Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Vi è al-Qaeda dietro gli attentati che lo
scorso 10 maggio hanno colpito Damasco facendo 55 morti e 372 feriti. Lo ha
affermato Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu durante. "Alcuni giorni fa -
ha sottolineato - è avvenuto un potente e pericoloso attacco terroristico a
Damasco. Credo che debba esserci al-Qaeda dietro questi fatti. E questo è un
serio problema". Ban ha anche espresso preoccupazione per i due attacchi in cui
sono stati coinvolti nei giorni scorsi due convogli delle Nazioni Unite, che
mostrano la volontà di fomentare la violenza nel Paese.
La conferma dell'attività degli estremisti di al-Qaeda in Siria, dà peso alle
dichiarazioni fatte nei mesi scorsi dal presidente Bashar al- Assad sulla
presenza di jihadisti fra le fila delle varie armate ribelli. A inizio maggio il
leader siriano ha presentato all'Onu una lista di 26 cittadini stranieri
sospettati di avere contatti con l'organizzazione terrorista islamica. Secondo
il governo, almeno 20 sono entrati in Siria varcando il confine con la Turchia.
Dopo un anno di scontri, il bilancio della guerra fra regime siriano e Free
Syrian Army è di 9mila vittime e decine di migliaia di sfollati, secondo dati
Onu. Il governo Assad sostiene invece che i morti sono 3.838: 2.493 civili e
1.345 fra militari e forze di sicurezza.
Oggi, il gen. Robert Mood, responsabile del team di osservatori Onu, ha fatto
notare che il peso della forza di pace scende di giorni in giorno. Ribelli ed
esercito continuano a non rispettare il cessate il fuoco in vigore dallo scorso
12 aprile. Mood ha sottolineato che senza la volontà delle due parti, i 372
osservatori non possono fare nulla di concreto per migliorare la situazione,
soprattutto se vi sono Paesi stranieri contrari al dialogo.
Nei giorni scorsi il Washington Post ha pubblicato un'analisi in cui
accusa Qatar, Arabia Saudita e Stati Uniti di fornire ai ribelli armi molto
sofisticate che nel tempo potrebbero portare a una sconfitta delle forze di
Assad sul campo. A tutt'oggi gli Stati Uniti rifiutano le accuse, mentre i due
Stati arabi, principali interlocutori del mondo musulmano sunnita, hanno
ridimensionato il loro ruolo guida dell'opposizione armata siriana. In risposta
alle accuse del Washington Post, al- Jazeera, nota emittente di
proprietà dell'emiro del Qatar, ha pubblicato ieri un servizio dove accusa
l'Iran di finanziare il continuo traffico di armi verso il regime di Assad
attraverso il confine con il Libano. L'articolo cita un rapporto di alcuni
funzionari Onu incaricati di verificare il rispetto delle sanzioni da parte
della repubblica islamica.
http://www.asianews.it/notizie-it/Ban-ki-Moon:-La-mano-di-al-Qaeda-dietro-il-duplice-attentato-di-Damasco-24792.html
Altro articolo : In Siria la “terza forza” è la più pericolosa
I recenti sanguinosi attentati nelle principali città siriane indicano che una terza forza si sta insinuando in Siria, forse dall’Iraq, dal Libano o dalla Giordania; essa è probabilmente armata dagli Stati del Golfo – sostiene il giornalista palestinese Abdel Bari Atwan
Mentre l’opposizione siriana è attraversata da differenze profonde, che rischiano di minarne la tenuta e di distruggere l’idea che essa rappresenti la maggioranza del popolo siriano e che costituisca un’alternativa al regime o quanto meno un suo interlocutore, sul terreno inizia a comparire una terza forza, armata, che forse porterà a rimescolare le carte e ci farà riconsiderare molti postulati che hanno dominato la scena politica dallo scoppio della rivolta siriana.
continua su: http://www.medarabnews.com/2012/05/21/in-siria-la-%e2%80%9cterza-corrente%e2%80%9d-e-la-piu-pericolosa/
Altro articolo: KOSOVO: Ecco dove si addestrano i ribelli siriani
I miliziani del Consiglio Nazionale Siriano, in arabo al-Majlis al-Watani al-Suri, che si oppongono al regime di Bashar al Assad verranno addestrati in Kosovo. Rivela l’Associated Press che il giorno 26 aprile, di ritorno dagli Stati Uniti, una delegazione del CNS ha fatto tappa a Pristina per prendere accordi in merito col governo kosovaro. Fulcro delle consultazioni è come impiegare in Siria le conoscenze apprese dall’Esercito di Liberazione del Kosovo, più noto come UCK, durante la guerra contro la Serbia negli anni dal ’96 al ’99. Afferma in proposito Ammar Abdulhamid, nato in Siria ma in esilio negli USA dal 2005, “attivista dei diritti umani” e capo delegazione “Siamo venuti qui per imparare. Il Kosovo ha già compiuto questo cammino e possiede un’esperienza che potrebbe esserci molto utile, soprattutto vorremmo sapere in che modo gruppi armati sparsi si sono infine organizzati nell’UCK. Abbiamo un bisogno vitale di azioni congiunte come coalizione di opposizione”.
..... http://eastjournal.net/2012/05/23/kosovo-ecco-dove-si-addestrano-i-ribelli-siriani/
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domenica 20 maggio 2012
mercoledì 16 maggio 2012
Una risposta a Padre Samir Khalil
Sul numero di domenica del quotidiano cattolico Avvenire è apparso un articolo sulla cosiddetta “primavera araba” a firma del celebre studioso Padre Samir Khalil S.J.
Mario Villani risponde all'intervento, per quanto riguarda la Siria.
Mario Villani risponde all'intervento, per quanto riguarda la Siria.
Egregio Direttore,
mi permetto di scrivere al Suo giornale dopo aver letto l'articolo sulle Primavere arabe a firma del Padre Samir Khalil. Non ho sufficienti elementi per valutare quanto affermato dal noto studioso a proposito di paesi come l'Egitto o la Tunisia, ma quanto ho letto sulla situazione siriana mi ha lasciato a dir poco sconcertato. Padre Samir pare accettare in maniera del tutto acritica lo stereotipo offerto dai media occidentali (nonché dalla qatariota Al Jazeera): un popolo intero che reclama il suo diritto alla libertà viene represso con inaudita violenza (fucilazioni e torture) da un regime che non vuole cedere perchè questo significherebbe la fine del clan oggi al potere. E' un'immagine sicuramente fedele al politically correct, ma molto, molto meno alla realtà dei fatti. Intendiamoci bene, il regime siriano è sicuramente autoritario e non particolarmente attento ai diritti umani (dettaglio che non ha scandalizzato la più grande potenza Occidentale quando ha ritenuto utile inviarvi alcuni veri o presunti integralisti islamici per farli interrogare senza tanti complimenti). Aggiungerò che vi è anche una diffusa corruzione e che la minoranza alauita riserva per sè molte delle più importanti cariche pubbliche (peraltro meno che in passato). Un merito però al regime siriano deve essere riconosciuto, in particolare da quando alla sua testa vi è l'attuale Presidente Bashar Al Assad. In Siria non vi sono mai state persecuzioni per motivi religiosi ed ogni attenzione è stata sempre usata per proteggere le minoranze, in particolare i Cristiani, e favorire corretti e pacifici rapporti tra le comunità.
Sono stato in Siria nel novembre 2011 ed il clima che vi ho trovato è completamente diverso da quello che lascerebbe intravedere Padre Samir. La popolazione, in particolare la comunità cristiana, è sicuramente terrorizzata, ma non dalla repressione del regime. E' terrorizzata da bande criminali e terroristiche che uccidono, rapiscono, mutilano, incendiano e saccheggiano case, si abbandonano ad ogni forma di violenza con il deliberato scopo di spingere il Paese vero uno scontro confessionale. Questo quadro mi è stato descritto da persone di ogni confessione religiosa e di ogni ceto sociale: “i servizi segreti fanno paura, ma i terroristi fanno ancora più paura” è stato il concetto che mi sono sentito ripetere un numero infinito di volte. Sono bande composte da integralisti islamici di fede salafita e wahabita, armate e supportate da paesi esteri e robustamente rinforzate da mercenari stranieri (molti sono stati arrestati o uccisi dalle autorità siriane) nonchè da elementi della criminalità organizzata. Non che non esista un'opposizione pacifica e contraria alla lotta armata, ma oggi la sua voce è soffocata dal fragore delle autobombe e delle raffiche di kalashnikov. Gli oppositori che ho incontrato io, benchè tutt'altro che teneri verso il regime baathista, erano anch'essi convinti che la prima cosa da fare fosse quella di porre termine alle attività delle bande armate. Subito, prima che il paese possa scivolare verso la pericolosa china di uno scontro confessionale.
Sono stato forse plagiato da Madre Maria Agnese Della Croce, una delle persone che ho incontrato nel mio viaggio e definita dai media occidentali come “vicina” al regime di Assad? Tutto al contrario. E' doveroso riferire come Madre Agnese non faccia altro che ripetere ad alta voce quanto altri esponenti delle chiese cristiane in Siria e Libano dichiarano, magari con toni più sommessi. E quando parlo di esponenti mi riferisco ad ogni livello gerarchico delle comunità cristiane, dal semplice fedele ai Patriarchi. Pochi sanno però che, a differenza di altri, la religiosa di Qara ha usato gli stessi toni durissimi anche quando ha attaccato il regime baathista, condannando le irruzioni della polizia negli ospedali o quando ha protestato con i militari per i maltrattamenti subiti da alcune persone arrestate dall'esercito proprio nel villaggio dove sorge il suo convento. Comunque, al di là di queste valutazioni sulla persona di Madre Agnese, posso tranquillamente affermare che è stato tanto vasto e variegato il campionario delle persone con cui ho potuto parlare (religiosi, taxisti, militari, oppositori, giornalisti, funzionari pubblici, famigliari di rapiti...) da non avere oggi alcun dubbio su quale sia la reale situazione in Siria. E, vi posso assicurare, non è quella descritta da Padre Samir Khalil.
Mario Villani
domenica 13 maggio 2012
QUELLO CHE SUCCEDE IN SIRIA: Madre Marie Agnes de la Croix ci scrive
Qara,
provincia di Damasco, 11 maggio 2012
traduzione dal francese di Mario Villani
Centro
Cattolico d'Informazione Vox Clamantis Diocesi greco-cattolica di Homs
traduzione dal francese di Mario Villani
I
Cristiani di Qara sono tra i fondatori del paese e sono circa 500 su una
popolazione di 25.000 (gli altri sono sunniti). Malgrado siano una minoranza
godono di notevole rispetto ed hanno sempre vissuto in armonia con i loro
fratelli musulmani anche in forza del fatto che molte famiglie musulmane
derivano da famiglie cristiane che hanno abbracciato l'Islam ai tempi dei
Mamelucchi.
Dopo
la caduta di Bab Amro e di altri quartieri di Homs e della sua provincia, molte
famiglie di confessione sunnita si sono rifugiate a Qara dove gli elementi
rivoluzionari le hanno alloggiate nei locali pubblici (scuole, moschee o centri
culturali) o in abitazioni private. L'Igumena del Monastero di San Giacomo il
Mutilato ha visitato queste famiglie e ne ha censite almeno seicento, almeno un
terzo delle quali conta dei combattenti all'interno dell'“ Esercito Libero
siriano”.
La
presenza di queste famiglie “combattenti” ha rapidamente cambiato la gradevole
quotidianità del villaggio di Qara. Sono stati commessi furti ed addirittura
rapimenti per ottenere un riscatto, una “moda” che si sta diffondendo in tutta
la Siria sia per rimpinguare le casse vuote della “rivoluzione” si per riempire
le tasche di ex contrabbandieri che attualmente non possono proseguire i loro
traffici illeciti a causa della vigilanza dell'esercito regolare. Questo è il
caso dei villaggi che circondano quello dove ci troviamo: Yabrud, Nebek, Deir
Attieh. Bande armate rapiscono i cittadini e voglio un riscatto per liberarli.
Sono i capi dell'opposizione locale che fanno da intermediari tra i rapitori ed
i famigliari delle vittime. Il riscatto varia da molti milioni di lire siriane
(tra i venti e i quarantamila dollari) per i cristiani ad alcune centinaia di
migliaia di lire siriane (tra i mille e i cinquemila dollari) per i musulmani.
I rapitori appartengono a tribù bellicose dei villaggi di Flitta, Baqaa, Maret
Yabrud o Yabrud. Spesso scoppiano risse armate tra di loro per la divisione del
bottino o per conquistare la supremazia nella zona.
Noi
abbiamo inoltre rilevato la presenza di persone straniere con un comportamento
sospetto a Qara. Automobili con i vetri oscurati e senza targa circolano sia di
notte che di giorno. I responsabili dell'opposizione sono divenuti più autoritari.
Sembrano ormai armati ed hanno ricevuto divise nuove fiammanti dell'”Esercito
Libero siriano”. Fanno il bello ed il brutto tempo. Dichiarano scioperi,
decidono il coprifuoco o l'organizzazione di manifestazioni. Guai a quelli che
non collaborano. Possono decidere di ucciderli come è successo ad un colonnello
sunnita che è stato abbattuto a sangue freddo e di cui hanno proibito i
funerali. Dicono che agiscono per proteggere la popolazione civile, come se
fossero forze dell'ordine. In realtà creano un vuoto nella sicurezza che lascia
spazio a banditi e terroristi.
Nonostante
le dichiarazioni tranquillizzanti dei capi dell'opposizione locale abbiamo
dovuto fronteggiare più volte dei tentativi di rubare i nostri raccolti o di
far penetrare abusivamente delle mandrie nei terreni del convento per
approfittare dei nostri pascoli. Ogni volta le risposte fornite dagli autori di
queste prepotenze erano: “le cose non sono più come prima” o “le
forze dell'ordine non possono darvi alcun aiuto, noi possiamo fare quello che
vogliamo”. Molte discussioni sono state necessarie per dissuaderli dalle
loro velleità. Un giorno però è arrivata la vendetta messa in atto per
dispetto. La nostra coltivazione di
pioppi è stata completamente distrutta. Una mattina queste grandi e belle
piante erano a terra tagliate. Dopo qualche mese la stessa sorte è stata
riservata agli alberi della riserva naturale di cui noi ci occupiamo con il
Ministero dell'Agricoltura. La ragione di questi gesti fornita dall'opposizione
è stata: “il popolo non vuole che piantiate alberi dove deve portare a
pascolare le greggi. Ora, la pianura intorno al paese ha milioni di ettari
liberi per tutti.
Non
abbiamo detto niente ed abbiamo pensato: “altri soffrono ben peggio di noi”
.
Tuttavia
la confusione in materia di sicurezza è arrivata al colmo proprio oggi. Appena
ripresi dalla notizia dell'orribile attentato del 10 maggio che è costata la
vita a decine di cittadini ed ha fatto centinaia di feriti ( il nostro fratello
Jean Badouin che si recava proprio quel giorno all'aeroporto è passato sul
posto appena prima dell'attentato e l'autobus della scuola greco-cattolica
qualche minuto dopo) ecco che ci è arrivata la grave notizia dell'aggressione
al caro Padre Georges Luis, parroco della Parrocchia greco cattolica di san
Michele, nel centro di Qara.
All'alba
dell'11 maggio uomini armati con il volto coperto sono entrati dal Padre Louis
che dormiva in parrocchia. lo hanno minacciato con le pistole ed hanno chiesto
le chiavi per ispezionare il luogo. Temendo che volessero introdursi nella
chiesa il sacerdote ha cercato di negoziare pacificamente. Lo hanno legato e
gli hanno ordinato di consegnare le chiavi. Di fronte alle sue esitazioni uno
degli aggressori lo ha colpito alla testa con una bottiglia di vetro che si è
rotta provocando a Padre Louis un grande taglio che sanguinava copiosamente.
Uno degli aggressori lo ha deriso dicendo: “ti abbiamo impresso una croce
sulla testa!”. La ferita infatti aveva la forma di una croce. Il sacerdote
ha cercato di ragionare, ma ha ottenuto solo un violento pugno che gli ha
spezzato un dente. Dopo aver rubato la cassa della Chiesa e il portafogli del
prete, i banditi lo hanno obbligato con disprezzo a entrare nella stanza da
bagno dove lo hanno bloccato sulla tavola del WC, gli hanno chiuso la bocca con
nastro adesivo ed hanno cercato di strangolarlo con una canna per l'acqua, ma,
come rispondendo ad un segnale, si sono allontanati prima di terminare l'opera.
Il Padre ha impiegato più di due ore a liberarsi, poi, con le mani ancora
legate ha potuto chiamare in aiuto uno dei parrocchiani. Questo lo ha portato
da un chirurgo che ha suturato la ferita con cinque punti.
Un
simile incidente sarebbe stato impensabile qualche mese prima. Gli slogan
confessionali lanciati dalle catene televisive saudite e qatariote hanno finito
con il trasformare i Cristiani – prima rispettati in forza del diritto alla
protezione delle minoranze- in facili bersagli. Povera Siria. Gruppuscoli
compaiono un poco dappertutto sapendo che, in forza della congiuntura attuale,
le loro azioni resteranno impunite. Quando la notizia dell'aggressione si è
diffusa il villaggio si è stretto intorno al Parroco. I responsabili religiosi
e civili, cristiani e musulmani, hanno condannato l'aggressione. I capi
dell'opposizione sono attesi domani in municipio per un incontro con l'Igumena
del monastero. E' necessario evitare la rottura confessionale.
Sua
Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca greco melchita d'Antiochia e
dell'Oriente ci ha telefonato per esprimerci la sua profonda tristezza e
paterna solidarietà. Dopo gli attentati criminali della vigilia che a Damasco
hanno fatto una sessantina di morti e quattrocento feriti, sua Beatitudine, già
scosso, si è molto emozionato informandosi dei dettagli dell'aggressione subita
da Padre Louis. In questa occasione il nostro Patriarca ha dichiarato che “ il
dramma nella nostra amata Siria è la dissoluzione della società, il banditismo
e la mancanza totale di sicurezza. Questo è il sentimento della grande
maggioranza dei cittadini siriani che non sanno più quale è un luogo sicuro per
rifugiarsi. La violenza cieca e selvaggia colpisce ovunque. Gli elementi che
costituiscono un pericolo per tutti, ma specialmente per i Cristiani e per le
altre minoranza, sono il caos insidioso, l'opposizione incontrollabile ed
armata fino ai denti e il banditismo. Sono tutti elementi che indeboliscono lo
Stato e creano una situazione di paura e di terrore, condizioni psicologiche
gravissime, nella popolazione. In qualunque
momento siamo nell'insicurezza totale. Oggi in Siria non è più una questione di
rottura tra governo e popolazione. C'è anche un terzo elemento: il banditismo
che regna e approfitta della situazione, che si nasconde dietro l'opposizione e
sfrutta l'assenza delle forze dell'ordine e degli osservatori delle Nazioni
Unite.”
Commentando
il dettaglio della croce fatta dai malfattori, Sua Beatitudine ha detto: “Devo
dirvi francamente che non ho paura dei musulmani, non ho paura degli islamisti,
non ho paura del salafismo. Me la posso cavare con loro perchè so cosa devo
fare. Ma davanti al banditismo sono completamente privo di ogni difesa”.
Abbiamo
rivelato al Patriarca che le Forze dell'Ordine, contattate da dignitari sia
cristiani che musulmani, esitano a venire a Qara perchè, come ogni venerdì c'è
una manifestazione davanti alla grande moschea (situata a qualche metro dalla
parrocchia), manifestazione inquadrata da uomini armati. Le Forze dell'Ordine
non vogliono venire per non provocare uno spargimento di sangue tra la
popolazione civile affrontando i miliziani.
Sua
Beatitudine ha risposto: “Fin che il governo c'è deve governare: c'è una
regola internazionale. Non si può impedire ad un governo di governare. Non si
può impedire ad un governo di proteggere i cittadini. E il governo non può
rinunciare a questa incombenza. La rivoluzione, mettendo l'opposizione contro
il governo lo ha paralizzato. Si dirà che non c'è più un governo. Il governo
siriano è legato e imbavagliato a causa della politica internazionale a causa
di accuse continue, formulate senza alcuna inchiesta seria, di perpetrare
massacri e bombardare la popolazione civile, quando invece gli atti barbari
commessi dagli insorti sono passati sotto silenzio. Per questa ragione la gente
chiede soccorso. Domandano che qualcuno l'aiuti. C'è un governo, un governo
legittimo e deve governare. Si deve aiutare il governo. Se un giorno cadesse il
governo non ci sarebbe niente da fare. In quel vuoto ci sarebbe un'alternativa
vivibile? Sfortunatamente noi vediamo una volontà internazionale di esacerbare
le differenze e provocare conflitti in Siria. Armando e appoggiando in diversi
modi delle forze incontrollabili si spinge il paese verso una ancor maggiore
violenza, ancor maggiore terrorismo, ancor maggiore spargimento di sangue. Io
mi rivolgo alla comunità internazionale: salvate la Siria. Salvate questo
esempio di convivenza tra Cristiani e Musulmani. Per quelli a cui essa è
preziosa io grido: salvate la presenza cristiana in Siria. I drammatici
avvenimenti spingono i Cristiani all'esodo per la paura del caos e del
banditismo.”
Sua
Beatitudine ha terminato con una preghiera: “Damasco, la più antica capitale
del mondo, ha accolto il persecutore Saulo. Tra le sue mura si è trasformato in
Paolo, Apostolo delle Nazioni. Damasco è il luogo dell'incontro con la
Persecuzione. Con l'aiuto del Cielo, di Colui che è risuscitato dai morti e non
ha mai accettato la nostra rovina, Damasco può ridivenire il luogo della
conversione, della trasformazione interiore e della grande riconciliazione.
Signore guardaci dal Cielo è agisci spinto dalla Misericordia. Tu, l'Amico
degli uomini”
Questi
avvenimenti devono far riflettere tutti gli uomini di buona volontà: un Paese è
destabilizzato da insorti che accettano tra le loro fila banditi e terroristi.
Essi instaureranno uno Stato di non diritto con conseguenze disastrose e
drammatiche per la popolazione civile. Come restare a braccia conserte?
sabato 12 maggio 2012
TG1 - I servizi di Monica Maggioni
Mood: "Qui non deve arrivare altra violenza.Bisogna trovare la via del negoziato"
8 maggio http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e142cd71-7329-4dbf-9dcc-8a8db0078711-tg1.html
10 maggio: Violente esplosioni a Damasco causano decine di morti, tra cui molti studenti e civili che si recavano al lavoro. Tra le vittime dell'attentato terroristico intero scuolabus, non certo il numero dei bambini vittime, perché i corpi sono fatti a pezzi.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-ed540115-b843-4e41-8348-848667be32d5-tg1.html#p=0
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-ef07a39e-cd23-4603-a86d-d99c80e7cb66-tg1.html#p=0
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-ed540115-b843-4e41-8348-848667be32d5-tg1.html#p=0
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-ef07a39e-cd23-4603-a86d-d99c80e7cb66-tg1.html#p=0
Gen. Mood: The explosions cause but the more of suffering to the SyriansGeneral Robert Mood, Head of the UN Observers Mission to Syria, offered his heartfelt condolences to the Syrian people and to the bereaved families of the victims.
Gen. Mood, in a press statement at the site of the two explosions, called on all those who stand behind these explosions, whether they are inside Syria or outside, to realize that such explosions cause but the more of suffering to the Syrians, and that they should stop these heinous acts and give a chance to the Syrians to go forward in a peaceful direction without having the innocents being killed.
Gen. Mood, in a press statement at the site of the two explosions, called on all those who stand behind these explosions, whether they are inside Syria or outside, to realize that such explosions cause but the more of suffering to the Syrians, and that they should stop these heinous acts and give a chance to the Syrians to go forward in a peaceful direction without having the innocents being killed.
"I ragazzi dell'opposizione pacifica oggi erano sgomenti: qualcuno ha interesse che la Siria diventi un campo di battaglia. Qualcuno, con l'esplosivo, sta scipppando la loro rivolta."
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1248525e-12d4-40ad-b101-31b3ffe6783a-tg1.html
12 maggio: "a Homs ci sono anche i guerriglieri che provengono da altri Paesi; ricevono armi ed esplosivi da fuori e fino a Damasco la loro azione insanguina la Siria."
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2597740b-c327-4bfc-a6a3-2548ef218aab-tg1.html
Ora attentati contro i cristiani
Agenzia Fides 12/5/2012
Grave attentato contro padre George Louis, parroco della chiesa greco cattolica di San Michele, nel centro storico di Qara, in provincia di Damasco.
Grave attentato contro padre George Louis, parroco della chiesa greco cattolica di San Michele, nel centro storico di Qara, in provincia di Damasco.
Cristiani cacciati da Hama
Una notizia preoccupante giunge all’Agenzia Fides dalla provincia di Hama, a Nord di Homs: uomini armati hanno espulso tutte le famiglie cristiane del villaggio di Al Borj Al Qastal, in provincia di Hama. La notizia, diffusa da alcune agenzia internazionali, è confermata all’Agenzia Fides da fonti della Chiesa locale. Le fonti riferiscono che bande armate – nelle milizie del composito Esercito di liberazione siriano – sono penetrate nel villaggio, cacciando tutte le famiglie cristiane, prendendo possesso delle abitazioni e trasformando la chiesa del luogo in quartier generale militare. Il villaggio di Al Borj Al Qastal si trova nella provincia di Hama e accoglieva circa 10 famiglie cristiane, ora sfollate, vittime innocenti del conflitto in corso. (PA)
RIVENDICAZIONE ATTENTATI:
Beirut, 12 mag. (Adnkronos/Aki) - Un gruppo terroristico legato ad al-Qaeda ha rivendicato il doppio attentato di due giorni fa a Damasco, che ha fatto almeno 55 morti e quasi 400 feriti. Con una nota diffusa sul web, il Fronte al-Nusra per la protezione dei popoli del Levante afferma che le esplosioni di giovedi' sono state un atto di rappresaglia contro il regime, che continua a bombardare aree residenziali in tutto il paese. "Diciamo al regime di fermare questo massacro di sunniti o dovra' farsi carico delle conseguenze", si legge nella dichiarazione rilanciata dal sito Syria Politic.
venerdì 11 maggio 2012
Attentati a Damasco: la nostra Rassegna Stampa
Da diversi organi di Stampa la lettura dei tragici attentati
( 60 morti, 395 feriti)
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A RIGUARDO DEGLI ATTENTATI DI IERI IN SIRIA
Davanti ai tragici attentati che ieri hanno insanguinato le strade di Damasco non si può che esprimere una ferma condanna e la commossa vicinanza del Santo Padre e della comunità cattolica alle famiglie delle vittime. Questi attentati dovrebbero spingere tutti ad operare una svolta per un rafforzato impegno nel dare attuazione al Piano Annan, che è stato accettato dalle parti in conflitto. Gli attentati di ieri attestano inoltre che la situazione in Siria richiede un impegno congiunto e deciso da parte di tutta la comunità internazionale perché si ponga in atto quel Piano e al più presto siano inviati altri Osservatori. È sempre più attuale l’appello formulato dal Santo Padre il giorno di Pasqua: Occorre intraprendere senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29175.php?index=29175&lang=it
SIRIA/ Khalil Samir: dopo le bombe si avvicina l’incubo della guerra religiosa
..... Come uscire da questa spirale di violenza?
Le possibilità sono due: o si continua a combattere e il più forte vincerà, o si passa alla diplomazia. La prima soluzione significa che la guerra continuerà senza tregua, dal momento che il Governo, forte dei suoi armamenti, continuerà a combattere. Questo incita l’opposizione a richiedere l’aiuto di Governi contrari al regime di Bashr Al Assad, in particolare l’Arabia Saudita o il Qatar che sono pronte ad intervenire. Il risultato però non cambia e vuol dire migliaia di persone morte per le strade. E’ un’assurdità e va contro lo stesso popolo siriano.
Se i ribelli, continuando a combattere, dovessero far cadere l’attuale dittatura?
Non c’è garanzia che un nuovo governo sia sinonimo di democrazia, poiché chi ha accettato il principio di difendersi con la violenza finirà per usarla e accettarla anche in futuro.
Strage a Damasco: diluvio di menzogne parlare ancora di rivolta popolare contro l'oppressione della dittatura, perchè l'ha superata
......
......
Che grande responsabilità è dei nostri paesi, che non sanno più che cos’è la moralità, la pietà ed il bene comune. Mi domando come qualcuno può ancora affermare che la pace si costruisce così.
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, alla valorizzazione. E’ evidente che la stragrande maggioranza del popolo siriano, è considerata dall’opposizione armata come insignificante perché non usa le armi , per questo è al di fuori della storia che conta, della storia in cui si raccontano soprattutto le guerre. Così in Siria chi non è a favore della lotta armata è contro la democrazia e quindi non è degno di vivere: non si è solo contro Assad ma anche contro idee diverse dalle proprie, contro appartenenze politiche o religiose differenti, ostili ad un diverso modo di concepire il perseguimento della democrazia.
Chi ragiona ed agisce in questo modo violento non può essere ancora legittimato a dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Non c’è nulla di vero e di sostanziale in in una simile affermazione! Perché se è l’uomo la prima cosa che i diritti devono salvaguardare, perché mai si può trattare l’uomo come carne da macello, sacrificabile? Non si può dire ancora che ‘ la colpa è del cattivo’, non si può essere così ipocriti!
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, alla valorizzazione. E’ evidente che la stragrande maggioranza del popolo siriano, è considerata dall’opposizione armata come insignificante perché non usa le armi , per questo è al di fuori della storia che conta, della storia in cui si raccontano soprattutto le guerre. Così in Siria chi non è a favore della lotta armata è contro la democrazia e quindi non è degno di vivere: non si è solo contro Assad ma anche contro idee diverse dalle proprie, contro appartenenze politiche o religiose differenti, ostili ad un diverso modo di concepire il perseguimento della democrazia.
Chi ragiona ed agisce in questo modo violento non può essere ancora legittimato a dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Non c’è nulla di vero e di sostanziale in in una simile affermazione! Perché se è l’uomo la prima cosa che i diritti devono salvaguardare, perché mai si può trattare l’uomo come carne da macello, sacrificabile? Non si può dire ancora che ‘ la colpa è del cattivo’, non si può essere così ipocriti!
... La domanda è semplice : come si può dire di voler arrivare ad una soluzione pacifica e riempire la Siria di armi ?
Nunzio Apostolico Zenari: impegno internazionale contro le forze ostili alla pace
... L’impressione è che gli attentati compiuti ieri siano strumento di una forza che intende compromettere gli sforzi di pace portati avanti in questo momento e su cui tanta speranza è stata riposta dalla popolazione... Tutti noi dovremmo però ricordare che in discussione non c’è soltanto la pace in Siria, e che quanto avviene in questo paese può avere effetti e conseguenze sull’intera regione”....
http://www.misna.org/copertina/nunzio-apostolico-alla-misna-impegno-internazionale-contro-forze-ostili-a-pace-11-05-2012-813.html
...
D. – Sappiamo che in Siria continuano ad arrivare armi. Fermare questo commercio potrebbe già portare a qualche risultato...
R. – Anche qui la comunità internazionale deve sentirsi impegnata a fermare un eventuale traffico di armi, perché è chiaro che se arrivano le armi, arriva la violenza e quindi arriva il sangue. Bisogna cercare quindi una soluzione negoziata di questo conflitto. Vorrei anche chiudere, per non finire sotto questa cappa di piombo sotto la quale viviamo in questi giorni, dicendo che bisogna cercare la speranza cristiana. Siamo nella città di Damasco, la città dove il giovane Saulo è stato convertito dalla luce di Dio. Dobbiamo avere fiducia in un’arma che è molto potente e che è l’arma della preghiera, l’arma della grazia di Dio: che possa toccare il cuore di tanta gente, di tanti persecutori dell’immagine di Cristo, perché ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio. Quindi, che con quest’arma della preghiera, la comunità cristiana possa ottenere questa grazia del Signore: la conversione di coloro che trafficano armi, che hanno progetti di sterminio, di persecuzione e che possano sentire questa voce di Dio “Perché mi perseguiti?” In fondo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino porta questa immagine di Dio, che deve essere rispettata al massimo.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=587226
«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» dichiara ad Avvenire l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. «ma veramente l’Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità?».
Ribelli e governo siriano si sono accusati a vicenda sulla responsabilità degli attentati ma il vicario afferma accusando ancora l’Occidente: «I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così. Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. L’Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi li ha fatti, il governo o l’esercito?».
Bruce Riedel, analista della Cia per trent’anni, in un’intervista a Repubblica conferma che «la Siria sta per diventare un nuovo Iraq. Il responsabile dell’attacco è Al Qaeda, con ogni probabilità. La sua specialità è infiltrarsi all’interno di società indebolite, vicine al fallimento, cioè quello che la Siria è diventata oggi. Ed è credibile ritenere che questa strategia sia in atto grazie ad elementi qaedisti arrivati dall’Iraq». Se l’analista della Cia però ritiene che per risolvere la situazione ci voglia un intervento esterno, Nazzaro è categorico: «Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall’esterno, l’effetto è controproducente. Noi non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma rischiamo di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente. C’è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato». ..
http://www.tempi.it/la-siria-rischia-di-diventare-come-liraq-per-colpa-delloccidente
SIRIA: Riflessioni dal vicino Libano
di LUCA PAOLO CIRILLO
di LUCA PAOLO CIRILLO
Continuano le esplosioni, continuano le morti. Il gioco si ripete: il governo accusa gli insorti, gli insorti accusano il governo. Ma cosa accade in Siria? Di chi è questa rivoluzione? Una possibile risposta arriva dal Libano
Come finirà in Siria?
Continuano le violenze nelle città, ma a fare paura è l'aumento del numero degli stranieri arrivati in Siria per combattere per la democrazia.
..... http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=15901&typeb=0&11-05-2012--Come-finira-in-Siria-
SIRIA - Report del viaggio di Joe Fallisi
Gregorios III: «Voi, complici dell’orrore in Siria»
Maurizio Blondet 12 Maggio 2012
«Ma quale rivoluzione, non c’è più rivoluzione, non ci sono più manifestazioni; c’è solo criminalità e il mondo intero rifiuta di riconoscerla». Davanti all’immane strage nel centro di Damasco, con oltre cinquantacinque morti e 400 straziati, fra cui bambini che andavano a scuola, Gregorios III – il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco – lancia il suo grido esasperato, e solitario.
Non è solo l’atrocità inaudita dell’eccidio, l’evidenza di una mano straniera (non è certo facile, di questi giorni, far arrivare mille chili di esplosivo nel centro della capitale), ma l’evidente malafede dei governi e dei media occidentali a disgustare l’alto prelato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha «condannato il gesto», invitando «entrambe le parti» a rispettare il cessate il fuoco. Ovviamente le fonti dei cosiddetti ribelli e il regime si scambiano accuse: questo accusa «terroristi pagati dall’estero», secondo i primi è stato il regime a farsi da sè l’attentato, quando è evidente che il bersaglio era l’edificio di dieci piani dove ha sede una parte dell’intelligence militare. Il fatto disgustoso è che i media riportano equanimi le due versioni, come se avessero ugual peso. ....
http://effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=135&aid=82251
«Ma quale rivoluzione, non c’è più rivoluzione, non ci sono più manifestazioni; c’è solo criminalità e il mondo intero rifiuta di riconoscerla». Davanti all’immane strage nel centro di Damasco, con oltre cinquantacinque morti e 400 straziati, fra cui bambini che andavano a scuola, Gregorios III – il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco – lancia il suo grido esasperato, e solitario.
Non è solo l’atrocità inaudita dell’eccidio, l’evidenza di una mano straniera (non è certo facile, di questi giorni, far arrivare mille chili di esplosivo nel centro della capitale), ma l’evidente malafede dei governi e dei media occidentali a disgustare l’alto prelato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha «condannato il gesto», invitando «entrambe le parti» a rispettare il cessate il fuoco. Ovviamente le fonti dei cosiddetti ribelli e il regime si scambiano accuse: questo accusa «terroristi pagati dall’estero», secondo i primi è stato il regime a farsi da sè l’attentato, quando è evidente che il bersaglio era l’edificio di dieci piani dove ha sede una parte dell’intelligence militare. Il fatto disgustoso è che i media riportano equanimi le due versioni, come se avessero ugual peso. ....
http://effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=135&aid=82251
giovedì 10 maggio 2012
ATTENTATI: LE VOCI DA DAMASCO
da MISNA - 10 maggio 2012
“CIVILI BERSAGLIO DI UNA VIOLENZA CIECA”, UNA VOCE DA DAMASCO
“Mi dica lei che ragioni e che giustizia si possono invocare quando si uccidono brave persone che vanno a lavorare, donne inermi e persino bambini, che entravano a scuola. Questa è una guerra contro il buon senso, contro la pace, contro tutto il popolo siriano. E noi, la gente normale, siamo le vittime”: grida, la voce rotta dall’emozione, una religiosa francescana raggiunta dalla MISNA a Kfar Sousseh, il quartiere a sud di Damasco teatro, questa mattina, di un duplice attentato.
Secondo la televisione di stato, le esplosioni avvenute poco dopo le otto di mattina, avrebbero provocato almeno 50 morti e 170 feriti. Le immagini mostrano veicoli in fiamme, detriti e due enormi crateri nel punto in cui si sono verificate le detonazioni. Immancabile, subito dopo il diffondersi della notizia, il botta e risposta tra il governo siriano e i movimenti di opposizione, che si accusano a vicenda dell’attentato.
“Ormai non ci chiediamo più da che parte stia la ragione o il torto. Non c’è più ragione, per nessuna delle fazioni in lotta. Un regime che pretende di sopravvivere a qualsiasi costo e un movimento di banditi, criminali, che nasconde dietro gli slogan per la democrazia i soldi e le armi provenienti da alcuni dei regimi più illiberali del Golfo” dice ancora l’interlocutrice della MISNA, la cui voce è sovrastata dalle sirene delle autoambulanze
.......
http://www.misna.org/altro/civili-bersaglio-di-una-violenza-cieca-una-voce-da-damasco-10-05-2012-813.html
PATRIARCA MELKITA LAHAM, “BARBARIE SENZA PRECEDENTI, IL MONDO DICA BASTA”
“Eravamo in preghiera nella cappella della cattedrale quando un forte boato ha mandato in frantumi tutti i vetri. Le mura della sala sono state come scosse da uno spostamento d’aria improvviso, abbiamo pensato a un terremoto”: è ancora incredulo monsigonr Gregorios Laham III, patriarca dei greco-melkiti di Antiochia e di tutto l’Oriente mentre descrive alla MISNA gli attimi di terrore che hanno accompagnato questa mattina il duplice attentato nella capitale siriana.
La cattedrale di Bab Sharqi, alla fine della ‘via Recta’, che conduce alla cappella di Anania (il martire cristiano che fece recuperare la vista a San Paolo, ndr) si trova a due forse tre chilometri dal luogo dell’esplosione che ha causato finora, secondo un bilancio provvisorio, almeno 55 morti e oltre 300 feriti.
“Alla televisione hanno mostrato le immagini di un immenso cratere, automobili e palazzi divelti, sangue dappertutto. Il pullmino dei bambini che vengono a scuola da noi era passato per quella strada appena 10 minuti prima. È un miracolo che non siano rimasti coinvolti” racconta il religioso, presidente dell’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, condannando “un atto di barbarie senza precedenti in Siria, che ha mostrato il vero volto delle forze che si agitano dietro quest’assurda guerra di propaganda”.
La voce del patriarca, scossa dall’emozione nel giorno del peggior attentato della storia recente del paese si leva anche contro il mondo che “non ascolta le grida di angoscia del popolo siriano”.
.....
http://www.misna.org/altro/patriarca-melkita-laham-barbarie-senza-precedenti-il-mondo-dica-basta-10-05-2012-813.html
CARICHI DI ARMI SOSPETTI, LIBANO CROCEVIA DI TRAFFICI VERSO SIRIA
“CIVILI BERSAGLIO DI UNA VIOLENZA CIECA”, UNA VOCE DA DAMASCO
“Mi dica lei che ragioni e che giustizia si possono invocare quando si uccidono brave persone che vanno a lavorare, donne inermi e persino bambini, che entravano a scuola. Questa è una guerra contro il buon senso, contro la pace, contro tutto il popolo siriano. E noi, la gente normale, siamo le vittime”: grida, la voce rotta dall’emozione, una religiosa francescana raggiunta dalla MISNA a Kfar Sousseh, il quartiere a sud di Damasco teatro, questa mattina, di un duplice attentato.
Secondo la televisione di stato, le esplosioni avvenute poco dopo le otto di mattina, avrebbero provocato almeno 50 morti e 170 feriti. Le immagini mostrano veicoli in fiamme, detriti e due enormi crateri nel punto in cui si sono verificate le detonazioni. Immancabile, subito dopo il diffondersi della notizia, il botta e risposta tra il governo siriano e i movimenti di opposizione, che si accusano a vicenda dell’attentato.
“Ormai non ci chiediamo più da che parte stia la ragione o il torto. Non c’è più ragione, per nessuna delle fazioni in lotta. Un regime che pretende di sopravvivere a qualsiasi costo e un movimento di banditi, criminali, che nasconde dietro gli slogan per la democrazia i soldi e le armi provenienti da alcuni dei regimi più illiberali del Golfo” dice ancora l’interlocutrice della MISNA, la cui voce è sovrastata dalle sirene delle autoambulanze
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http://www.misna.org/altro/civili-bersaglio-di-una-violenza-cieca-una-voce-da-damasco-10-05-2012-813.html
PATRIARCA MELKITA LAHAM, “BARBARIE SENZA PRECEDENTI, IL MONDO DICA BASTA”
“Eravamo in preghiera nella cappella della cattedrale quando un forte boato ha mandato in frantumi tutti i vetri. Le mura della sala sono state come scosse da uno spostamento d’aria improvviso, abbiamo pensato a un terremoto”: è ancora incredulo monsigonr Gregorios Laham III, patriarca dei greco-melkiti di Antiochia e di tutto l’Oriente mentre descrive alla MISNA gli attimi di terrore che hanno accompagnato questa mattina il duplice attentato nella capitale siriana.
La cattedrale di Bab Sharqi, alla fine della ‘via Recta’, che conduce alla cappella di Anania (il martire cristiano che fece recuperare la vista a San Paolo, ndr) si trova a due forse tre chilometri dal luogo dell’esplosione che ha causato finora, secondo un bilancio provvisorio, almeno 55 morti e oltre 300 feriti.
“Alla televisione hanno mostrato le immagini di un immenso cratere, automobili e palazzi divelti, sangue dappertutto. Il pullmino dei bambini che vengono a scuola da noi era passato per quella strada appena 10 minuti prima. È un miracolo che non siano rimasti coinvolti” racconta il religioso, presidente dell’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, condannando “un atto di barbarie senza precedenti in Siria, che ha mostrato il vero volto delle forze che si agitano dietro quest’assurda guerra di propaganda”.
La voce del patriarca, scossa dall’emozione nel giorno del peggior attentato della storia recente del paese si leva anche contro il mondo che “non ascolta le grida di angoscia del popolo siriano”.
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http://www.misna.org/altro/patriarca-melkita-laham-barbarie-senza-precedenti-il-mondo-dica-basta-10-05-2012-813.html
CARICHI DI ARMI SOSPETTI, LIBANO CROCEVIA DI TRAFFICI VERSO SIRIA
Prima la Lutfallah II bloccata alla fine di aprile in un porto vicino la città libanese di Batroun con tre container di armi, probabilmente destinate all’opposizione siriana in conflitto con il regime di Bashar Al Assad; ora un’auto intercettata a Tripoli, sempre nel nord del Libano, con migliaia di caricatori.
Per la prima vicenda le autorità libanesi hanno fermato i componenti dell’equipaggio, di varia nazionalità, e hanno alla fine accusato 21 persone di traffico internazionale di armi. Tra gli accusati ci sono libici, siriani, libanesi, egiziani e indiani riferiscono i media libanesi. L’accusa, da dimostrare, riguarda in particolare il trasferimento illegale di un grosso quantitativo di armi dalle coste libiche a quelle libanesi.
Secondo il quotidiano libico in lingua inglese ‘Libya Herald’, un numero imprecisato di combattenti libici è effettivamente impegnato attualmente all’interno dei confini siriani contro le truppe regolari di Damasco. “E ci sono anche notizie da verificare – scrive lo stesso giornale – di armi trasferite attraverso pescherecci libici in Libano e da qui in Siria a disposizione dei ribelli”.
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mercoledì 9 maggio 2012
Il cristianesimo ad un bivio in Medio Oriente
Intervista con padre Samir Khalil Samir, S.I., islamologo ed esperto di cultura araba
lunedì, 7 maggio 2012 (ZENIT.org)
In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Mark Riedemann ha intervistato per Where God Weeps (Dove Dio Piange) padre Samir Khalil Samir, S.I., professore di Storia della Cultura araba e di Islamologia a Roma e a Beirut, ed esperto nel dialogo interreligioso.
Vorrei delineare un panorama della situazione dei cristiani in Medio Oriente. Di che cifre stiamo parlando? E quali sono le diverse esperienze che vivono i cristiani nei vari Paesi del Medio Oriente?
Padre Samir Khalil Samir. È difficile dare delle cifre esatte. Direi all’incirca 16 milioni. Il numero più alto è in Egitto, dagli 8 ai 10 milioni circa. Il patriarcato dice che sono molti di più, mentre il governo afferma che sono molto di meno. In Libano si registra la più grande percentuale di cristiani sul totale della popolazione, anche se è un numero ridotto, circa 2 milioni. Poi ci sono cristiani in Siria, Giordania, Palestina e Iraq: è la regione dove ci sono i cristiani nativi. Al di fuori dell’Egitto, la presenza più numerosa di cristiani è nella penisola arabica: si tratta di filippini, srilankesi ed indiani...
Possiamo dire che questa situazione rispecchia quella presente in molti Paesi del Medio Oriente?
Padre Samir Khalil Samir: No, non tanto, ma senz’altro è così nella penisola arabica. Mi riferisco a questi Paesi dove il cristianesimo era presente già prima dell’Islam, come Egitto, Siria, Libano, Giordania e Palestina; in Egitto la situazione è la peggiore. Dall’altro lato c’è il Libano, che non è un Paese islamico. È un Paese arabo. È l’unico Paese, che non è musulmano ma un Paese religioso, dove cristiani e musulmani sono uguali. Questo significa che riconosciamo che la religione è una parte essenziale della società, del sistema e dello Stato. Nel Parlamento libanese ci sono 64 cristiani e 64 musulmani, cristiani di varie denominazioni e musulmani di tre o più denominazioni.
Sarebbe dunque un modello di convivenza...
Padre Samir Khalil Samir: …e fra questi estremi ci sono Paesi come la Siria e l’Iraq del passato, che pretendono di essere Paesi laici e governati da un partito politico, il Partito Baath, come ancora è il caso in Siria. Lo Stato è consapevole della tua religione ma sei libero e la politica non cambia. Il presidente della Siria è certamente un musulmano, ma il sistema è laico.
Tuttavia non c’è libertà di religione ma solo libertà di culto.
Padre Samir Khalil Samir: Sì, ma non è così grave. Un musulmano può convertirsi ma non è facile a causa della pressione familiare e sociale e non perché c’è una legge o così è previsto nella Costituzione: questa è la differenza. In Egitto sarai punito perché la shari’a è la base della Costituzione egiziana. La stessa situazione della Siria si riscontra in Giordania. Il re e il regno sono aperti di mente specialmente verso i cristiani e infatti accolgono i cristiani con grande stima. I cristiani, per la maggior parte latini, appartengono alle tribù arabe. Significa che non si può dire che sono occidentali. Parlano come i beduini, sono d’altronde arabi.
lettura completa della prima parte dell'intervista : http://www.zenit.org/article-30545?l=italian
SECONDA PARTE: ....
L’esodo viene ulteriormente incentivato dalla realtà di violenza, dalla guerra in Iraq, dalla situazione in Palestina, che sta provocando una ulteriore radicalizzazione tra i musulmani e di conseguenza una ulteriore pressione sui cristiani?
Padre Samir Khalil Samir: Sì ma darò un esempio per mostrare che è possibile fermarlo. Prenderò come esempio il Libano. Mi ricordo che circa 10-15 anni fa l’Hezbollah (Il partito di Dio, degli sciiti libanesi, ndr) voleva una società islamica secondo modello iraniano. Dicevano persino di dipendere più dall’Iran che dal Libano. La grande figura dell’islam sciita in Libano era in quel momento l’Imam Chamseddine (Imam Shaykh Muhammad Mahdi Shams ad Din), morto tre anni fa. Chamseddine, nella biografia che ha dettato durante l’ultima settimana di vita, ha dichiarato: “Ero convinto che una società islamica era ideale ma adesso, dopo 10-15 anni, devo ammettere che la società come è oggi, in Libano, è migliore, perché i cristiani danno un contributo, un altro approccio al nostro modo di convivere”. L’Hezbollah, per qualche altro motivo, ha detto la stessa cosa, cioè che non vogliono una società islamica. Questo è dunque è il mio punto di vista: è possibile fermare questa tendenza nel mondo arabo e mostrare ai musulmani, che noi cristiani siamo un’opportunità per loro per crescere in una società più aperta. Se vogliono, possiamo lavorare insieme a loro.
La domanda è proprio questa: lo vogliono? In seno alla società musulmana è emerso un nuovo termine, che è “islamista”. Quale è la differenza tra un musulmano ed un “islamista”?
Padre Samir Khalil Samir: Questa parola vent’anni fa era sconosciuta. In arabo distinguiamo chiaramente tra muslim, che significa musulmano, e islami, che è un neologismo, perché si tratta di una nuova realtà. Islami, plurale islamiun, indica coloro che hanno l’intenzione di islamizzare la società, che è legato al salafismo. Il termine deriva da salaf, cioè gli antenati: vogliono tornare agli antenati, cioè al primo islam, che nessuno sa come era... ma lo possiamo immaginare.
lettura completa dela seconda parte: http://www.zenit.org/article-30555?l=italian
lunedì, 7 maggio 2012 (ZENIT.org)
In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Mark Riedemann ha intervistato per Where God Weeps (Dove Dio Piange) padre Samir Khalil Samir, S.I., professore di Storia della Cultura araba e di Islamologia a Roma e a Beirut, ed esperto nel dialogo interreligioso.
Vorrei delineare un panorama della situazione dei cristiani in Medio Oriente. Di che cifre stiamo parlando? E quali sono le diverse esperienze che vivono i cristiani nei vari Paesi del Medio Oriente?
Padre Samir Khalil Samir. È difficile dare delle cifre esatte. Direi all’incirca 16 milioni. Il numero più alto è in Egitto, dagli 8 ai 10 milioni circa. Il patriarcato dice che sono molti di più, mentre il governo afferma che sono molto di meno. In Libano si registra la più grande percentuale di cristiani sul totale della popolazione, anche se è un numero ridotto, circa 2 milioni. Poi ci sono cristiani in Siria, Giordania, Palestina e Iraq: è la regione dove ci sono i cristiani nativi. Al di fuori dell’Egitto, la presenza più numerosa di cristiani è nella penisola arabica: si tratta di filippini, srilankesi ed indiani...
Possiamo dire che questa situazione rispecchia quella presente in molti Paesi del Medio Oriente?
Padre Samir Khalil Samir: No, non tanto, ma senz’altro è così nella penisola arabica. Mi riferisco a questi Paesi dove il cristianesimo era presente già prima dell’Islam, come Egitto, Siria, Libano, Giordania e Palestina; in Egitto la situazione è la peggiore. Dall’altro lato c’è il Libano, che non è un Paese islamico. È un Paese arabo. È l’unico Paese, che non è musulmano ma un Paese religioso, dove cristiani e musulmani sono uguali. Questo significa che riconosciamo che la religione è una parte essenziale della società, del sistema e dello Stato. Nel Parlamento libanese ci sono 64 cristiani e 64 musulmani, cristiani di varie denominazioni e musulmani di tre o più denominazioni.
Sarebbe dunque un modello di convivenza...
Padre Samir Khalil Samir: …e fra questi estremi ci sono Paesi come la Siria e l’Iraq del passato, che pretendono di essere Paesi laici e governati da un partito politico, il Partito Baath, come ancora è il caso in Siria. Lo Stato è consapevole della tua religione ma sei libero e la politica non cambia. Il presidente della Siria è certamente un musulmano, ma il sistema è laico.
Tuttavia non c’è libertà di religione ma solo libertà di culto.
Padre Samir Khalil Samir: Sì, ma non è così grave. Un musulmano può convertirsi ma non è facile a causa della pressione familiare e sociale e non perché c’è una legge o così è previsto nella Costituzione: questa è la differenza. In Egitto sarai punito perché la shari’a è la base della Costituzione egiziana. La stessa situazione della Siria si riscontra in Giordania. Il re e il regno sono aperti di mente specialmente verso i cristiani e infatti accolgono i cristiani con grande stima. I cristiani, per la maggior parte latini, appartengono alle tribù arabe. Significa che non si può dire che sono occidentali. Parlano come i beduini, sono d’altronde arabi.
lettura completa della prima parte dell'intervista : http://www.zenit.org/article-30545?l=italian
SECONDA PARTE: ....
L’esodo viene ulteriormente incentivato dalla realtà di violenza, dalla guerra in Iraq, dalla situazione in Palestina, che sta provocando una ulteriore radicalizzazione tra i musulmani e di conseguenza una ulteriore pressione sui cristiani?
Padre Samir Khalil Samir: Sì ma darò un esempio per mostrare che è possibile fermarlo. Prenderò come esempio il Libano. Mi ricordo che circa 10-15 anni fa l’Hezbollah (Il partito di Dio, degli sciiti libanesi, ndr) voleva una società islamica secondo modello iraniano. Dicevano persino di dipendere più dall’Iran che dal Libano. La grande figura dell’islam sciita in Libano era in quel momento l’Imam Chamseddine (Imam Shaykh Muhammad Mahdi Shams ad Din), morto tre anni fa. Chamseddine, nella biografia che ha dettato durante l’ultima settimana di vita, ha dichiarato: “Ero convinto che una società islamica era ideale ma adesso, dopo 10-15 anni, devo ammettere che la società come è oggi, in Libano, è migliore, perché i cristiani danno un contributo, un altro approccio al nostro modo di convivere”. L’Hezbollah, per qualche altro motivo, ha detto la stessa cosa, cioè che non vogliono una società islamica. Questo è dunque è il mio punto di vista: è possibile fermare questa tendenza nel mondo arabo e mostrare ai musulmani, che noi cristiani siamo un’opportunità per loro per crescere in una società più aperta. Se vogliono, possiamo lavorare insieme a loro.
La domanda è proprio questa: lo vogliono? In seno alla società musulmana è emerso un nuovo termine, che è “islamista”. Quale è la differenza tra un musulmano ed un “islamista”?
Padre Samir Khalil Samir: Questa parola vent’anni fa era sconosciuta. In arabo distinguiamo chiaramente tra muslim, che significa musulmano, e islami, che è un neologismo, perché si tratta di una nuova realtà. Islami, plurale islamiun, indica coloro che hanno l’intenzione di islamizzare la società, che è legato al salafismo. Il termine deriva da salaf, cioè gli antenati: vogliono tornare agli antenati, cioè al primo islam, che nessuno sa come era... ma lo possiamo immaginare.
lettura completa dela seconda parte: http://www.zenit.org/article-30555?l=italian
venerdì 4 maggio 2012
Messaggio dei Vescovi siriani. Parte 2, documentazioni
1-L’assemblea dei Vescovi (con 7 assenti) rilancia la riconciliazione e invita al voto
Aleppo (Agenzia Fides) – Il conflitto e la violenza in corso in Siria hanno avuto un forte impatto anche sull’Assemblea dei Vescovi cattolici della Siria, conclusasi nei giorni scorsi ad Aleppo. Come riferito all’Agenzia Fides, su 17 Presuli della Conferenza (che riunisce i Vescovi cattolici di tutte le confessioni e riti) ben 7 erano assenti e non hanno potuto raggiungere Aleppo per motivi di sicurezza. Mancavano i Vescovi di Homs, città martoriata dal conflitto, che si sono rifugiati in piccoli paesi sulle montagne, e alcuni Vescovi del litorale. Le strade infatti, nonostante il cessate il fuoco dichiarato, sono infestate da bande di miliziani e gli spostamenti restano molto pericolosi.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39015&lan=ita
2- La Chiesa: speranza per una “missione Onu credibile”
Aleppo (Agenzia Fides) – “La nostra speranza è che la missione degli Osservatori Onu sia credibile, equa, indipendente e agisca da calmiere sulla situazione. Invitiamo tutte le parti in lotta ad accettare gli Osservatori Onu, che vengono senza interessi particolari, e a facilitare il loro lavoro. Speriamo che nessuno ‘abbia timore’ del loro lavoro”. È l’appello lanciato attraverso l’Agenzia Fides da Mons. Giuseppe Nazzaro, OFM, Vicario Apostolico di Aleppo, che esprime gli auspici della Chiesa siriana sulla missione degli Osservatori Onu.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39016&lan=ita
3-Vicario Apostolico di Aleppo: massacro degli studenti provocato da infiltrati libici e turchi
Aleppo (AsiaNews)- Mons. Giuseppe Nazaro racconta i retroscena dell'assalto dell'esercito contro l'università, costato quattro vittime. Da mesi i militanti stranieri tentato di influenzare gli universitari dell'Ateneo. Lo scopo è portare la violenza anche ad Aleppo, unica città rimasta al di fuori delle violenze fra ribelli e regime. Le manipolazioni dei media.
"L'università di Aleppo è piena di infiltrati libici e turchi che da mesi tentano di portare dalla loro parte i giovani siriani. Questa gente è armata e ha provocato l'esercito che ha risposto con la forza ". È quanto afferma ad AsiaNews, mons. Giuseppe Nazaro, Vicario apostolico di Aleppo sull'assalto delle forze di sicurezza al dormitorio universitario, costato la vita a quattro studenti. Il prelato francescano vive a soli 150 metri dall'università e ha vissuto in diretta l'attacco avvenuto il 2 maggio nel corso di una manifestazione di oltre 1500 universitari contro il regime. Secondo il racconto di alcuni testimoni, i militari hanno inseguito i giovani dentro le loro camere e arrestato oltre 200 persone. Per evitare nuove tensioni le autorità hanno chiuso l'Ateneo fino alla fine dell'anno accademico.
"Aleppo è l'unica città che non si è rivoltata contro Assad - spiega il vescovo - in questi mesi vi sono state solo manifestazioni sporadiche, la popolazione non vuole la violenza". Mons. Nazaro sottolinea che "per portare anche nella nostra città un clima di violenza e caos i militanti islamici tentano di influenzare i giovani a compiere atti sconsiderati e pericolosi, che mettono in pericolo tutta la popolazione".
Dopo i fatti del 2 maggio anche ad Aleppo si vive un clima di tensione e violenza. Nell'università studiano oltre 40mila studenti provenienti da tutto il Paese. Molti di loro non possono tornare a casa a causa della guerra. Mons. Nazaro racconta che i conventi e le parrocchie hanno aperto le loro porte a centinaia di ragazzi. "Nella nostra residenza - afferma - si sono rifugiate circa 20 ragazze, cristiane e musulmane, fuggite dai loro dormitori dopo il blitz dell'esercito. Esse si aggiungono alle altre 40 giovani studentesse ospitate nel nostro studentato".
Il Vicario apostolico afferma che la situazione sta precipitando: Turchia, Libia e altri Paesi musulmani stanno inviando militanti e armi per sostenere la guerra contro Assad. Ciò ha creato una situazione che rende impossibile qualsiasi iniziativa di cessate il fuoco e riconciliazione. "Chi ne fa le spese - afferma - è la popolazione, che non potrà sopportare a lungo questo clima di violenza e crisi economica".
Secondo il prelato la maggior parte delle informazioni diffuse dai media occidentali sono false o manipolate. "Giornali e organi di stampa - spiega - utilizzano solo le notizie pubblicate da al - Jazeera e da altri media arabi finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Essi sono fra i principali sostenitori dei ribelli siriani e il loro unico interesse è creare il caos per far cadere il regime di Assad".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-Apostolico-di-Aleppo:-massacro-degli-studenti-provocato-da-infiltrati-libici-e-turchi-24665.html
4- Cristiani sotto assalto: colpita l'antica Chiesa di Santa Maria della Sacra Cintura di Homs
Titolo originale: “Christianity Under Assault in Syria: Saint Mary Church of the Holy Belt Damaged”
Homs, Siria (MECN) – La Siria è la patria di antiche civiltà, contenente reliquie antiche e rovine risalenti alle prime civiltà umane conosciute. Insieme ad avere queste caratteristiche, la Siria è anche parte della Terra Santa, o come direbbe qualcuno, la Terra Santa fa parte della Siria. Gesù Cristo parlò un linguaggio antico siriano – aramaico, da Aram, un antico nome per la Siria. I siriani parlano ancora l’aramaico in alcuni villaggi e nelle chiese, e il vocabolario aramaico ha influenzato il loro dialetto arabo, la lingua nazionale del post-indipendenza della Siria. Tra i tanti tesori storici c’è la Chiesa di Santa Maria della Sacra Cintola (in arabo: كنيسة أم الزنار; Um az-Zinnar), chiamata per la sua preziosa reliquia – la ‘cintura di Maria’, la madre di Gesù. La Chiesa è una vecchia chiesa siro-ortodosso, situata nel cuore della città di Homs. La chiesa fu costruita su una chiesa sotterranea risalente al 50 d.C., che la rende tra le più antiche al mondo. E ‘anche la sede dell’arcivescovado siro-ortodossa.
Tra il 24-25 febbraio 2012, l’antica chiesa è stata danneggiata da milizie armate che combattono il governo di Homs. Secondo Issam Bishara, il Catholic Near East Welfare Association (CNEWA) direttore regionale per il Libano, Siria ed Egitto, in dichiarazioni rese al National Catholic Reporter , le milizie usano deliberatamente i cristiani e le luoghi sacri cristiani come scudi e stanno deliberatamente provocando danni sia a persone che a cose:
(…) Proprio nella città di Homs, 200 cristiani sono stati uccisi e molte famiglie cristiane sono già state martirizzate per la loro fede, per la loro fedeltà al loro paese, e non per essersi schierate con gli estremisti.
http://www.vietatoparlare.it/2012/05/03/le-milizie-anti-assad-usano-quarteri-cristiani-campi-di-battaglia/
Aleppo (Agenzia Fides) – Il conflitto e la violenza in corso in Siria hanno avuto un forte impatto anche sull’Assemblea dei Vescovi cattolici della Siria, conclusasi nei giorni scorsi ad Aleppo. Come riferito all’Agenzia Fides, su 17 Presuli della Conferenza (che riunisce i Vescovi cattolici di tutte le confessioni e riti) ben 7 erano assenti e non hanno potuto raggiungere Aleppo per motivi di sicurezza. Mancavano i Vescovi di Homs, città martoriata dal conflitto, che si sono rifugiati in piccoli paesi sulle montagne, e alcuni Vescovi del litorale. Le strade infatti, nonostante il cessate il fuoco dichiarato, sono infestate da bande di miliziani e gli spostamenti restano molto pericolosi.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39015&lan=ita
2- La Chiesa: speranza per una “missione Onu credibile”
Aleppo (Agenzia Fides) – “La nostra speranza è che la missione degli Osservatori Onu sia credibile, equa, indipendente e agisca da calmiere sulla situazione. Invitiamo tutte le parti in lotta ad accettare gli Osservatori Onu, che vengono senza interessi particolari, e a facilitare il loro lavoro. Speriamo che nessuno ‘abbia timore’ del loro lavoro”. È l’appello lanciato attraverso l’Agenzia Fides da Mons. Giuseppe Nazzaro, OFM, Vicario Apostolico di Aleppo, che esprime gli auspici della Chiesa siriana sulla missione degli Osservatori Onu.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39016&lan=ita
3-Vicario Apostolico di Aleppo: massacro degli studenti provocato da infiltrati libici e turchi
Aleppo (AsiaNews)- Mons. Giuseppe Nazaro racconta i retroscena dell'assalto dell'esercito contro l'università, costato quattro vittime. Da mesi i militanti stranieri tentato di influenzare gli universitari dell'Ateneo. Lo scopo è portare la violenza anche ad Aleppo, unica città rimasta al di fuori delle violenze fra ribelli e regime. Le manipolazioni dei media.
"L'università di Aleppo è piena di infiltrati libici e turchi che da mesi tentano di portare dalla loro parte i giovani siriani. Questa gente è armata e ha provocato l'esercito che ha risposto con la forza ". È quanto afferma ad AsiaNews, mons. Giuseppe Nazaro, Vicario apostolico di Aleppo sull'assalto delle forze di sicurezza al dormitorio universitario, costato la vita a quattro studenti. Il prelato francescano vive a soli 150 metri dall'università e ha vissuto in diretta l'attacco avvenuto il 2 maggio nel corso di una manifestazione di oltre 1500 universitari contro il regime. Secondo il racconto di alcuni testimoni, i militari hanno inseguito i giovani dentro le loro camere e arrestato oltre 200 persone. Per evitare nuove tensioni le autorità hanno chiuso l'Ateneo fino alla fine dell'anno accademico.
"Aleppo è l'unica città che non si è rivoltata contro Assad - spiega il vescovo - in questi mesi vi sono state solo manifestazioni sporadiche, la popolazione non vuole la violenza". Mons. Nazaro sottolinea che "per portare anche nella nostra città un clima di violenza e caos i militanti islamici tentano di influenzare i giovani a compiere atti sconsiderati e pericolosi, che mettono in pericolo tutta la popolazione".
Dopo i fatti del 2 maggio anche ad Aleppo si vive un clima di tensione e violenza. Nell'università studiano oltre 40mila studenti provenienti da tutto il Paese. Molti di loro non possono tornare a casa a causa della guerra. Mons. Nazaro racconta che i conventi e le parrocchie hanno aperto le loro porte a centinaia di ragazzi. "Nella nostra residenza - afferma - si sono rifugiate circa 20 ragazze, cristiane e musulmane, fuggite dai loro dormitori dopo il blitz dell'esercito. Esse si aggiungono alle altre 40 giovani studentesse ospitate nel nostro studentato".
Il Vicario apostolico afferma che la situazione sta precipitando: Turchia, Libia e altri Paesi musulmani stanno inviando militanti e armi per sostenere la guerra contro Assad. Ciò ha creato una situazione che rende impossibile qualsiasi iniziativa di cessate il fuoco e riconciliazione. "Chi ne fa le spese - afferma - è la popolazione, che non potrà sopportare a lungo questo clima di violenza e crisi economica".
Secondo il prelato la maggior parte delle informazioni diffuse dai media occidentali sono false o manipolate. "Giornali e organi di stampa - spiega - utilizzano solo le notizie pubblicate da al - Jazeera e da altri media arabi finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Essi sono fra i principali sostenitori dei ribelli siriani e il loro unico interesse è creare il caos per far cadere il regime di Assad".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-Apostolico-di-Aleppo:-massacro-degli-studenti-provocato-da-infiltrati-libici-e-turchi-24665.html
4- Cristiani sotto assalto: colpita l'antica Chiesa di Santa Maria della Sacra Cintura di Homs
Titolo originale: “Christianity Under Assault in Syria: Saint Mary Church of the Holy Belt Damaged”
Homs, Siria (MECN) – La Siria è la patria di antiche civiltà, contenente reliquie antiche e rovine risalenti alle prime civiltà umane conosciute. Insieme ad avere queste caratteristiche, la Siria è anche parte della Terra Santa, o come direbbe qualcuno, la Terra Santa fa parte della Siria. Gesù Cristo parlò un linguaggio antico siriano – aramaico, da Aram, un antico nome per la Siria. I siriani parlano ancora l’aramaico in alcuni villaggi e nelle chiese, e il vocabolario aramaico ha influenzato il loro dialetto arabo, la lingua nazionale del post-indipendenza della Siria. Tra i tanti tesori storici c’è la Chiesa di Santa Maria della Sacra Cintola (in arabo: كنيسة أم الزنار; Um az-Zinnar), chiamata per la sua preziosa reliquia – la ‘cintura di Maria’, la madre di Gesù. La Chiesa è una vecchia chiesa siro-ortodosso, situata nel cuore della città di Homs. La chiesa fu costruita su una chiesa sotterranea risalente al 50 d.C., che la rende tra le più antiche al mondo. E ‘anche la sede dell’arcivescovado siro-ortodossa.
Tra il 24-25 febbraio 2012, l’antica chiesa è stata danneggiata da milizie armate che combattono il governo di Homs. Secondo Issam Bishara, il Catholic Near East Welfare Association (CNEWA) direttore regionale per il Libano, Siria ed Egitto, in dichiarazioni rese al National Catholic Reporter , le milizie usano deliberatamente i cristiani e le luoghi sacri cristiani come scudi e stanno deliberatamente provocando danni sia a persone che a cose:
La Chiesa di ‘Santa Maria della Sacra Cintola’ (St. Mary Church of the Holy Belt) è situata nel centro di Homs, quella che è chiamata la cosiddetta “Città Vecchia”, ed è la sede dell’Arcidiocesi siro-ortodosso di Homs. La maggior parte delle chiese e arcivescovadi di altre confessioni sono concentrate nella stessa zona circostante (Hamidiya, Boustan el Diwan, ecc), e in questo ultimo trimestre è stato oggetto di scontri militari tra le milizie e le forze governative. I miliziani per la maggior parte di questo periodo di tempo hanno usato le chiese e i cristiani come scudi per proteggersi dai bombardamenti. E ‘inoltre importante ricordare che alcune icone all’interno delle chiese sono state danneggiate appositamente dalle milizie.Questi fatti suggeriscono che i cristiani sono stati usati come scudi umani e le loro case, chiese e quartieri vengono utilizzati dai militanti in quello che alcuni suggeriscono una strategia di guerriglia deliberata, dove i militanti riescono a guadagnare sia copertura per attaccare le forze governative impunemente o riescono ad aizzare i cristiani contro il governo per la loro rappresaglia e la intimidazione diretta verso di loro. Tuttavia, Bishara ci rivela una terza cosa , e cioè che i cristiani sono in fuga e sono invitati dal loro clero ad astenersi dal prendere posizione, sia contro il governo o contro i gli insorti e stanno sostenendo una soluzione pacifica tra tutte le parti. Un anno fa, la popolazione cristiana in Homs era 160.000, ma come risultato della violenza, quel numero si è ridotto a soli 1.000 cristiani.
(…) Proprio nella città di Homs, 200 cristiani sono stati uccisi e molte famiglie cristiane sono già state martirizzate per la loro fede, per la loro fedeltà al loro paese, e non per essersi schierate con gli estremisti.
http://www.vietatoparlare.it/2012/05/03/le-milizie-anti-assad-usano-quarteri-cristiani-campi-di-battaglia/
giovedì 3 maggio 2012
Messaggio dei Vescovi siriani sulla situazione del Paese
Relazione finale dell'Assemblea
della Gerarchia Cattolica in Siria
Arcidiocesi maronita di Aleppo - 25
aprile 2012
L'Assemblea della Gerarchia
Cattolica in Siria ha tenuto la sua riunione ordinaria primaverile ad Aleppo
presso la sede dell'Arcivescovo maronita il 25 aprile 2012, presieduta dal suo
Presidente, patriarca greco-cattolico melchita Gregorios III. Inoltre vi hanno
preso parte il patriarca siro-cattolico Ignatius Joseph III (Younan),
l'arcivescovo Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria e Vescovi cattolici in
Siria.
I Padri hanno esaminato la
situazione in Siria alla luce degli attuali eventi dolorosi. Hanno discusso dei
problemi pastorali riguardanti la vita e la missione sociale della Chiesa nelle
difficili condizioni in cui versano alcune regioni del paese. Hanno rilasciato
la seguente dichiarazione:
1- Noi
siamo a fianco del nostro popolo siriano, nella ricerca di una vita dignitosa,
dell' unità nazionale, della solidarietà fra tutti i diversi gruppi che costituiscono
le realtà sociali, religiose e nazionali, nel perseguire un diffuso, efficace
processo di riforma che deve essere effettuato sul campo, nei servizi e nella
sfera politica, sociale e culturale, coordinando gli sforzi di tutti i siriani
- governo, partiti, opposizione costruttiva, specialisti - nel quadro di unità
nazionale e partecipazione attiva al dialogo nazionale (assolutamente
indispensabile per qualsiasi riforma e senza il quale essa rimarrebbe una
speranza vana), riconoscendo che questo è il modo migliore per sfuggire al
ciclo della violenza e della repressione. Lo Stato ha chiamato al dialogo e noi
invitiamo tutti i partiti nazionali, in patria e all'estero, a costruire una
nuova multi-partitica democratica Siria. Noi incoraggiamo inoltre tutti a partecipare
pienamente alle elezioni libere ed eque per l'Assemblea Nazionale il 7 maggio
prossimo, per esprimere la volontà popolare.
2- Il
Signore Dio stesso ha iniziato il dialogo con l'umanità attraverso la
rivelazione divina nella Sacra Scrittura, chiamandola a partecipare alla vita.
Gesù Cristo è venuto su questa terra "perchè essi (uomini e donne) abbiano
la vita, e possano averla in abbondanza." Perciò la Chiesa parimenti
chiede la riconciliazione e il dialogo tra lo Stato e tutti gli elementi del
paese, per ricostruire la fiducia, l’ apertura agli altri e il rispetto per
le diverse opinioni di carattere politico,
religioso e intellettuale.
3- La
violenza ha superato ogni limite. Possiamo solo fare un appello forte e con
enfasi a tutte le persone di coscienza di tornare alla propria ragionevolezza e
abiurare tutto ciò che è distruttivo della vita umana e nazionale. Condanniamo
fermamente ogni tipo di violenza da qualunque parte provenga. Chiediamo ai civili
pacifici di non essere coinvolti in conflitti politici, che il popolo non sia
intimidito e terrorizzato da sequestri di persona, stragi, estorsioni e
demolizione di case, il sequestro dei beni e l'imposizione di autorità con la
forza e l'oppressione. Noi sosteniamo la missione dell'inviato delle Nazioni
Unite Kofi Annan, in particolare nel suo aspetto umanitario per ritiro delle
armi pesanti dai centri abitati. Ci battiamo per accelerare il ritorno dei
rifugiati e degli sfollati alle loro case e il risarcimento delle vittime;
ristabilire lo stato di diritto ed impiegare ogni sforzo per risolvere la
crisi; l'impegno a intraprendere concrete riforme di governo e combattere la
corruzione, in modo da garantire la partecipazione e la parità di diritti e
doveri per tutti i cittadini.
4- Siamo
solidali con il dolore e la sofferenza di tutti i cittadini, siano essi civili
o militari, colpiti dagli eventi e dal ciclo doloroso della violenza in diverse
parti del paese nei tredici mesi passati. E 'naturale per noi avere in mente
soprattutto i nostri fedeli Cristiani, che sono stati costretti a lasciare le
loro case e le città o villaggi. A volte essi sono stati usati come scudi umani
e i loro quartieri come campi di battaglia. Siamo al loro fianco nella loro
situazione e assicuriamo loro che faremo del nostro meglio per tendere loro una
mano soccorritrice, in particolare attraverso Caritas Siria e tutte le nostre
istituzioni, per cercare di soddisfare i loro bisogni materiali, pastorali,
sanitari e sociali. In realtà le Chiese hanno già avviato i loro programmi di
soccorso. Vogliamo ringraziare in modo particolare il Santo Padre, Benedetto
XVI per il suo gesto paterno nel contribuire attraverso Cor Unum alle necessità delle vittime
degli eventi sanguinosi nel nostro paese. Ringraziamo anche gli individui e le
istituzioni locali che hanno sostenuto questo servizio umanitario della Chiesa.
5- Chiediamo
la trasparenza delle informazioni a livello locale, così come abbiamo bisogno
che i media internazionali siano obiettivi e fedeli nel riportare eventi e non
distorcere i fatti. Facciamo anche appello alla comunità internazionale ed
Araba a sostenere gli sforzi intrapresi per il processo di pace in Siria e nella
regione nel suo complesso.
6- Infine
ci rivolgiamo ai nostri amati concittadini in Siria e soprattutto ai nostri
fedeli Cristiani, esortandoli alla solidarietà, alla mutua assistenza e alla
forza spirituale, per superare la crisi, sostenuti da sentimenti di speranza e
di fiducia nella capacità del nostro
popolo di trovare soluzioni adeguate per la costruzione di una rinnovata Siria:
volgendo in amore e fratellanza e facendo sentire il discorso della ragione al
di sopra dello scontro e del tintinnio delle armi. Auguriamo loro, nella gioia
della celebrazione della Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, di essere
rafforzati dalla resurrezione nel loro cuore e attraverso di loro di essere
testimoni di questa risurrezione.
Assemblea della Gerarchia
Cattolica in Siria, 25 aprile 2012http://www.pgc-lb.org/english/News3_final-repport-25april2012.html
mercoledì 2 maggio 2012
La Francia "aiuta" i fondamentalisti contro i cristiani
Da "Il Sussidiario", mercoledì 2 maggio 2012
Haytham Manna
“Invece di appoggiare i laici e i moderati nello schieramento dei ribelli siriani, la Francia e i Paesi arabi sostengono le fazioni più fondamentaliste. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, è malato di ‘sindrome libica’: è convinto di avere liberato la popolazione da Gheddafi, quando invece il suo intervento militare ha provocato 50mila morti, e ora pretende di fare lo stesso anche in Siria”.
Ad affermarlo è Haytham Manna, portavoce del National Coordination Committee (NCC), un movimento politico di ispirazione laica che si oppone tanto ad Assad quanto al Consiglio Nazionale Siriano nel quale spadroneggiano i Fratelli musulmani. Figura di spicco dell’opposizione siriana, Manna sottolinea che “gli estremisti in Siria si annidano sia nel regime sia tra i ribelli, e il nostro obiettivo è difendere i cristiani da entrambi. Per farlo abbiamo preparato una ‘Dichiarazione sopra-costituzionale’, su cui si fonderà la Seconda Repubblica Siriana e che non potrà essere modificata da nessuna maggioranza parlamentare, con cui tutelare i diritti di tutte le minoranze religiose inclusi i cristiani”.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/5/2/SIRIA-Haytham-Manna-la-Francia-aiuta-i-fondamentalisti-contro-i-cristiani/273618/
Haytham Manna
“Invece di appoggiare i laici e i moderati nello schieramento dei ribelli siriani, la Francia e i Paesi arabi sostengono le fazioni più fondamentaliste. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, è malato di ‘sindrome libica’: è convinto di avere liberato la popolazione da Gheddafi, quando invece il suo intervento militare ha provocato 50mila morti, e ora pretende di fare lo stesso anche in Siria”.
Ad affermarlo è Haytham Manna, portavoce del National Coordination Committee (NCC), un movimento politico di ispirazione laica che si oppone tanto ad Assad quanto al Consiglio Nazionale Siriano nel quale spadroneggiano i Fratelli musulmani. Figura di spicco dell’opposizione siriana, Manna sottolinea che “gli estremisti in Siria si annidano sia nel regime sia tra i ribelli, e il nostro obiettivo è difendere i cristiani da entrambi. Per farlo abbiamo preparato una ‘Dichiarazione sopra-costituzionale’, su cui si fonderà la Seconda Repubblica Siriana e che non potrà essere modificata da nessuna maggioranza parlamentare, con cui tutelare i diritti di tutte le minoranze religiose inclusi i cristiani”.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/5/2/SIRIA-Haytham-Manna-la-Francia-aiuta-i-fondamentalisti-contro-i-cristiani/273618/
lunedì 30 aprile 2012
Il Papa in Libano per la missione dei cristiani e la Primavera araba: ancora un contributo
Continuiamo il confronto sulla Primavera Araba attraverso questo
articolo ripreso da "La Bussola Quotidiana" , dopo gli articoli pubblicati su questo Blog il 24 e il 16 aprile
Quale la sua opinione sulla cosiddetta «primavera araba»? «Primavera araba» è uno dei tanti slogan inventati dai governanti e dai media occidentali come: «scontro di civiltà», «asse del bene e asse del male», «caos creativo»… Uno slogan inventato e non frutto di realtà. Non mi pare che si tratti di una primavera, ma di un inverno cupo. Con la primavera la natura si risveglia, rifiorisce. Sinora i bei fiori profumati non si son visti. Se son rose fioriranno, ma non so quando.
Le popolazioni che si sono ribellate reclamano maggiore libertà e una via araba alla democrazia. Sarà possibile?
Mi permetto di dire che la democrazia non è una merce che si compra o si vende, che si importa o si esporta. La democrazia è un valore umano e cristiano a cui bisogna educare i popoli. Imporre la democrazia con la forza delle armi è una contraddizione. Ci vuole molto tempo per familiarizzare col sistema democratico. Ad alcuni non conviene e non fa comodo. E non si può avere la democrazia con la bacchetta magica. Le popolazioni si ribellano, ma sono altri che colgono i frutti di questa ribellione. I popoli, come dice Cristo, sono pecore senza pastore, destinate al macello.
leggi tutto l'articolo su:
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-ma-quale-primavera-araba-5178.htm
Minoranze religiose capro espiatorio in Medio Oriente, se le rivoluzioni arabe “si inacidiscono”
Londra (Agenzia Fides) – Se le rivoluzioni avviate dalla Primavera Araba “vanno a male”, vi saranno forti rischi per le minoranze etniche e religiose in Medio Oriente: è quanto emerge dal nuovo rapporto “Popoli in pericolo”, (“Peoples under threat”), appena pubblicato dall'Ong “Minority Rights Group” (MRG) e inviato all’Agenzia Fides, focalizzato sulla situazione delle minoranze in Medio Oriente. “Se il 2011 sarà ricordato come l'anno della Primavera araba, il 2012 potrebbe diventare l'anno delle rivoluzioni inacidite” dice in una nota inviata all'Agenzia Fides Mark Lattimer, Direttore esecutivo di MRG. “I grandi cambiamenti in Medio Oriente e Nord Africa, se da un lato aumentano le speranze per la democratizzazione, rappresentano per le minoranze etniche e religiose un evento pericoloso quanto la violenta disgregazione dell'Unione Sovietica e della ex Jugoslavia”, ammonisce.
Il Rapporto nota che Siria, Libia, Egitto, Yemen, Sud Sudan sono tra gli stati dove le comunità di minoranza sono più a rischio di omicidi di massa. Appena si apre uno spazio politico e uno spiraglio di libertà, rivendicazioni etniche e settarie vengono esacerbate e, in tali dinamiche, “le minoranze costituiscono spesso un capro espiatorio” spiega MRG.
In Siria, dove il governo è dominato dagli alawiti, le comunità di sciiti e alawiti sono in pericolo se il conflitto si intensificherà, mentre anche i cristiani sono profondamente preoccupati per la possibilità di attacchi dei militanti sunniti.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39169&lan=ita
Ma quale primavera araba
Nicola Scopelliti
Dal numero in uscita del mensile "Studi Cattolici" pubblichiamo questa intervista a mons. Paul Dahad, vicario apostolico dei Latini in Libano
Beirut (Libano): nonostante i campi profughi siano pieni di rifugiati siriani, provenienti dalla vicina cittadina di Tall Kalakh e dalla regione di Homs, una delle roccaforti dei manifestanti e dei sempre più numerosi disertori dell’esercito, l’ormai inesistente regime di Bashâr al-Assad ha deciso di far minare il confine con il Libano. L’obiettivo principale è quello di fermare il traffico d’armi. Ma l’iniziativa di Damasco sancisce un riconoscimento, de facto, della divisione della Siria dal Libano, considerato da sempre, da parte siriana, il «giardino di Damasco». La zona, ora minata, Wadi Khaled, è situata tra i villaggi di Kneisse e Hnaider, ed è stata scelta dai disertori per trovare rifugio nel Paese dei cedri. La situazione, purtroppo, con il trascorrere dei giorni diventa, come riferiscono le cronache dei media internazionali, sempre più difficile. Ma qual è la reale situazione in Libano? Ne parliamo con l’Arcivescovo mons. Paul Dahdad OCD, vicario apostolico dei Latini di Beirut, il cui territorio è suddiviso in otto parrocchie.
Eccellenza, che cosa vuol dire essere vescovo in Libano, in una terra così martoriata?
Mi presento: ho sempre svolto il mio ministero sacerdotale ed episcopale in terre martoriate. Sono rientrato in Libano come sacerdote novello nel 1967. Nel 1983 sono stato nominato arcivescovo di Baghdad dei Latini. Successivamente, ho vissuto la guerra civile libanese e le sue conseguenze. In piena guerra iracheno-iraniana sono arrivato come vescovo in Iraq. I primi cinque anni sono stati di guerra. Ci fu un intervallo di pace, per due anni, dal 1988 al 1990. Ma con l’invasione del Kuwait scoppiò un altro conflitto, che ricordiamo col nome di «Tempesta del deserto», con tutte le conseguenze sociali ed economiche che si possono immaginare. Sono stati tempi drammatici e tragici. Sono poi ritornato in Libano come vicario apostolico di Beirut dei Latini nel 1999, rimanendo Amministratore apostolico di Baghdad «sede vacante».
Ma in Libano non ci sono, per fortuna, gravi conflitti.
No, ma si vive nell’instabilità, nella mancanza di sicurezza e nell’incertezza per il futuro. Essere vescovo in questa situazione vuol dire essere presente per incoraggiare, consolare, aiutare moralmente e materialmente nella misura del possibile. A volte non si può fare un granché, ma essere presenti, tra la gente, è molto importante per dare a essa un senso di sicurezza. Nel frattempo aspettiamo tempi migliori.
Beirut (Libano): nonostante i campi profughi siano pieni di rifugiati siriani, provenienti dalla vicina cittadina di Tall Kalakh e dalla regione di Homs, una delle roccaforti dei manifestanti e dei sempre più numerosi disertori dell’esercito, l’ormai inesistente regime di Bashâr al-Assad ha deciso di far minare il confine con il Libano. L’obiettivo principale è quello di fermare il traffico d’armi. Ma l’iniziativa di Damasco sancisce un riconoscimento, de facto, della divisione della Siria dal Libano, considerato da sempre, da parte siriana, il «giardino di Damasco». La zona, ora minata, Wadi Khaled, è situata tra i villaggi di Kneisse e Hnaider, ed è stata scelta dai disertori per trovare rifugio nel Paese dei cedri. La situazione, purtroppo, con il trascorrere dei giorni diventa, come riferiscono le cronache dei media internazionali, sempre più difficile. Ma qual è la reale situazione in Libano? Ne parliamo con l’Arcivescovo mons. Paul Dahdad OCD, vicario apostolico dei Latini di Beirut, il cui territorio è suddiviso in otto parrocchie.
Eccellenza, che cosa vuol dire essere vescovo in Libano, in una terra così martoriata?
Mi presento: ho sempre svolto il mio ministero sacerdotale ed episcopale in terre martoriate. Sono rientrato in Libano come sacerdote novello nel 1967. Nel 1983 sono stato nominato arcivescovo di Baghdad dei Latini. Successivamente, ho vissuto la guerra civile libanese e le sue conseguenze. In piena guerra iracheno-iraniana sono arrivato come vescovo in Iraq. I primi cinque anni sono stati di guerra. Ci fu un intervallo di pace, per due anni, dal 1988 al 1990. Ma con l’invasione del Kuwait scoppiò un altro conflitto, che ricordiamo col nome di «Tempesta del deserto», con tutte le conseguenze sociali ed economiche che si possono immaginare. Sono stati tempi drammatici e tragici. Sono poi ritornato in Libano come vicario apostolico di Beirut dei Latini nel 1999, rimanendo Amministratore apostolico di Baghdad «sede vacante».
Ma in Libano non ci sono, per fortuna, gravi conflitti.
No, ma si vive nell’instabilità, nella mancanza di sicurezza e nell’incertezza per il futuro. Essere vescovo in questa situazione vuol dire essere presente per incoraggiare, consolare, aiutare moralmente e materialmente nella misura del possibile. A volte non si può fare un granché, ma essere presenti, tra la gente, è molto importante per dare a essa un senso di sicurezza. Nel frattempo aspettiamo tempi migliori.
Quale la sua opinione sulla cosiddetta «primavera araba»? «Primavera araba» è uno dei tanti slogan inventati dai governanti e dai media occidentali come: «scontro di civiltà», «asse del bene e asse del male», «caos creativo»… Uno slogan inventato e non frutto di realtà. Non mi pare che si tratti di una primavera, ma di un inverno cupo. Con la primavera la natura si risveglia, rifiorisce. Sinora i bei fiori profumati non si son visti. Se son rose fioriranno, ma non so quando.
Le popolazioni che si sono ribellate reclamano maggiore libertà e una via araba alla democrazia. Sarà possibile?
Mi permetto di dire che la democrazia non è una merce che si compra o si vende, che si importa o si esporta. La democrazia è un valore umano e cristiano a cui bisogna educare i popoli. Imporre la democrazia con la forza delle armi è una contraddizione. Ci vuole molto tempo per familiarizzare col sistema democratico. Ad alcuni non conviene e non fa comodo. E non si può avere la democrazia con la bacchetta magica. Le popolazioni si ribellano, ma sono altri che colgono i frutti di questa ribellione. I popoli, come dice Cristo, sono pecore senza pastore, destinate al macello.
leggi tutto l'articolo su:
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-ma-quale-primavera-araba-5178.htm
Minoranze religiose capro espiatorio in Medio Oriente, se le rivoluzioni arabe “si inacidiscono”
Londra (Agenzia Fides) – Se le rivoluzioni avviate dalla Primavera Araba “vanno a male”, vi saranno forti rischi per le minoranze etniche e religiose in Medio Oriente: è quanto emerge dal nuovo rapporto “Popoli in pericolo”, (“Peoples under threat”), appena pubblicato dall'Ong “Minority Rights Group” (MRG) e inviato all’Agenzia Fides, focalizzato sulla situazione delle minoranze in Medio Oriente. “Se il 2011 sarà ricordato come l'anno della Primavera araba, il 2012 potrebbe diventare l'anno delle rivoluzioni inacidite” dice in una nota inviata all'Agenzia Fides Mark Lattimer, Direttore esecutivo di MRG. “I grandi cambiamenti in Medio Oriente e Nord Africa, se da un lato aumentano le speranze per la democratizzazione, rappresentano per le minoranze etniche e religiose un evento pericoloso quanto la violenta disgregazione dell'Unione Sovietica e della ex Jugoslavia”, ammonisce.
Il Rapporto nota che Siria, Libia, Egitto, Yemen, Sud Sudan sono tra gli stati dove le comunità di minoranza sono più a rischio di omicidi di massa. Appena si apre uno spazio politico e uno spiraglio di libertà, rivendicazioni etniche e settarie vengono esacerbate e, in tali dinamiche, “le minoranze costituiscono spesso un capro espiatorio” spiega MRG.
In Siria, dove il governo è dominato dagli alawiti, le comunità di sciiti e alawiti sono in pericolo se il conflitto si intensificherà, mentre anche i cristiani sono profondamente preoccupati per la possibilità di attacchi dei militanti sunniti.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39169&lan=ita
domenica 29 aprile 2012
Chi ha a cuore la vita del popolo sirano?
“Abbiamo paura di pronunciare la parola ‘guerra civile’, ma si sta andando in quella direzione, i segnali portano in quel senso” dice padre Pizzaballa intervistato da Radio Vaticana sulla situazione in Siria, ed aggiunge “Non c’è una guerra generalizzata, non c’è un fronte aperto su tutto il Paese” e conclude: “però, purtroppo tutto fa pensare a questo”.Il paese è allo stremo, la gente ne paga le conseguenze, intere città assediate, rapimenti, violenze diffuse. Quella degli oppositori non è più la pacifica richiesta di maggiore democrazia. Complice la repressione violenta del regime, le richieste iniziali sono state sostituite da quelle di azzeramento di tutto l’establishment attualmente al potere. Così le legittime richieste popolari hanno lasciato il campo alla violenza settaria, ad una guerra senza quartiere, dilagata ‘a macchia di leopardo’ in tutto il paese.Naturalmente si è levata l’indignazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che più volte hanno richiesto una risoluzione Onu che aprisse la strada per un intervento, anche militare. L’impressione che se ne ricava è che si stia buttando benzina sul fuoco anziché calmare la situazione. E’ paradossale che nell’area i governi più attivi nel richiedere ad Assad le libertà democratiche e il rispetto dei diritti umani siano le monarchie del Qatar e dell’ Arabia Saudita, monarchie assolutistiche che non concedono ai loro popoli ciò che chiedono a terzi. A sostenere il regime siriano ci sono invece Cina, Russia e Iran che interpretano la situazione esplosiva del paese come il risultato dell’ennesima ingerenza ‘umanitaria’ occidentale.
Essa è giudicata come un tentativo -giocato in campo mediatico, finanziario e militare- messo in atto unicamente al fine di perseguire i propri obiettivi: cambiare globalmente la mappa geopolitica della regione mediorientale a proprio favore.“Assad se ne deve andare” questo è sinteticamente il ‘dialogo’ intavolato dalla comunità internazionale. Ma se Assad lasciasse né lui né tutte le istituzioni che reggono il paese avrebbero scampo. Il motivo è semplice: ogni ruolo chiave istituzionale, soprattutto i vertici dell’esercito, sono ricoperti dagli alawiti, la minoranza religiosa che rappresenta solo il 20% della popolazione, mentre la maggioranza è sunnita. Se gli alawiti non gradivano la perdita dello ‘status quo’ nella fase iniziale delle proteste, ora in un contesto di guerra civile e di violenza diffusa (non controllabile nemmeno dall’opposizione), con vari agenti sul campo, sanno bene che l’epilogo sarebbe quello di essere frettolosamente giudicati da una delle tante formazioni armate della ribellione, ed essere uccisi. Perciò non hanno nulla da perdere.D’altra parte sanno di avere tutti contro: “inutile” è stata giudicata dalla Lega Araba e dall’ONU la missione degli Osservatori in Siria iniziata nel dicembre scorso e cessata dopo soli 23 giorni, nonostante avesse ristabilito un clima costruttivo, ottenuto il ritiro dei militari in varie città, la liberazione dei prigionieri, la distribuzione di aiuti alla popolazione.La situazione in Siria è complessa: padre Paolo dell’Oglio (da 30 anni in Siria) racconta che “a prescindere dalle appartenenze religiose, è ancora massiccia, anche se scossa, l’adesione popolare al potere costituito” e aggiunge “alcune aree sono ormai in mano all’ ‘esercito libero’ “ e “In generale il clima politico è confuso, la sicurezza carente. Si registrano episodi di furto, teppismo, sabotaggio, attentati, rapimenti, rese di conti, vendette e uccisioni. La violenza non fa che aumentare”. Non sono parole di un filo-governativo ma quelle di un frate espulso dal Paese perché giudicato troppo sbilanciato a favore dei “ribelli”. E’ evidente che comunque si voglia chiamare, una speranza che per vivere ha bisogno dell’annientamento dell’avversario in qualunque modo si chiami è tirannia: il rischio in assenza di un negoziato e un accordo è che il potere semplicemente passi solo di mano.Non cambia nulla se non si guarda con simpatia all’uomo in quanto tale ed al suo destino, se non si parte dalla dignità insopprimibile di ognuno.
E’ invalsa invece l’aspettativa che le rivoluzioni da sole, ad agni costo e con qualsiasi mezzo possano risolvere ogni cosa. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che la soluzione che vediamo adottata da un po’ di tempo per migliorare la vita dei popoli è falsa.
Se in Siria non si torna al dialogo e le voci delle armi non cessano, non rimarranno che rovine a contendersi.Vietato parlare socio di SamizdatOnLine
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