Un appello per la pace in Siria è stato rivolto da Benedetto XVI nel discorso di stamattina (21 giugno 2012) ai partecipanti all'assemblea della Roaco, l'opera di aiuto per le Chiese orientali che fa parte della Congregazione per le Chiese Orientali. Benedetto XVI ha ricordato che il diritto alla libertà religiosa personale e comunitaria va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio. Per quanto riguarda la Siria il papa si è rivolto alle autorità del paese ed alle istituzioni internazionali affinchè cessi ogni violenza.
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giovedì 21 giugno 2012
Pressante e accorato appello del Papa per la Siria
La riconciliazione fermi una violenza che rischia di coinvolgere l'intera
regione
Da Radio Vaticana 21-06-12
Benedetto XVI chiede che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza” e che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria”. L’accorato appello del Papa è contenuto nel discorso multilingue rivolto ai circa 80 partecipanti all’85.ma Assemblea della Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti stamani in udienza nella Sala Clementina, in Vaticano. La Roaco, lo ricordiamo, si è riunita in assemblea a Roma da lunedì scorso fino a ieri.
Lo sguardo di Benedetto XVI abbraccia la Siria e le sue ferite. Nel discorso alla Roaco, guidata dal suo presidente, il cardinale Leonardo Sandri, anche prefetto della Congregazione per le Chiesa orientali, il Papa chiede aiuto per questo Paese martoriato:
“Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté...
Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione”.
“J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême…
Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini”.
Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza “alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi”.
“Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, …
La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace”.
Il Papa rivolge quindi con forza l’esortazione a perseverare nel movimento di carità che la Congregazione segue affinché la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano “il necessario sostegno spirituale e materiale”. L’attuale congiuntura economico-sociale colpisce, in modo ancora più preoccupante, le aree del mondo più svantaggiate, nota il Pontefice. E questo processo coinvolge in modo particolare l’Oriente, “madrepatria di antiche tradizioni cristiane”, generando “insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso”. “Si tratta di fattori – sottolinea ancora Benedetto XVI – che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza fra i popoli, come pure il rispetto dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”.
Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio”.
Quindi, il Papa ribadisce il richiamo a essere “segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo” e “presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore”. Benedetto XVI ricorda poi che l’Anno della Fede “offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” e chiede l’intercessione di Maria per le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora:
“Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi”.
E il Papa conclude, infatti, con un abbraccio “di padre e di fratello” alla Chiesa e alla nazione libanese.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29387.php?index=29387&lang=it#TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598374
I siriani sono in stato di shock. Hanno paura. Essi temono un "secondo Iraq". Secondo le stime dell'ONU, le rivolte arabe da marzo 2011 ad oggi, eufemisticamente descritte come primavera araba, sono costate oltre 8.000 vite. In Homs, le Brigate Faruq, parte del cosiddetto "esercito siriano libero" hanno massacrato da 350 a 400 persone inermi, secondo informazioni. Fonti ortodosse hanno riferito che queste brigate cacciavano specificamente i cristiani dalle loro case, poi vi si insediavano. Ad oggi, ci sono 230 mila siriani che sono fuggiti dai combattimenti in Homs. Secondo il vescovo Nicolas Sawwaf, il vescovo greco-cattolico, 500 famiglie di profughi hanno cercato rifugio in Marmarita, vicino al confine libanese. Il vescovo ha fatto il possibile per fornire cibo e alloggi temporanei a loro disposizione. I cristiani siriani vedono il futuro con ansia. Anche se rifiutano la brutalità di Assad, temono che il potere passi nelle mani degli estremisti islamici. "I vescovi cattolici mettono in guardia contro una presa di potere da parte degli islamisti. Essi temono un'ondata ancora più grande di assalti e intimidazioni contro i cristiani, come quello che è successo in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein", possiamo leggere una lettera della Pontificia Missione a Beirut.
Su circa 300.000 cattolici caldei che vivono in Siria, 200.000 provengono dall'Iraq! Ora, il vescovo Sawwaf si fa carico non solo dei rifugiati, ma anche di 500 famiglie siriane che hanno bisogno di temporaneo alloggio, vitto e assistenza medica. Mentre i rifugiati musulmani sono supportati da stati arabi come l'Arabia Saudita e Qatar, la Chiesa rappresenta l'unica speranza dei rifugiati cristiani. In totale, circa 1.000 famiglie che aspettano un aiuto esterno.
Rome, Italy, Jun 21, 2012 / 02:03 am (CNA/EWTN News)
Uno dei vescovi cattolici più anziani della Siria crede che il suo paese può ancora ritrovare la strada della pace e di riforma, nonostante la rivolta armata contro il presidente Bashar al-Assad entri ora nel suo 16 ° mese."Per me ci sono due soluzioni," ha detto nell'intervista a CNA Aleppil vescovo cattolico caldeo di Aleppo, Antoine Audo a Roma il 19 giugno."Possiamo andare nella direzione di una guerra civile in tutta la Siria e sarà molto pericolosa per tutti o possiamo andare nella direzione delle riforme con la razionalità, con sincerità, con determinazione ma credo che ci vorrà del tempo." Il Vescovo Audo è in visita in Vaticano per partecipare a ROACO, un summit annuale di agenzie umanitarie cattoliche impegnata a sostenere le chiese orientali. Egli ha informato nel raduno del 20 giugno sull'ultima situazione in Siria. La sua valutazione ha operato una distinzione tra la maggioranza del paese e la zona intorno alla città di Homs, che è al cuore della rivolta. In città come la capitale Damasco e Aleppo "la vita sembra normale," ha detto.
"Guardiamo all'Iraq, guardiamo alla Tunisia, guardiamo alla Libia, guardiamo in Egitto e non vogliamo diventare una tale situazione di anarchia o di estremismo", ha detto. Nel frattempo, egli sta esortando i cattolici di tutto il mondo a continuare a sostenere la Chiesa in Siria attraverso la preghiera, promuovendo l'informazione e un aiuto finanziario, se possibile.
http://www.catholicnewsagency.com/news/syrian-bishop-says-civil-war-not-the-only-option/
Da Radio Vaticana 21-06-12
Benedetto XVI chiede che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza” e che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria”. L’accorato appello del Papa è contenuto nel discorso multilingue rivolto ai circa 80 partecipanti all’85.ma Assemblea della Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti stamani in udienza nella Sala Clementina, in Vaticano. La Roaco, lo ricordiamo, si è riunita in assemblea a Roma da lunedì scorso fino a ieri.
Lo sguardo di Benedetto XVI abbraccia la Siria e le sue ferite. Nel discorso alla Roaco, guidata dal suo presidente, il cardinale Leonardo Sandri, anche prefetto della Congregazione per le Chiesa orientali, il Papa chiede aiuto per questo Paese martoriato:
“Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté...
Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione”.
“J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême…
Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini”.
Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza “alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi”.
“Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, …
La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace”.
Il Papa rivolge quindi con forza l’esortazione a perseverare nel movimento di carità che la Congregazione segue affinché la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano “il necessario sostegno spirituale e materiale”. L’attuale congiuntura economico-sociale colpisce, in modo ancora più preoccupante, le aree del mondo più svantaggiate, nota il Pontefice. E questo processo coinvolge in modo particolare l’Oriente, “madrepatria di antiche tradizioni cristiane”, generando “insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso”. “Si tratta di fattori – sottolinea ancora Benedetto XVI – che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza fra i popoli, come pure il rispetto dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”.
Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio”.
Quindi, il Papa ribadisce il richiamo a essere “segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo” e “presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore”. Benedetto XVI ricorda poi che l’Anno della Fede “offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” e chiede l’intercessione di Maria per le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora:
“Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi”.
E il Papa conclude, infatti, con un abbraccio “di padre e di fratello” alla Chiesa e alla nazione libanese.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29387.php?index=29387&lang=it#TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598374
AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE: URGENZA SIRIA
Appello per la sopravvivenza di 500 famiglie cristiane rifugiate a Marmarita I siriani sono in stato di shock. Hanno paura. Essi temono un "secondo Iraq". Secondo le stime dell'ONU, le rivolte arabe da marzo 2011 ad oggi, eufemisticamente descritte come primavera araba, sono costate oltre 8.000 vite. In Homs, le Brigate Faruq, parte del cosiddetto "esercito siriano libero" hanno massacrato da 350 a 400 persone inermi, secondo informazioni. Fonti ortodosse hanno riferito che queste brigate cacciavano specificamente i cristiani dalle loro case, poi vi si insediavano. Ad oggi, ci sono 230 mila siriani che sono fuggiti dai combattimenti in Homs. Secondo il vescovo Nicolas Sawwaf, il vescovo greco-cattolico, 500 famiglie di profughi hanno cercato rifugio in Marmarita, vicino al confine libanese. Il vescovo ha fatto il possibile per fornire cibo e alloggi temporanei a loro disposizione. I cristiani siriani vedono il futuro con ansia. Anche se rifiutano la brutalità di Assad, temono che il potere passi nelle mani degli estremisti islamici. "I vescovi cattolici mettono in guardia contro una presa di potere da parte degli islamisti. Essi temono un'ondata ancora più grande di assalti e intimidazioni contro i cristiani, come quello che è successo in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein", possiamo leggere una lettera della Pontificia Missione a Beirut.
Su circa 300.000 cattolici caldei che vivono in Siria, 200.000 provengono dall'Iraq! Ora, il vescovo Sawwaf si fa carico non solo dei rifugiati, ma anche di 500 famiglie siriane che hanno bisogno di temporaneo alloggio, vitto e assistenza medica. Mentre i rifugiati musulmani sono supportati da stati arabi come l'Arabia Saudita e Qatar, la Chiesa rappresenta l'unica speranza dei rifugiati cristiani. In totale, circa 1.000 famiglie che aspettano un aiuto esterno.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha promesso € 80 000. Tale somma può provvedere a 500 famiglie per sei mesi.
La Missione Pontificia stessa coordinerà gli aiuti alimentari. Per sopravvivere, ciascuna delle 500 famiglie ha bisogno di quasi $ 30 al mese per il cibo.
$ 30 X 500 (famiglie) X 6 (mesi) = $ 90.000 o circa € 80 000.
Hanno urgente bisogno del nostro aiuto!per versare il tuo contributo online :
La Missione Pontificia stessa coordinerà gli aiuti alimentari. Per sopravvivere, ciascuna delle 500 famiglie ha bisogno di quasi $ 30 al mese per il cibo.
$ 30 X 500 (famiglie) X 6 (mesi) = $ 90.000 o circa € 80 000.
Hanno urgente bisogno del nostro aiuto!per versare il tuo contributo online :
Annulla modificheTregua a Homs, ma i civili non possono ancora lasciare la città
Agenzia Fides 21/6/2012
Homs (Agenzia Fides) – E’ tregua fra esercito siriano e ribelli: dopo lunghi e difficili negoziati, è stato raggiunto un accordo di cessate-il-fuoco per consentire l’uscita dei civili intrappolati a Homs. Tuttavia, riferiscono fonti di Fides a Homs, l’evacuazione non è ancora iniziata perché i ribelli non hanno ancora dato il “via libera”, mentre testimoni locali riferiscono di colpi di mortaio sulla città anche questa mattina. Secondo l’accordo, la tregua dovrebbe durare per l’intera giornata di oggi e poi, nei prossimi giorni, per due ore al giorno, al mattino. Nel negoziato fra le parti sono coinvolte la Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e alcuni sacerdoti cristiani vicini alle famiglie dei civili intrappolati, esponenti del movimento interreligioso per la riconciliazione “Mussalaha”. Come riferiscono fonti di Fides a Homs, i civili sono circa 800 (400 cristiani e 400 musulmani sunniti). nei quartieri di Hamidiyeh e Bustan Al Diwan, A costoro di aggiungono altre mille famiglie, tutte musulmane, che si trovano nell’area di Khalidiyeh, ma anche di Warcheh e Salibi.
I civili sono assistiti da alcuni sacerdoti cristiani cattolici e ortodossi, che intendono facilitare le operazioni di salvataggio. “La tregua ci dà una speranza, ci appelliamo ora a tutti perché possa iniziare la sospirata uscita dei civili, fra i quali donne, bambini sotto i dieci anni, anziani bisognosi di cure” dice a Fides il sacerdote greco cattolico p. Abdallah Amaz, che si trova ad Homs.
Da altri quartieri della città, intanto, molte famiglie stanno fuggendo, trasferendosi soprattutto a Jaramana, area residenziale alle porte di Homs, a maggioranza cristiana e drusa. La Chiesa siriana ha lanciato un appello per l’assistenza di almeno 500 famiglie di profughi cristiani fuggiti da Homs nei mesi scorsi, che hanno trovato rifugio a Marmarita, vicino al confine libanese, per i quali si sta facendo ogni sforzo per fornire cibo, alloggio temporaneo e assistenza medica.
I civili sono assistiti da alcuni sacerdoti cristiani cattolici e ortodossi, che intendono facilitare le operazioni di salvataggio. “La tregua ci dà una speranza, ci appelliamo ora a tutti perché possa iniziare la sospirata uscita dei civili, fra i quali donne, bambini sotto i dieci anni, anziani bisognosi di cure” dice a Fides il sacerdote greco cattolico p. Abdallah Amaz, che si trova ad Homs.
Da altri quartieri della città, intanto, molte famiglie stanno fuggendo, trasferendosi soprattutto a Jaramana, area residenziale alle porte di Homs, a maggioranza cristiana e drusa. La Chiesa siriana ha lanciato un appello per l’assistenza di almeno 500 famiglie di profughi cristiani fuggiti da Homs nei mesi scorsi, che hanno trovato rifugio a Marmarita, vicino al confine libanese, per i quali si sta facendo ogni sforzo per fornire cibo, alloggio temporaneo e assistenza medica.
"LA GUERRA CIVILE NON E' L'UNICA SCELTA"
Uno dei vescovi cattolici più anziani della Siria crede che il suo paese può ancora ritrovare la strada della pace e di riforma, nonostante la rivolta armata contro il presidente Bashar al-Assad entri ora nel suo 16 ° mese."Per me ci sono due soluzioni," ha detto nell'intervista a CNA Aleppil vescovo cattolico caldeo di Aleppo, Antoine Audo a Roma il 19 giugno."Possiamo andare nella direzione di una guerra civile in tutta la Siria e sarà molto pericolosa per tutti o possiamo andare nella direzione delle riforme con la razionalità, con sincerità, con determinazione ma credo che ci vorrà del tempo." Il Vescovo Audo è in visita in Vaticano per partecipare a ROACO, un summit annuale di agenzie umanitarie cattoliche impegnata a sostenere le chiese orientali. Egli ha informato nel raduno del 20 giugno sull'ultima situazione in Siria. La sua valutazione ha operato una distinzione tra la maggioranza del paese e la zona intorno alla città di Homs, che è al cuore della rivolta. In città come la capitale Damasco e Aleppo "la vita sembra normale," ha detto.
"Guardiamo all'Iraq, guardiamo alla Tunisia, guardiamo alla Libia, guardiamo in Egitto e non vogliamo diventare una tale situazione di anarchia o di estremismo", ha detto. Nel frattempo, egli sta esortando i cattolici di tutto il mondo a continuare a sostenere la Chiesa in Siria attraverso la preghiera, promuovendo l'informazione e un aiuto finanziario, se possibile.
http://www.catholicnewsagency.com/news/syrian-bishop-says-civil-war-not-the-only-option/
martedì 19 giugno 2012
Le chiese ferite di Homs
da VOX CLAMANTIS in D.D.
17 giugno 2012
17 giugno 2012
HOMS: The red square inside Homs defines the antic cristian area in the old city from where 80000 cristians were expelled and where their precious religiouse heritage was desecrated
HOLY SPIRIT
CATHEDRAL
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SYRIAC CATHOLIC
BISHOPRIC
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HOLY SPIRIT
CATHEDRAL HAMIDYEH
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HAMIDIYEH
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HOLY SPIRIT
CATHEDRAL
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L’esercito: “Sì all’uscita dei civili da Homs”, ma diventano scudi umani
Homs (Agenzia Fides) – Gli 800 civili intrappolati a Homs sono stretti fra il fuoco incrociato, impossibilitati a uscire, strumentalizzati nel conflitto, ora utilizzati come scudi umani: è l’allarme che giunge all’Agenzia Fides da esponenti della Chiesa locale impegnati a cercare una soluzione per la salvezza delle loro vite. Una fazione dell’esercito ribelle asserragliato in città non vuole farli evacuare per impedire all’esercito siriano di assumere posizioni favorevoli con i mezzi militari. Come ha riferito a Fides il sacerdote cristiano ortodosso p. Boutros Al Zein, “fra loro vi sono circa 400 civili cristiani, per la maggior parte anziani e donne, vittime di un autentico sequestro, bloccati nelle strade di Al Bustan Diwan e Hamidiyyeh. I civili – spiega – sono stati raccolti e diretti verso il confine di queste due strade, divenendo scudi umani per evitare l'assalto delle forze siriane regolari”.
Nei giorni scorsi due sacerdoti cristiani ortodossi, p. Maximos Al Jamal e p. Boutros Al Jamal, hanno cercato di negoziare per liberare gli ostaggi, ma l'iniziativa è fallita. Ora l’esercito siriano ha detto ufficialmente di “concedere l’evacuazione dei civili, senza precondizioni” e di aver predisposto un corridoio di uscita. Il Ministero degli esteri siriano ha dichiarato di “aver ordinato al governatore di Homs di provvedere all’uscita di tutti i cittadini dalle aree di conflitto”. Gli esponenti della Chiesa locale chiedono a tutti i gruppi armati di “non utilizzare i civili innocenti, facilitare la loro evacuazione, rispettare la loro vita e la loro libertà”. Agenzia Fides 19/6/2012
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39344&lan=ita
Nei giorni scorsi due sacerdoti cristiani ortodossi, p. Maximos Al Jamal e p. Boutros Al Jamal, hanno cercato di negoziare per liberare gli ostaggi, ma l'iniziativa è fallita. Ora l’esercito siriano ha detto ufficialmente di “concedere l’evacuazione dei civili, senza precondizioni” e di aver predisposto un corridoio di uscita. Il Ministero degli esteri siriano ha dichiarato di “aver ordinato al governatore di Homs di provvedere all’uscita di tutti i cittadini dalle aree di conflitto”. Gli esponenti della Chiesa locale chiedono a tutti i gruppi armati di “non utilizzare i civili innocenti, facilitare la loro evacuazione, rispettare la loro vita e la loro libertà”. Agenzia Fides 19/6/2012
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39344&lan=ita
sabato 16 giugno 2012
A che punto è la notte? L’editoriale di padre Lombardi
Radio Vaticana 16/06/2012
Non abbandonare la Siria travolta da violenze che non sembrano avere fine. E’ l’appello pressante che viene dalla popolazione e, in particolare, dai cristiani in Siria, mentre gli osservatori Onu sospendono la loro attività nel Paese. Un grido di dolore a cui si richiama padre Federico Lombardi nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale d’informazione del centro Televisivo Vaticano:
Da diverse località della Siria continuano ad arrivare ogni giorno notizie di una strage di persone innocenti di ogni età e credo religioso, con un crescendo sempre maggiore da ormai almeno 15 mesi. Ormai sono sempre più quelli che affermano che si debba parlare di una vera situazione di guerra civile. Un Paese caratterizzato dalla convivenza fra componenti diverse del mondo musulmano, e dove anche i rapporti ecumenici fra i cristiani di diverse confessioni e riti e i rapporti interreligiosi fra cristiani e musulmani erano tradizionalmente sereni – indimenticabile il viaggio di Giovanni Paolo II nel 2001 – precipita ora nella violenza, nel caos, nel rischio di disintegrazione, senza che si veda una via d’uscita: una “lenta discesa agli inferi”, ha detto il nunzio apostolico, mons. Zenari.
Le attese di libertà e di maggior partecipazione nella vita politica presenti in tanti giovani siriani come in altri Paesi coinvolti dal vento di cambiamento della regione non sono state dovutamente ascoltate da parte dei governanti, mentre nel campo degli oppositori si sono inserite e hanno preso piede componenti violente.
Nonostante gli appelli ripetuti del Papa come di tanti leader religiosi e civili, la comunità internazionale appare finora incapace di agire efficacemente. Influisce certo il fatto che la Siria si trovi proprio in un’area particolarmente delicata per gli equilibri politici internazionali. Il piano di Kofi Annan non ha trovato spazio, e l’ipotesi di un intervento internazionale armato è immensamente preoccupante. Fino a quando dunque la dinamica della violenza continuerà a crescere e la gente a morire e a fuggire dalle sue case? Per i credenti è tempo di compassione, di preghiera, di soccorso ai sofferenti per quanto possibile, di invito e di sostegno alle iniziative di dialogo ad ogni livello, barlumi di speranza.
Non dimentichiamo né abbandoniamo la Siria.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597036
Monseigneur Audo, évêque chaldéen d’Alep.
Interview au sujet de la situation de la Syrie. Metz le 13 juin 2012.
Non abbandonare la Siria travolta da violenze che non sembrano avere fine. E’ l’appello pressante che viene dalla popolazione e, in particolare, dai cristiani in Siria, mentre gli osservatori Onu sospendono la loro attività nel Paese. Un grido di dolore a cui si richiama padre Federico Lombardi nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale d’informazione del centro Televisivo Vaticano:
Da diverse località della Siria continuano ad arrivare ogni giorno notizie di una strage di persone innocenti di ogni età e credo religioso, con un crescendo sempre maggiore da ormai almeno 15 mesi. Ormai sono sempre più quelli che affermano che si debba parlare di una vera situazione di guerra civile. Un Paese caratterizzato dalla convivenza fra componenti diverse del mondo musulmano, e dove anche i rapporti ecumenici fra i cristiani di diverse confessioni e riti e i rapporti interreligiosi fra cristiani e musulmani erano tradizionalmente sereni – indimenticabile il viaggio di Giovanni Paolo II nel 2001 – precipita ora nella violenza, nel caos, nel rischio di disintegrazione, senza che si veda una via d’uscita: una “lenta discesa agli inferi”, ha detto il nunzio apostolico, mons. Zenari.
Le attese di libertà e di maggior partecipazione nella vita politica presenti in tanti giovani siriani come in altri Paesi coinvolti dal vento di cambiamento della regione non sono state dovutamente ascoltate da parte dei governanti, mentre nel campo degli oppositori si sono inserite e hanno preso piede componenti violente.
Nonostante gli appelli ripetuti del Papa come di tanti leader religiosi e civili, la comunità internazionale appare finora incapace di agire efficacemente. Influisce certo il fatto che la Siria si trovi proprio in un’area particolarmente delicata per gli equilibri politici internazionali. Il piano di Kofi Annan non ha trovato spazio, e l’ipotesi di un intervento internazionale armato è immensamente preoccupante. Fino a quando dunque la dinamica della violenza continuerà a crescere e la gente a morire e a fuggire dalle sue case? Per i credenti è tempo di compassione, di preghiera, di soccorso ai sofferenti per quanto possibile, di invito e di sostegno alle iniziative di dialogo ad ogni livello, barlumi di speranza.
Non dimentichiamo né abbandoniamo la Siria.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597036
Monseigneur Audo, évêque chaldéen d’Alep.
Interview au sujet de la situation de la Syrie. Metz le 13 juin 2012.
Quelle est la situation actuelle de la Syrie ?
Comme vous le savez par les médias, la Syrie est actuellement au centre d’une crise politique et culturelle, régionale et internationale. En parler est très complexe car il s’agit de regarder en détail ce qui se vit en Syrie et aussi tenir compte de la situation internationale.
Actuellement, les chrétiens sont une petite minorité ancrée dans le pays et très affectée. Nous sommes plutôt dans une situation d’inquiétude par rapport à l’avenir, car nous ne savons pas ce qui peut arriver d’ici un mois, un an… Nous continuons à vivre malgré la crise économique et malgré les poches de violence qui se répandent un peu partout en Syrie. Nous restons dans une grande inquiétude. Nous essayons, en tant que chrétiens, de prier pour la paix et de susciter des dialogues et de la conciliation, mais ce n’est pas avec beaucoup de facilité.
Le printemps arabe a-t-il été un élément déclencheur de ce qui se passe en Syrie ?
On a développé beaucoup de choses sur le printemps arabe. A vrai dire, nous sommes tous d’accord pour dire que nous avons besoin de démocratie, de la dignité de l’homme, du respect, de toutes les valeurs de la liberté. Tous les régimes mis en place il y a une cinquantaine d’années ont besoin de cette démocratie. Le simple peuple comme les intellectuels sont assoiffés de valeurs de la modernité. Mais la modernité et la démocratie ne viennent pas du jour au lendemain. Il faut une éducation, une formation politique, une pensée personnelle, une liberté pour choisir. Actuellement, nous n’avons pas une culture qui soit capable de porter tout cela. Le risque est de remplacer une dictature militaire par une autre dictature théocratique. C’est ce que l’on craint. En étant réaliste, voyez ce que l’Irak a donné : la moitié des chrétiens a quitté le pays et moi je les ai vu arriver, nombreux, en Syrie. Regardons aussi ce qui se passe en Tunisie. Le mot laïcité est rentré dans le vocabulaire pour dire séculier. En Egypte, il y a aussi des points d’interrogation on se demande ce que cela va donner.
Nous cherchons un avenir pour nos églises. L’idéal qui nous conduit est de travailler au service de l’homme pour qu'il y ait plus de justice, pour qu’il y ait un dialogue interreligieux sincère et franc suivant toutes les valeurs que le concile Vatican II nous a encouragé à développer : la liberté religieuse, le dialogue interreligieux, l’œcuménisme pour que toute cette approche du religieux soit capable de nourrir une théologie musulmane qui ne soit pas dans le sens de l’enfermement.
Si le régime de Bachar-al Assad en venait à la stabilité, est-ce qu’il pourrait maintenir la région ?
Tout dépend. La solution n’est plus dans les mains du régime syrien. Cela le dépasse. Il faut une entente internationale entre la Russie et les Etats-Unis et qu’il y ait des pressions sur l’Arabie Saoudite, l’Iran et la Turquie pour qu’il y ait une nouvelle distribution du pouvoir.
Y a-t-il un risque d’ingérence occidental au travers des médias ?
Oui, je le crois. Au commencement, spontanément, en regardant les télévisions, je me suis dit qu’il y avait une orchestration médiatique. Les médias sont une force extraordinaire. Ils peuvent exagérer… C’est très complexe.
intervista completa su:
http://metz.catholique.fr/index.php?option=com_content&task=view&id=1233&Itemid=182
intervista completa su:
http://metz.catholique.fr/index.php?option=com_content&task=view&id=1233&Itemid=182
venerdì 15 giugno 2012
Chiesa occupata dai miliziani: i cristiani chiedono il rispetto dei luoghi sacri
Qusayr (Agenzia Fides) – La chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, è stata occupata da un gruppo di miliziani dell’opposizione siriana, che vi hanno stabilito la loro base.
Secondo quanto riferito a Fides da testimoni oculari, la mattina del 13 giugno, gli uomini, probabilmente islamici radicali, avevano fatto irruzione nella chiesa, forzando la porta, suonando le campane e compiendo un’azione dimostrativa di scherno che aveva sollevato preoccupazione nei leader cristiani locali (vedi Fides 13/6/2012). Ma il gruppo, invece di lasciare l’edificio, si è accampato all’interno dell’aula liturgica e vi soggiorna ora in modo permanente, espletandovi tutte le proprie attività. La Chiesa locale condanna l’episodio, definendo “inaccettabile tale comportamento irrispettoso verso un luogo sacro”, come hanno dichiarato a Fides esponenti della gerarchia della diocesi di Homs, che lanciano un appello perchè nel conflitto in corso “non si degeneri nella dissacrazione di templi e luoghi sacri, di tutte le comunità”.Fonti di Fides confermano che – come asseriscono da settimane diversi osservatori – nella città di Qusayr, a Sud di Homs, vi sono gruppi di radicali islamici salafiti che “intendono combattere una guerra di religione”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39317&lan=ita
Appello dei civili in pericolo di vita a Homs: “Lasciateci andare!”
“Lasciateci andare, in nome di Dio!”: è il disperato appello lanciato dalle famiglie cristiane e musulmane sunnite intrappolate nel centro storico di Homs. Si tratta di circa 800 civili, fra i quali donne, anziani, giovani, bambini, disabili che oggi – riferisce una fonte di Fides impegnata nel tentativo di negoziato – “sono in reale pericolo di vita. Non hanno nulla, vivono nel panico, sono nel bel mezzo di bombardamenti e combattimenti”. Le famiglie bloccate in città, racconta la fonte di Fides, lanciano un appello “per ragioni umanitarie”, chiedendo l’aiuto delle Nazioni Unite, della Croce Rossa, della Mezzaluna Rossa, perché possa essere salvata la loro vita.
Le famiglie si trovano nelle aree di Warsheh, Salibi, Bustan Diwan, Ozon, Hamidiyeh, Wadi Sayeh, tutte nel cuore di Homs. Attualmente l’esercito siriano sarebbe disponibile a un cessate-il-fuoco per far uscire i civili, ma una delle fazioni dei ribelli asserragliati in città, capeggiata dal leader Abou Maan, si rifiuta di acconsentire. I miliziani, infatti, temono che, una volta usciti i civili, l’esercito siriano possa rafforzare la sua offensiva verso il centro città. La situazione è ancora in fase di stallo, ma la condizione delle famiglie peggiora di ora in ora. I circa 400 cristiani sono gli ultimi rimasti degli oltre 80mila che popolavano Homs prima dell’inizio del conflitto. (Agenzia Fides 15/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39319&lan=ita
SIRIA : L'ascesa di al-Qaeda nel Mediterraneo è più pericolosa del nucleare iraniano
Teheran (AsiaNews/ Agenzie) - "La presenza di al-Qaeda in Siria e Libano è più pericolosa delle bombe nucleari". E' la provocazione lanciata dal gen. Hassan Firouzabadi, capo di Stato maggiore dell'esercito iraniano, in vista dell'incontro fra Teheran e 5+1 (i membri rappresentanti del Consiglio di sicurezza Onu - Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, più la Germania) in programma nei prossimi giorni a Mosca. Secondo il militare, il movimento terrorista islamico avrebbe già sostituito il defunto Osama bin-Laden con un nuovo leader e spostato nel Mediterraneo le sue truppe finora attive in Afghanistan, Iraq e Pakistan. E questo con la complicità delle forze occidentali. Le dichiarazioni "faziose" di Firouzabadi hanno però un loro fondamento di verità.
Negata per mesi da Onu e Paesi occidentali, la presenza di uomini di al-Qaeda fra le fila dell'esercito libero siriano è stata denunciata nei giorni scorsi da William Hague, segretario di Stato britannico e in maggio dallo stesso Ban ki-moon, segretario generale dell'Onu. Notizie di miliziani stranieri che tentano di passare il confine fra Turchia e Siria, con il benestare della autorità di Ankara sono all'ordine del giorno. In un'intervista rilasciata ad AsiaNews lo scorso 24 maggio, mons. Nazzaro, vicario apostolico ad Aleppo denunciava la presenza di forze straniere che non vogliono la pace in Siria. Il Paese è ormai preda di guerriglieri provenienti da Tunisia, Libia, Turchia, Pakistan e altri Stati islamici. Armi e denaro passano attraverso i confini e alimentano questa spirale di violenza".
Chris Dobson, esperto di terrorismo e strategia militare, ritiene che al-Qaeda avrebbe sfruttato la crisi siriana e libica e il sostegno dei Paesi occidentali ai ribelli del Free Syrian Army (Fsa) per far entrare i suoi uomini nel Mediterraneo. "I terroristi - afferma - sono usciti dai loro nascondigli e risiedono ora nelle basi dei ribelli del Fsa". Secondo Dobson, la Siria e il Libano sono in una posizione ideale per lanciare attacchi contro i Paesi occidentali una volta terminata la guerra contro il regime siriano. Alla rete di terroristi farebbero gola gli arsenali militari di Bashar al-Assad, che contengono oltre ad armi pesanti di fabbricazione russa, anche missili a media gittata, in grado di abbattere arei di linea, e armi chimiche.
Lo scorso 13 giugno, il quotidiano britannico The Sun ha pubblicato una foto e un filmato che ritraggono guerriglieri armati che espongono la bandiera nera del movimento islamico. Le immagini mostrano un uomo che brandisce una mitragliatrice pesante e un lancia razzi, mentre inneggia alla guerra contro Assad. Il video è stato diffuso da un gruppo chiamato al-Nusra su un sito jihadista legato al-Qaeda. Nei giorni scorsi un altro sito estremista ha pubblicato l'ultimo messaggio di Abu Yahya al-Libi, N.2 della rete terrorista, ucciso da un drone statunitense lo scorso 5 giugno nell'area tribale pakistana al confine con l'Afghanistan. In un filmato di 15 minuti, il leader lancia un appello a tutta la Siria ad unirsi ad al-Qaeda nella battaglia per sconfiggere il regime. "I siriani - afferma - devono abbandonare l'illusione di una fine pacifica del conflitto. Essi devono combattere Assad e la cospirazione ordita dagli Stati Uniti contro la rivoluzione islamica".
http://www.asianews.it/notizie-it/L'ascesa-di-al-Qaeda-nel-Mediterraneo-più-pericolosa-del-nucleare-iraniano-25037.html
giovedì 14 giugno 2012
Waqqaf (Al Jazeera): bambini come scudi umani, vi spiego perché è falso
Una cosa sola è certa: la popolazione civile siriana sta soffrendo oltre ogni possibile immaginazione, e a subire le peggiori atrocità sono i più indifesi, cioè i bambini.
da Il Sussidiario - Intervista a Ammar Waqqaf di Pietro VernizziPer il resto, nelle ultime settimane le notizie si rincorrono in una corsa folle nella quale è difficile distinguere la propaganda dalla verità. L’ultima è che i bambini siriani sarebbero stati usati dall’Esercito come scudi umani. Diversi piccoli con meno di dieci anni sarebbero stati piazzati all’esterno di carri armati e pullman militari, per scoraggiare i ribelli dall’attaccarli. Ad affermarlo è il rappresentante speciale dell’Onu, anche se riesce difficile immaginare su quali basi abbia verificato la notizia. Per Ammar Waqqaf, un opinionista siriano di BBC e Al Jazeera che anche in questi mesi difficili vive facendo la spola tra Londra e Damasco, “il rapporto dell’Onu è inattendibile, in quanto l’Esercito siriano è composto da professionisti che appartengono a tutte le religioni. Se Assad ordinasse una strage di civili in un villaggio sunnita, provocherebbe la diserzione in massa di tutti i soldati sunniti”.
Che cosa ne pensa del rapporto sui bambini usati come scudi umani dall’Esercito?
Ritengo che la notizia non sia affatto vera. Innanzitutto dovremmo appurarne la fonte, nonostante sia stata citata dall’Onu, in quanto di recente le Nazioni Unite hanno accusato il regime di violazioni che in realtà erano state commesse dai ribelli. In secondo luogo c’è un enorme tentativo di demonizzare l’Esercito siriano. Per esempio dopo il recente massacro di Hula si è affermato che i bambini sarebbero stati uccisi dall’Esercito, per poi scoprire che non era stato così.
Vuole dire che l’Esercito non ha nessuna responsabilità?
L’Esercito sta conducendo delle operazioni militari contro i gruppi armati dei ribelli. Le vittime civili e la distruzione di abitazioni sono un effetto collaterale inevitabile di questa situazione. Non ritengo però affatto plausibile che l’Esercito commetta direttamente abusi sui bambini o li uccida. E’ piuttosto il fronte opposto a rendersi responsabile di queste azioni.
Per quale motivo?
Perché una parte consistente dei ribelli è mossa dall’ideologia fondamentalista che li autorizza a commettere queste uccisioni nei confronti di chiunque appartenga a una religione diversa dalla loro. L’Esercito è invece un’istituzione dello Stato ed è formato da professionisti che appartengono a tutte le religioni, dai quali non ci si può aspettare l’obbedienza a un’ideologia ma soltanto a una disciplina militare. Di fronte all’ordine di utilizzare bambini come scudi umani, è quindi molto probabile che ufficiali e soldati diserterebbero.continua la lettura qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/6/13/SIRIA-Waqqaf-Al-Jazeera-bambini-come-scudi-umani-vi-spiego-perche-e-falso/290890/
martedì 12 giugno 2012
“Mussalaha”, “Riconciliazione!”: la società civile siriana in campo per una soluzione non violenta
Si chiama “Mussalaha”, che significa “Riconciliazione”, ed è una straordinaria iniziativa popolare non-violenta nata nella società civile di Homs, città martoriata dal conflitto fra esercito regolare e forze di opposizione. E’ la dimostrazione, e anche la speranza, di una “terza via”, alternativa al conflitto armato ma anche alternativa a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano, che coordina l’opposizione siriana.
E’ una iniziativa che, come riferito a Fides, “colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”. Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Fra quanti si sono spesi ed esposti personalmente, vi sono i due preti greco cattolici, p. Michelle e p. Abdallah, il sacerdote siro-cattolico p. Iyad, il maronita p. Alaa, il siro-ortodosso p. Khazal. Costoro hanno messo in campo tutte le loro energie, persuadendo larghe fasce di popolazione sul fatto che “in questa situazione di stallo, c’è bisogno di una scossa: è scoccata l’ora del riconciliazione”.
L’iniziativa ha preso forma con l’organizzazione di due incontri tenutisi nei giorni scorsi ad Homs, con straordinaria partecipazione popolare, in cui erano presenti membri dei tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi. In questi incontri si è già avuto un risultato straordinario e impensabile: è stata sancita da dichiarazioni comuni, abbracci e impegni solenni, la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mentre Homs è ancora al centro del conflitto, la società civile rispolvera termini come “dialogo e riconciliazione”, finora dimenticati, per dire “no a una guerra confessionale in Siria”, lanciando un pressante appello a tutti i leader in campo e alle parti in lotta, perchè restituiscano “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”. La “Mussalaha” va avanti e prevede altri incontri pubblici nei prossimi giorni, con la speranza di “contagiare” ben presto tutte le città siriane. http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39288&lan=ita
Un cristiano ucciso a Qusayr, dove due preti confermano l’ultimatum ai cristiani
Il cristiano Maurice Bitar è stato ucciso a Qusayr, la cittadina nei pressi di Homs dove la popolazione cristiana presente – circa mille persone sui 10mila che vi risiedevano prima dell’inizio della violenza – è stata costretta a fuggire dopo l’ultimatum lanciato da una fazione armata, nelle forze di opposizione, guidata dal generale Abdel Salam Harba (vedi Fides 9/6/2012).
Gli abitanti cristiani di Qusayr, riferiscono fonti locali di Fides, subiscono vessazioni come il divieto di circolare per strada e l’obbligo di “cedere il passo” se incontrano un musulmano, “come ai tempi del califfato ottomano”.
L’opposizione armata, infatti, come confermano numerosi osservatori in Siria e all’estero, si sta gradualmente radicalizzando verso una ideologia sunnita estremista, di marca salafita. Sono numerose le bande e i gruppi militari che operano in modo del tutto indipendente, al di fuori del coordinamento dell’Esercito Siriano di Liberazione. L’ultimatum lanciato dalla fazione di Abdel Salam Harba, ad esempio, non è stato ratificato da altri gruppi: in un comunicato inviato a Fides, il coordinamento dello stesso Esercito Siriano di Liberazione, di stanza a Qusayr, si dice “scioccato per la notizia” e rigetta tale ultimatum, affermando di non esserne responsabile e di non condividerlo in alcun modo. Due sacerdoti cattolici fuggiti nei giorni scorsi da Qusayr, raggiunti dall’Agenzia Fides, confermano, invece, di aver sentito “con i loro orecchi” l’ultimatum, ripetuto anche dai minareti delle moschee, e di aver lasciato la città con numerose famiglie di profughi.
Secondo fonti di Fides, “la situazione nella zona è insostenibile ed esposta a totale illegalità “. I cristiani si confrontano con un dura realtà: o unirsi all’opposizione, arruolando i loro giovani, o essere vittime di vessazioni, discriminazioni, violenze. La sorte dei cristiani di Qusyar, conclude la fonte, potrebbe ben presto toccare ai 10mila fedeli che popolano altri villaggi nell’area, come Dmeineh, Rableh e Hamra. (Agenzia Fides 12/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39285&lan=ita
FIDES - AGGIORNAMENTI DEL 13 GIUGNO
Ci sono circa 800 civili intrappolati nel centro storico di Homs, da mettere in salvo, mentre infuriano gli scontri fra esercito regolare e forze di opposizione asserragliate in città. Fra i civili vi sono circa 400 cristiani e circa 400 musulmani sunniti stanziati nei quartieri di Bustan Diwan e Hamidiye, che costituiscono la parte più antica di Homs. I civili rischiano di trovarsi nel bel mezzo di spari e bombardamenti, per questo, i rappresentanti della comunità cristiana e della neonata iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”) stanno operando instancabilmente da due giorni per negoziare un cessate-il-fuoco per ragioni umanitarie. Fra i mediatori vi sono due sacerdoti cristiani che, insieme ai rappresentanti Onu, hanno intessuto fitti colloqui con i leader militari dell’esercito e con i rappresentanti militari dell’opposizione. Al centro dei difficili negoziati, un duplice cessate il fuoco: quello per consentire a operatori umanitari e convogli Onu di entrare in città e soccorrere i civili e quello per permettere l’evacuazione dei civili dalla città. Sulla prima ipotesi di tregua, le forze dell’Esercito Siriano di Liberazione hanno posto un “veto”. Sulla seconda ipotesi, è l’esercito regolare siriano a frenare, temendo che fra i civili sunniti possano nascondersi ribelli e terroristi. “La situazione è in stallo ed è davvero critica per i civili, che in questo momento vengono strumentalizzati. Visti i furiosi combattimenti, si rischiano moltissimi feriti o morti fra gente innocente” nota con preoccupazione una fonte di Fides. Intanto, secondo le informazioni giunte a Fides, i diversi Vescovi di Homs, di tutte le confessioni, esprimono sostegno all’iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”), nata dalla società civile di Homs, che ha ricevuto subito l’appoggio di comunità cristiane, sunnite, alawite, e di altre. Come appreso da Fides, hanno espresso “pieno appoggio e grandi speranze” il Vescovo siro-ortodosso di Homs, Mons. Silvanos; il Vescovo siro-cattolico Mons. Kassab; il Vescovo maronita, Mons Gihad; il Vescovo greco ortodosso Mons. Abouzakah, che sovrintende alla comunità cristiana maggioritaria a Homs. Per ora, nelle file dell’opposizione siriana l’iniziativa non ha trovato valido sostegno: secondo alcuni rappresentanti va rimandata fino al momento in cui la rivoluzione “non avrà raggiunto i suoi obiettivi principali”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39297&lan=ita
Chiesa greco cattolica profanata a Qusayr: un segnale di allarme
Una banda di miliziani radicali ha fatto irruzione questa mattina nella chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, profanandola. I miliziani hanno forzato la porta, hanno suonato le campane in segno di scherno, hanno deriso simboli sacri della fede cristiana con il solo scopo di compiere un’azione dimostrativa e deridere la comunità cristiana. “E’ la prima volta che, nel conflitto in corso, accade un episodio del genere, in cui si colpiscono deliberatamente simboli sacri”, nota con preoccupazione una fonte locale di Fides. Alcuni testimoni oculari hanno raccontato a Fides l’irruzione nella chiesa di Qusayr dicendosi “addolorati e terrorizzati". Il gesto è stato condannato da sacerdoti e autorità cattoliche che parlano di “segnale preoccupante, che conferma il tentativo di alcune bande armate di scatenare una guerra confessionale”.http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39298&lan=ita
lunedì 11 giugno 2012
Cristiani siriani nella guerra fra integristi e laicisti, sunniti e sciiti
11/06/2012 AsiaNews di Samir Khalil Samir
Al-Qabas, quotidiano kuwaitiano in lingua araba, ha pubblicato ieri un articolo in cui si afferma che decine di kuwaitiani hanno attraversato la frontiera turco-siriana per combattere il jihad a fianco del Free Syrian Army (Fsa), l'opposizione armata, contro il regime di Bashar el Assad.
Secondo fonti vicine a questi gruppi entrati in Siria, gli uffici del Fsa accolgono jihadisti e altri militanti provenienti da Arabia saudita, Algeria e Pakistan; forniscono loro documenti d'identità siriani, nel caso in cui fossero presi dall'esercito regolare, e domandano loro di lasciare i loro veri documenti d'identità alla frontiera turca.
Il Fsa dà loro le armi, dopo aver verificato che essi hanno seguito un addestramento militare nei loro Paesi di origine. Poi, li invia nelle diverse regioni della Siria, secondo i bisogni, a combattere contro le unità dell'esercito regolare. Il Fsa ha anche rimandato indietro nei loro Paesi un certo numero di jihadisti perchè questi avevano meno di 18 anni.
Da parte sua, la Giordania ha arrestato due militanti salafiti che cercavano di entrare in Siria, anch'essi per combattere accanto agli islamisti.
Intanto, la Direzione delle Fatwa [in Kuwait], presso il ministero dei Waqfs, ha emesso una ftwa (decisione giuridica islamica) che autorizza di anticipare la zakat (l'elemosina islamica obbliogatoria) prima del termine previsto per venire in iauto ai rifugiati e ai bisognosi della Siria.
Il mio commento
Vorrei far notare alcuni importanti particolari :
Al-Qabas, quotidiano kuwaitiano in lingua araba, ha pubblicato ieri un articolo in cui si afferma che decine di kuwaitiani hanno attraversato la frontiera turco-siriana per combattere il jihad a fianco del Free Syrian Army (Fsa), l'opposizione armata, contro il regime di Bashar el Assad.
Secondo fonti vicine a questi gruppi entrati in Siria, gli uffici del Fsa accolgono jihadisti e altri militanti provenienti da Arabia saudita, Algeria e Pakistan; forniscono loro documenti d'identità siriani, nel caso in cui fossero presi dall'esercito regolare, e domandano loro di lasciare i loro veri documenti d'identità alla frontiera turca.
Il Fsa dà loro le armi, dopo aver verificato che essi hanno seguito un addestramento militare nei loro Paesi di origine. Poi, li invia nelle diverse regioni della Siria, secondo i bisogni, a combattere contro le unità dell'esercito regolare. Il Fsa ha anche rimandato indietro nei loro Paesi un certo numero di jihadisti perchè questi avevano meno di 18 anni.
Da parte sua, la Giordania ha arrestato due militanti salafiti che cercavano di entrare in Siria, anch'essi per combattere accanto agli islamisti.
Intanto, la Direzione delle Fatwa [in Kuwait], presso il ministero dei Waqfs, ha emesso una ftwa (decisione giuridica islamica) che autorizza di anticipare la zakat (l'elemosina islamica obbliogatoria) prima del termine previsto per venire in iauto ai rifugiati e ai bisognosi della Siria.
Il mio commento
Vorrei far notare alcuni importanti particolari :
- 1. L'informazione proviene da un quotidiano indipendente del Kuwait, il cui direttore, Mohammad Jassem Al-Sager ha ricevuto il premio dell'International Press Freedom Award, per la sua lotta a favore dei diritti umani. Egli è anche stato membro dell'Assemblea nazionel del Kuwait e presidente del parlamento arabo. Egli è tutto tranne che un alleato del regime siriano.
- 2. Nel testo arabo, il jihâd significa in modo esclusivo la lotta armata contro il regime siriano. Più volte ritorna il termine qitâl, che significa «guerra», «lotta fino alla morte» (il verbo qatala significa «uccidere»).
- 3. I combattenti sono addestrati - nei loro Paesi o altrove - prima di essere ingaggiati nel jihâd. Fra di loro vi sono anche dei minori, la il Fsa non li accetta, mostrando un certo senso di responsabilità.
- 4. Non mancano le armi leggere. Esse sono immagazzinate in Turchia, vicino alla frontiera siriana.
- 5. La Turchia contribuisce alla lotta contro il regime siriano non con combattenti, ma permettendone il passaggio e l'organizzazione.
- 6. Tutti questi costituiscono un'alleanza di militanti islamisti sunniti. Il regime siriano è retto da alawiti (una ramificazione dello sciismo): lo scontro è dunque divenuto fra sciiti e sunniti. In più, essendo quello siriano un regime laico, l'opposizione raccoglie gli anti-laici, che sono i sunniti wahabiti e salafiti.
- 7. Questo spiega la diffidenza dei cristiani verso l'opposizione al regime. L'opposizione, che all'inizio era contro la dittatura, la tortura, l'ingiustizia e a favore dei diritti umani, poco a poco ha virato verso la tendenza radicale islamista (Fratelli musulmani e salafiti) per divenire alla fine una lotta fra due tendenze musulmane: sunniti e sciiti. Fra due mali - la dittatura laica baathista e la dittatura religiosa wahhabita) i cristiani preferiscono la prima, che essi conoscono già e con la quale cercano di convivere da tempo.
- 8. La sola vera soluzione sarebbe la rinuncia ad ogni dittatura( laica o religiosa) e l'edificazione di uno Stato liberale e democratico. Purtroppo, nel mondo arabo, questo sogno si è realizzato in modo modesto solo in Libano, forse per la presenza sostanziosa di cristiani, più preparati a tale evoluzione.
- 9. Allo stato attuale, non sembra che la Siria sia capace di realizzare tale progetto. D'altra parte, l'occidente, che avrebbe potuto giocare un ruolo positivo, nei conflitti precedenti (Afghanistan, Iraq, Libia) non ha dato l'esempio di imparzialità e democrazia, ma di seguire piuttosto interessi nazionali sotto la copertura della democrazia.
venerdì 8 giugno 2012
Gregorios III : Appello alla preghiera e al digiuno per la pace in Siria
Di fronte ai massacri e ai sanguinosi eventi vissuti negli ultimi tempi in Siria, Gregorios III Laham, Patriarca greco-cattolico melchita di Damasco, ha lanciato un accorato appello a tutti i fedeli perchè vivano un periodo di preghiera, astinenza e digiuno per la pace.
La Chiesa intende accompagnare la difficile situazione nel paese, perché “il Dio possa ristabilire la pace, l’amore fraterno e la solidarietà reciproca in Siria, in tutte le sue regioni e tra tutti i suoi cittadini”, recita il messaggio, inviato all’Agenzia Fides.
Nel messaggio, il Patriarca afferma: “Nella tradizione orientale della Chiesa, dopo la Pentecoste, nel mese di giugno si osserva il ‘digiuno dei Dodici Apostoli’, tra i quali Pietro e Paolo, che la Chiesa in Oriente e Occidente commemora il 29 giugno. Questo digiuno comincia quest'anno il 4 giugno e termina il 28 giugno. Ora, dopo l'escalation di violenza, in particolare la diffusa serie di omicidi e rapimenti a scopo di estorsione che ha colpito un gran numero di membri della Chiesa greco-melchita cattolica e gli altri, specialmente in Homs, chiediamo a tutti i figli della nostra Eparchia patriarcale di Damasco di digiunare e offrire speciali preghiere ogni giorno, a casa e in chiesa”.
Il Patriarca spiega: “Questa è la nostra risposta agli eventi dolorosi che hanno causato il pianto e la sofferenza, diffondendo immagini terrificanti e provocando odio e vendetta”. La speciale iniziativa, informa il Patriarca, è rivolta a tutti, clero, religiosi, fedeli laici, famiglie, che potranno rivolgere a Dio speciali intenzioni di preghiera: “per tutti i cristiani, che siano confermata nella vera fede vera e possano essere uniti nella Chiesa; per i leader e i membri del Parlamento, che possano essere illuminati e seguire vie di comprensione, compassione e cooperazione; per tutti gli abitanti della Siria, che i loro cuori possono essere confermati nella comprensione e nella pace. (Agenzia Fides )
http://pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-to-Prayer-and-Fasting-for-Peace-in-Syria
09/06/2012 12:37 Osservatori Onu sulla scena del massacro di Qubair. Nessuna certezza sugli autori.
Case distrutte, puzza di carne bruciata, brandelli di cadaveri, ma pochi corpi. Gli osservatori necessitano maggiori verifiche perché la situazione "non è chiara". Arabia saudita e Qatar continuano ad armare gli insorti, i fondamentalisti di al Qaeda e i salafiti. Attentati con autobomba a Damasco. Suggerimenti alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato. Kofi Annan: si prepara una guerra civile in larga scala.
Diversi osservatori - fra i quali Chandra Muzaffar, presidente dell' International Movement for a Just World , dubitano dell'attribuzione ad Assad dei massacri: il piano di pace di Annan è per ora l'unica possibilità per lui di mantenere il potere. Molte parti della comunità internazionale spingono invece per la sua cacciata. Arabia saudita e Qatar - e secondo illazioni del Washington Post, anche gli Stati Uniti - stanno armando l'opposizione in modo pesante. Ad essa si sono uniti anche gruppi fondamentalisti legati ad al Qaeda e salafiti.
Ieri sono avvenuti almeno tre attentati con autobomba a Idlib, a Rif Dimashq e a Qudssaya, vicino a Damasco, uccidendo poliziotti, personale di sicurezza e civili.
Stati Uniti e Gran Bretagna premono su Cina e Russia, alleati della Siria, per far cadere Assad. Lord Owen, ex ministro degli esteri britannico, consiglia alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato per cancellare la "devastante impotenza" della comunità internazionale. Kofi Annan ha dichiarato che la Siria sta raggiungendo un "punto di rottura. Il pericolo di una guerra civile in larga scala è imminente e reale, con conseguenze catastrofiche per la Siria e la regione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Osservatori-Onu-sulla-scena-del-massacro-di-Qubair.-Nessuna-certezza-sugli-autori-24986.html
» 08/06/2012 Fonti di AsiaNews in Siria, anonime per motivi di sicurezza, spiegano che l'Onu si affanna a cercare una soluzione, ma nessuno ha compreso ciò che sta accadendo. Tutti gli stranieri non musulmani che giungono nel Paese - diplomatici, funzionari, giornalisti - sono in balia delle varie fazioni in lotta. Gli stessi osservatori Onu hanno enormi difficoltà ad agire sul territorio e ciò impedisce una visione chiara della situazione e le future strategie per una rapida conclusione del conflitto. Ieri, alcuni miliziani, di cui non è ancora nota l'identità, hanno sparato contro la delegazione delle Nazioni Unite incaricata di far luce sul massacro di al-Qubair costato la vita a 78 persone. In queste ore un gruppo di osservatori ha raggiunto la zona della strage, ma sembrerebbero sotto il tiro dei cecchini di entrambe le parti.
"La battaglia per la democrazia iniziata nel 2011 - affermano - è in realtà una lotta fra fazioni. Ciò è tipico del mondo islamico che confonde libertà con anarchia, rappresentanza parlamentare con supremazia del più forte. Le forze in campo si scontreranno finché una non prevaricherà sull'altra. La spirale di violenza proseguirà con o senza Assad, a farne le spese saranno tutti i siriani, che sono già vittime di sanzioni, rapimenti, omicidi, violenze delle milizie islamiche straniere che si stanno allargando anche a zone a tutt'oggi fuori dal conflitto, come ad esempio Aleppo ". L'unica soluzione alla guerra totale è la via diplomatica portata avanti attraverso il dialogo, anche duro, con il regime, che nonostante le violenze compiute è l'unico interlocutore in grado di controllare i suoi esponenti. L'opposizione del Consiglio nazionale siriano (Cns) appare come un insieme indistinto di correnti. Essi non hanno nessuna influenza sugli estremisti islamici che grazie alle armi fornite dai Paesi arabi continueranno a combattere prima contro Assad e gli alawiti e in seguito contro tutte le minoranze religiose presenti in Siria, soprattutto i cristiani. (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Siria,-Kofi-Annan:-il-piano-di-pace-ha-bisogno-dell'intervento-del-Consiglio-di-sicurezza-24981.html
» 07/06/2012
Vicario apostolico di Aleppo: no alla morte dei bambini sfruttata per fini politici e strategici
Mons. Giuseppe Nazzaro condanna il massacro di Qubair e Mazzarzaf (Hama) costato la vita a 78 persone, fra cui donne e bambini. L'Onu ha il dovere morale di verificare il contesto, individuare gli autori e le ragioni della strage. Sanzioni economiche e guerriglieri estremisti islamici iniziano a fare più morti che i soldati del regime.
Mons. Nazzaro spiega che è in atto una vera campagna per distruggere la Siria: "L'accanimento contro il regime di Bashar al-Assad fomenta la spirale di violenza e impedisce alla popolazione e al governo la possibilità di un'apertura graduale alla democrazia e alle riforme. Come accaduto in Iraq e in Libia, i diritti umani vengono sfruttati per fini economici e di potere, non sempre per il bene della popolazione. Coloro che desiderano distruggere Assad - Qatar e Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo - governano i propri Paesi con pugno di ferro senza alcun rispetto per i diritti umani e libertà religiosa. Perché a tutt'oggi nessuno ha mai condannato le violenze contro gli sciiti in Bahrain o gli arresti e le condanne inflitte ai migranti di fede cristiana in Arabia Saudita e Kuwait?".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-apostolico-di-Aleppo:-no-alla-morte-dei-bambini-sfruttata-per-fini-politici-e-strategici-24967.html
Una testimonianza giunta ad AsiaNews afferma: "Ciò che era un movimento interno al Paese (rivendicazioni e proteste legittime per una maggiore libertà e democrazia), si è trasformato in uno scacchiere internazionale, dove si gioca a più mani un gioco sporchissimo, che nulla ha a che vedere con il bene della Siria e dei siriani, e che a questo punto rischia non solo di metter in ginocchio il Paese e il suo governo, ma anche di vanificare le aspirazioni pacifiche dei veri dimostranti, in una logica di violenza, intolleranza e guerra civile che passa sopra la testa ( e attraverso il sangue versato) di tutti. Troppi interessi in gioco, troppa informazione unilaterale che circola in Occidente. Si aggiunge ora il terrorismo fondamentalista, con le esplosioni devastanti che conoscete, e che si preannuncia lungo a sconfiggere, dato l'appoggio logistico ed ideologico che riceve da Arabia Saudita, Qatar, e non solo".
http://www.asianews.it/notizie-it/Accuse-reciproche-fra-Damasco-e-i-ribelli-sul-nuovo-massacro-di-Qubair-24961.html
La Chiesa intende accompagnare la difficile situazione nel paese, perché “il Dio possa ristabilire la pace, l’amore fraterno e la solidarietà reciproca in Siria, in tutte le sue regioni e tra tutti i suoi cittadini”, recita il messaggio, inviato all’Agenzia Fides.
Nel messaggio, il Patriarca afferma: “Nella tradizione orientale della Chiesa, dopo la Pentecoste, nel mese di giugno si osserva il ‘digiuno dei Dodici Apostoli’, tra i quali Pietro e Paolo, che la Chiesa in Oriente e Occidente commemora il 29 giugno. Questo digiuno comincia quest'anno il 4 giugno e termina il 28 giugno. Ora, dopo l'escalation di violenza, in particolare la diffusa serie di omicidi e rapimenti a scopo di estorsione che ha colpito un gran numero di membri della Chiesa greco-melchita cattolica e gli altri, specialmente in Homs, chiediamo a tutti i figli della nostra Eparchia patriarcale di Damasco di digiunare e offrire speciali preghiere ogni giorno, a casa e in chiesa”.
Il Patriarca spiega: “Questa è la nostra risposta agli eventi dolorosi che hanno causato il pianto e la sofferenza, diffondendo immagini terrificanti e provocando odio e vendetta”. La speciale iniziativa, informa il Patriarca, è rivolta a tutti, clero, religiosi, fedeli laici, famiglie, che potranno rivolgere a Dio speciali intenzioni di preghiera: “per tutti i cristiani, che siano confermata nella vera fede vera e possano essere uniti nella Chiesa; per i leader e i membri del Parlamento, che possano essere illuminati e seguire vie di comprensione, compassione e cooperazione; per tutti gli abitanti della Siria, che i loro cuori possono essere confermati nella comprensione e nella pace. (Agenzia Fides )
http://pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-to-Prayer-and-Fasting-for-Peace-in-Syria
Ultimatum ai cristiani: “Via da Qusayr”
(Agenzia Fides) – Esodo dei cristiani nell'Ovest della Siria: la popolazione cristiana che era rimasta nella cittadina di Qusayr, nei pressi di Homs, è fuggita in seguito a un ultimatum lanciato dal capo militare dell’opposizione armata, Abdel Salam Harba. E’ quanto riferiscono fonti locali di Fides segnalando che, in seguito allo scoppiare del conflitto, dei diecimila fedeli che abitavano la cittadina, ne erano rimasti solo mille, che ora sono stati costretti a fuggire in fretta a furia. Alcune moschee della città hanno rilanciato il messaggio, annunciando dai minareti: “I cristiani devono lasciare Qusayr entro sei giorni, che scadono questo venerdì”.
Fonti di Fides ribadiscono che gruppi di estremisti islamici salafiti, che sono nelle file dell’opposizione armata, considerano i cristiani “infedeli”, ne confiscano i beni, compiono esecuzioni sommarie e sono pronti ad avviare una “guerra confessionale”. (PA) (Agenzia Fides 9/6/2012)
INFORMAZIONI DA ASIANEWS
09/06/2012 12:37 Osservatori Onu sulla scena del massacro di Qubair. Nessuna certezza sugli autori.
Case distrutte, puzza di carne bruciata, brandelli di cadaveri, ma pochi corpi. Gli osservatori necessitano maggiori verifiche perché la situazione "non è chiara". Arabia saudita e Qatar continuano ad armare gli insorti, i fondamentalisti di al Qaeda e i salafiti. Attentati con autobomba a Damasco. Suggerimenti alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato. Kofi Annan: si prepara una guerra civile in larga scala.
Diversi osservatori - fra i quali Chandra Muzaffar, presidente dell' International Movement for a Just World , dubitano dell'attribuzione ad Assad dei massacri: il piano di pace di Annan è per ora l'unica possibilità per lui di mantenere il potere. Molte parti della comunità internazionale spingono invece per la sua cacciata. Arabia saudita e Qatar - e secondo illazioni del Washington Post, anche gli Stati Uniti - stanno armando l'opposizione in modo pesante. Ad essa si sono uniti anche gruppi fondamentalisti legati ad al Qaeda e salafiti.
Ieri sono avvenuti almeno tre attentati con autobomba a Idlib, a Rif Dimashq e a Qudssaya, vicino a Damasco, uccidendo poliziotti, personale di sicurezza e civili.
Stati Uniti e Gran Bretagna premono su Cina e Russia, alleati della Siria, per far cadere Assad. Lord Owen, ex ministro degli esteri britannico, consiglia alla Turchia di guidare una forza di intervento Nato per cancellare la "devastante impotenza" della comunità internazionale. Kofi Annan ha dichiarato che la Siria sta raggiungendo un "punto di rottura. Il pericolo di una guerra civile in larga scala è imminente e reale, con conseguenze catastrofiche per la Siria e la regione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Osservatori-Onu-sulla-scena-del-massacro-di-Qubair.-Nessuna-certezza-sugli-autori-24986.html
» 08/06/2012 Fonti di AsiaNews in Siria, anonime per motivi di sicurezza, spiegano che l'Onu si affanna a cercare una soluzione, ma nessuno ha compreso ciò che sta accadendo. Tutti gli stranieri non musulmani che giungono nel Paese - diplomatici, funzionari, giornalisti - sono in balia delle varie fazioni in lotta. Gli stessi osservatori Onu hanno enormi difficoltà ad agire sul territorio e ciò impedisce una visione chiara della situazione e le future strategie per una rapida conclusione del conflitto. Ieri, alcuni miliziani, di cui non è ancora nota l'identità, hanno sparato contro la delegazione delle Nazioni Unite incaricata di far luce sul massacro di al-Qubair costato la vita a 78 persone. In queste ore un gruppo di osservatori ha raggiunto la zona della strage, ma sembrerebbero sotto il tiro dei cecchini di entrambe le parti.
"La battaglia per la democrazia iniziata nel 2011 - affermano - è in realtà una lotta fra fazioni. Ciò è tipico del mondo islamico che confonde libertà con anarchia, rappresentanza parlamentare con supremazia del più forte. Le forze in campo si scontreranno finché una non prevaricherà sull'altra. La spirale di violenza proseguirà con o senza Assad, a farne le spese saranno tutti i siriani, che sono già vittime di sanzioni, rapimenti, omicidi, violenze delle milizie islamiche straniere che si stanno allargando anche a zone a tutt'oggi fuori dal conflitto, come ad esempio Aleppo ". L'unica soluzione alla guerra totale è la via diplomatica portata avanti attraverso il dialogo, anche duro, con il regime, che nonostante le violenze compiute è l'unico interlocutore in grado di controllare i suoi esponenti. L'opposizione del Consiglio nazionale siriano (Cns) appare come un insieme indistinto di correnti. Essi non hanno nessuna influenza sugli estremisti islamici che grazie alle armi fornite dai Paesi arabi continueranno a combattere prima contro Assad e gli alawiti e in seguito contro tutte le minoranze religiose presenti in Siria, soprattutto i cristiani. (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Siria,-Kofi-Annan:-il-piano-di-pace-ha-bisogno-dell'intervento-del-Consiglio-di-sicurezza-24981.html
» 07/06/2012
Vicario apostolico di Aleppo: no alla morte dei bambini sfruttata per fini politici e strategici
Mons. Giuseppe Nazzaro condanna il massacro di Qubair e Mazzarzaf (Hama) costato la vita a 78 persone, fra cui donne e bambini. L'Onu ha il dovere morale di verificare il contesto, individuare gli autori e le ragioni della strage. Sanzioni economiche e guerriglieri estremisti islamici iniziano a fare più morti che i soldati del regime.
Mons. Nazzaro spiega che è in atto una vera campagna per distruggere la Siria: "L'accanimento contro il regime di Bashar al-Assad fomenta la spirale di violenza e impedisce alla popolazione e al governo la possibilità di un'apertura graduale alla democrazia e alle riforme. Come accaduto in Iraq e in Libia, i diritti umani vengono sfruttati per fini economici e di potere, non sempre per il bene della popolazione. Coloro che desiderano distruggere Assad - Qatar e Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo - governano i propri Paesi con pugno di ferro senza alcun rispetto per i diritti umani e libertà religiosa. Perché a tutt'oggi nessuno ha mai condannato le violenze contro gli sciiti in Bahrain o gli arresti e le condanne inflitte ai migranti di fede cristiana in Arabia Saudita e Kuwait?".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-apostolico-di-Aleppo:-no-alla-morte-dei-bambini-sfruttata-per-fini-politici-e-strategici-24967.html
Una testimonianza giunta ad AsiaNews afferma: "Ciò che era un movimento interno al Paese (rivendicazioni e proteste legittime per una maggiore libertà e democrazia), si è trasformato in uno scacchiere internazionale, dove si gioca a più mani un gioco sporchissimo, che nulla ha a che vedere con il bene della Siria e dei siriani, e che a questo punto rischia non solo di metter in ginocchio il Paese e il suo governo, ma anche di vanificare le aspirazioni pacifiche dei veri dimostranti, in una logica di violenza, intolleranza e guerra civile che passa sopra la testa ( e attraverso il sangue versato) di tutti. Troppi interessi in gioco, troppa informazione unilaterale che circola in Occidente. Si aggiunge ora il terrorismo fondamentalista, con le esplosioni devastanti che conoscete, e che si preannuncia lungo a sconfiggere, dato l'appoggio logistico ed ideologico che riceve da Arabia Saudita, Qatar, e non solo".
http://www.asianews.it/notizie-it/Accuse-reciproche-fra-Damasco-e-i-ribelli-sul-nuovo-massacro-di-Qubair-24961.html
mercoledì 6 giugno 2012
“La graduale trasformazione dell'opposizione siriana in un movimento diretto da musulmani estremisti, ispirato, alleato e coordinato con al-Qaeda non serve gli interessi dell'opposizione stessa in quanto la maggioranza dei siriani non si identifica con quei radicali”.
EDITORIALE ANALISI DIFESA
di Gianandrea Gaiani
STRAGE DI HOULA: CASUS BELLI PER LA GUERRA ALLA SIRIA?
di Gianandrea Gaiani
STRAGE DI HOULA: CASUS BELLI PER LA GUERRA ALLA SIRIA?
Tre stragi di civili a Homs, Hama e a Houla dove sono stati
massacrate 108 persone, per metà bambini. Una strage subito attribuita dai media
internazionali (in testa le immancabili al-Jazira e al-Arabya, organi di
propaganda e disinformazione di Qatar e Arabia Saudita) ) e dal Consiglio di
Sicurezza dell’Onu alle forze governative siriane. Tutto è possibile in una
guerra civile sempre più cruenta nella quale però le nefandezze abbondano tra i
governativi come tra i ribelli. Inutile sottolineare che Bashar Assad dovrebbe
essere impazzito per ordinare ai suoi di massacrare centinaia di innocenti a due
passi dagli osservatori dell’Onu e sotto i riflettori dei media internazionali.
I rapporti degli osservatori col basco blu guidati dal generale norvegese Robert
Mood riferirono subito di persone colpite dalle schegge di granata, altre uccise
con colpi a bruciapelo o a coltellate. Più tardi però, dopo il montare delle
accuse a Damasco, hanno corretto il tiro riferendo di almeno una parte delle
vittime colpite dai cannoni dei carri armati governativi. Damasco nega ogni
responsabilità per una strage compiuta in una zona abitata da sunniti ma
circondata da villaggi alauiti che sostengono il governo. Ce n’è abbastanza per
sospettare della strage l’esercito e le milizie filo-Assad ma anche le molte
anime della rivolta e i combattenti di al-Qaeda sempre più attivi in Siria
provenienti dal vicino Iraq e che hanno già compiuto attentati e massacri. La
dinamica della strage di Houla assomiglia infatti alle “spedizioni punitive”
compiute dalle milizie di “al-Qaeda in Mesopotamia” contro villaggi sunniti
iracheni che sostenevano collaboravano con le truppe statunitensi e con il
governo di Baghdad. Quando al-Qaeda effettuò i primi attentati in Siria, contro
sedi dei servizi segreti ad Aleppo e Damasco i ribelli ne attribuirono la
responsabilità al regime di Assad, versione che ebbe ampia eco sui media
(al-Jazira in testa, ancora una volta) finché lo stesso Dipartimento di Stato di
Washington ammise che i terroristi di al-Qaeda erano entrati in forze in Siria
per combattere il regime divenendo di fatto “alleati” ingombranti e imbarazzanti
non solo dei ribelli ma anche dell’Occidente. La strage di Houla rischia di
diventare quindi il “casus belli” per l’intervento militare internazionale da
tempo chiesto da Turchia, Lega Araba e soprattutto dal Qatar e dai sauditi,
sostenuti dagli anglo-americani e dai francesi. Anche se la Nato ha finora
negato i preparativi di azioni belliche contro Damasco negli ultimi mesi sono
emerse molte indiscrezioni che indicano il contrario incluse voci di pre-allerta
di alcuni reparti alleati pronti a venire rischierati in Giordania, Libano o
nelle basi britanniche a Cipro. Allo stesso modo negli ambienti diplomatici da
tempo si sussurra che il Piano Annan è destinato a non riuscire a risolvere la
crisi siriana ma può creare il contesto per un’azione internazionale che il
Consiglio di Sicurezza dell’Onu sembra pronto a varare. Indiscrezioni che
trovano conferme anche in quanto rivelato dal Washington Post che ha sentito
ribelli siriani e di funzionari statunitensi secondo i quali nelle ultime
settimane gli insorti hanno ricevuto molte armi moderne fornite da Qatar e
Arabia Saudita nell’ambito di un piano coordinato dagli Stati Uniti. Traffici
gestiti da alcune basi alla frontiera con la Turchia (Idlib) e col Libano
(Zabadani) senza dimenticare che in Giordania /dove l’Italia sta inviando un
ospedale da campo) si è tenuta recentemente l’esercitazione internazionale Eager
Lion che ha visto la presenza di 12 mila militari americani e alleati (anche
qualche decina di specialisti italiani del 185° reggimento acquisizione
obiettivi) che hanno simulato operazioni simili a quelle richieste da un
intervento militare in Siria. Anche i Fratelli Musulmani siriani, come ha
confermato il membro del comitato esecutivo della Fratellanza Mulham al-Drobi,
si riforniscono di armi grazie ai fondi messi a disposizione da ricchi siriani o
dai Paesi del Golfo. Sul regime di Assad sembrano sempre meno disposti a
investire anche gli “sponsor” russi e cinesi se è vero, come racconta Haaretz
che le forniture di armi e munizioni (anche nordcoreane) che arrivano via mare a
Tartus e Latakia non godono più dei crediti agevolati di un tempo ma vengono
pagate in anticipo da un fondo costituito dai petrodollari di Teheran, ormai
l’unico vero alleato di Damasco. Ufficialmente Barack Obama ha chiesto la
collaborazione di Mosca per gestire una “soluzione yemenita” con l’esilio di
Assad e l’avvio di una transizione politica ma nei fatti Washington sembra
puntare più a una “soluzione libica” e la strage di Houla potrebbe creare il
contesto mediatico e sociale favorevole ad approvare un intervento bellico
internazionale. Il Consiglio nazionale siriano (Cns), organo dei ribelli,
chiede armi per difendere la popolazione e iniziative militari potrebbero venire
presto varate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il presidente francese
Francois Hollande pare deciso a emulare in Siria le gesta di Sarkozy in Libia e
dopo aver sentito il premier britannico David Cameron ha dichiarato che “la
follia omicida del regime rappresenta una minaccia per la sicurezza dell'area”.
Il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi non esclude nessuna opzione
contro il regime di Assad e il leader dei liberaldemocratici europei Guy
Verhofstadt ha chiesto esplicitamente un intervento militare internazionale.
Sono bastati poco più di un centinaio di morti, per metà bambini, per ventilare
senza timidezze un intervento finora ufficialmente escluso dall’Alleanza
Atlantica.
Eppure le truppe di Assad sono impegnate in veri e propri combattimenti contro ribelli appartenenti a gruppi diversi e spesso rivali ma che possono contare su armi sempre più moderne e che non si tratti di una guerra tra militari e civili indifesi lo si evince anche dal bilancio delle vittime redatto dall’Osservatorio dei diritti umani, emanazione dei rivoltosi, che ammette che su 13 mila morti oltre 3 mila erano militari di Assad e che molti dei più di 9 mila civili uccisi erano ribelli. Del resto non sarebbe la prima volta che eccidi e massacri, veri o “costruiti” ad arte, aprono la strada all’internazionalizzazione di un conflitto interno. Nel 1995 alla strage di Srebrenica seguì l’intervento dell’Alleanza Atlantica in Bosnia, nel 1999 le fosse comuni di Racak diedero il via all’intervento della Nato in Kosovo nonostante un team medico bielorusso avesse accertato che si trattava di cadaveri raccolti da più parti ai quali era stato sparato alla nuca post mortem. L’anno scorso l’intervento alleato in Libia è stato favorito dalle notizie, rivelatesi poi infondate, di fosse comuni, massacri di bambini e stupri di massa compiuti dai soldati di Gheddafi. Il parallelo con la Libia non è azzardato non solo considerando la mole di disinformazione diffusa mediaticamente in questi mesi dai ribelli siriani ma anche analizzando le ultime dichiarazioni politiche nelle quali la nota di linguaggio sembra essere “proteggere i civili”. La stessa motivazione che animò l’intervento della Nato in Libia battezzato Operazione “Unified Protector”. In quel caso vennero protetti a suon di bombe e missili anche i molti civili che sostenevano il regime di Gheddafi e anche in Siria pare che buona parte dei civili stia con Assad o quanto meno non abbia intenzione di lasciare il proprio Paese in mano a milizie armate, bande irregolari e jihadisti.
Difficile dargli torto guardando all’attuale situazione libica e alle leadership occidentali impegnate ai consegnare Damasco agli islamisti.
“Come già in Egitto, in Siria i Fratelli musulmani sono riusciti ad appropriarsi della rivolta, fino a costituirne ora la spina dorsale”: questa la valutazione espressa dall’esperto israeliano, Jacques Neriah, in una analisi pubblicata dal Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa). “Negli ultimi mesi - nota Neriah (in passato consigliere del premier Yitzhak Rabin) - sono scesi in campo i Salafiti e altre piccole organizzazioni islamiche ''in una sollevazione orchestrata ed alimentata da al-Qaeda”. Il principale gruppo di opposizione, guidato dal leader in esilio, Burhan Ghalioun, sembra entrato in “un processo di disintegrazione”. Ghalioun - secondo Neriah - non è riuscito ad imporre la propria autorità sull'Esercito della libera Siria (Fsa). Il carattere radicalmente islamico della insurrezione è nel frattempo divenuto più marcato, grazie anche - secondo Neriah - all'intervento di combattenti islamici accorsi da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libia, Tunisia e anche da Paesi europei.
“La graduale trasformazione dell'opposizione siriana in un movimento diretto da musulmani estremisti, ispirato, alleato e coordinato con al-Qaeda non serve gli interessi dell'opposizione stessa in quanto - secondo Neriah - la maggioranza dei siriani non si identificano con quei radicali”.
http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero129/article_456471347486735456425416671454_7505023515_0.jsp
Eppure le truppe di Assad sono impegnate in veri e propri combattimenti contro ribelli appartenenti a gruppi diversi e spesso rivali ma che possono contare su armi sempre più moderne e che non si tratti di una guerra tra militari e civili indifesi lo si evince anche dal bilancio delle vittime redatto dall’Osservatorio dei diritti umani, emanazione dei rivoltosi, che ammette che su 13 mila morti oltre 3 mila erano militari di Assad e che molti dei più di 9 mila civili uccisi erano ribelli. Del resto non sarebbe la prima volta che eccidi e massacri, veri o “costruiti” ad arte, aprono la strada all’internazionalizzazione di un conflitto interno. Nel 1995 alla strage di Srebrenica seguì l’intervento dell’Alleanza Atlantica in Bosnia, nel 1999 le fosse comuni di Racak diedero il via all’intervento della Nato in Kosovo nonostante un team medico bielorusso avesse accertato che si trattava di cadaveri raccolti da più parti ai quali era stato sparato alla nuca post mortem. L’anno scorso l’intervento alleato in Libia è stato favorito dalle notizie, rivelatesi poi infondate, di fosse comuni, massacri di bambini e stupri di massa compiuti dai soldati di Gheddafi. Il parallelo con la Libia non è azzardato non solo considerando la mole di disinformazione diffusa mediaticamente in questi mesi dai ribelli siriani ma anche analizzando le ultime dichiarazioni politiche nelle quali la nota di linguaggio sembra essere “proteggere i civili”. La stessa motivazione che animò l’intervento della Nato in Libia battezzato Operazione “Unified Protector”. In quel caso vennero protetti a suon di bombe e missili anche i molti civili che sostenevano il regime di Gheddafi e anche in Siria pare che buona parte dei civili stia con Assad o quanto meno non abbia intenzione di lasciare il proprio Paese in mano a milizie armate, bande irregolari e jihadisti.
Difficile dargli torto guardando all’attuale situazione libica e alle leadership occidentali impegnate ai consegnare Damasco agli islamisti.
“Come già in Egitto, in Siria i Fratelli musulmani sono riusciti ad appropriarsi della rivolta, fino a costituirne ora la spina dorsale”: questa la valutazione espressa dall’esperto israeliano, Jacques Neriah, in una analisi pubblicata dal Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa). “Negli ultimi mesi - nota Neriah (in passato consigliere del premier Yitzhak Rabin) - sono scesi in campo i Salafiti e altre piccole organizzazioni islamiche ''in una sollevazione orchestrata ed alimentata da al-Qaeda”. Il principale gruppo di opposizione, guidato dal leader in esilio, Burhan Ghalioun, sembra entrato in “un processo di disintegrazione”. Ghalioun - secondo Neriah - non è riuscito ad imporre la propria autorità sull'Esercito della libera Siria (Fsa). Il carattere radicalmente islamico della insurrezione è nel frattempo divenuto più marcato, grazie anche - secondo Neriah - all'intervento di combattenti islamici accorsi da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libia, Tunisia e anche da Paesi europei.
“La graduale trasformazione dell'opposizione siriana in un movimento diretto da musulmani estremisti, ispirato, alleato e coordinato con al-Qaeda non serve gli interessi dell'opposizione stessa in quanto - secondo Neriah - la maggioranza dei siriani non si identificano con quei radicali”.
http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero129/article_456471347486735456425416671454_7505023515_0.jsp
lunedì 4 giugno 2012
A proposito di "sollevazione democratica"
Da Avvenire- 4 giugno 2012
http://www.asianews.it/notizie-it/I-ribelli-siriani-per-la-guerra-totale.-Assad-espelle-alcuni-ambasciatori-24944.html
Titolo
Articolo
Siria, i
ribelli: «Abbiamo ucciso almeno 80 militari governativi»
Contenuto
Articolo
I ribelli siriani hanno
ucciso almeno 80 soldati delle forze fedeli al presidente Bashar al-Assad nel
fine settimana in scontri e attacchi in diverse parti del Paese. Lo riferiscono
gli attivisti anti-regime dell'Osservatorio siriano per i diritti umani basato a
Londra.
Secondo gli attivisti, fonti mediche hanno confermato l'identità di 80 soldati uccisi sui 100 annunciati dai ribelli, che affermano di aver distrutto numerosi carri armati in varie zone, incluse quelle di Damasco e Idlib. Nei giorni scorsi, alcuni comandanti dei militari ribelli radunati nell'Esercito libero siriano (Esl) hanno affermato di sentirsi "liberi da ogni impegno" rispetto alla tregua prevista dal piano di pace di Kofi Annan se il governo di Damasco non avesse fermato le violenze. Rami Abdelrahman, il capo dell'Osservatorio, ha affermato che molti posti di blocco, almeno 4, delle forze governative sono stati distrutti nella provincia di Idlib.
Da Asia News 05/06/12
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - I ribelli siriani non rispetteranno più il cessate il fuoco in vigore dal 12 aprile e lanciano un appello a tutti i Paesi islamici sunniti chiedendo di finanziare con ogni mezzo la "guerra santa" contro il regime di Bashar al-Assad. Intanto, il governo siriano caccia gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia.
Oggi, il generale ribelle Mustafa al - Sheikh ha annunciato la creazione della Military Coalition For Syrian Revolutionaries Front, nuovo fronte armato della guerra contro Assad che riunirà tutte le milizie di opposizione in unico esercito. Lo scopo è armare "tutti i combattenti islamici", creando un corridoio sui confini con Turchia e Iraq dove far passare armi e denaro. Tale strategia è in atto da mesi e vede fra i principali finanziatori dei ribelli Arabia Saudita e Qatar, ma è finora è sempre stata negata da entrambi i Paesi del Golfo e dagli stessi ribelli.
Ieri, il Syrian Nataional Council (Snc), gruppo politico che rappresenta parte dei ribelli siriani, si è dissociata dalla coalizione militare, sottolineando che l'unica strada percorribile è il piano di pace proposto da Lega Araba e Nazioni Unite. Ahmad Fawzi, portavoce del Snc accusa i Paesi occidentali e i media di aver decretato morto il piano di Kogi Annan già prima della sua applicazione. "In molti mi chiedono se anche secondo me il piano di pace in sei punti è superato, se è alla fine, se è morto. Senza avere una risposta vera tutti hanno già scritto il suo necrologio. Ma esso è per il momento l'unica opzione che consente di affrontare il conflitto in modo pacifico".
Secondo gli attivisti, fonti mediche hanno confermato l'identità di 80 soldati uccisi sui 100 annunciati dai ribelli, che affermano di aver distrutto numerosi carri armati in varie zone, incluse quelle di Damasco e Idlib. Nei giorni scorsi, alcuni comandanti dei militari ribelli radunati nell'Esercito libero siriano (Esl) hanno affermato di sentirsi "liberi da ogni impegno" rispetto alla tregua prevista dal piano di pace di Kofi Annan se il governo di Damasco non avesse fermato le violenze. Rami Abdelrahman, il capo dell'Osservatorio, ha affermato che molti posti di blocco, almeno 4, delle forze governative sono stati distrutti nella provincia di Idlib.
Da Asia News 05/06/12
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - I ribelli siriani non rispetteranno più il cessate il fuoco in vigore dal 12 aprile e lanciano un appello a tutti i Paesi islamici sunniti chiedendo di finanziare con ogni mezzo la "guerra santa" contro il regime di Bashar al-Assad. Intanto, il governo siriano caccia gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia.
Oggi, il generale ribelle Mustafa al - Sheikh ha annunciato la creazione della Military Coalition For Syrian Revolutionaries Front, nuovo fronte armato della guerra contro Assad che riunirà tutte le milizie di opposizione in unico esercito. Lo scopo è armare "tutti i combattenti islamici", creando un corridoio sui confini con Turchia e Iraq dove far passare armi e denaro. Tale strategia è in atto da mesi e vede fra i principali finanziatori dei ribelli Arabia Saudita e Qatar, ma è finora è sempre stata negata da entrambi i Paesi del Golfo e dagli stessi ribelli.
Ieri, il Syrian Nataional Council (Snc), gruppo politico che rappresenta parte dei ribelli siriani, si è dissociata dalla coalizione militare, sottolineando che l'unica strada percorribile è il piano di pace proposto da Lega Araba e Nazioni Unite. Ahmad Fawzi, portavoce del Snc accusa i Paesi occidentali e i media di aver decretato morto il piano di Kogi Annan già prima della sua applicazione. "In molti mi chiedono se anche secondo me il piano di pace in sei punti è superato, se è alla fine, se è morto. Senza avere una risposta vera tutti hanno già scritto il suo necrologio. Ma esso è per il momento l'unica opzione che consente di affrontare il conflitto in modo pacifico".
venerdì 1 giugno 2012
Il patriarca cattolico: cristiani usati come scudi umani dai ribelli
IL SUSSIDIARIO - INTERVISTA a GREGORIO LAHAM
venerdì 1 giugno 2012
Cristiani siriani usati come scudi umani dai ribelli negli scontri a fuoco con l’Esercito regolare di Assad. A denunciarlo è il patriarca Gregorio III Laham, massima autorità cattolica di Damasco Patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti. Il patriarca racconta di rapimenti notturni dei fedeli della sua diocesi, con pagamenti fino a 200mila dollari Usa per il riscatto, case confiscate o fatte saltare per aria, continue incursioni armate di musulmani sunniti nei quartieri cattolici. Nel corso dell’intervista a Ilsussidiario.net, Gregorio III rivela i particolari della sua ultima udienza con Papa Benedetto XVIII, nel corso della quale si sono confrontati a lungo sulla crisi siriana. E sulla strage di Hula sottolinea: “E’ contro ogni logica che sia stata compiuta dal governo. L’artiglieria dell’Esercito si trovava fuori dal villaggio, mentre le esecuzioni sono state perpetrate da qualcuno penetrato nel centro abitato”.
Patriarca Gregorio III, com’è la situazione per i cristiani in Siria?
La loro situazione è problematica non soltanto in quanto cristiani ma anche in quanto cittadini in difficoltà. I ribelli entrano nei loro quartieri, mettendoli in fuga dalle loro case: è successo a Homs, Yabroud, Rabli e altrove nella Valle dei Cristiani. Il risultato è un vero e proprio esodo dei cristiani siriani che non si sentono più sicuri nel loro Paese.
A chi appartengono i gruppi che cacciano i cristiani dalle loro case?
Sono musulmani sunniti appartenenti alle fazioni ribelli, ma spesso anche terroristi o banditi. Bisogna dirlo chiaramente: in Siria non si fronteggiano più soltanto governo e opposizione, ma c’è anche un terzo elemento che punta soltanto a sovvertire la legge. I cristiani sono vittime del caos nel Paese che è stato causato dagli oppositori.
Che cosa fanno i “banditi” una volta entrati nei quartieri cristiani?
La loro semplice presenza è già di per sé un elemento di insicurezza, perché crea un’atmosfera terroristica. Appena si insediano in un luogo hanno inizio gli scontri con l’Esercito regolare. I terroristi uccidono soldati o funzionari, come è successo a Homs e nei villaggi intorno alla città.
I ribelli aggrediscono i cristiani?
I ribelli usano i civili cristiani, i loro quartieri e le loro case come scudi umani negli scontri con l’Esercito. E allora accade quello che accade. Non capisco perché questi musulmani sunniti vengano in quartieri e villaggi che non sono i loro.
Quali altre violenze sono subite dai cristiani?
I banditi estorcono denaro ai cristiani o li rapiscono nottetempo e li rilasciano dopo due o tre giorni in cambio di riscatti del valore fino a 200mila dollari. In alcuni casi questi gruppi hanno confiscato le case dei civili, magari per poi distruggerle.
Che cosa è possibile fare per proteggere i cristiani siriani?
Se l’Europa vuole salvare i cristiani siriani, deve incoraggiare il piano di pace di Kofi Annan. Qualsiasi piano alternativo, come pure l’ipotesi di nuove sanzioni, indebolisce soltanto gli sforzi del mediatore Onu. La comunità internazionale ha affidato la missione ad Annan e bisogna lasciarlo lavorare. Il problema è che prima l’Europa gli ha affidato un mandato e ora è contro di lui. E’ questo che impedisce al piano Annan di fare dei passi avanti.
Chi è responsabile delle violazioni della tregua?
La tregua è stata violata dai ribelli e non da Assad. Il regime non ha alcun interesse a fare fallire il piano Annan. Su 10mila morti dall’inizio della rivolta, si contano migliaia di vittime anche tra i soldati. Il governo deve proteggere l’intero Paese, e non soltanto i manifestanti che sono sempre armati. A nome anche degli altri vescovi siriani, posso affermare che non è mai avvenuto che una manifestazione disarmata fosse attaccata dall’Esercito. Il governo non attacca se non è attaccato. A Hula sono stati uccisi 15 soldati prima della strage, che non è stata compiuta dai fedeli di Assad.
Ne è davvero certo?
Non riesco a immaginare che un governo e un esercito organizzato possano uccidere dei bambini così. Soprattutto in un momento in cui si trova sotto gli occhi del mondo intero.
In un primo momento a essere accusata è stata l’artiglieria dell’Esercito …
L’artiglieria si trovava fuori dal villaggio, mentre è più probabile che chi ha compiuto la strage siano state le forze dell’opposizione all’interno del centro abitato. Non ho elementi per affermarlo con certezza, ma è la cosa che mi sembra più logica.
I ribelli, che chiedono solo democrazia, avrebbero invece dei motivi per uccidere i bambini?
La democrazia non c’entra, all’origine delle rivolte c’è la volontà internazionale e locale di distruggere le Siria. Noi abbiamo già abbastanza democrazia, anche se non al cento per cento, e siamo sulla via per rafforzarla. Negli ultimi dieci anni il clima del mio Paese è diventato più liberale e democratico, nonostante la presenza dei servizi segreti. Noi cristiani siamo i primi a chiedere un cambiamento, ma riteniamo che quest’ultimo non possa venire da una rivoluzione armata.
Perché i cristiani si sentono più sicuri con Assad che con l’opposizione?
Perché non sappiamo chi siano questi oppositori. I cristiani sono protetti quando c’è sicurezza nel Paese. Attualmente invece la Siria è nel caos, e a provocarlo non è certo il governo.
Lei ha parlato con il Papa della crisi siriana? Mi sono incontrato con Papa Benedetto XVI il 15 marzo scorso. Gli ho confidato la mia convinzione che la Siria deve essere realmente un Paese libero, e che occorre che i siriani trovino una soluzione per il loro avvenire conquistandola con le sole loro forze. Mentre occorre dire no alle ingerenze dalle potenze straniere.
Lei ha parlato con il Papa della crisi siriana? Mi sono incontrato con Papa Benedetto XVI il 15 marzo scorso. Gli ho confidato la mia convinzione che la Siria deve essere realmente un Paese libero, e che occorre che i siriani trovino una soluzione per il loro avvenire conquistandola con le sole loro forze. Mentre occorre dire no alle ingerenze dalle potenze straniere.
E il Papa che cosa le ha risposto?
Il Papa mi ha ascoltato, come fa sempre in queste circostanze. Benedetto XVI del resto è intervenuto diverse volte a favore del dialogo in Siria: la sua voce è la più forte tra quanti cercano una soluzione pacifica. Non posso che ringraziarlo per questa posizione così positiva e oggettiva. Francia, Germania e Regno Unito invece sono capaci soltanto di scagliarsi contro Assad. Il Papa al contrario chiama al dialogo. Se l’Europa seguisse la linea del Santo Padre, la crisi siriana potrebbe raggiungere una soluzione.
(Pietro Vernizzi)
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