"Nel martirio, la violenza è vinta dall’amore, la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro “nascita al cielo”. Celebriamo dunque oggi il “natale” di Stefano, che in profondità scaturisce dal Natale di Cristo. Gesù trasforma la morte di quanti lo amano in aurora di vita nuova! Nel martirio di Stefano si riproduce lo stesso confronto tra il bene e il male, tra l’odio e il perdono, tra la mitezza e la violenza, che ha avuto il suo culmine nella Croce di Cristo. La memoria del primo martire viene così, immediatamente, a dissolvere una falsa immagine del Natale: l’immagine fiabesca e sdolcinata, che nel Vangelo non esiste! La liturgia ci riporta al senso autentico dell’Incarnazione, collegando Betlemme al Calvario e ricordandoci che la salvezza divina implica la lotta al peccato, passa attraverso la porta stretta della Croce. Questa è la strada che Gesù ha indicato chiaramente ai suoi discepoli, come attesta il Vangelo di oggi: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22). Perciò oggi preghiamo in modo particolare per i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo. Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che, come santo Stefano, vengono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo. Questo accade specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata.
Papa Francesco , Angelus di Santo Stefano 2013
Conferenza stampa del Patriarca di Antiochia dei Melkiti e
di tutto l’Oriente, Gregorios III Laham, a Roma, i primi di
dicembre, in un pellegrinaggio che lo ha portato a incontrare il Santo Padre.
Sala piccola, ma affollata quella che ascolta il Patriarca a Santa Maria in
Cosmedin, chiesa legata a quel rito Orientale che abita nella terra di Gesù. La
Siria è una «nazione martire», esordisce, accennando al tragico momento che
vive il suo Paese, travagliato da un confronto che sembra non dover finire. E
tra le sue mani scorre un rosario, che non lascerà fino alla fine del discorso,
come a cercare alimento al suo dire, che è denuncia, appello e, appunto,
preghiera.
In Siria imperversano circa «2000 bande» di assassini, che
uccidono e saccheggiano, continua. E nella quale, insieme ai musulmani, vengono
uccisi tanti cristiani, molti dei quali per la loro fede, come testimonia anche
la vicenda dei «tre martiri» di Ma’alula. E scandisce quei «tre martiri»,
perché sa di cosa si sta parlando, ché il martirio è la più grande
testimonianza cristiana e ne vuol far partecipe la Chiesa e il mondo. I tre
sono stati assassinati quando i ribelli avevano preso il villaggio cristiano
questa estate. Tre giorni di terrore generalizzato, prima di essere scacciati
dalle forze governative. Quando parlava, sua Beatitudine era ancora ignaro che
Ma’alula, sperduto villaggio arroccato sui monti che è il cuore della presenza
cristiana in Siria – i suoi monasteri e i le sue chiese risalgono ai primordi
dell’evangelizzazione – sarebbe caduto, di lì a poco, ancora una volta nelle
mani delle milizie anti-Assad, le quali hanno sequestrato le suore del convento
di Santa Tecla e dato alle fiamme parte dell’abitato. Allora nel villaggio ci
vivevano poche persone, dal momento che gli altri erano dispersi altrove,
sospirando il ritorno alla casa perduta.
Ma la storia di quei tre martiri appare, oggi, ancora più
significativa. Ne racconta l’uccisione, il Patriarca, avvenuta uno dopo l’altro
in odium fidei, come di cosa accertata, ché alla loro feroce esecuzione ha
assistito un testimone oculare, nascosto per evitare il loro destino. Del loro
martirio c’è un resoconto, che il Patriarca dice di aver portato in Vaticano
dal Papa e che pubblichiamo in calce a questo povero articolo e che dice più di
tante nostre parole.
Ma vicenda dei cristiani di Ma’alula è solo parte delle
sofferenze che attanagliano i cristiani siriani, che con i loro confratelli
musulmani sono chiamati a subire non solo le sofferenze dirette del conflitto,
la morte, ma anche quelle indirette: le privazioni, la paura che si propaga
d’intorno, alla quale nessuno può fuggire. Ma il Patriarca parla anche di altre
sofferenze, quelle di un pastore che vede il suo gregge privato del suo
alimento spirituale: ci sono intere zone dove non si può celebrare il
sacrificio eucaristico, senza sacerdoti, senza sacramenti… chiese abbandonate,
monasteri vuoti. E sembra sospirare mentre parla dell’abominio della
desolazione che abita in Siria.
Cose che si sanno poco, anche perché uno dei problemi di
questa guerra è la disinformazione, che non è un accidente casuale, ma
appartiene alla logica di questo conflitto, ne è elemento decisivo per poter
alimentare il conflitto, spiega il Patriarca. D’altronde i conflitti moderni si
fanno così: serve il consenso della pubblica opinione, quindi serve la
manipolazione.
Questa guerra, come altri occorsi in Medio Oriente, spaventa
i cristiani, li spinge ad abbandonare il Paese. È una storia che si ripete: dal
dopoguerra ad oggi, ricorda il Patriarca, dopo ogni crisi mediorientale, la
popolazione cristiana è diminuita, constatazione desolante per un pastore che
vede la terra di Gesù privarsi anche dello sparuto piccolo gregge. Ma questa
spoliazione non è solo un dramma per la Chiesa. È una tragedia per il mondo
arabo e per il mondo intero, spiega Gregorios III Laham, perché il mondo arabo
è tale perché al suo interno vivono realtà non islamiche, ovvero le minoranze
cristiane. Quando non sarà più così, se mai ci si arriverà, il mondo arabo
coinciderà tout court con il mondo islamico, creando una polarizzazione
pericolosa tra questo e il resto del mondo.
I cristiani, scandisce, non sono filo Assad o contro Assad,
vogliono la pace: per il Paese martoriato, per la popolazione stremata. Una
pace che è necessaria se si vuole evitare che il Medio oriente si infiammi, che
questa guerra dilaghi e sommerga nella sua follia il vicino Libano, la
Giordania e altri Paesi d’attorno. Un tempo, conclude il Patriarca, la «chiave»
del Medio oriente era il conflitto israelo-palestinese. Oggi la chiave per la
pace in Medio Oriente è la Siria: non ci sarà pace nella regione se non si
troverà una soluzione al conflitto siriano. Se si risolve questa crisi allora
anche il processo di pace israelo-palestinese potrà riuscire e con questo si
potranno sciogliere quei nodi ancora irrisolti che stringono il mondo arabo in
una morsa di ferro.
Alcune domande si incrociano in sala quando Gregorios III
Laham conclude il suo intervento. Risponde con pacatezza il Patriarca. Uno dei presenti
che si interroga sul fatto che il piccolo gregge che abita i Paesi del Medio
Oriente è poco noto alla cristianità occidentale. La domanda rivolta al
Patriarca lascia perplessi, ma lui, per tutta risposta prende un Ipad e con
pacatezza fa andare due video. In un uno di questi un uomo recita una poesia. È
di Maalula l’autore e non ne capiamo le parole, ma basta vedere il volto del
Patriarca che ha un moto di commozione a quella che sembra una struggente
richiesta di pace. Forse una preghiera. E una preghiera è certamente quella
recitata da alcuni fanciulli nell’altro video. Sono bambini di Maalula e
recitano il Padre nostro. In aramaico, la lingua di Gesù, dice il Patriarca ai
presenti. E il cuore è toccato da quelle voci bambine che recitano l’unica preghiera
che ci ha insegnato il dolce Gesù, consegnata a noi dai Vangeli. Con quelle
stesse parole uscite dalla Sua bocca, quando, presumibilmente, la recitava
insieme ai suoi, duemila anni fa. E c’è un rimando segreto, un’armonia
profonda, tra quella cara memoria e le voci bambine che risuonano argentine dal
video di un Ipad. E che, oggi come allora, chiedono al Padre: «Venga il tuo
regno, come in Cielo così in terra». Così in terra: questo ci ha chiesto di
domandare Gesù.
Pubblichiamo di seguito la relazione del Patriarca Gregorios III Laham consegnata in Vaticano. Per tanti motivi, ma anzitutto perché vi si narra la vicenda dei tre martiri di Ma’alula, così simile ai martirologi che ci ha consegnato la tradizione cristiana dei primi secoli. Chi vi si accosti non ceda all’erroneo esercizio di critica all’islam, dal momento che chi uccide i cristiani in Siria, fa lo stesso con i suoi correligionari, colpevoli soltanto di non aderire alla loro follia religiosa. Non sarebbe solo un torto alla verità, ma una tragica connivenza con quanti alimentano l’odio tra religioni che da sempre convivono in pace in territorio siriano.
Tra il marzo 2011 e il novembre 2013 in Siria vi sono state
120.000 vittime, di cui mille cristiani, tra personale militare e civili,
donne, vecchi, bambini, membri del clero e degli ordini religiosi. È possibile
che alcuni di loro siano stati uccisi perché erano cristiani. Ma non pare
esserci alcuna prova effettiva.
Ma posso affermare senza dubbio alcuno che i tre uomini uccisi
nella stessa casa a Ma’alula sono veri martiri nel senso proprio del termine.
Sono stato in grado di raccogliere testimonianze da persone che possono
confermare la mia affermazione. Qui segue il resoconto del racconto dei miei
testimoni. Erano nella stessa casa a Ma’alula. Si deve dire che in molte
vecchie case, si trovano ancora alcune grotte. In queste, dentro vi erano Ms
Antoniette Nehe e tre giovani uomini, Michael Taalab, Antony Taalab e suo
cugino Sarkis (o Sergius) Zakhem.
Nelle strade e nelle piazze di Ma’alula, si udivano bande
che urlavano minacce: “Vi vogliamo uccidere! Taglieremo le vostre gole,
adoratori di una croce di legno… Allah Akbar!”. Gli assalitori armati bussarono
alla porta della casa. “Se non siete armati, se non sparate, sarete lasciati in
pace!”. Aprirono la porta. Non appena entrarono in casa, cominciarono col
chiedere a Michael la sua carta di identità. “Siete cristiani?”. “Si”. “Che
cos’è il cristianesimo? L’Islam è la vera fede. Chi è Cristo? Se Egli è il
Figlio di Dio, lasciate che vi salvi! Dov’è?”. Il giovane uomo rispose: “Sono
cristiano, vivrò e morirò da cristiano.” Un ribelle gli sparò alla gola e lo
uccise, davanti ad Antoniette e gli altri due.
Il quarto ha ascoltato tutto; lui mi ha raccontato tutta la
storia. Poi fecero la stessa domanda ad Antony. Era amico dei preti del
villaggio, e aveva servito nella parrocchia di Saint George. Era un uomo
semplice, gentile. Lo picchiarono due volte e lo finirono con una pallottola.
Il terzo, Sarkis, subì lo stesso interrogatorio e lo stesso
destino. La giovane donna Antoinette fu colpita al petto e al braccio da una
pallottola. Ma non pianse né urlò, per non allarmare Samir, il giovane
nascosto. Gli assalitori non hanno sospettato della sua presenza nella casa,
così se ne sono andati.
Samir assistette la giovane ragazza ed è rimasto in casa dal
7 al 9 settembre, custodendo i corpi dei tre martiri.
Il lunedì 9 settembre decisero di spostare i tre corpi da
Ma’alula a Damasco. Martedì 10, celebrai i funerali dei tre giovani nella
nostra cattedrale della Dormizione, assistito da H.E. Joseph Absi, il mio
vicario di Damasco, un vescovo ortodosso e uno armeno, insieme a 50 preti di
tutte le comunità cristiane.
Una folla di fedeli (circa 1200) da Ma’alula a Damasco
riempì la cattedrale. Avevano il volto pieno di lacrime. I funerali finirono
con il canto dell’Inno della Resurrezione in Arabo e in Aramaico, la lingua di
Gesù. Questa lingua è ancora parlata dai cristiani e musulmani di Ma’alula e
altri tre villaggi. Ho fatto visita alle famiglie dei tre martiri, che vivono a
Damasco e negli altri distretti, come tutti gli abitanti di Ma’alula. Durante
queste visite ho avuto alcuni dettagli in più circa i tre giovani. Così la
madre di Michael mi ha detto che suo figlio aveva affermato di essere pronto a
morire per la sua fede cristiana. Tutti e tre avevano dichiarato in pubblico
allo stesso modo nelle sere precedenti all’assalto che essi avrebbero
sopportato tutto, e sarebbero rimasti leali alla loro fede cristiana. Io sto
riportando tutto questo con assoluta veridicità! E il Signore mi è testimone,
questi tre giovani sono veri martiri.
Padre santissimo! Noi siamo sempre stati la Chiesa dei
martiri e lo siamo ancora oggi! Santo Padre, io sono sicuro che Voi
dichiarerete questi tre giovani di
Ma’alula essere veri martiri, che sono morti a causa della loro fede in Gesù
Cristo! Grazie per l’attenzione che porterete al caso di questi tre giovani
martiri. Grazie a Voi, Santo Padre, nel nome della fede di Ma’alula.
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