Piccole Note, 28 agosto
L’Isis fa politica, anzi geopolitica, a modo suo. L’attacco a Barcellona, infatti, non sembra casuale, ma dettato dal progetto di inserire una nuova variante nel braccio dii ferro che oppone la Catalogna a Madrid. Il primo ottobre, infatti, i leader indipendentisti catalani hanno indetto un referendum per decidere la secessione dalla Spagna. Referendum dichiarato illegale dalle autorità madrilene, che però ad oggi non è stato revocato.
Un referendum che fa paura non solo a Madrid ma anche alla leadership dell’Unione europea, che lo vede come una minaccia alla stabilità del sistema.
Si sta replicando un po’ quel che accadde con il quesito sulla Brexit. Una brexit in formato ridotto, certo, ché la Catalogna non è la Gran Bretagna per importanza e per storia. E però, il solo fatto che si possa svolgere la consultazione rappresenta un’insidia, dal momento che, peraltro, si rischia un effetto emulativo. Una querelle nella quale è entrata a suo modo l’Isis, compiendo strage sulle Ramblas.
L’azione destabilizzante avrebbe dovuto sortire l’effetto opposto: la Catalogna, da sola, non può assicurare la sicurezza dei suoi cittadini: da qui la tragica incertezza di un’avventura in solitaria. Peraltro sono argomentazioni che alcuni analisti e politici, spagnoli e non, hanno usato all’indomani della strage. Una convergenza parallela, quella tra Isis e oppositori della secessione catalana, che non deve stupire: non si tratta di scomodare chissà quali complotti. L’Isis, almeno le sue menti strategiche, sa bene che la globalizzazione è un brodo di coltura ideale per le sue manovre.
Senza globalizzazione non si dà terrorismo globale. Un assioma banale, che l’Isis tiene presente quando dispiega le proprie azioni. Così oltre al solito effetto-paura, l’attentato doveva servire per fiaccare le forze indipendentiste, meglio, convincere i cittadini catalani della pericolosità del loro progetto, dal momento che il referendum indipendentista è, per quanto piccolo, un vulnus alla globalizzazione, un’operazione oppositiva al processo di integrazione mondiale.
Non è andata così, come dimostra anche il netto contrasto tra gli inquirenti catalani, gli ormai noti mossos d’esquadra, e quelli spagnoli, che hanno pubblicamente duellato. Clamorosa la smentita all’annuncio iberico che avvertiva il mondo della chiusura dell’indagine. Niente affatto, hanno replicato da Barcellona, dove gli inquirenti hanno continuato a inseguire e arrestare, mentre il Ministero dell’Interno spagnolo si stracciava le vesti per la mancanza di coordinamento tra polizia catalana e guardia civil iberica , di fatto tagliata fuori dall’inchiesta.
Insomma, l’Isis ha fatto da catalizzatore a uno scontro che si sta dipanando a vari livelli, anche se pare che la sua azione abbia sortito l’effetto contrario a quanto sperato: almeno questo indica la pubblica contestazione diretta verso le autorità spagnole e lo stesso re, giunti a Barcellona a piangere le vittime dell’eccidio.
Ma al di là del dato politico, ancora in evoluzione, va accennato a un altro particolare della strage cui si è dato poco peso. L’attentato, spiegano tutti i giornali, avrebbe dovuto svolgersi in altro modo, ovvero attraverso una serie di deflagrazioni contemporanee.
Sarebbe stata una strage epocale. Tra l’altro la distruzione della
Sagrada Familia, la chiesa capolavoro di Gaudì
che doveva essere investita da camion bomba, avrebbe dato all’eccidio un valore simbolico, anti-cristiano, ancora più forte.
Poco rischioso procurarsi l’esplosivo adatto: si trattava di usare allo scopo delle bombole di gas, facili da reperire senza destare sospetti; le bombole dovevano essere modificate per ottenere l’effetto desiderato, ma un qualche errore umano ha mandato all’aria tutto. E la casa-covo di Alcanar, dove erano state stipate le bombole, è saltata in aria e con lei il piano originale (purtroppo non il proposito sanguinario).
Una nuova modalità stragista, anzi antica. Già, perché è stata perfezionata in Siria, dai cosiddetti ribelli siriani. come si vede nella foto che accompagna l’articolo, che vede questi “ribelli” all’opera. Tali ordigni sono stati lanciati a migliaia sui quartieri di Aleppo controllati dal governo, massacrando civili inermi, tra cui molte donne e bambini. Cannon Hell, erano stati battezzati i meccanismi di lancio di tali ordigni, per dare un tocco di simpatia al tutto.
Tutto ciò avveniva
con la benedizione dei governi d’Occidente, pronti a denunciare i crimini di Damasco, ma miopi e afoni riguardo le malefatte sanguinarie dei “loro”ribelli di fiducia, quelli impegnati a combattere contro Damasco per porre fine al governo di Assad. Un martellamento durato anni, nel silenzio più totale delle cancellerie occidentali (rotto solo dagli inascoltati presuli locali, e pochi altri, che pure hanno denunciato ad alta voce lo scempio; sul punto vedi anche
Piccolenote).
Cancellerie che si sono ridestate solo quando Assad ha iniziato a riprendere i quartieri di Aleppo in mano ai macellai diletti dall’Occidente, stavolta per invocare la fine delle operazioni belliche dell’esercito siriano (cosa che dava respiro e nuova libertà di manovra ai macellai incistati nei quartieri occupati di Aleppo).
Ma questa è storia vecchia, anche se prima o poi dovrà essere scritta scevra della propaganda occidentale, che ancora oggi non si rassegna al fallimento del regime-change siriano. Quel che conta in questa sede è sottolineare che la tecnica usata dai terroristi di Barcellona è stata messa a punto e ampiamente utilizzata dai terroristi che hanno insanguinato la Siria.
Come uguali sono le reti di riferimento degli agenti del Terrore di Barcellona e di Aleppo, anche se per necessità mimetiche si nascondono sotto altre e più fantasiose sigle.
Facile concludere che le cancellerie occidentali hanno seminato vento e ora raccolgono tempesta. Il problema è che la tempesta non tocca quanti hanno contribuito ad alimentare il mostro, ma poveri civili innocenti. A Barcellona oggi come in Siria allora.
Eppure, anche di fronte all’evidenza, si negano gli errori del passato,
anzi si persevera ciecamente in essi, continuando a propalare narrazioni che vedono in Assad un macellaio e nei suoi antagonisti dei paladini della libertà.
Non è solo un tragico errore storico, è anche una questione di igiene. Anzitutto mentale, ché il sonno della mente produce mostri. Ma anche igiene delle parole, che diventano non più utili alla comprensione ma alla propaganda. Tutto ciò non aiuta a contrastare il Terrore, che si anzi nutre di queste oscure ambiguità.