from the air

Unconfirmed reports that Israel assassinated the leader of the Iranian Revolutionary Guards General Amir Ali Hajizadeh, in Damascus, Syria - according to local media (@Megatron)

I drusi del Golan contro la rappresaglia 

A commento di quanto avvenuto, riportiamo ciò che ha scritto ieri Shakib Ali su Yedioth Aeronoth, avvocato druso che vive in Israele e che si occupa di diritti umani, il quale ha descritto l’immenso dolore della sua gente per la morte dei dodici ragazzi di Majdal Shams, dolore che ha accompagnato il commosso rito funebre successivo

“Tuttavia – scriveva Ali – il silenzio del dolore si è trasformato in rabbia immensa all’arrivo dei ministri e dei membri della Knesset della coalizione di governo, che sono stati accolti con rabbia. Il ministro Bezalel Smotrich ha dovuto lasciare la scena, seguito dai ministri Idit Silman e Nir Barkat. I leader dell’opposizione, giunti a loro volta, ​​sono stati accolti con rispetto e Yair Lapid ha tenuto un breve discorso, ma non durante la cerimonia”.

“Molti dei residenti del villaggio sono apparsi su quasi tutti i media. Alcuni hanno chiesto una risposta immediata e dolorosa, mentre altri hanno esortato alla moderazione, al punto di chiedere di evitare del tutto una rappresaglia. La posizione ufficiale degli sceicchi [drusi], partecipata dalle famiglie delle vittime, è stata di lutto, dolore e accettazione del destino, insieme alla condanna dell’atroce crimine che ha portato all’omicidio dei bambini e alla condanna di qualsiasi danno infitto ai civili, ovunque e da qualsiasi parte.

Posizione coniugata con un chiaro e deciso appello a porre fine alla guerra maledetta che ha portato solo distruzione all’intera regioneLa posizione ufficiale è stata quella di una ferma opposizione a qualsiasi sfruttamento del ‘sangue dei nostri figli’ come leva per qualsiasi fine, di qualsiasi fazione“.

“I drusi delle alture del Golan si rifiutano fermamente di vendicare la morte dei loro cari e si oppongono a qualsiasi risposta israeliana che potrebbe incendiare la regione e portare a una guerra su vasta scala con il Libano, una guerra che potrebbe causare centinaia di vittime [stima molto al ribasso ndr.] da entrambe le parti e devastare soprattutto il Libano, dove vivono pacificamente, come parte del complesso mosaico delle comunità libanesi, più di mezzo milione di drusi”.

“Qualsiasi risposta violenta che danneggi il Libano, danneggerà senza dubbio anche la comunità drusa e i drusi delle alture del Golan non accetteranno di essere giudicati dalla storia come coloro che hanno causato una disastrosa guerra regionale. Qualsiasi risposta mortale da parte di Israele potrebbe scatenare una risposta corrispondente e lo spargimento di sangue non si fermerebbe”.  “Sembra che, per ora, i drusi siano disposti a contenere il disastro, soprattutto perché l’accordo sugli ostaggi [con Hamas ndr.] è sul tavolo e questa volta è più vicino che mai. In passato, Hezbollah ha annunciato che cesserà il fuoco allorquando Israele raggiungerà un accordo nel sud [cioè a Gaza ndr], quindi la possibilità di stabilire la pace nel Nord è a portata di mano: tutto ciò che resta da fare al governo è far avanzare l’accordo, fermare la guerra e riportare indietro gli ostaggi. Nel frattempo, Hamas sta già morendo ed è molto dubbio che si riprenderà mai”.

Invece, il sangue dei bambini drusi è stato usato per innescare una potenziale guerra regionale e l’accordo sugli ostaggi, che avrebbe chiuso la guerra a Gaza e quella con Hezbollah, adesso è più lontano che mai. In una mossa, Netanyahu ha centrato due obbiettivi.

Di interesse anche un articolo del New York Times a firma di Steven Simon dal titolo: “Solo un forte ‘no’ degli Stati Uniti a Israele fermerà un’altra guerra”. Purtroppo, finora da Washington sono arrivati solo insulsi balbettii, che hanno permesso a Netanyahu e ai leader più estremi di Israele di fare tutto quel che volevano. 

Stavolta, però, la posta è più alta: non si tratta solo della vita di centinaia di migliaia di palestinesi – tale la cifra reale delle vittime, tra decessi avvenuti e quelli in fieri – di cui importa poco a tanti in Occidente, soprattutto tra i potenti, ma di una guerra ad altissimo rischio globale, dal momento che, tra le altre cose, incombe anche la variabile atomica.

domenica 28 luglio 2024

L'Italia riprende le relazioni diplomatiche con la Siria

L'Italia nomina ambasciatore in Siria per "accendere i riflettori" sul Paese, afferma il ministro degli Esteri. Tajani ha detto che il nuovo ambasciatore dovrebbe assumere il suo incarico a breve
 

da THE NEW ARAB

"...Stefano Ravagnan, attualmente inviato speciale del ministero degli Esteri per la Siria, è stato nominato ambasciatore. Dovrebbe assumere l'incarico a breve, ha detto a Reuters il ministro degli Esteri Antonio Tajani .

La scorsa settimana l'Italia e altri sette stati dell'UE hanno inviato una lettera al capo della politica estera dell'Unione, Josep Borrell, chiedendo all'Unione europea di svolgere un ruolo più attivo nel paese.

"I siriani continuano ad andarsene in gran numero, mettendo ulteriormente a dura prova i paesi vicini, in un periodo in cui la tensione nella zona è elevata, con il rischio di nuove ondate di rifugiati", si legge nella lettera visionata dalla Reuters .

Insieme all'Italia, la lettera è stata firmata da Austria, Cipro, Repubblica Ceca , Grecia, Croazia, Slovenia e Slovacchia. Deplora "la situazione umanitaria" nel paese che si era "ulteriormente deteriorata" poiché la sua economia è "in rovina".

"Borrell ha incaricato il Servizio europeo per l'azione esterna di studiare cosa si può fare", ha affermato Tajani venerdì, aggiungendo che la nomina di un nuovo ambasciatore era "in linea con la lettera che abbiamo inviato a Borrel ... per accendere i riflettori sulla Siria".

Attualmente sono aperte sei ambasciate dell'UE a Damasco: Romania, Bulgaria, Grecia, Cipro, Repubblica Ceca e Ungheria. Nessuno dei partner del G7 dell'Italia, ovvero Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Francia o Germania, ha reinstallato ambasciatori in Siria.


Riceviamo dall'amico Said il primo commento dei Siriani all'annuncio della storica scelta operata dal nostro governo, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, e come 'OraproSiria' condividiamo con gioia questo nuovo corso dei rapporti con la Siria, tanto auspicato. 
Con la speranza di poter presto tornare a visitare questo meraviglioso Paese, culla delle civiltà.


Siria-Italia, un futuro promettente  

È stato un giorno triste per il popolo siriano quando, nel 2012, nel mezzo delle rivolte che scuotevano il Paese, le ambasciate dei Paesi dell'Unione Europea hanno iniziato, una dopo l'altra, a chiudere i battenti e a lasciare definitivamente Damasco. 

Vista dalla Siria, era facile credere che questa decisione unanime dell'UE fosse provvisoria, date le relazioni storiche tra la Siria e alcuni Paesi europei, in particolare l'Italia. 

Le relazioni tra Siria e Italia risalgono ai tempi dell'Impero Romano, quando la Siria era parte integrante di questo grande Impero europeo.  

La decisione unilaterale dello Stato italiano, indipendentemente dell'Unione Europea, di riprendere le relazioni diplomatiche, coronata dalla nomina di un ambasciatore a Damasco, potrebbe aprire immediatamente i canali del dialogo politico (interrotto dal 2012) per discutere di questioni reciproche e promuovere la pace e la cooperazione, non solo tra i due Paesi, ma tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che un giorno o l'altro dovrebbe trasformarsi in un'oasi di pace e di buon vivere per tutti i popoli della regione. 

Viva il popolo italiano  

Viva il popolo siriano  

Viva la cooperazione economica e soprattutto culturale tra i due Paesi.

Said Adham, giornalista siriano