Damasco (Agenzia Fides) – “Le Ambasciate dei paesi occidentali chiudono, noi francescani restiamo, per stare accanto alla gente. Siamo qui da otto secoli, non lasceremo le nostre missioni, vogliamo continuare l’opera di amore e servizio a tutto il popolo siriano”: è quanto dice all’Agenzia Fides, fra Romualdo Fernandez, OFM, direttore del Centro ecumenico di Tabbale (Damasco) e Rettore del Santuario dedicato alla Conversione di San Paolo, a Damasco.
A un anno dall’inizio della rivolta, le Nazioni Unite hanno annunciato 8.000 vittime, mentre Ong come “Human Rights Watch” lanciano l’allarme per le mine antiuomo disseminate sulle strade verso il Libano. “La gente ha paura. Vediamo che aumentano le famiglie, anche cristiane, che lasciano la Siria per il timore di un futuro incerto e cupo. Anche il costo della vita è salito e per molti la quotidianità diventa insostenibile” racconta il francescano.
P. Fernandez lancia un appello: “Bisognerebbe investire di più e fare uno sforzo maggiore per promuovere il dialogo fra governo e opposizione. La comunità internazionale e i mass-media dovrebbero spingere di più per il dialogo”. I francescani auspicano “un incontro positivo, costruttivo, non violento per una apertura democratica e per riportare la pace”.
Il frate spiega: “La gente teme il risultato politico dopo le sommosse. La situazione è molto complessa: c’è la questione del confronto fra le diverse componenti della popolazione siriana e, d’altro canto, ci sono le pressioni degli stati vicini, in Medio Oriente. Noi cristiani, guardando l’odierna situazione dell’Iraq, speriamo che la popolazione siriana non soffra come quella irachena, martirizzata anche dopo la guerra. Quello che i cristiani temono è un vuoto di potere, che lasci spazio alle mafie, all’ingiustizia, agli estremismi. Noi comunque continueremo a pregare e a stare accanto alla popolazione”. (PA) (Agenzia Fides 13/3/2012)
“Rispetto dei diritti umani: perchè si applica in modo selettivo?”, chiede il Vicario Apostolico Mons Nazzaro
Aleppo (Agenzia Fides)
– “L'Occidente ricordi sempre di non fare agli altri quello che non vorrebbe sia fatto a se stesso”: con queste parole, ricordando un “motto della Sacra Scrittura”, Mons. Giuseppe Nazzaro OFM, Vicario Apostolico di Aleppo dei Latini, commenta all’Agenzia Fides l'attuale situazione in Siria, all'indomani della visita di Kofi Annan. Secondo gli osservatori, l'inviato dell'Onu ha lasciato la Siria senza importanti passi in avanti per fermare il conflitto in corso.
“Nè governo nè opposizione hanno accettato le proposte di cessate il fuoco o di dialogo”, nota con rammarico il Vicario. “Che l’opposizione sia guidata e manipolata fin dall'inizio, i timori sono fondati: vi sono in gioco altre sponde”, riferisce con preoccupazione. Secondo informazioni filtrate negli ultimi giorni e riportate dai mass-media (come AKI - Adnkronos International), il conflitto sarebbe alimentato anche da settori islamisti della società siriana.
Il Vicario rimarca a Fides: “L'Occidente, se vuole interessarsi del Medio Oriente, deve abbracciare tutta l'area che va dal Mediterraneo fino al Golfo Persico. Non si possono considerare solo dati eventi o situazioni, perché così vuole una certa filosofia occidentale. Per attuare profondi cambiamenti culturali e sociali ci vogliono secoli: non si possono pretendere immediati risultati, non si può ragionare con un metro di pensiero puramente occidentale”.
P. Nazzaro continua: “Perché il rispetto dei diritti umani si applica in modo selettivo solo alla Siria? Forse per ragioni politiche o commerciali? In molti altri stati del mondo, nello stesso Medio Oriente, avvengono abusi peggiori, nel generale silenzio. Intanto gli stati che perpetrano tali abusi votano risoluzioni all’Onu contro la Siria. Dove sta la morale?”, conclude. (PA) (Agenzia Fides 12/3/2012)
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martedì 13 marzo 2012
E l'albero si conosce dai suoi frutti...
Da IL FOGLIO QUOTIDIANO - 13 marzo 2012 - ore 11:40
Dalla piega che vanno assumendo gli eventi in Siria, forse possiamo incominciare a capire con una qualche certezza chi muoveva questa "primavera araba" siriana e a che scopo...
Dalla piega che vanno assumendo gli eventi in Siria, forse possiamo incominciare a capire con una qualche certezza chi muoveva questa "primavera araba" siriana e a che scopo...
C’è l’accordo segreto tra Teheran e Washington: Assad ha i giorni contati
Il regime di Bashar el Assad avrebbe ormai i giorni contati, spiegano al Foglio fonti d’intelligence. Il suo destino sarebbe stato deciso in una serie di colloqui segreti intercorsi negli ultimi mesi tra Washington e Teheran. L’Amministrazione americana avrebbe confermato il proprio impegno a proseguire sulla strada della diplomazia in riferimento alla questione del nucleare iraniano, garantendo la propria opposizione a eventuali iniziative militari da parte israeliana. In cambio, la Repubblica islamica rinuncerà a difendere il rais siriano, favorendone di conseguenza l’isolamento e la destituzione. L’unica condizione posta da Teheran per abbandonare Assad è la richiesta che la rimozione del presidente siriano e dei suoi fedelissimi avvenga sulla falsariga di quanto verificatosi in Egitto con Hosni Mubarak, assicurando il passaggio del potere nelle mani di una ben individuata troika militare che, riferiscono le nostre fonti, avrebbe accettato di tradire e rovesciare il regime di Damasco. Il tutto nell’ambito di un’operazione, denominata “Dba” (Destroy Bashar el Assad), che sarebbe stata perfezionata a livello logistico e organizzativo nel quartiere generale di Doha. Fondamentale sarebbe ancora una volta il ruolo del Qatar che, insieme all’Arabia Saudita, continua a sostenere la necessità di intervenire militarmente a sostegno dell’opposizione e del Consiglio nazionale siriano. Si spiegano così i continui viaggi nella capitale qatariota di esponenti di spicco di Hezbollah e Hamas che, dopo svariati incontri con emissari iraniani, avrebbero acconsentito alla messa in pratica della nuova linea tattica e strategica adottata da Teheran nei confronti di Assad.
domenica 11 marzo 2012
L’amministrazione Obama sembra cominciare a valutare il rischio concreto di consegnare la Siria agli islamisti
LA DERIVA ISLAMISTA DELLE PRIMAVERE ARABE
di Gianandrea Gaiani
Gli sviluppi della crisi siriana e la progressiva deriva islamista assunta dalla cosiddetta “primavera araba” mettono in discussione la strategia adottata finora dall’Occidente. Nonostante le rivolte dell’ultimo anno abbiano preso il via grazie a movimenti liberali e libertari il rovesciamento dei vecchi regimi ha visto affermarsi gruppi islamici che solo in parte e solo eufemisticamente possono venire definiti moderati. Un risultato paradossale se si valuta la strategia statunitense sviluppatasi dopo l’11 settembre e se si considera che tutti i regimi (Mubarak in Egitto, Ben Alì in Tunisia e persino Gheddafi in Libia) erano alleati o comunque legati a Washington e all’Occidente che li hanno sacrificati sull’altare di un cambiamento che pare oggi fuori controllo. La Libia è nel caos tra scontri tribali e penetrazione islamista. Della settantina di milizie che stanno “feudalizzando” un Paese nel quale il Consiglio nazionale di transizione perde costantemente prestigio e influenza, le quattro più forti sono di matrice islamista e stanno inviando combattenti in Siria per il jihad contro il regime di Bashar Assad. In Egitto il Parlamento è in mano a Fratelli Musulmani e salafiti grazie ad elezioni farsa che hanno prodotto 52 milioni di voti contro soli 40 milioni di elettori. Oggi il loro potere si confronta, anche in cerca di compromessi, con quello dei militari che fin dalla caduta della monarchia hanno sempre governato ed espresso il presidente. Anche in Tunisia al successo del partito Ennhada, espressione dei Fratelli Musulmani, si affianca il crescente peso del “Partito della Liberazione”, formazione salafita che spesso conduce azioni violente per colpire persone e locali pubblici che non rispettano i dettami del più stretto islamismo. Azioni che preoccupano i laici, in un Paese tra i più moderni e aperti del mondo arabo, ma anche i servizi di sicurezza occidentali che rilevano in Tunisia la crescente presenza di salafiti già noti in Europa per il sostegno al terrorismo islamico. Come ha ricordato recentemente Massimo Amorosi, analista dell'Osservatorio Geopolitico Mediorientale di Roma, ha creato tensioni in Tunisia la visita del predicatore egiziano Wajdi Ghuneim, che in diversi sermoni ha invocato l'applicazione della Sharia e il ripristino della mutilazione genitale femminile. Il religioso noto per i rapporti con il gruppo palestinese Hamas (altro movimento legato ai Fratelli Musulmani) è un ex militare al quale è precluso il soggiorno in Gran Bretagna per “apologia della violenza terroristica”.
Una strana alleanza
La strategia messa a punto dall’Occidente di fronte alle rivoluzioni (o involuzioni) arabe resta in parte da decifrare. Emerge un asse che unisce statunitensi, franco-britannici e turchi alla Lega Araba e soprattutto ad Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti che insieme alla Giordania hanno svolto un ruolo finanziario e militare nel rovesciare Gheddafi e premono oggi per far cadere Bashar Assad. Così come emerge la crescente influenza turca nell’area compresa tra il Mediterraneo e l’Asia Centrale. Un contesto nel quale spicca ancora una volta l’assenza imbarazzante dell’Unione Europea in una crisi che si sviluppa minacciosamente nel suo giardino di casa. Londra e Parigi, tornate protagoniste sulla scena internazionale, schierano truppe scelte e istruttori militari al fianco degli insorti siriani così come fecero in Libia. Iniziative che rispondono a interessi nazionali non certi comunitari. Pare evidente la volontà di Washington e di Ankara di favorire la nascita di un blocco arabo sunnita che, rovesciando il regime scita siriano, isoli l’Iran e i miliziani libanesi Hezbollah. Non mancano però i dubbi su un’iniziativa che rischia di far cadere la principale area petrolifera del mondo nelle mani di gruppi radicali islamisti, parenti a volte molto stretti delle milizie di al-Qaeda e dei talebani afghani con i quali gli statunitensi stanno trattando, non a caso, in Qatar. Paradossale che le forze speciali britanniche segnalate a Homs al fianco dei ribelli siriani, combattano dalla stessa parte delle milizie irachene di al-Qaeda loro acerrime nemiche in Iraq. La presenza in Siria delle cellule di “al Qaeda in Mesopotamia”, dopo i devastanti attentati di Damasco e Aleppo contro comandi militari e di polizia, è stata ufficializzata da Baghdad e dall’intelligence statunitense. Ammissioni che hanno sgombrato il campo dalla propaganda degli insorti che indicava lo stesso regime di Assad come responsabile delle autobombe. Desta non pochi interrogativi e imbarazzi anche la considerazione che gli stessi Paesi che oggi combattono per impedire ai talebani di riportare la sharia a Kabul siano politicamente e militarmente impegnati a portarla a Tripoli, Damasco e in tutto il Medio Oriente così come è evidente che il sostegno delle monarchie arabe del Golfo alla libertà e alla democrazia venga meno quando a chiederle sono gli abitanti del Bahrein (dove Riad ha inviato truppe a sostegno dell’emiro) o gli stessi cittadini sauditi e del Qatar.
L’impasse siriana
L’amministrazione Obama sembra cominciare a valutare il rischio concreto di consegnare la Siria agli islamisti soprattutto dopo le amare lezioni giunte dalla Libia dove imponenti arsenali di armi moderne sono passati dai depositi dell’esercito di Gheddafi alle mani di insorti e terroristi di al-Qaeda nel Sahel , in Sudan e persino a Gaza e in Libano. Damasco dispone di ampie riserve di armi chimiche disseminate in una cinquantina di depositi che verrebbero tenuti d’occhio dai velivoli teleguidati statunitensi decollati dalla Turchia e forse anche da Israele e dalle basi britanniche a Cipro. Nelle mani di terroristi e jihadisti i gas nervini (Sarin e VX) di Assad diverrebbero armi micidiali se impiegate contro obbiettivi civili in ambienti urbani. Una preoccupazione che sembra smorzare le possibilità di un intervento militare internazionale sulla falsariga di quello attuato in Libia per non creare escalation e caos che faciliterebbero la sottrazione di armi di distruzione di massa ma anche delle sofisticate armi convenzionali di produzione russa in dotazione alle forze di Damasco. Quella siriana è però già a tutti gli effetti una guerra civile dove dei circa 7.500 morti registrati quasi un terzo sono militari e poliziotti governativi. Il conflitto siriano registra inoltre una progressiva internazionalizzazione. Aiuti militari, denaro e istruttori per i campi militari dei ribelli in Turchia giungono da Occidente e Paesi arabi mentre Russia, Cina e Iran appoggiano Damasco. Pasdaran iraniani e consiglieri militari russi affiancano le truppe governative che, nel timore di interventi militari stranieri e per ostacolare i traffici di armi che riforniscono i ribelli, già nel novembre scorso hanno minato i confini con Giordania, Turchia e Libano (le frontiere con Israele sul Golan sono già da tempo minate). Per Mosca non si tratta solo di difendere un alleato storico e un importante cliente ma anche di arginare islamismo e jihadismo che già minacciano la Russia caucasica e le repubbliche centro-asiatiche che in passato furono sovietiche ma prima ancora parte rilevante dell’impero ottomano. Il vertice di Tunisi dei cinquanta Paesi auto definitisi “amici della Siria” ha evidenziato le titubanze di Washington e dell’Occidente che mirano a mettere a punto una risoluzione che chieda la fine delle violenze per consentire a personale delle Nazioni Unite e alle agenzie umanitarie di entrare a Homs, contesa da governativi e ribelli. Difficile valutare se si tratti di un primo passo verso un intervento militare giustificato da “esigenze umanitarie” o di un ripensamento strategico dovuto al rischio di togliere di mezzo Assad per regalare la Siria ai jihadisti.
http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero126/article_335127405250543564512322863788_3717816370_0.jsp
di Gianandrea Gaiani
Gli sviluppi della crisi siriana e la progressiva deriva islamista assunta dalla cosiddetta “primavera araba” mettono in discussione la strategia adottata finora dall’Occidente. Nonostante le rivolte dell’ultimo anno abbiano preso il via grazie a movimenti liberali e libertari il rovesciamento dei vecchi regimi ha visto affermarsi gruppi islamici che solo in parte e solo eufemisticamente possono venire definiti moderati. Un risultato paradossale se si valuta la strategia statunitense sviluppatasi dopo l’11 settembre e se si considera che tutti i regimi (Mubarak in Egitto, Ben Alì in Tunisia e persino Gheddafi in Libia) erano alleati o comunque legati a Washington e all’Occidente che li hanno sacrificati sull’altare di un cambiamento che pare oggi fuori controllo. La Libia è nel caos tra scontri tribali e penetrazione islamista. Della settantina di milizie che stanno “feudalizzando” un Paese nel quale il Consiglio nazionale di transizione perde costantemente prestigio e influenza, le quattro più forti sono di matrice islamista e stanno inviando combattenti in Siria per il jihad contro il regime di Bashar Assad. In Egitto il Parlamento è in mano a Fratelli Musulmani e salafiti grazie ad elezioni farsa che hanno prodotto 52 milioni di voti contro soli 40 milioni di elettori. Oggi il loro potere si confronta, anche in cerca di compromessi, con quello dei militari che fin dalla caduta della monarchia hanno sempre governato ed espresso il presidente. Anche in Tunisia al successo del partito Ennhada, espressione dei Fratelli Musulmani, si affianca il crescente peso del “Partito della Liberazione”, formazione salafita che spesso conduce azioni violente per colpire persone e locali pubblici che non rispettano i dettami del più stretto islamismo. Azioni che preoccupano i laici, in un Paese tra i più moderni e aperti del mondo arabo, ma anche i servizi di sicurezza occidentali che rilevano in Tunisia la crescente presenza di salafiti già noti in Europa per il sostegno al terrorismo islamico. Come ha ricordato recentemente Massimo Amorosi, analista dell'Osservatorio Geopolitico Mediorientale di Roma, ha creato tensioni in Tunisia la visita del predicatore egiziano Wajdi Ghuneim, che in diversi sermoni ha invocato l'applicazione della Sharia e il ripristino della mutilazione genitale femminile. Il religioso noto per i rapporti con il gruppo palestinese Hamas (altro movimento legato ai Fratelli Musulmani) è un ex militare al quale è precluso il soggiorno in Gran Bretagna per “apologia della violenza terroristica”.
Una strana alleanza
La strategia messa a punto dall’Occidente di fronte alle rivoluzioni (o involuzioni) arabe resta in parte da decifrare. Emerge un asse che unisce statunitensi, franco-britannici e turchi alla Lega Araba e soprattutto ad Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti che insieme alla Giordania hanno svolto un ruolo finanziario e militare nel rovesciare Gheddafi e premono oggi per far cadere Bashar Assad. Così come emerge la crescente influenza turca nell’area compresa tra il Mediterraneo e l’Asia Centrale. Un contesto nel quale spicca ancora una volta l’assenza imbarazzante dell’Unione Europea in una crisi che si sviluppa minacciosamente nel suo giardino di casa. Londra e Parigi, tornate protagoniste sulla scena internazionale, schierano truppe scelte e istruttori militari al fianco degli insorti siriani così come fecero in Libia. Iniziative che rispondono a interessi nazionali non certi comunitari. Pare evidente la volontà di Washington e di Ankara di favorire la nascita di un blocco arabo sunnita che, rovesciando il regime scita siriano, isoli l’Iran e i miliziani libanesi Hezbollah. Non mancano però i dubbi su un’iniziativa che rischia di far cadere la principale area petrolifera del mondo nelle mani di gruppi radicali islamisti, parenti a volte molto stretti delle milizie di al-Qaeda e dei talebani afghani con i quali gli statunitensi stanno trattando, non a caso, in Qatar. Paradossale che le forze speciali britanniche segnalate a Homs al fianco dei ribelli siriani, combattano dalla stessa parte delle milizie irachene di al-Qaeda loro acerrime nemiche in Iraq. La presenza in Siria delle cellule di “al Qaeda in Mesopotamia”, dopo i devastanti attentati di Damasco e Aleppo contro comandi militari e di polizia, è stata ufficializzata da Baghdad e dall’intelligence statunitense. Ammissioni che hanno sgombrato il campo dalla propaganda degli insorti che indicava lo stesso regime di Assad come responsabile delle autobombe. Desta non pochi interrogativi e imbarazzi anche la considerazione che gli stessi Paesi che oggi combattono per impedire ai talebani di riportare la sharia a Kabul siano politicamente e militarmente impegnati a portarla a Tripoli, Damasco e in tutto il Medio Oriente così come è evidente che il sostegno delle monarchie arabe del Golfo alla libertà e alla democrazia venga meno quando a chiederle sono gli abitanti del Bahrein (dove Riad ha inviato truppe a sostegno dell’emiro) o gli stessi cittadini sauditi e del Qatar.
L’impasse siriana
L’amministrazione Obama sembra cominciare a valutare il rischio concreto di consegnare la Siria agli islamisti soprattutto dopo le amare lezioni giunte dalla Libia dove imponenti arsenali di armi moderne sono passati dai depositi dell’esercito di Gheddafi alle mani di insorti e terroristi di al-Qaeda nel Sahel , in Sudan e persino a Gaza e in Libano. Damasco dispone di ampie riserve di armi chimiche disseminate in una cinquantina di depositi che verrebbero tenuti d’occhio dai velivoli teleguidati statunitensi decollati dalla Turchia e forse anche da Israele e dalle basi britanniche a Cipro. Nelle mani di terroristi e jihadisti i gas nervini (Sarin e VX) di Assad diverrebbero armi micidiali se impiegate contro obbiettivi civili in ambienti urbani. Una preoccupazione che sembra smorzare le possibilità di un intervento militare internazionale sulla falsariga di quello attuato in Libia per non creare escalation e caos che faciliterebbero la sottrazione di armi di distruzione di massa ma anche delle sofisticate armi convenzionali di produzione russa in dotazione alle forze di Damasco. Quella siriana è però già a tutti gli effetti una guerra civile dove dei circa 7.500 morti registrati quasi un terzo sono militari e poliziotti governativi. Il conflitto siriano registra inoltre una progressiva internazionalizzazione. Aiuti militari, denaro e istruttori per i campi militari dei ribelli in Turchia giungono da Occidente e Paesi arabi mentre Russia, Cina e Iran appoggiano Damasco. Pasdaran iraniani e consiglieri militari russi affiancano le truppe governative che, nel timore di interventi militari stranieri e per ostacolare i traffici di armi che riforniscono i ribelli, già nel novembre scorso hanno minato i confini con Giordania, Turchia e Libano (le frontiere con Israele sul Golan sono già da tempo minate). Per Mosca non si tratta solo di difendere un alleato storico e un importante cliente ma anche di arginare islamismo e jihadismo che già minacciano la Russia caucasica e le repubbliche centro-asiatiche che in passato furono sovietiche ma prima ancora parte rilevante dell’impero ottomano. Il vertice di Tunisi dei cinquanta Paesi auto definitisi “amici della Siria” ha evidenziato le titubanze di Washington e dell’Occidente che mirano a mettere a punto una risoluzione che chieda la fine delle violenze per consentire a personale delle Nazioni Unite e alle agenzie umanitarie di entrare a Homs, contesa da governativi e ribelli. Difficile valutare se si tratti di un primo passo verso un intervento militare giustificato da “esigenze umanitarie” o di un ripensamento strategico dovuto al rischio di togliere di mezzo Assad per regalare la Siria ai jihadisti.
http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_8034243544/numero126/article_335127405250543564512322863788_3717816370_0.jsp
sabato 10 marzo 2012
Viviamo questo momento difficile nell'attesa e nella preghiera.La nostra speranza è una riconciliazione nazionale e una pacificazione del paese.
Il Vicario Apostolico Mons Nazzaro: “Kofi Annan venga senza pregiudizi o istruzioni preconfezionate”
Aleppo (Agenzia Fides)
Una chance di pace in Siria c'è se un osservatore come Kofi Annan “ascolta ed entra nella psicologia del popolo siriano”, dice all'Agenzia Fides il francescano p. Giuseppe Nazzaro OFM, Vicario Apostolico di Aleppo. Il Vicario lancia un appello all'ospite delle Nazioni Unite, in questi giorni in Siria: “Venga per entrare realmente dentro alle questioni aperte, senza pregiudizi e senza portare istruzioni per soluzioni preconfezionate. Se sarà prevenuto, non risolverà nulla”. “La visita di Annan – spiega p. Nazzaro – ha una reale possibilità di pacificazione se il leader sarà capace di entrare nella psicologia e nella vita del popolo siriano. La chiave può essere ascoltare governo e opposizione, società, minoranze, senza subire i condizionamenti di forze esterne e le pressioni di altri stati”.
“La questione siriana – continua – va necessariamente iscritta nel contesto del Medio Oriente e dei suoi recenti cambiamenti, analizzando il quadro complessivo. La situazione siriana non nasce oggi ma ha radici antiche. Nell’affrontarla vanno tenute in considerazione la storia, la cultura, le aspettative di un intero popolo”.
“Ogni paese ha qualcosa da migliorare: l’Occidente aiuti a correggere e migliorare la Siria senza imporre una propria ideologia, ma lasciando che maturi una coscienza. Questo l'Occidente deve capirlo, entrando nella mente dei siriani. Non si può pensare solo alla parte economica, al commercio, a interessi geopolitici”, nota il Vicario.
Come comunità cristiana, che in Siria rappresenta l’8% della popolazione, “viviamo questo momento difficile nell'attesa e nella preghiera. La Siria è un paese che finora ci ha dato garanzie, preservando le comunità cristiane, nella pratica e nel rispetto della fede. I cristiani siriani sono timorosi verso un cambiamento futuro che potrebbe portare sofferenze e persecuzioni: vedasi quanto accaduto in Iraq o in Egitto. La nostra speranza è una riconciliazione nazionale e una pacificazione del paese, nel pieno rispetto dei diritti e della dignità di ogni essere umano”. (PA)
(Agenzia Fides 10/3/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38640&lan=ita
Aleppo (Agenzia Fides)
Una chance di pace in Siria c'è se un osservatore come Kofi Annan “ascolta ed entra nella psicologia del popolo siriano”, dice all'Agenzia Fides il francescano p. Giuseppe Nazzaro OFM, Vicario Apostolico di Aleppo. Il Vicario lancia un appello all'ospite delle Nazioni Unite, in questi giorni in Siria: “Venga per entrare realmente dentro alle questioni aperte, senza pregiudizi e senza portare istruzioni per soluzioni preconfezionate. Se sarà prevenuto, non risolverà nulla”. “La visita di Annan – spiega p. Nazzaro – ha una reale possibilità di pacificazione se il leader sarà capace di entrare nella psicologia e nella vita del popolo siriano. La chiave può essere ascoltare governo e opposizione, società, minoranze, senza subire i condizionamenti di forze esterne e le pressioni di altri stati”.
“La questione siriana – continua – va necessariamente iscritta nel contesto del Medio Oriente e dei suoi recenti cambiamenti, analizzando il quadro complessivo. La situazione siriana non nasce oggi ma ha radici antiche. Nell’affrontarla vanno tenute in considerazione la storia, la cultura, le aspettative di un intero popolo”.
“Ogni paese ha qualcosa da migliorare: l’Occidente aiuti a correggere e migliorare la Siria senza imporre una propria ideologia, ma lasciando che maturi una coscienza. Questo l'Occidente deve capirlo, entrando nella mente dei siriani. Non si può pensare solo alla parte economica, al commercio, a interessi geopolitici”, nota il Vicario.
Come comunità cristiana, che in Siria rappresenta l’8% della popolazione, “viviamo questo momento difficile nell'attesa e nella preghiera. La Siria è un paese che finora ci ha dato garanzie, preservando le comunità cristiane, nella pratica e nel rispetto della fede. I cristiani siriani sono timorosi verso un cambiamento futuro che potrebbe portare sofferenze e persecuzioni: vedasi quanto accaduto in Iraq o in Egitto. La nostra speranza è una riconciliazione nazionale e una pacificazione del paese, nel pieno rispetto dei diritti e della dignità di ogni essere umano”. (PA)
(Agenzia Fides 10/3/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=38640&lan=ita
La Siria accoglie Kofi Annan con oltre 80 morti
da Asia News
10/03/2012
La militarizzazione del conflitto renderebbe solo peggiore la situazione
L’ex segretario generale dell’Onu incontrerà a Damasco il presidente Bashar al-Assad per negoziare una soluzione politica alla guerra civile. Per le truppe ribelli, solo “uno spreco di tempo”. Da ieri nuove violenze in tutto il Paese hanno prodotto più di 80 morti.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Da questa mattina Kofi Annan, inviato speciale per Onu e Lega araba, è a Damasco per discutere con il presidente Bashar al-Assad possibili negoziati. Annan si fermerà nella capitale per 24 ore. Tuttavia, il Syrian National Council (Snc) ha già definito questa visita "tempo sprecato", se non si faranno pressioni militari sul governo Assad. Alla vigilia della sua missione infatti, l'ex segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto a entrambe le parti di porre fine alle violenze e sedere al tavolo delle trattative, aggiungendo che la "militarizzazione" del conflitto renderebbe solo peggiore la situazione.
Al momento però, la ricerca di una soluzione politica alla crisi siriana non sembra trovare molti sostenitori. Da ieri, una nuova ondata di violenze ha colpito varie zone del Paese, provocando la morte di oltre 80 persone. Secondo il Syrian Observatory for Human Rights (gruppo di attivisti dell'opposizione, con base a Londra), almeno la metà sono rimaste vittima dei raid del governo vicino alla provincia di Idlib. Situata a nord di Homs, il principale centro dei ribelli, Idlib è vista come il prossimo obiettivo delle truppe militari, dopo i combattimenti a Baba Amr.
10/03/2012
La militarizzazione del conflitto renderebbe solo peggiore la situazione
L’ex segretario generale dell’Onu incontrerà a Damasco il presidente Bashar al-Assad per negoziare una soluzione politica alla guerra civile. Per le truppe ribelli, solo “uno spreco di tempo”. Da ieri nuove violenze in tutto il Paese hanno prodotto più di 80 morti.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Da questa mattina Kofi Annan, inviato speciale per Onu e Lega araba, è a Damasco per discutere con il presidente Bashar al-Assad possibili negoziati. Annan si fermerà nella capitale per 24 ore. Tuttavia, il Syrian National Council (Snc) ha già definito questa visita "tempo sprecato", se non si faranno pressioni militari sul governo Assad. Alla vigilia della sua missione infatti, l'ex segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto a entrambe le parti di porre fine alle violenze e sedere al tavolo delle trattative, aggiungendo che la "militarizzazione" del conflitto renderebbe solo peggiore la situazione.
Al momento però, la ricerca di una soluzione politica alla crisi siriana non sembra trovare molti sostenitori. Da ieri, una nuova ondata di violenze ha colpito varie zone del Paese, provocando la morte di oltre 80 persone. Secondo il Syrian Observatory for Human Rights (gruppo di attivisti dell'opposizione, con base a Londra), almeno la metà sono rimaste vittima dei raid del governo vicino alla provincia di Idlib. Situata a nord di Homs, il principale centro dei ribelli, Idlib è vista come il prossimo obiettivo delle truppe militari, dopo i combattimenti a Baba Amr.
venerdì 9 marzo 2012
Dietro le apparenze
Siria: i timori dei cristiani, presi tra due fuochi
“Se i cristiani di Siria hanno paura? Certo che sì. Hanno molto da perdere e lo sanno bene. Anche se in quest’assurdo conflitto che mette i fratelli l’uno contro l’altro i cristiani non c’entrano, sono proprio loro che un domani, in qualità di minoranza, potrebbero esser chiamati a pagare il prezzo più alto di questa assurda guerra”.
9.2.12
Misna - Lo dice un religioso cristiano, molto bene informato sulla situazione, contattato dalla MISNA in Siria mentre a Homs proseguono i bombardamenti delle forze armate contro “la roccaforte” dei movimenti di opposizione. “Da Homs la maggior parte dei cristiani è andata via per timore delle bombe e di possibili scontri. In città ci sono elementi armati che potrebbero ingaggiare combattimenti con i militari: questa è una cosa di cui, i mezzi di informazione occidentale non parlano, lasciando credere che tutt’ad un tratto il governo di Damasco sia impazzito e abbia cominciato a bombardare i suoi cittadini solo perché avevano pacificamente manifestato in piazza” prosegue la fonte, chiedendo di rimanere anonima per motivi di sicurezza.
Insieme al Libano, la Siria è ancor oggi l’unico Paese arabo in cui l’Islam non è formalmente definito religione di Stato dalla Costituzione e il credo religioso non viene riportato sulle carte d’identità dei cittadini. Nelle ultime settimane, tuttavia, i timori di una deriva confessionale dei disordini in corso in Siria – a partire e non a caso da Homs, la cui popolazione è equamente divisa tra alawiti e sunniti – sono alimentati dal ricordo dell’esodo dei cristiani iracheni. “Negli occhi e nelle orecchie di tutti i siriani riecheggiano i racconti, terribili, dei profughi in fuga da Baghdad, Mosul o Erbil” dice ancora la fonte, ricordando che mentre l’Europa cercava di respingerli o ‘dirottarli’ in Africa e America Latina “la Siria ha aperto le sue porte agli iracheni, di qualunque confessione religiosa essi fossero”.
Alla battaglia che si consuma nel paese se ne contrappone un’altra, ben più ampia, sul fronte internazionale, con cancellerie occidentali da un lato, Mosca e Cina – che hanno apposto il veto ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che prevedeva le dimissioni di Assad – dall’altro. “A ben guardare però – azzarda la fonte della MISNA – chi soffia più di tutti sulle braci, invocando un intervento umanitario come quello ideato per la Libia sono potenze unite da un nemico comune: l’Iran. Gli Stati Uniti, che non vedono l’ora di disfarsi degli Ayatollah, la Turchia sunnita che ne teme le ingerenze sul governo a maggioranza sciita di Baghdad, l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo che contendono agli sciiti il primato dell’egemonia religiosa nel grande Medio Oriente”.
In Siria, conclude il religioso, sono in molti a credere che “questa guerra, combattuta soprattutto sui media, vada oltre Damasco e Homs ma guardi molto più lontano, versoTeheran”.
9.2.12
Misna - Lo dice un religioso cristiano, molto bene informato sulla situazione, contattato dalla MISNA in Siria mentre a Homs proseguono i bombardamenti delle forze armate contro “la roccaforte” dei movimenti di opposizione. “Da Homs la maggior parte dei cristiani è andata via per timore delle bombe e di possibili scontri. In città ci sono elementi armati che potrebbero ingaggiare combattimenti con i militari: questa è una cosa di cui, i mezzi di informazione occidentale non parlano, lasciando credere che tutt’ad un tratto il governo di Damasco sia impazzito e abbia cominciato a bombardare i suoi cittadini solo perché avevano pacificamente manifestato in piazza” prosegue la fonte, chiedendo di rimanere anonima per motivi di sicurezza.
Insieme al Libano, la Siria è ancor oggi l’unico Paese arabo in cui l’Islam non è formalmente definito religione di Stato dalla Costituzione e il credo religioso non viene riportato sulle carte d’identità dei cittadini. Nelle ultime settimane, tuttavia, i timori di una deriva confessionale dei disordini in corso in Siria – a partire e non a caso da Homs, la cui popolazione è equamente divisa tra alawiti e sunniti – sono alimentati dal ricordo dell’esodo dei cristiani iracheni. “Negli occhi e nelle orecchie di tutti i siriani riecheggiano i racconti, terribili, dei profughi in fuga da Baghdad, Mosul o Erbil” dice ancora la fonte, ricordando che mentre l’Europa cercava di respingerli o ‘dirottarli’ in Africa e America Latina “la Siria ha aperto le sue porte agli iracheni, di qualunque confessione religiosa essi fossero”.
Alla battaglia che si consuma nel paese se ne contrappone un’altra, ben più ampia, sul fronte internazionale, con cancellerie occidentali da un lato, Mosca e Cina – che hanno apposto il veto ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che prevedeva le dimissioni di Assad – dall’altro. “A ben guardare però – azzarda la fonte della MISNA – chi soffia più di tutti sulle braci, invocando un intervento umanitario come quello ideato per la Libia sono potenze unite da un nemico comune: l’Iran. Gli Stati Uniti, che non vedono l’ora di disfarsi degli Ayatollah, la Turchia sunnita che ne teme le ingerenze sul governo a maggioranza sciita di Baghdad, l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo che contendono agli sciiti il primato dell’egemonia religiosa nel grande Medio Oriente”.
In Siria, conclude il religioso, sono in molti a credere che “questa guerra, combattuta soprattutto sui media, vada oltre Damasco e Homs ma guardi molto più lontano, versoTeheran”.
Il calvario dei cristiani in Medio Oriente
da CANTO NUOVO , intervista a HARALD SUERMANN
Dialogare con gli attori dei processi in atto in Nord Africa e Medio Oriente, “nel rispetto dei popoli”, con l’obiettivo di costruire “società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso”. Lo ha chiesto Benedetto XVI alla comunità internazionale, in occasione della presentazione degli auguri per il nuovo anno del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il pensiero del Papa è subito andato alla Siria, per la quale – ha detto – auspica “una rapida fine degli spargimenti di sangue”. Particolare la situazione dei cristiani, come spiega Harald Suermann, direttore della divisione Medio Oriente dell’organizzazione umanitaria tedesca Missio, che nei giorni scorsi ha partecipato all’incontro della Roaco, la Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese orientali:
La situazione è molto difficile: la maggior parte dei cristiani ha paura della rivoluzione. Non si sa cosa ne verrà fuori. Il regime di Assad non è un buon regime, ma comunque ha consentito di mantenere una situazione stabile. Il timore è – ed è una paura molto grande – che questa rivoluzione dei Fratelli Musulmani provochi una situazione simile a quella verificatasi in Iraq. Pertanto hanno paura e, come dire, non sono dalla parte di Assad, ma chiedono un cambiamento graduale delle cose.
Il Papa, nel discorso agli ambasciatori, ha poi auspicato il riconoscimento della dignità inalienabile di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Il pensiero corre quindi anche all’Egitto e alla presenza cristiana nel Paese, minacciata da attentati e violenze estremiste contro i copti:
HARALD SUERMANN-Direttore divisione Medio Oriente di Missio
Soprattutto ora, considerando il caso dell’Egitto, si possono notare le conseguenze sulla vita della Chiesa cristiana e dei cristiani, che non migliora perché con questo cambiamento di regime si è verificato un vuoto di potere che è stato strumentalizzato da quanti vogliono spaventare i cristiani. Si sono verificati episodi in cui le chiese venivano bruciate e i cristiani venivano attaccati: questa è la situazione per il momento. Dobbiamo aspettare il ristabilimento e il rafforzamento del potere centrale per avere una sicurezza, che però da sola non garantirà un futuro positivo per i cristiani. Ritengo che, a lungo termine, la gente chiederà più libertà ed eguaglianza tra le persone, ma serve tempo.
Soprattutto ora, considerando il caso dell’Egitto, si possono notare le conseguenze sulla vita della Chiesa cristiana e dei cristiani, che non migliora perché con questo cambiamento di regime si è verificato un vuoto di potere che è stato strumentalizzato da quanti vogliono spaventare i cristiani. Si sono verificati episodi in cui le chiese venivano bruciate e i cristiani venivano attaccati: questa è la situazione per il momento. Dobbiamo aspettare il ristabilimento e il rafforzamento del potere centrale per avere una sicurezza, che però da sola non garantirà un futuro positivo per i cristiani. Ritengo che, a lungo termine, la gente chiederà più libertà ed eguaglianza tra le persone, ma serve tempo.
Benedetto XVI ha anche espresso compiacimento per la ripresa del dialogo tra palestinesi e israeliani, grazie ad un’iniziativa del Regno di Giordania.
HARALD SUERMANN-Direttore divisione Medio Oriente di Missio
Hamas, il partito radicale islamico, sta diventando più moderato e sta anche prendendo le distanze dal regime siriano: c’è quindi un’atmosfera positiva per un cambiamento, ci sono le premesse per delle trattative di pace. A mio avviso, si verifica una congiuntura che potrebbe essere positiva, se viene colta non tanto dagli europei, quanto da Israele e dalla Palestina. E mi auguro anche che la Giordania possa veramente svolgere un ruolo di mediazione.
Hamas, il partito radicale islamico, sta diventando più moderato e sta anche prendendo le distanze dal regime siriano: c’è quindi un’atmosfera positiva per un cambiamento, ci sono le premesse per delle trattative di pace. A mio avviso, si verifica una congiuntura che potrebbe essere positiva, se viene colta non tanto dagli europei, quanto da Israele e dalla Palestina. E mi auguro anche che la Giordania possa veramente svolgere un ruolo di mediazione.
Nuove violenze segnano la Siria
Dall' Osservatore Romano di sabato 10 marzo 2012
Pechino lavora a una road map per una soluzione politica della crisi
Pechino lavora a una road map per una soluzione politica della crisi
DAMASCO, 9. Nuove violenze in Siria. Sono almeno 56 le persone uccise ieri dalle forze di sicurezza in varie località del Paese. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locale degli attivisti, che forniscono un bilancio documentato e dettagliato delle vittime. Di queste, 44 sono morte a Homs. Il Governo attribuisce la responsabilità degli scontri a gruppi di terroristi.
Intanto, sul fronte internazionale, la Cina cerca sostegno per il suo piano per trovare una soluzione politica alla crisi. Arabia Saudita, Egitto e Francia sono le tappe della missione di sette giorni — che inizierà domenica — dell’inviato di Pechino, Zhang Ming.
L’obiettivo, hanno spiegato dal ministero degli Esteri, è presentare una nuova road map per la pace. Liu Weimin, portavoce del dicastero, ha precisato che al Cairo Zhang Ming incontrerà responsabili della Lega Araba. Il piano cinese prevede l’immediato stop delle violenze in Siria e l’avvio di un dialogo, senza precondizioni, tra Governo e opposizioni. Negli ultimi giorni la Cina, che ha posto per due volte (insieme a Mosca) il veto in Consiglio di Sicurezza Onu a risoluzioni contro la Siria, si è detta disponibile per una mediazione tra le parti con l’aiuto di Nazioni Unite e Lega Araba.
Siria. Denunce di torture a Homs. Profughi accolti dai cristiani libanesi
Da Radio Vaticana - 7 marzo 2012
In Siria la situazione è sempre più drammatica e la popolazione fugge verso il Libano. Secondo le Nazioni Unite 2000 nuovi rifugiati hanno varcato il confine in questi giorni. La comunità cristiana in Libano è pronta ad accogliere tutti senza distinzioni. Massimo Pittarello ha chiesto a padre Paul Karam, direttore delle Pontificie Opere Missionarie se i profughi siano già arrivati e qual è la reale situazione in Libano.
R. – Non abbiamo visto questo numero, che l’Onu dice. Il Libano è una terra piccola è non è adatta per accogliere in pianta stabile tutti i profughi. Abbiamo già fatto l’esperienza dei profughi palestinesi, che sono qui già da oltre 60 anni: cosa abbiamo risolto? Quale è la soluzione pacifica, quando cacci via un popolo e lo metti in un’altra nazione, sotto le tende? E’ questa la soluzione che vuole la comunità internazionale? Sicuramente il popolo libanese è un popolo che accoglie tutti, ma dobbiamo aiutarlo. Non è sufficiente dire: venite qua, dove potrete rimanere per l’eternità. No: questo non è giusto.
Siria, nuove vittime nel venerdì di protesta. Congresso Usa vota nuove sanzioni
Da Radio vaticana - 9 marzo 2012
In Siria, è di almeno 38 morti, fra cui tre bambini, il bilancio provvisorio dell’odierna giornata di proteste in tutto il Paese, come è consuetudine nel venerdì di preghiera islamica. Lo riferiscono i comitati locali d’opposizione, precisando che la maggior parte delle vittime si registrano nella città ribelle di Homs. Intanto, ferve l’attività diplomatica internazionale per porre fine alla crisi siriana: la Commissione per gli Affari esteri del Congresso Usa ha approvato nuove sanzioni nei confronti del governo di Damasco.
La Russia si è invece opposta al nuovo progetto di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che definisce “non equilibrato”. Il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha iniziato oggi una missione diplomatica per mediare sulla situazione. Lavrov farà tappa prima a Il Cairo, per incontri con le sue controparti della Lega araba, e poi a New York, per una serie di colloqui a margine della riunione di lunedì del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Infine, la Cina ha annunciato l’invio di un suo emissario a Riad, il Cairo e Parigi per illustrare un piano di pace in sei punti proposto domenica scorsa e già accettato dal governo di Bashar al-ssad. (A cura di Marco Guerra)
Bruxelles sostiene la missione Onu in Siria
Dall' Osservatore Romano del 9 marzo 2012
Lo ha annunciato Catherine Ashton al termine del colloquio con Kofi Annan
Questo il risultato del colloquio avvenuto ieri tra il sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari umanitari, Valérie Amos, e il ministro siriano degli Affari Esteri, Walid Muallem, che ha sottolineato «l’impegno della Siria a cooperare con la delegazione nel quadro del rispetto, della sovranità e dell’indip endenza della Siria e in coordinamento con il ministero degli Affari esteri» come ha indicato l’agenzia ufficiale Sana. Walid Muallem ha anche detto alla Sana che la Siria sta facendo tutto il possibile per fornire cibo e assistenza medica ai suoi cittadini nonostante «il fardello delle ingiuste sanzioni imposte da qualche Paese occidentale e arabo». Damasco attribuisce la responsabilità delle violenze in corso a gruppi armati di matrice terroristica.
Lo ha annunciato Catherine Ashton al termine del colloquio con Kofi Annan
DAMASCO, 8. L’Unione europea sostiene «pienamente» la missione dell’inviato speciale dell’Onu e della Lega araba, Kofi Annan, per giungere a una soluzione diplomatica della crisi siriana. Lo ha assicurato l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza comune, Catherine Ashton, in un colloquio telefonico con Annan. Quest’ultimo — riferisce una nota — ha informato Ashton sulla sua visita nella regione, programmata per i prossimi giorni: domani si recherà al Cairo per colloqui con il segretario generale della Lega Araba, Nabil Al Arabi, con cui discuterà di una strategia globale per fermare le violenze.
Intanto, la Siria si è detta pronta a «cooperare» con una delegazione umanitaria dell’Onu per far giungere nel Paese gli aiuti umanitari.
Intanto, la Siria si è detta pronta a «cooperare» con una delegazione umanitaria dell’Onu per far giungere nel Paese gli aiuti umanitari.
Questo il risultato del colloquio avvenuto ieri tra il sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari umanitari, Valérie Amos, e il ministro siriano degli Affari Esteri, Walid Muallem, che ha sottolineato «l’impegno della Siria a cooperare con la delegazione nel quadro del rispetto, della sovranità e dell’indip endenza della Siria e in coordinamento con il ministero degli Affari esteri» come ha indicato l’agenzia ufficiale Sana. Walid Muallem ha anche detto alla Sana che la Siria sta facendo tutto il possibile per fornire cibo e assistenza medica ai suoi cittadini nonostante «il fardello delle ingiuste sanzioni imposte da qualche Paese occidentale e arabo». Damasco attribuisce la responsabilità delle violenze in corso a gruppi armati di matrice terroristica.
Crescenti violenze
(ANSA) - GINEVRA, 8 MAR - In Siria ci sono "almeno 15.000 stranieri" che combattono contro le forze del presidente Bashar al Assad. Lo ha detto il vice ambasciatore russo presso l'Onu a Ginevra, intervenendo al forum sulla Siria tenutosi oggi. I ribelli "uccidono, torturano e intimidiscono i civili, l'afflusso di terroristi da alcuni Paesi vicini e' in crescendo", ha detto Mikhail Lebedev: "Sono almeno 15.000 i combattenti stranieri. I confini sono senza controllo"
da MISNA - 9 marzo
ANNAN CERCA SOLUZIONE POLITICA
La Russia ha accusato la Libia di ospitare sul proprio territorio un campo di addestramento destinato a combattenti dell’opposizione siriana. L’accusa è stata formulata dall’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, che ne ha parlato nel corso di una sessione del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
“Abbiamo informazioni che in Libia, con il sostegno delle autorità di Tripoli, è stato creato uno speciale centro di addestramento per rivoluzionari siriani che vengono poi rimandati in Siria a combattere contro il legittimo governo” ha detto Churkin. La notizia è stata smentita più tardi dal governo libico che ha sostenuto di non avere informazioni al riguardo.
Intanto, al Consiglio di sicurezza è in discussione un’altra bozza di risoluzione sulla Siria questa volta presentata dagli Stati Uniti. Sebbene, la risoluzione contenga espliciti riferimenti alle violenze commesse anche dall’opposizione, secondo fonti della MISNA la Russia ha già anticipato la propria opposizione al testo chiedendo un maggiore bilanciamento delle responsabilità tra governo e opposizione. Secondo le stesse fonti sia Mosca che Pechino sono inoltre contro il riferimento a “una transizione politica” fatto nel testo proposto.
Sul campo, le truppe governative stanno provando a spingere ulteriormente l’offensiva contro le roccaforti dell’opposizione. Nel mirino sarebbe ora Rastan, cittadina a una ventina di chilometri a nord da Homs. Ma anche a Homs, nonostante la caduta del quartiere di Baba Amr, permangono sacche di resistenza così come a Deir Ezzor, Idlib, Daraa, altri teatri del confronto armato.
Dopo la defezione, ieri, del viceministro del Petrolio, Abdo Hussameddine che in un videomessaggio ha annunciato dimissioni e adesione ai movimenti di opposizione, il portavoce del cosiddetto Esercito libero siriano ha sostenuto che quattro generali avrebbero disertato e si troverebbero in questo momento in Turchia.
In questa generale corsa al confronto armato che potrebbe aprire a una recrudescenza dei combattimenti, a parlare di dialogo e della necessità di soluzioni politiche è stato ieri l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan. Nominato rappresentante congiunto in Siria da Onu e Lega Araba, Annan è atteso nei prossimi giorni a Damasco e ieri, al Cairo, ha detto: “Spero che nessuno stia pensando seriamente di usare la forza in questa situazione. Faremo il possibile per arrivare a una cessazione delle ostilità, delle uccisioni e delle violenze”. La soluzione, ha aggiunto Annan, “non può che essere politica”
Leggi anche la testimonianza :
I miei occhi non vedono che lacrime e funerali in tutta la Siria
giovedì 8 marzo 2012
Nuovo confronto all’Onu sulla crisi siriana
Dall' Osservatore Romano dell' 8 marzo 2012
In esame una bozza di risoluzione presentata da Washington
DAMASCO, 7. Mentre in Siria gli oppositori del presidente Bashar el Assad denunciano nuove uccisioni di civili da parte delle forze governative, a New York si sono riuniti ieri sei membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite — i cinque permanenti (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti) più il Marocco in rappresentanza del gruppo dei Paesi arabi — , per discutere la nuova bozza di risoluzione sulla Siria elaborata dagli Stati Uniti.
Uscendo dalla riunione, tenuta a porte chiuse, gli ambasciatori non hanno rilasciato commenti. Fonti diplomatiche occidentali hanno però sostenuto che il testo in esame è meno forte di quello bloccato nelle scorse settimane dal veto di Russia e Cina. Secondo l’agenzia di stampa italiana Ansa, che si dice in possesso della nuova bozza, questa chiede in particolare al Governo di Damasco l’immediato accesso degli operatori umanitari nel Paese, la cessazione di ogni violenza e cooperazione piena con l’inviato dell’Onu, l’ex Segretario generale Kofi Annan. Non si fa invece nessuna menzione di un cambio di Governo in Siria, uno dei nodi che avevano bloccato l’adozione del documento precedente.
Sulla questione siriana è previsto oggi un incontro a Riad, in Arabia Saudita, tra i ministri degli Esteri dei Paesi del Golfo persico e quello russo Serghiei Lavrov.
Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una conferenza stampa tenuta ieri alla Casa Bianca, ha detto che rispetto a quella libica la situazione siriana è «diversa e molto più complicata».
Obama si è detto certo che Assad perderà il potere, ma ha aggiunto che «sarebbe un errore dare il via a una azione militare unilaterale come alcuni suggeriscono, o pensare che ci sia una soluzione semplice» alla crisi siriana.
Sulla questione siriana è previsto oggi un incontro a Riad, in Arabia Saudita, tra i ministri degli Esteri dei Paesi del Golfo persico e quello russo Serghiei Lavrov.
Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una conferenza stampa tenuta ieri alla Casa Bianca, ha detto che rispetto a quella libica la situazione siriana è «diversa e molto più complicata».
Obama si è detto certo che Assad perderà il potere, ma ha aggiunto che «sarebbe un errore dare il via a una azione militare unilaterale come alcuni suggeriscono, o pensare che ci sia una soluzione semplice» alla crisi siriana.
mercoledì 7 marzo 2012
Il Papa incoraggia i cristiani d'Oriente a "perseverare"
L’UDIENZA GENERALE, 07.03.2012
"Mentre affido il Sinodo Armeno alla materna intercessione della Santissima Madre di Dio, estendo il mio orante pensiero alle Regioni del Medio Oriente, incoraggiando Pastori e fedeli tutti a perseverare con speranza nelle gravi sofferenze che affliggono quelle care popolazioni.
Il Signore vi benedica.
Grazie."
Il Papa saluta il patriarca di Cilicia degli Armeni, Nerses Bedros XIX |
Il Signore vi benedica.
Grazie."
In Iraq, come in Siria, gli eserciti stranieri creano solo guai
Sacerdote giordano risponde ad Alain Juppé
di Rif'at Bader
Al ministro francese degli esteri, che si è vantato per l'impegno del suo Paese a favore dei cristiani d'oriente, p. Rif'at Bader ribatte che la fuga dei cristiani dall'Iraq sta a testimoniare il contrario. La follia di esportare la democrazia con le armi anche in Siria. Se l'occidente vuole fare davvero qualcosa per il Medio oriente (non solo per i cristiani) occorre potenziare l'educazione, i media, la sanità, ma soprattutto collaborare a risolvere il problema israelo-palestinese.
Amman (AsiaNews) - Il p. Rif'at Bader, direttore del Centro di studi e comunicazione nella capitale giordana, ha risposto in questi giorni a un articolo del ministro francese degli esteri, Alain Juppé, apparso su diversi giornali mondiali. Nell'articolo, Juppé rivendicava un ruolo di difesa dei cristiani svolto dalla Francia e invitava i cristiani di Siria a combattere con più decisione contro Bashar Assad. Ecco la risposta che p. Bader ci ha inviato (traduzione dal francese a cura di AsiaNews).
leggi la lettera qui
http://www.asianews.it/notizie-it/Sacerdote-giordano-risponde-ad-Alain-Juppé:-In-Iraq,-come-in-Siria,-gli-eserciti-stranieri-creano-solo-guai-24170.html
di Rif'at Bader
da Asia News 7/03/2012
Al ministro francese degli esteri, che si è vantato per l'impegno del suo Paese a favore dei cristiani d'oriente, p. Rif'at Bader ribatte che la fuga dei cristiani dall'Iraq sta a testimoniare il contrario. La follia di esportare la democrazia con le armi anche in Siria. Se l'occidente vuole fare davvero qualcosa per il Medio oriente (non solo per i cristiani) occorre potenziare l'educazione, i media, la sanità, ma soprattutto collaborare a risolvere il problema israelo-palestinese.
Amman (AsiaNews) - Il p. Rif'at Bader, direttore del Centro di studi e comunicazione nella capitale giordana, ha risposto in questi giorni a un articolo del ministro francese degli esteri, Alain Juppé, apparso su diversi giornali mondiali. Nell'articolo, Juppé rivendicava un ruolo di difesa dei cristiani svolto dalla Francia e invitava i cristiani di Siria a combattere con più decisione contro Bashar Assad. Ecco la risposta che p. Bader ci ha inviato (traduzione dal francese a cura di AsiaNews).
leggi la lettera qui
http://www.asianews.it/notizie-it/Sacerdote-giordano-risponde-ad-Alain-Juppé:-In-Iraq,-come-in-Siria,-gli-eserciti-stranieri-creano-solo-guai-24170.html
martedì 6 marzo 2012
Il fondamento della pace
Ignace IV Hazim - Patriarca Greco-Ortodosso - Damasco - Sirya.
“Non puoi in nome di Dio uccidere l’uomo; non puoi in nome di Dio disprezzare l’uomo; non vi è uomo di prima categoria e un uomo di decima categoria.
Dio non ha creato gli uomini secondo determinati gradi e livelli.
Egli dà la grazia a tutti; la Sua immagine è in ogni uomo senza distinzione alcuna. Con queste parole noi ci rivolgiamo ai nostri tempi dove sentiamo di persone che nominano Dio, da una parte, e uccidono dall’altra.
Non vi è giustificazione per l’omicidio per chi lo commette a prescindere dalle motivazioni. Non vi è giustificazione per uccidere l’essere, che Dio ha rispettato, perché la vita dell’uomo proviene da Dio e a Dio tornerà non per mano dell’uomo ma per mezzo di Colui che dette vita all’uomo.
Occorre ridare all’uomo la propria santità essendo fatto ad immagine e somiglianza di Dio, un’immagine di cui molti non parlano più.
Abbiamo visto gente che si spara a vicenda.
Abbiamo visto persone che sgozzano un uomo come fosse un agnello. Ma come possiamo evocare il nome di Dio, uccidendone i figli e dire poi che adoriamo Dio?
Mi auguro con queste parole, che non ho avuto il tempo di preparare, che tutti sentano la necessità di “leggere” l’uomo. Questo uomo deve essere “letto” perché si sappia il perché Dio volle crearlo.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno ascoltato e chiedo a Dio di illuminare tutti perché sappiano che Dio non creò l’uomo per essere sgozzato, ucciso, reso povero o disprezzato.”
“Non puoi in nome di Dio uccidere l’uomo; non puoi in nome di Dio disprezzare l’uomo; non vi è uomo di prima categoria e un uomo di decima categoria.
Dio non ha creato gli uomini secondo determinati gradi e livelli.
Egli dà la grazia a tutti; la Sua immagine è in ogni uomo senza distinzione alcuna. Con queste parole noi ci rivolgiamo ai nostri tempi dove sentiamo di persone che nominano Dio, da una parte, e uccidono dall’altra.
Non vi è giustificazione per l’omicidio per chi lo commette a prescindere dalle motivazioni. Non vi è giustificazione per uccidere l’essere, che Dio ha rispettato, perché la vita dell’uomo proviene da Dio e a Dio tornerà non per mano dell’uomo ma per mezzo di Colui che dette vita all’uomo.
Occorre ridare all’uomo la propria santità essendo fatto ad immagine e somiglianza di Dio, un’immagine di cui molti non parlano più.
Abbiamo visto gente che si spara a vicenda.
Abbiamo visto persone che sgozzano un uomo come fosse un agnello. Ma come possiamo evocare il nome di Dio, uccidendone i figli e dire poi che adoriamo Dio?
Mi auguro con queste parole, che non ho avuto il tempo di preparare, che tutti sentano la necessità di “leggere” l’uomo. Questo uomo deve essere “letto” perché si sappia il perché Dio volle crearlo.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno ascoltato e chiedo a Dio di illuminare tutti perché sappiano che Dio non creò l’uomo per essere sgozzato, ucciso, reso povero o disprezzato.”
lunedì 5 marzo 2012
Estremisti islamici e terroristi cavalcano la rivoluzione siriana
da Asia News
Fonti di AsiaNews rivelano la presenza nel Paese di membri di al-Qaeda giunti in Siria per combattere il jihad. Gli interessi della Lega araba alimentano il clima di odio e violenza e allontanano le speranze di una soluzione diplomatica duratura.
05/03/2012 16:08
Damasco (AsiaNews) - "Gli estremisti islamici hanno sfigurato il movimento pro-democrazia nato in marzo con le manifestazioni dei giovani disoccupati siriani". È quanto affermano fonti di AsiaNews, che fanno notare come le proteste pacifiche contro il regime abbiamo lasciato il posto a una lotta armata che trascina il Paese verso una sanguinosa guerra civile. "Nella lotta contro gli Assad - spiegano - ci sono in gioco molti interessi che non riguardano solo il bene del popolo siriano". Secondo le fonti, fra i ribelli militano diversi terroristi islamici stranieri, molti dei quali appartenenti ad al-Qaeda, giunti in Siria per combattere il jihad contro il regime e difendere gli interessi dei Paesi della Lega araba, alimentando il clima di violenza e di odio che allontana le speranze di una soluzione diplomatica basata sul dialogo fra le parti.
"La popolazione ha paura - spiegano - per le strade di Damasco vige il coprifuoco. La città è divisa fra chi sostiene il regime e chi è a favore dei ribelli. La stessa situazione si riscontra nelle altre città del Paese". Le fonti sottolineano che la Siria è in una fase di stallo dove a violenza si risponde con violenza.
Esempio di tale divisione è stato il risultato "reale" del referendum per la riforma costituzionale, che ha visto il partito di governo (Baath) rinunciare al suo ruolo fondamentale per lo Stato e per la società, aprendo al pluralismo politico. Secondo il regime circa l'87% dei votanti (57% della popolazione) ha scelto per il cambiamento, ma i dati reali mostrano che meno del 50% ha votato per il si. "Tale risultato - affermano le fonti di AsiaNews - è un danno per il regime, ma anche per l'opposizione che ha fallito nella sua chiamata al boicottaggio delle urne".
Intanto continuano a Homs i combattimenti fra truppe fedeli alla famiglia Assad e ribelli del Free Syrian Liberation Army. Questa mattina l'intervento della Croce Rossa ha permesso l'arrivo di aiuti ai profughi siriani che stanno fuggendo dai combattimenti nella zona di Baba Amr, la più colpita dagli scontri, che resta ancora interdetta ai soccorsi.
Oggi, Nabil al-Arabi, segretario generale della Lega araba ha annunciato che il regime ha accettato Kofi Annan come inviato speciale Onu. Egli giungerà il 10 marzo a Damasco.
http://www.asianews.it/notizie-it/Estremisti-islamici-e-terroristi-cavalcano-la-rivoluzione-siriana-24151.html
Fonti di AsiaNews rivelano la presenza nel Paese di membri di al-Qaeda giunti in Siria per combattere il jihad. Gli interessi della Lega araba alimentano il clima di odio e violenza e allontanano le speranze di una soluzione diplomatica duratura.
05/03/2012 16:08
Damasco (AsiaNews) - "Gli estremisti islamici hanno sfigurato il movimento pro-democrazia nato in marzo con le manifestazioni dei giovani disoccupati siriani". È quanto affermano fonti di AsiaNews, che fanno notare come le proteste pacifiche contro il regime abbiamo lasciato il posto a una lotta armata che trascina il Paese verso una sanguinosa guerra civile. "Nella lotta contro gli Assad - spiegano - ci sono in gioco molti interessi che non riguardano solo il bene del popolo siriano". Secondo le fonti, fra i ribelli militano diversi terroristi islamici stranieri, molti dei quali appartenenti ad al-Qaeda, giunti in Siria per combattere il jihad contro il regime e difendere gli interessi dei Paesi della Lega araba, alimentando il clima di violenza e di odio che allontana le speranze di una soluzione diplomatica basata sul dialogo fra le parti.
"La popolazione ha paura - spiegano - per le strade di Damasco vige il coprifuoco. La città è divisa fra chi sostiene il regime e chi è a favore dei ribelli. La stessa situazione si riscontra nelle altre città del Paese". Le fonti sottolineano che la Siria è in una fase di stallo dove a violenza si risponde con violenza.
Esempio di tale divisione è stato il risultato "reale" del referendum per la riforma costituzionale, che ha visto il partito di governo (Baath) rinunciare al suo ruolo fondamentale per lo Stato e per la società, aprendo al pluralismo politico. Secondo il regime circa l'87% dei votanti (57% della popolazione) ha scelto per il cambiamento, ma i dati reali mostrano che meno del 50% ha votato per il si. "Tale risultato - affermano le fonti di AsiaNews - è un danno per il regime, ma anche per l'opposizione che ha fallito nella sua chiamata al boicottaggio delle urne".
Intanto continuano a Homs i combattimenti fra truppe fedeli alla famiglia Assad e ribelli del Free Syrian Liberation Army. Questa mattina l'intervento della Croce Rossa ha permesso l'arrivo di aiuti ai profughi siriani che stanno fuggendo dai combattimenti nella zona di Baba Amr, la più colpita dagli scontri, che resta ancora interdetta ai soccorsi.
Oggi, Nabil al-Arabi, segretario generale della Lega araba ha annunciato che il regime ha accettato Kofi Annan come inviato speciale Onu. Egli giungerà il 10 marzo a Damasco.
http://www.asianews.it/notizie-it/Estremisti-islamici-e-terroristi-cavalcano-la-rivoluzione-siriana-24151.html
domenica 4 marzo 2012
“La Vergine Maria ha fermato i proiettili con le Sue stesse mani" Divine intervention saved convent: Syria nun
Founded in 547, the convent of
Our Lady of Saidnaya is a leading Antiochian Orthodox nunnery, which overlooks
a mountain village of the same name, just 35km from Damascus. The convent
includes a school for orphans, whose costs are covered by private donations,
according to a brochure distributed by the complex.
The nunnery is a major pilgrimage center and lies not far from the villages of Jabadin and Maalula, where people still speak Syriac, the modern version of Aramaic.
The nunnery is a major pilgrimage center and lies not far from the villages of Jabadin and Maalula, where people still speak Syriac, the modern version of Aramaic.
Sister Stefanie, the head of Sednaya Monastery, shows journalists damage caused to the convent during a recent shelling on Tuesday. Journalists were taken to the monastery northwest of the capital, Damascus, on a government-organized trip to view damage caused to the convent that came under artillery fire on Sunday.
Feb 02, 2012
Photo: AFP
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