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mercoledì 1 dicembre 2021

3 dicembre '21 : guarda e vota il film "Mother Fortress"

  2 proiezioni gratuite di 
MOTHER FORTRESS

3 dicembre 2021 - 
ore 19.05 e 22.43 

in concorso alla

MOSTRA del CINEMA di TARANTO 2021



GIURIA  di 5 esperti          

                                                     

 DIVENTA IL 6° GIURATO: 

vota il film "Mother Fortress"





Inespugnabile come una fortezza è il monastero siriano in cui si svolge l’azione di "Mother Fortress", film documentario di Maria Luisa Forenza, girato in Siria durante la guerra.

Madre Agnes, assieme a monaci, monache provenienti da Francia, Belgio, Portogallo, Libano, Cile, Venezuela, Colorado-USA (di cui alcuni ex- giornalisti), affronta gli effetti della guerra in Siria sul suo monastero, situato ai piedi delle montagne al confine con il Libano dove ISIS insidiosamente si nasconde.

Nonostante sia esso stesso obiettivo di attacchi, il monastero accoglie orfani, vedove, rifugiati (cristiani e sunniti), vittime di una guerra fratricida che dal 2011 ha prodotto caos e devastazione. Organizzando un convoglio di ambulanze e camion, che percorrono strade controllate da cecchini, Madre Agnes persegue la rocambolesca missione di fornire aiuti umanitari (cibo, vestiti, medicine) ai siriani rimasti intrappolati nel paese. Esplorazione non della guerra, ma della condizione umana in tempo di guerra, il film è un viaggio fisico e spirituale, una 'storia d'amore' con destinazione Roma dove il senso del racconto si rivela...


https://www.facebook.com/marialuisaforenza/

 
ecco il programma: entra nella Sala Online





HANNO DETTO DEL FILM…


MOTHER FORTRESS, “Testimonianza storica sul dramma della guerra in Siria”. (Avanti!, 2020)


Ida Guglielmotti (giornalista): “Film importante che parla di donne in un contesto complesso, difficile, come quello di una guerra, una delle più crudeli della nostra storia presente, che riguarda la Siria.” (Radio InBlu2000 “Le Donne per esempio”, 2021)


Claudio Ranieri (critico): “La Forenza fotografa da un punto di vista inedito la guerra in Siria, attraverso un viaggio che inizia in un monastero e prosegue nei luoghi di resistenza quotidiana, rendendo visibile quell’ordinarietà che prosegue mentre la guerra annichilisce”. (Arte Settima, 2021)


Francesco Zambon (filologo, critico letterario): “un film che nel rappresentare la realtà attuale e drammatica della Siria, ricrea la struttura dei poemi del Graal: il racconto che include altri racconti.” (Religion Today Film Festival, 2020)


Alfredo Baldi (critico cinematografico): “nonostante sia stato girato in un convento, ai piedi delle montagne al confine con il Libano, e che la protagonista sia una suora, Madre Agnes, ci troviamo di fronte a un film assolutamente laico, dove la religione che è pur presente dappertutto, sottesa in ogni momento, non viene mai presa a pretesto, a giustificazione del compimento di qualsiasi (buona) azione.” (BookCiak Magazine, 2020)


Gian Piero Brunetta (storico del cinema): “Una sola persona, una donna che ha fatto tutto: ripresa, suono, montaggio, e questo mi ha emozionato molto sin dall’inizio del progetto. Una tragedia raccontata fuori-scena: non c'è sangue eppure è piena di dolore, di tragedia di un intero paese. Al tempo stesso voglia di vivere… Da tempo la strada era stata aperta da personalità come Olmi: non c’è più differenza tra cinema documentario e cinema di finzione.” (Memoria Festival, 2021)


Cosimo Damiano Fonseca (medievista, accademico dei Lincei): “un film- culto, un documento aderente alla realtà e al tempo stesso racconto simbolico”. (2021)                       

lunedì 29 novembre 2021

I cristiani siriani furono avvertiti prima della guerra: "sarete i prossimi!"

"Al culmine della guerra, i leader ai vertici della Chiesa siriana andarono alla Casa Bianca per supplicare l'allora presidente Obama di abbandonare le disastrose politiche di cambio di regime..."


TRADUCIAMO LA SECONDA PARTE DELL'ARTICOLO DI BRAD HOFF* , TRALASCIANDO PER PROBLEMI DI SPAZIO LE PRIME PUR INTERESSANTI PAGINE CHE DANNO IL CONTESTO DELLA RICERCA ATTRAVERSO GUSTOSI ANEDDOTI PERSONALI, RIMANDANDONE LA LETTURA AL LINK:   https://libertarianinstitute.org/articles/syrian-christians-were-quietly-warned-before-the-war/ 

ORA PRO SIRIA 


Ho appreso attraverso le nostre interviste (ai Cristiani Siriani. NDT), molte delle quali sono dettagliate nel mio nuovo libro Syria Crucified con il coautore e amico Zachary Wingerd, che i cristiani siriani in particolare erano così in tensione durante gli anni iniziali dell'occupazione statunitense dell'Iraq proprio perché i rifugiati cristiani iracheni in fuga da oltre il confine verso Damasco stavano attivamente avvertendo i cristiani siriani: "Voi sarete i prossimi!"

Un certo numero di siriani ci aveva detto che anni prima dell'inizio della guerra nel 2011, avevano capito che non solo la Siria era in cima alla lista per il cambio di regime, ma che i cristiani in particolare sarebbero stati presi di mira in una guerra settaria pianificata, proprio come in Iraq . Sebbene rimanga una storia per un'altra volta, poiché è ancora oggi troppo delicata per discuterne apertamente , ho ottenuto conferma da alcuni cristiani siriani che nel 2010 fino all'inizio del 2011 (poco prima dell'inizio del conflitto in Siria), gli ufficiali dell'intelligence USA li stavano contattando e cercavano il loro aiuto in modo molto aggressivo, cercando di renderli risorse. Mentre questi particolari individui non sono presenti o menzionati nel mio nuovo libro (sempre a motivo della delicatezza delle informazioni e le situazioni individuali), mi limiterò a notare che in ogni caso sono stato in grado di verificare e confermare, ai funzionari statunitensi è stato detto dai siriani "vaffanculo!" – o qualche sua variazione.

Basti dire che alcuni cristiani siriani erano stati essenzialmente informati dagli agenti dell'intelligence statunitense che qualcosa di grosso stava arrivando per la Siria, ancora una volta, significativamente prima dell'inizio effettivo della guerra. Un caso lampante: un funzionario dell'allora esistente ambasciata degli Stati Uniti a Damasco (chiusa nel febbraio 2012) ha cercato di convincere un benvoluto uomo cristiano siriano locale che aveva trascorso una carriera lavorando per le principali testate americane in Medio Oriente (quindi aveva avuto molti contatti con i media di alto livello in tutto il mondo) per diventare parte dell'"opposizione politica" riconosciuta dagli Stati Uniti in Siria. Tenete presente che questo accadeva prima ancora che una tale "opposizione" fosse creata.  

L'attenzione della mia ricerca sulla condizione dei cristiani durante la guerra è iniziata seriamente nel lontano 2014, quando ho scritto quanto segue per il mio blog ormai defunto :

Una potenziale mappa del Medio Oriente , creata dal colonnello in pensione Ralph Peters, prevede una futura divisione secondo regioni sciite, sunnite, curde, senza assolutamente posto per i cristiani, che saranno "ripuliti" attraverso il genocidio o l'immigrazione forzata. Un articolo scritto da Peters si chiamava "Confini di sangue" perché ammetteva che le minoranze avrebbero dovuto essere eliminate affinché la sua mappa avesse un senso! (Sì, come nel noto collaboratore di FOX News Ralph Peters). 

Molti hanno visto il "Grande Libano" (che si estende molto a nord oltre i suoi confini effettivi fino a Latakia nella "mappa immaginata" in basso), come quella che sarebbe diventata un'enclave principalmente cristiana dopo che gli stati vicini sarebbero stati svuotati della presenza cristiana indigena ..

O peggio, durante i primi anni della guerra in Siria sono emerse mappe come quella qui sotto, con gli analisti che suggerivano che i cristiani sarebbero dovuti fuggire in uno “stato fantoccio”alawita ..

Ho scritto ulteriormente in quell'articolo precedente del 2014 su come alcuni paesi dell'Unione Europea stavano spedendo armi agli insorti jihadisti offrendo allo stesso tempo asilo ai cristiani siriani se avessero lasciato la loro patria devastata dalla guerra : mentre alcuni potrebbero comprensibilmente beneficiare dell'ultima offerta della Francia [di asilo politico per i cristiani Medio orientali], e questo potrebbe essere un bene per quegli individui e famiglie che hanno già sofferto abbastanza, il Patriarcato della Chiesa ortodossa ha una solida comprensione dei progetti attuali e futuri dei responsabili politici occidentali. Il settarismo etnico-religioso non è stato una realtà modellante per i movimenti nazionalisti arabi del XX secolo, ma è il piano strategico a lungo termine dell'Arabia Saudita. Attraverso l'aiuto del loro più stretto alleato, gli Stati Uniti, insieme ad altri paesi occidentali, viene attuata la logica del settarismo, e sono pochi quelli che capiscono la natura del gioco.

I leader della Chiesa siriana lo avevano chiamato il complotto del "Cavallo di Troia" dell'Occidente nei confronti dei cristiani del Medio Oriente: incoraggiare l'emigrazione cristiana dalla regione e allo stesso tempo spedire di nascosto le stesse armi che sarebbero state usate per colpire i cristiani che cercavano di rimanere (dato anche che i cristiani locali nel complesso sono rimasti fedeli al governo di Assad, il che si sarebbe rivelato un problema molto "scomodo" per la politica statunitense visti gli sforzi per rovesciare detto governo). Questa teoria ha ricevuto un certo grado di convalida quando ho scritto l'articolo successivo nel 2015 basato su una indiscrezione saudita classificata e trapelata - un articolo successivamente diffuso da WikiLeaks ...

https://www.wikileaks.org/saudi-cables/doc1949.html

The Coming Genocide Of Syria’s Christians September 

Il nostro nuovo libro, "Syria Crucified" (“Siria crocifissa: Storie di martirio moderno in un'antica terra cristiana”), fornisce un'ampia testimonianza ed esempi che confermano i sospetti dei cristiani siriani secondo cui Washington è stata a lungo d'accordo nel "buttare i cristiani ai leoni" mentre cercava di rovesciare Assad (come ha scritto il NY Times in un articolo del 2013). Ad esempio, citiamo il vescovo della Chiesa ortodossa antiochena di Baghdad e Kuwait, Ghattas Hazim, che ha descritto durante il culmine della guerra in Iraq che "i cristiani vengono massacrati in Iraq e l'Occidente non alza un dito per proteggerli".

A questo sospetto che l'Occidente stesse perseguendo un'agenda non dichiarata di avviare ed esacerbare un conflitto settario che avrebbe spezzato la Siria, portando infine alla liquidazione dell'antica comunità cristiana siriana, forte di circa due milioni di persone (come è successo in larga misura in Iraq), ha fatto eco un medico cristiano siriano di nome Shaza, con cui Zac e io abbiamo parlato a lungo. Per decenni era stata un medico che esercitava in uno studio a Damasco, fino a quando non è fuggita negli Stati Uniti dopo che la sua famiglia è scampata al fuoco dei cecchini e dei mortai mentre Al-Qaeda invadeva il suo quartiere (la storia è raccontata nel capitolo 2), creando posti di blocco a pochi minuti da casa sua e dalla scuola dei bambini. Ci sono molte storie simili che riempiono questo nuovo libro e concluderò questa presentazione tortuosa fornendo un esempio straziante dal libro qui sotto.

Di seguito la storia della dottoressa siriana Shaza, estratta dal libro...

Mentre rifletteva sul catastrofico passaggio da una vita idilliaca a una di sconvolgimenti, Shaza racconta di aver ricevuto un preavviso della tragedia cristiana siriana. Come medico Shaza assisteva gli sfollati a causa della guerra in Iraq: “Ho lavorato con i rifugiati iracheni dal 2003 al 2010 in un centro di beneficenza. È un programma fatto dalla Chiesa, ma stanno accettando tutte le persone, cristiani e musulmani”. Shaza non aveva previsto che in meno di un decennio nel futuro sarebbero stati gli stessi cristiani siriani a trovarsi in gravi difficoltà. Shaza ha raccontato come un certo numero di rifugiati iracheni ha cercato di metterla in guardia:

Parlano di storie orribili. Rapiscono, uccidono, stuprano. Quando si fidano di me dopo un paio d'anni, continuano a dire: "Fatti un piano B. Lo faranno con i cristiani siriani".Continuo a dire: "No, non accadrà". Continuano a dire: "No, succederà, quindi pensa a quale sarà il tuo prossimo passo se è successo". E non ci abbiamo pensato. Non abbiamo mai pensato che sarebbe successo in Siria. La maggior parte dei siriani continua a dire che è protetta perché è una regione forte. Sono stata in Iraq e in Giordania, in Egitto, in passato come turista, ho visto gente povera. Non li vediamo mai in Siria. Non abbiamo senzatetto in Siria. È un paese prospero. Era un buon paese, ma dopo, credo dal 2006 o dal '07 al 2010, abbiamo cominciato a notare qualcosa. Forse la politica, forse l'economia, non so quale sia il problema, ma è successo qualcosa, sai. Rende le persone più povere quindi più sofferenti. Hanno questi pensieri di rivoluzione. Penso che questo li abbia fatti accettare facilmente."

I dati raccolti dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) hanno mostrato che nel 2007 il numero di rifugiati iracheni fuggiti in Siria ha superato 1,2 milioni. La maggior parte di questi non erano registrati, il che significa che avevano problemi a essere raggiunti con gli aiuti umanitari internazionali o ad accedere ai servizi del governo siriano. Un rapporto citato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) durante quel periodo ha sottolineato che gli sfollati iracheni sono stati aiutati "principalmente attraverso organizzazioni della Chiesa locale". L'onere finanziario sulla Siria, la cui popolazione era meno di venti milioni, di assorbire bruscamente oltre un milione di iracheni impoveriti che necessitavano di alloggi, assistenza sanitaria e istruzione aiuta a spiegare parte del declino economico appena prima della guerra menzionata da Shaza.

Ha poi riflettuto sulle origini della prima rivolta in Siria e su quanto rapidamente si sia militarizzata e internazionalizzata:

Continuo a pensare all'Esercito Siriano Libero. Ho sentito di alcuni giovani che hanno i loro pensieri di libertà. Credono in questi pensieri, ma erano come i pezzi degli scacchi. Qualcuno li sta muovendo per le sue idee... Quando hanno affrontato i musulmani estremi, hanno perso la vita. Quei musulmani estremi aprono le strade agli stranieri che verranno. Non riesco nemmeno a immaginare che il popolo siriano voglia distruggere la nostra storia, le nostre vecchie città, le nostre vecchie cose, perché significa molto per sè come siriano. Ma per gli stranieri, non significa nulla. È facile distruggere tutto.”

 * Brad Hoff ha prestato servizio come marine in servizio attivo nei primi anni 2000, osservando con allarme le conseguenze dell'azione degli Stati Uniti all'estero. Dopo aver lasciato l'esercito, si è dedicato al giornalismo indipendente, intraprendendo da ultimo un viaggio di cronaca in Siria al culmine della guerra. Il suo lavoro "Un Marine in Syriaè stato citato in più pubblicazioni internazionali. 

mercoledì 24 novembre 2021

La situazione catastrofica in Libano provoca un nuovo afflusso di rifugiati

 Reportage di Marco Glowatzki da Tripoli in Libano 

FERMATE LE SANZIONI!

Voglio darvi un resoconto della nostra situazione qui in loco e spero che il maggior numero possibile di voi lo legga. Sto avendo grandi difficoltà ad andare online qui, perché abbiamo a malapena energia elettrica regolare. Solo ogni tanto e non sappiamo mai quando. Diesel per poter far funzionare un generatore è disponibile solo sul mercato nero, a prezzi proibitivi che non possiamo permetterci.
Siamo già felici di avere ancora bombole di gas per cucinare e altrettanto felici che l'inverno si faccia attendere. Grazie a Dio abbiamo ancora intorno ai 25 gradi, quindi non dobbiamo riscaldare. Onestamente non sapremmo nemmeno come farlo.
Anche i prezzi degli alimenti sono aumentati astronomicamente, sempre che ci sia ancora qualcosa da comprare. Quando c'è il pane si formano in pochi minuti lunghe code e si sta in fila per ore. Anche quando arriva la benzina, stesso scenario. Molti dormono nelle loro auto per giorni e aspettano alle stazioni di servizio. Il tasso di mortalità nei bambini piccoli è quintuplicato!
Solo un esempio: prima della crisi causata dalle sanzioni internazionali, un chilo di petto di pollo costava 17 - 18.000 lire libanesi, oggi costa oltre 70.000 lbp! Nessuno può più permetterselo.
Il tasso di conversione prima del collasso era di 1$ = 1.500 lbp . Oggi il corso è 1$ = 24.000 lbp!!!
Le sanzioni internazionali e in particolare le CESAR LAWS USA hanno portato al crollo del Libano!
Se la comunità occidentale di stati senza valori non smette finalmente di ricattare altri paesi, come sta accadendo qui nel Libano, l'Europa sarà letteralmente travolta da un'ondata di profughi senza precedenti!
Il governo libanese ha già annunciato che oltre 280.000 persone hanno lasciato il paese negli ultimi tre mesi. Senza contare le traversate illegali in barca.
Il governo libanese ha continuato a comunicare che le autorità rilasciano e/o rinnovano e prolungano oltre 6.000 nuovi passaporti ogni giorno.
Le condizioni di vita sono talmente deteriorate che milioni di persone hanno perso il posto di lavoro, perfino gli ospedali sono stati chiusi perché non ci sono farmaci e elettricità. Migliaia di negozi di alimentari e di altri generi sono stati chiusi, scaffali vuoti e mancanza di clienti che possono ancora pagare questi prezzi alti.
Le grandi catene commerciali straniere come il Carrefour francese, il Wal Mart americano o gli Spinney inglesi.... sì, c'è tutto quello che il cuore desidera e questo nonostante le sanzioni! Le aziende occidentali, ovviamente, non sono colpite dalle sanzioni. Ma solo i 10.000 più alti si possono permettere di fare shopping lì e ovviamente gli stranieri ben pagati, per lo più dipendenti di ONG internazionali, con stipendi mensili pari a $3.000.
Mentre qui i comuni cittadini del paese guadagnano al massimo 100-150$, sempre che abbiano ancora un lavoro.
La criminalità ha assunto proporzioni così incontrollabili che non posso più lasciare il mio quartiere e devo rimanere a casa dopo il tramonto. Sono già stato aggredito due volte e fortunatamente sono riuscito a difendere me stesso e i miei averi anche se ho riportato qualche ferita.
Le persone sono solo disperate e non sanno più di cosa vivere. Migliaia di persone hanno perso le loro case e vivono nelle loro auto, se ne hanno ancora una, in baraccopoli sempre più grandi alla periferia della città.
Le persone qui NON sono responsabili di queste condizioni catastrofiche
Sono le sanzioni criminali restrittive e ricattatrici della comunità occidentale senza valori che hanno portato il paese alla rovina, costringendo le persone ad abbandonare la propria patria!
Anch'io combatto come i miei amici e tutti gli altri qui, tutti i giorni, per sopravvivere. Spesso non sappiamo come andrà il giorno dopo. Il mio stipendio per il mio lavoro di giornalista online ha perso talmente valore che è quasi impossibile vivere, e io e i miei amici mettiamo insieme il nostro poco denaro che abbiamo, per fare la spesa, cucinare e mangiare insieme.
Non c'è altro modo e si vive vicini ancora di più, spesso a lume di candela, perché dalle 17 è buio. E come noi, ormai, milioni di persone qui nel Libano.
Tuttavia, non lascerò il paese e continuerò a riferire, nonostante tutte le avversità e le catastrofi, le circostanze della vita qui direttamente sul posto, cercando di continuare a tenervi aggiornati con tutte le informazioni importanti.
Ho comunque buone notizie! Due settimane fa, il Generale Maggiore della Security of Immigration mi ha chiamato al dipartimento e dopo quattro anni mi ha concesso il permesso di soggiorno permanente . Quindi ora posso restare quanto voglio. Sono stato molto felice anche se è diventato molto difficile vivere qui. Ma vivo libero e autodeterminato!
Può essere pericoloso ciò che accadrà nei prossimi quattro mesi, il 27 Marzo ci saranno le future elezioni e già tutti parlano di una prossima guerra. Anche le mie ricerche e informazioni vanno in questa direzione.
Le ambasciate di diversi paesi hanno già invitato i loro cittadini a lasciare immediatamente il Libano. L'esercito libanese ha anche annunciato che trasporterà gli stranieri a Cipro in elicottero. Tuttavia, per un supplemento di $300 ... Al governo manca il denaro perfino per finanziare l'esercito. Il governo non ha accesso a oltre 800 miliardi di dollari che le sanzioni hanno congelato nelle banche estere.
Se ci sarà una guerra, cosa che tutti noi non vogliamo, resterò comunque a raccogliere e pubblicare informazioni per voi.
Augurate a tutti noi qui che non si arrivi a questo!!!

Tanti cari auguri dal vostro Marco da Tripoli del Libano.

P.S. Se volete sostenermi, sapete come farmi pervenire il vostro aiuto.

lunedì 22 novembre 2021

Richiesta interna al Congresso USA: via dalla Siria

 Riprendiamo dal sito Piccole Note queste interessanti annotazioni su - finalmente!- movimenti interni al Governo degli Stati Uniti per il ritiro dell'illegale presenza americana in territorio siriano e della rapina (con l'accordo dei Curdi e dell'FDS) delle risorse di petrolio e di gas di Al-Omar, Al-Tanak, Al-Jafra e Koniko; giacimenti petroliferi che rappresentano i due terzi delle riserve nella Siria. 

Con l'avallo del 'Caesar Act', le sanzioni statunitensi imposte da Washington durante l'era Trump prendono di mira aziende, istituzioni e individui (sia siriani che non siriani) che vorrebbero intraprendere affari con settori dell'economia siriana volti alla ricostruzione del Paese dopo 10 anni di guerra.  Ma, come ricorda il Vescovo di Aleppo mons Georges Abou Khazen a FIDES, “perpetuare le sanzioni contro la Siria significa condannare a morte molta gente”:  “La situazione quotidiana” riferisce all’Agenzia Fides il Vicario apostolico della metropoli siriana “è per molti versi peggiore di quella che vivevamo quando Aleppo era terreno di guerra tra l’esercito siriano e le milizie dei cosiddetti ribelli. Non ci sono medicine, negli ospedali non arrivano i macchinari indispensabili per salvare tante vite, mancano i beni di prima necessità anche dal punto di vista alimentare. Tanti riescono a malapena a trovare il pane per sopravvivere di giorno in giorno”.

   OpS

Trenta membri del Congresso a Biden: gli Usa via dalla Siria

Piccole Note, 22 novembre 2021 

“L’amministrazione Biden deve rispondere a queste domande urgenti sul perché e sotto quale autorità l’esercito americano sta combattendo in Siria, qual è la missione e se quella missione è in linea con gli interessi americani”. Così Marcus Stanley, Advocacy Director del Quincy Institute for Responsible Statecraft.

Una dichiarazione che giunge nel giorno in cui 30 membri del Congresso americano hanno scritto una missiva a Biden nella quale chiedono a che titolo l’esercito Usa conduce azioni di guerra in Siria e Iraq. “Il popolo americano – si legge nella missiva – è stanco dell’infinito coinvolgimento militare degli Stati Uniti nelle guerre d’oltremare”.

“È imperativo che il Congresso e i suoi membri, in quanto rappresentanti del popolo americano, esercitino i poteri di guerra garantiti dalla costituzione per supervisionare e autorizzare qualsiasi azione militare all’estero”.

Via dalla Siria

Finalmente, qualcosa si muove, dopo anni di stallo, che vedono l’esercito Usa occupare de facto un terzo della Siria e conservare anche in Iraq una presenza più che invasiva, di fatto una forza d’occupazione, anche qui nonostante il voto del Parlamento iracheno che ne chiedeva il ritiro.

Tale occupazione ha avuto, e ha, una legittimazione del tutto fittizia, cioè la lotta al Terrore, nonostante sia ormai storia che il Terrore si sia oltremodo alimentato grazie all’intervento americano in Iraq – come ha certificato una volta per tutte la Commissione d’inchiesta britannica Chilcot.

Di interesse annotare come anche un media conservatore come il Washington Examiner ospiti una nota nella quale chiede il ritiro dalla Siria, in un articola che spiega come la legittimazione della lotta al Terrore non ha più alcun senso, dal momento che l’Isis non controlla più alcun territorio, ma sopravviva come cellule che operano in clandestinità, contro le quali si stanno muovendo con efficacia gli attori locali (la nota cita solo russi, siriani, iracheni e milizie curde, ma i più formidabili nemici dell’Isis sono i miliziani sciiti).

Non solo il ritiro dalla Siria, Giordio Cafiero, su Responsible Statecraft, spiega come le nazioni arabe si stiamo muovendo per riallacciare i rapporti con Bashar al Assad. A tale proposito cita il viaggio del ministro degli Esteri degli Emirati Arabi a Damasco, spiegando che tale Paese si è impegnato più di altri a far uscire Damasco dallo status di paria internazionale.

“Questo è nell’interesse di tutte le nazioni della regione. L’Iran non solo accoglie con favore questo processo, ma fa anche ogni sforzo per accelerarlo affinché i paesi arabi e siriani riprendano le loro relazioni”, ha, peraltro, affermato Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministero degli Esteri iraniano.

Una lettera e qualche articolo di giornale non riusciranno certo a far invertire la rotta, ma il fatto che almeno qualcuno in America metta a tema il ritiro dal Medio oriente è una novità, dopo i tentativi falliti in tal senso da Trump, che più volta ha provato a ritirarsi dalla Siria, dovendo poi cedere alle pressioni contrarie.

L’esercito Usa a difesa degli oppressori

Una presenza sempre più ingiustificata e sempre più inaccettabile, ma dalla quale il Pentagono non vuol recedere. Di interesse, sul tema, un articolo di Doug Barrow su Antiwar, nel quale l’ex consigliere speciale di Ronald Reagan (non certo un estremista comunista) ha criticato aspramente il recente intervento del Segretario della Difesa Usa Lloyd Austin a un forum sulla sicurezza tenutosi in Bahrain, uno dei regimi più oppressivi del Golfo (ma le cui magagne restano nascoste perché è alleato con gli Stati Uniti).

In particolare, Barrow ironizza sul passaggio dell’intervento di Loyd nel quale questi accennava alla geometrica potenza prodotta dell’alleanza tra Paesi arabi e Stati Uniti, dato che sono stati incapaci di piegare l’Iran, nonostante decenni di sanzioni terribili che ne hanno falcidiato l’economia, e stanno perdendo contro i ribelli yemeniti, nonostante lo Yemen sia uno dei Paesi più poveri del mondo.

“Altrettanto ridicolo – prosegue Barrow – è stato il consiglio di Austin ai partecipanti: ‘Ho imparato che possiamo fare molto di più quando siamo uniti rispetto a quando ci lasciamo dividere’. Così ha detto l’uomo che sovrintende a un esercito che è stato responsabile della distruzione di diversi paesi e della morte di centinaia di migliaia di civili grazie alle molteplici guerre degli ultimi due decenni. ‘Stare insieme’ non sembra descrivere adeguatamente la politica degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen – debacle dopo debacle”.

“Tuttavia, gli americani continuano a lavorare con questi e altri regimi oppressori, molti dei quali affidano tutto il ‘lavoro sporco’ agli stranieri. Dopotutto, chi vorrebbe morire per proteggere i propri corrotti governanti? Eppure il personale militare statunitense è bloccato a fare proprio questo. In questo caso fungono da guardie del corpo per delle élite regali che regnano su cittadini che si rifiutano di combattere” per loro.

Cenni a effetto, che riferiamo per sottolineare il realismo e l’opportunità della missiva inviata a Biden dai membri del governo. Il presidente ha bisogno di tali sollecitazioni, dato che vuol porre termine alle guerre infinite. Non può riuscire da solo: nonostante l’apparente potere che gli è conferito, l’apparato militar-industriale e gli interessi in gioco sono fortissimi.

domenica 14 novembre 2021

Il fiume Eufrate in secca, il disastro incombe sulla Siria

foto D Souleiman -AFP

L'accusa rivolta alla Turchia apparsa ieri su France Culture : “Per molti anni i turchi hanno costruito dighe che consentono loro di controllare il flusso che scorre a valle. Negli ultimi mesi hanno ridotto di circa l'80% il volume d'acqua che normalmente arriva in Siria e del 50% dalle stazioni di pompaggio di acqua dolce alla popolazione. "
 

di Elisa Pinna 

Per millenni l’Eufrate ha costituito l’arteria vitale per le popolazioni della Mesopotamia occidentale, ha dissetato, irrigato campi, contribuito a creare civiltà e imperi. Ora si sta prosciugando inesorabilmente in alcuni suoi tratti e milioni di persone in Siria e in Iraq non hanno più acqua per bere e mandare avanti l’agricoltura e l’allevamento di bestiame.

I cambiamenti climatici, il ciclo delle siccità, le temperature sempre più alte stanno portando via tutte le forze al «Grande Fiume» biblico. La sua portata è ai minimi storici – 150/200 metri cubi d’acqua al secondo contro i 600 metri cubi del secolo scorso – e, tra i contadini siriani e iracheni delle pianure che attraversa, vi è un senso di disperazione e disarmo. Senza l’Eufrate, anche per loro non c’è più vita.

Particolarmente grave è la situazione in Siria, dove cinque milioni di persone dipendono totalmente dalle acque del fiume e dei suoi affluenti. Sono concentrate nel Nord-Est del Paese, un tempo considerato il «granaio siriano», trasformatosi poi in un campo di mattanza della guerra civile: da queste parti i miliziani del sedicente Stato islamico (l’Isis) hanno conquistato Raqqa, per poi lanciarsi nella marcia attraverso l’Iraq fino a Mosul, proclamata nel 2014 capitale del Califfato nero e ripresa solo nel 2017 da soldati iracheni e miliziani filo-iraniani, sostenuti in quell’occasione, anche dagli Stati Uniti.

In Siria invece erano stati i curdi a guidare la controffensiva contro i seguaci dell’autoproclamato califfo Al Baghdadi, tra un coro di elogi e incoraggiamenti da parte dell’Occidente, salvo poi essere dimenticati e lasciati in balia delle vendette dei turchi, pronti a tutto pur di evitare la nascita di un’entità curda saldata agli indipendentisti interni. Molti sono pronti a scommettere che vi è un filo che lega i fatti della guerra di allora – in realtà mai terminata – ai problemi di oggi dell’Eufrate, non afflitto soltanto dai cambiamenti climatici.

Il fiume nasce dalle montagne circostanti l’Ararat e la Turchia ne controlla il flusso iniziale, attraverso un sistema di dighe e laghi artificiali, prima che il corso d’acqua passi in Siria e poi in Iraq, dove si unisce al Tigri per sfociare infine nel Golfo Persico. Il sospetto che Ankara abbia un po’ chiuso i rubinetti per assetare i nemici curdi – magari in vista di qualche nuova offensiva militare – esiste ed è dichiarato apertamente. Ankara nega qualsiasi responsabilità ed anzi si lamenta di soffrire degli stessi problemi di siccità.

Sta di fatto che le immagini dell’Eufrate trasmesse in questi giorni sono sconvolgenti, sebbene l’allarme sulla lenta agonia del grande corso d’acqua siano state lanciate da tempo. Le riprese televisive girate dall’alto, in territorio siriano, dall’emittente televisiva asiatica Wion-News mostrano quello che era uno dei più possenti fiumi dell’Asia occidentale (ed anche il più lungo con i suoi quasi 2.800 chilometri di percorso) ridotto in alcuni tratti ad un piccolo torrente che si apre a fatica la strada tra lastre di fango indurito e corrugato. Le case che, prima si trovavano sulla riva, compaiono incongruamente a chilometri di distanza dall’acqua, nel mezzo del nulla, circondate da un deserto di polvere.

Secondo i funzionari locali della Fao (l’agenzia dell’Onu per il cibo e l’agricoltura) il 75 per cento dei raccolti del 2021 è andato distrutto in Siria, con punte del 90 per cento. Ora è il tempo dell’aratura della terra e della semina e i contadini rimasti non sanno cosa fare: se indebitarsi ulteriormente per comprare semenze e fertilizzanti, rischiando di trovarsi nell’estate del 2022 senza nulla in mano, ancora più poveri, affamati e assetati di prima, o se andarsene anche loro, aggiungendosi a quella metà della popolazione siriana già sfollata all’interno o all’esterno della patria. La maggior parte ha già deciso e abbandonato la propria casa.

I villaggi – sempre dalle riprese della Wion-News – appaiono vuoti, tranne qualche famiglia sparpagliata qua e là. Si tratta di una terra dove un tempo abitavano molti cristiani. A Um Gharqan vi era, fino a inizio secolo, una comunità prospera che viveva di agricoltura e allevamento grazie alle acque del fiume Khabour, un affluente dell’Eufrate, famoso nel XX secolo per le sue inondazioni, ed ora completamente essiccato. «Giuro su Dio che era il Paradiso ed ora è diventato sinonimo d’inferno», spiega, in un servizio televisivo, una signora assiro-cristiana mentre indica un canale – diventato uno scolo dove si accumula l’immondizia – che prima portava l’acqua a campi di grano, di cotone, di orzo, a frutteti lussureggianti, a pascoli per gli animali. La donna mostra sul suo cellulare una vecchia foto della chiesa del villaggio, avvolta dal verde di alberi imponenti: la chiesa è stata distrutta nel 2014 dai miliziani dell’Isis, ed attorno alle macerie vi è ora un paesaggio lunare che si estende per chilometri fino all’orizzonte.

https://www.terrasanta.net/2021/11/eufrate-in-secca-in-fuga-5-milioni-di-contadini-siriani/

mercoledì 10 novembre 2021

Dalle suore di Aleppo alla Chiesa di Roma : "Noi abbiamo diritto di vivere!"

Nel recente viaggio in Siria, il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha visitato l'Ospedale Saint Louis di Aleppo.   Ricordiamo che , durante l'occupazione dei quartieri est di Aleppo da cui 'i ribelli'' lanciavano sui quartieri in mano governativa mortai e bombole di gas ripiene di materiale esplosivo, anche sull'Ospedale St Louis sono cadute ben 7 bombe. Con le pallottole raccolte, suor Arcangela ha costruito segni di perdono e di offerta a Dio di tutto il male e la sofferenza subite dal popolo di Aleppo.   L'Ospedale oggi segnala il danneggiamento dell'apparecchio dello scanner toracico per i numerosi esami diagnostici effettuati, e per il quale le sanzioni internazionali non permettono di recuperare i pezzi di ricambio.  Le suore durante l'emergenza Covid, in Siria particolarmente virulenta in questi giorni, hanno continuato a visitare a domicilio i malati.

Riportiamo uno stralcio della testimonianza letta da suor Arcangela, religiosa italiana della Congregazione 'San Giuseppe dell'Apparizione' che gestisce l'Ospedale, pubblicato sul sito della Congregazione.

OraproSiria

Il Cardinale Sandri, insieme al Nunzio e al Consigliere della Nunziatura Apostolica, si sono quindi trasferiti all’Ospedale St. Louis, affidato alle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, terzo delle strutture inserito nel circuito “Ospedali Aperti” coordinato da AVSI insieme al Nunzio Apostolico. 

Dopo un breve giro tra i reparti salutando gli operatori radunati, il Prefetto ha sostato con i delegati di AVSI e le Suore dell’Ospedale. Toccante è stata la testimonianza di una religiosa di origine italiana, di cui si trascrivono alcuni stralci: 

“Siamo una Congregazione Religiosa femminile ad Aleppo dal 1856, chiamate allora dai padri Francescani per occuparsi della formazione delle giovani. Dal 1905 avevamo due missioni: la scuola Santa Giovanna d’Arco che abbiamo perso per la nazionalizzazione del 1967 e il foyer per le giovani universitarie, che attualmente è chiuso per un anno durante i lavori di ristrutturazione a causa delle numerose bombe che hanno provocato molti danni. Per rispondere alle esigenze della popolazione abbiamo costruito questo ospedale. La città di Aleppo è una delle più colpite dalla guerra e dai bombardamenti, ma noi abbiamo deciso di restare e non abbandonare questo popolo cui abbiamo scelto di donare la nostra vita. Sette bombe ci hanno colpito delle quali, soltanto 3 sono esplose, senza contare le pallottole. Grazie a Dio si è trattato soltanto di danni materiali. Noi e nostri medici hanno ricevuto delle minacce, ed alcuni di loro sono fuggiti. La guerra così lunga ha segnato le nostre vite. La grazia di Dio ha trasformato le nostre sofferenze in una occasione di crescita umana e spirituale. Ha rinforzato la nostra fede e i nostri legami in comunità. Abbiamo sentito la sofferenza del popolo e imparato a vivere dell’essenziale. Abbiamo fatto l’esperienza che la Provvidenza non abbandona mai, e lo abbiamo sentito nei momenti più critici. Il nostro ospedale è rimasto aperto notte e giorno per accogliere i feriti senza distinzione di fronte o di religione. Attualmente viviamo in una condizione al limite: né guerra, né pace! La guerra non è più quella delle armi, ma ben più minacciosa e più grave, quella economica. Le sanzioni sono devastanti, e non fanno che aggravare una situazione umanitaria già in agonia, con in più il vicino Libano pure instabile e in gravi problemi. Quello che le grandi potenze non hanno potuto ottenere con la guerra lo stanno ottenendo oggi con le sanzioni per ferire un popolo a poco a poco. Il nostro ospedale è un'oasi di pace, dove tutti possono trovare conforto fisico e morale. Grazie al progetto Ospedali Aperti e al Cardinale Mario Zenari stiamo andando avanti da tre anni. Il Coronavirus ha aggravato la situazione della popolazione, con molti malati che si sono presentati nelle urgenze, e la necessità di trasferirli in altre strutture perché non siamo dotati di strutture adatte, ma abbiamo seguito numerosi malati a domicilio. Come consacrate, attraverso la nostra presenza e la testimonianza della nostra vita, ci siamo sentite interpellate a promuovere gesti di riconciliazione e perdono, incoraggiando i cristiani a restare nella loro terra. Il popolo di Aleppo ha una grande fede! Con loro, noi crediamo che malgrado l’esperienza vissuta di una lunga notte oscura, la fiamma della speranza è restata accesa e brilla ancora, con la certezza nei nostri cuori che dopo le tenebre, la luce della verità risplenderà un giorno. Accanto alla preghiera però bisogna agire, bisogna scuotere e risvegliare le coscienze delle Autorità del mondo, non può essere punito un popolo, noi abbiamo diritto di vivere! Grazie a Papa Francesco e a Lei!”.

Non senza commozione si è concluso questo incontro, con una visita alla Chiesa e alla piccola cappella delle Suore: sia lungo i corridoi, che nei luoghi di preghiera, le Religiose hanno voluto trasformare i mortai e le pallottole raccolte lungo i mesi di combattimenti in oggetti per la preghiera: crocifissi, rosari, simboli cristiani, scritte invocanti la pace, segno dell’impegno del credente in Gesù, Principe della pace, a trasformare con la preghiera e la carità, come dice Isaia, le moderne lance in falci per un raccolto di riconciliazione e nuovo futuro.

venerdì 5 novembre 2021

Consolare volti tristi: i semi di bene dei Maristi di Aleppo

Lettera da Aleppo n. 42  (2 novembre 2021)

trad. Gb.P. OraproSiria

VOLTI TRISTI

Gli Aleppini non dimenticheranno mai gli anni dal 2012 al 2016 in cui infuriava la guerra ad Aleppo.

Ricordano vividamente le bombe e le bombole di gas piene di esplosivo e chiodi lanciati dai gruppi armati ribelli ad Aleppo Est nei loro quartieri, uccidendo ogni giorno molti civili.

Ricordano le ore di ansia e paura in attesa che i loro cari tornassero a casa.

Ricordano le sofferenze che hanno sopportato, il freddo invernale per mancanza di gasolio per il riscaldamento e le serate trascorse, per anni, al buio per mancanza di elettricità (le centrali elettriche erano in mano ai terroristi).

Non possono dimenticare gli anni in cui sono stati senza acqua corrente (i terroristi hanno interrotto l'approvvigionamento idrico di un'intera città) e le ore di attesa del proprio turno, davanti a pozzi scavati frettolosamente in qualsiasi parte della città, per riempire le loro taniche d'acqua. .

Ricorderanno sempre i ripetuti blocchi della città quando nessuno poteva entrare o uscire, isolando Aleppo e la sua gente e causando penuria di tutto l'essenziale.

Il 2 novembre, si recheranno nei cimiteri a pregare sulle tombe dei loro genitori, parenti e amici uccisi durante gli anni della guerra.

Vivono sempre nella nostalgia dei giorni felici in cui tutti i membri della loro famiglia vivevano ad Aleppo prima di essere dispersi in tutto il mondo.

Nonostante tutta questa sofferenza degli ultimi anni, gli Aleppini ripetono ora in coro "vivevamo meglio negli anni della guerra che adesso", "rimpiangiamo il tempo delle bombe che era più sopportabile della miseria che ora soffriamo".

In effetti, è la bomba della povertà che ora è esplosa in Siria lasciando l'80% della popolazione al di sotto della soglia di povertà e il 60% nell'insicurezza alimentare.

Ora che i combattimenti sono quasi cessati da circa due anni e la situazione militare è congelata, la situazione economica è disastrosa. I prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati vertiginosamente, provocando un aumento del costo degli affitti e del costo della vita. La penuria ha preso piede stabilmente con il razionamento della benzina, del pane, dello zucchero, del riso... I salari, invece, non sono stati adeguati proporzionalmente causando un aumento della povertà. La maggior parte delle famiglie non riesce più a sbarcare il lunario e fa affidamento su cibo, assistenza medica e denaro delle ONG per sopravvivere.

Questa situazione è il risultato di diverse cause tra cui la distruzione delle infrastrutture del Paese e le devastazioni della guerra, la crisi finanziaria in Libano dove molti Siriani hanno perso i loro capitali da investire e i loro risparmi per la pensione ,ma anche delle sanzioni ingiuste imposte dai Paesi Europei e dagli Stati Uniti che bloccano le transazioni finanziarie, impediscono le importazioni e vietano gli investimenti in Siria. Inoltre, la pandemia di Covid19 ha peggiorato la situazione per i decessi che ha causato e le misure preventive che hanno rallentato l'attività economica già morente.

Molti dei nostri connazionali ci raccontano di rammaricarsi per la loro decisione di rimanere nel Paese quando l'emigrazione era facile, e molti sognano di stabilirsi altrove. Solo nell'agosto di quest'anno, diciassettemila giovani aleppini hanno lasciato il Paese per stabilirsi e lavorare altrove, soprattutto in Egitto. Stiamo sopportando il contrappeso della partenza di ciò che era rimasto come manodopera specializzata e artigiani. Le piccole imprese che si prendono il rischio di aprire non trovano più lavoratori qualificati per far funzionare le loro macchine; e sono gli altri paesi che beneficiano dei nostri medici, ingegneri, artigiani, operai e altri professionisti che sono stati formati a casa in Siria e che ora partecipano alla crescita economica o al riempimento delle carenze di personale di alcune professioni in altri Paesi.

Quest'estate abbiamo visto aggirarsi per Aleppo decine di persone che erano fuggite dalla guerra ed erano emigrate altrove. Sono tornate in visita per rivedere i parenti, riordinare la casa che avevano lasciato con urgenza e sbarazzarsi di vestiti e altri oggetti che non servivano più, per rinnovare i passaporti e per sbrigare le formalità amministrative rimaste irrisolte da allora per la loro partenza.

Alla domanda su come hanno trovato Aleppo, molte di queste persone hanno usato la stessa formula: "abbiamo trovato FACCE TRISTI". Questi Aleppini che sono tornati ad Aleppo dopo diversi anni di assenza hanno raccontato ad alta voce quello che noi sentiamo da tempo. Le persone sono tristi, i loro volti tristi, le loro menti tristi e i loro cuori ancora più tristi. Come ci si può aspettare che sia diversamente quando si è vissuto, per 10 anni, tra le bombe militari e la bomba della povertà?

È in questo contesto che noi, Maristi Blu, continuiamo a lavorare per seminare un po' di gioia nel cuore dei bambini e un po' di speranza nello spirito degli adulti, per aiutare le persone ad avere un lavoro e le famiglie a far quadrare i conti, per educare i bambini e anche gli adulti.

Il nostro progetto “Colibri”, che si prende cura delle famiglie sfollate dal campo di Shahba, continua le sue attività educative e mediche e fornisce supporto materiale alle famiglie in termini di cibo e igiene. Tuttavia, questo progetto è minacciato; l'esercito turco che occupa la regione siriana di Afrin sta bombardando i dintorni del campo e ha lanciato volantini in aereo alla popolazione della regione per avvertirla dell'imminente operazione militare "per liberare la regione dai terroristi"( sic!).

Il progetto “Pane Condiviso” è molto apprezzato dagli Aleppini. Dodici donne cucinano ogni giorno nei nostri locali per preparare un piatto caldo quotidiano (con frutta e pane) che i nostri 25 volontari distribuiscono (con un sorriso e pronti all'ascolto) a mezzogiorno a più di 200 anziani che vivono soli senza famiglia e senza risorse.

Abbiamo iniziato una seconda fase del nostro programma di "Formazione professionale" con 20 giovani adulti che abbiamo collocato come apprendisti presso un artigiano esperto per imparare un mestiere e diventare idraulici, falegnami, elettricisti, meccanici, pittori, sarti ecc.

Il programma "Micro-progetti" continua con la formazione di adulti per guidarli alla formulazione di progetti e il finanziamento di progetti con possibilità di successo. Sfortunatamente, la crisi economica riduce le possibilità di successo.

"Imparare a crescere” e “Voglio imparare”, i nostri due progetti educativi per bambini dai 3 ai 6 anni provenienti rispettivamente da famiglie povere o da quelle sfollate, non hanno potuto accettare tutte le domande di iscrizione e si sono trovati nel rammarico di rifiutare dei bambini che tuttavia avevano bisogno di noi. I nostri locali sono utilizzati al massimo della loro capienza e non possono ospitare più di 210 bambini e le 31 educatrici che li accompagnano.

Seeds, (Semi) il progetto di supporto psicologico, sta crescendo enormemente: Trenta volontari sotto la direzione del nostro capo psicologo si prendono cura di 450 bambini dai 3 ai 16 anni attraverso il programma Lotus per i più piccoli e Bamboo per i più grandi senza dimenticare il sostegno agli adulti.

Heartmade (fatto col cuore) continua a impiegare 13 donne per riciclare resti di tessuti e renderli pezzi unici per le signore. Combattere gli sprechi, proteggere l'ambiente e dare lavoro alle donne, questi i principi del progetto. 

Le candidate si stanno affrettando a registrarsi per il progetto "Sviluppo della Donna". Vengono organizzati due gruppi di 20 donne per sessioni di tre mesi. Laboratori di cultura generale, di istruzioni sanitarie, personal training e visita archeologica arricchiscono il progetto che offre anche uno spazio di convivialità e libertà alle partecipanti.

Il nostro centro di formazione per adulti, il nostro "MIT", organizza workshop di 12h, 20h e 56 ore di formazione su vari argomenti utili. Possiamo accettare solo 20 partecipanti per workshop guidati dai migliori esperti di Aleppo.

Il progetto "Hope" prevede l'insegnamento dell'inglese alle madri.

Continuiamo a distribuire latte ai bambini sotto gli 11 anni “Goccia di Latte”, a contribuire ai costi delle cure mediche per i bisognosi (più di 150 supporti sanitari al mese), a pagare l'affitto di 200 famiglie sfollate che non possono permettersi di pagarlo e a donare, ogni mese, soldi in contanti a 450 famiglie di Aleppo finanziate da famiglie polacche nell'ambito di un programma organizzato da una ONG polacca.

Il numero dei Maristi Blu è in aumento; ora siamo 170 volontari e dipendenti. I nuovi membri devono partecipare alle sessioni di formazione umana e marista prima di essere ammessi definitivamente. Inoltre, un programma di formazione regolare è obbligatorio per tutti i membri.

Siamo persuasi che la situazione non migliorerà fino alla revoca delle sanzioni; per questo gridiamo perchè abbiano fine e chiediamo a voi, cari amici, di fare pressione sui vostri rappresentanti eletti e sulle autorità dei vostri paesi affinché pongano fine alle sanzioni.

Ci rendiamo conto che tutto ciò che facciamo è solo una goccia nell'oceano del bisogno; ma questa goccia è indispensabile per il benessere di migliaia di famiglie.

Cerchiamo di rendere un po' meno Tristi i Volti dei nostri compatrioti e non è facile.

Contiamo sulla vostra solidarietà e sulle vostre preghiere.

Aleppo il 2 novembre 2021

Il dottor Nabil Antaki , per i Maristi Blu.